31 luglio, 2013

Honduras: “Il terrore che abbiamo provato per due ore è la tragica quotidianità di questa gente”, dice osservatrice sequestrata del PROAH

Sicari armati sequestrano e minacciano due osservatori dei diritti umani nel mezzo di una lotta di resistenza comunitaria contro un progetto di sfruttamento minerario.

Giorgio Trucchi | LINyM

Orlane e Daniel, rispettivamente di nazionalità francese e svizzera, sono osservatori internazionali del Progetto di Accompagnamento in Honduras (PROAH)¹. Mercoledì (25/7) si trovavano nella comunità La Nueva Esperanza, nel dipartimento di Atlantida, per svolgere la loro missione di Osservatori dei Diritti Umani, all'interno di un grave conflitto che trae origine dalla realizzazione di un nuovo progetto minerario².

Non erano nemmeno trascorse 24 ore dal loro arrivo quando i due osservatori sono stati circondati da vari delinquenti al servizio della impresa mineraria, minacciati e poi scortati fino a un’auto che li ha portati in un’altra comunità.
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HONDURAS: Bertha Cáceres: E’ una lotta forte e pericolosa, ma degna, che rappresenta il retaggio che conserviamo di popolo ribelle

Bertha Cáceres — Foto di Giorgio Trucchi /Opera Mundi
Lo scorso 24 maggio, mentre si stavano  recando nella zona del Río Blanco,  dove da quasi tre mesi  la popolazione indigena di etnia lenca della zona si trova in mobilitazione pacifica  contro  l’approvazione del progetto idroelettrico Agua Zarca, la dirigente del Copinh (Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras),  Bertha Cáceres[1]e il comunicatore Tomás Gomez,  furono arrestati – e rilasciati dopo 24 ore – nel corso di  un’operazione congiunta di esercito e polizia con l’accusa – falsa — di detenzione illegale di arma da fuoco.
Oltre all’evidente illegittimità della detenzione, effettuata senza ordine di cattura e con la costruzione di prove e testimonianze false contro Bertha, va ricordato che  sia la  dirigente indigena che altri membri del Copinh sono soggetti  dal 2009 alle misure cautelari di protezione emesse dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani, a seguito delle numerose minacce di morte che hanno ricevuto fin dal colpo di Stato di quell’anno.
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17 luglio, 2013

Honduras: il cielo aperto dalle miniere

16 luglio 2013 http://www.manifestosardo.org/honduras-il-cielo-aperto-dalle-miniere/
Emilia Giorgetti
Due sicari dell’impresa, armati di fucili di grosso calibro, si aggirano sul sagrato della chiesina azzurra dove gli abitanti de La Nueva Esperanza, dipartimento di Atlántida, sono raccolti per cercare l’uno nell’altro la forza per non mollare e non soccombere alla paura. Nella penombra della piccola sala la voce di padre Ismael, attutita dallo scroscio della pioggia tropicale, plasma le parole del Vangelo fino a trasformarle in un messaggio forte di resistenza contro la prepotenza del denaro e delle armi. Finita la messa si avvicina l’anziano don Enrique: “Non so di cosa sono fatti i sogni. Dicono che si può sognare anche chi non si conosce. Quello che so è che vi ho sognato. Ho sognato che venivate ad appoggiarci.” Ci accoglie con queste parole. La sua comunità lotta per proteggere questo angolo di paradiso tropicale dalla minaccia di una nuova attività mineraria a cielo aperto. La concessione per lo sfruttamento di un giacimento di ossido di ferro – ma tutti sanno che il vero bottino è l’oro – inizia a 200 m dalla sua casa.
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Honduras tra le rovine del recente passato e la speranza per il futuro

Giorgio Trucchi | Opera Mundi / Alba Sud
Reportage sul 4° anniversario del colpo di Stato, pubblicato originariamente sul giornale brasiliano Opera Mundi. Non c'è nulla da festeggiare, ma molto da ricordare, per non dimenticare. Include interviste  (in spagnolo) a Víctor Meza y Juan Barahona. 

Sono passati quattro anni da quella mattina del 28 giugno 2009, quando un grosso contingente di soldati ha attaccato, sparando, la residenza del presidente costituzionale dell'Honduras, Manuel Zelaya Rosales, costringendolo a salire su un aereo e a lasciare il paese in pigiama verso il vicino Costa Rica, ma facendo prima una "sosta tecnica" a Palmerola, la più grande base militare statunitense nella regione centroamericana.
Da quel momento, l'Honduras è immerso in una crisi politica, economica, sociale e di sicurezza senza precedenti, con un forte aumento della povertà, una crescente militarizzazione della società e una degenerazione accelerata delle istituzioni e dei poteri dello Stato.
Nel frattempo, i gruppi di potere emergenti e quelli che hanno orchestrato ed eseguito il colpo di stato hanno avviato una lotta interna per riposizionarsi e conquistare spazi in vista delle imminenti elezioni del prossimo novembre.
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03 luglio, 2013

Honduras 4 anni dopo il colpo di Stato

"Un paese sull'orlo del collasso e
sottoposto a una pesante ingerenza straniera"  
A 4 anni dal colpo di Stato, il popolo honduregno continua a camminare a testa alta e ad organizzarsi
  

Tegucigalpa, 1 luglio (LINyM | Rel-UITA)-. Sono passati 4 anni dalla mattina di quel 28 giugno 2009, quando, a poche ore dall'inizio delle votazioni per la consultazione popolare della IVº Urna, il presidente honduregno, Manuel Zelaya Rosales, venne deposto da un colpo di Stato, costretto a uscire in pigiama da casa sua e a montare su un aereo che lo avrebbe portato in esilio nella vicina Costa Rica. 
 
 
Di fronte alla rottura dell'ordine costituzionale, la popolazione reagì in modo spontaneo. Uscì per le strade di tutto il paese e si organizzò, dando vita a una delle espressioni più innovative e propositive di resistenza degli ultimi decenni. Quattro anni dopo e a meno di cinque mesi dalle prossime elezioni nazionali, l'Honduras è immerso in una crisi politica, economica e di sicurezza senza precedenti. 
 
 
 
In occasione del 4 anniversario del colpo di Stato e soprattutto, della nascita della Resistenza, la LINyM e La Rel hanno conversato con Carlos H Reyes, presidente dello Stibys e membro della Coordinazione nazionale del Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp.

- Leggi il reportage speciale sulla situazione dell'Honduras 4 anni dopo il golpe
- Guarda le foto del 4 anniversario in Honduras
- Guarda il video dell'intervento di Carlo H Reyes
 
 
- Che cosa si ricorda di quella mattina del 28 giugno?  
- Non appena ci rendemmo conto che i militari avevano attaccato la casa del presidente Zelaya e che l'avevano fatto salire su un aereo diretto in Costa Rica, la prima cosa che pensai e dissi fu che in America Latina non erano finiti i colpi di Stato, come avevamo pensato in molti, e che dovevamo organizzarci e reagire immediatamente. Io ho vissuto vari  colpi di Stato nel mio paese e ho visto come l'impero nordamericano li ha nascosti o fatti passare per qualcosa di diverso.

Sento sempre molta tristezza per ciò che è accaduto in America Centrale nel 1836, quando ci divisero in cinque repubbliche disabili e molto deboli. L'oligarchia e l'impero ordinano al popolo di votare e quando non sono soddisfatti della scelta che fa, perché considerano che può ledere i loro interessi, organizzano un colpo di Stato. È sempre stato così e nel 2009 si è ripetuta la stessa dinamica. Ho sentito rabbia e molta tristezza, ma non siamo rimasti a guardare. Abbiamo iniziato subito a organizzarci per andare davanti alla Casa Presidenziale a protestare. 
 
 
- Fu proprio in un piccolo locale di fronte alla Casa Presidenziale che mosse i primi passi il Fronte nazionale di resistenza contro il colpo di stato. Che cosa è rimasto, 4 anni dopo, di quell'esperienza e delle aspettative di quei giorni?  
- Tu eri lì con noi e sai bene che ci stavamo preparando per la consultazione popolare della IVº Urna e non per affrontare un colpo di Stato. Nonostante ciò, la popolazione reagì in un modo che nessuno aveva immaginato. Scese in piazza, si organizzò, si mobilitò e prese coscienza delle proprie capacità e dei propri diritti, destando una profonda preoccupazione nell'oligarchia. Il risultato fu un bagno di sangue che continua ancora oggi. 
 
 
 
Quello che invece non mi sarei mai immaginato è che, 4 anni dopo, l'Honduras e la sua istituzionalità si trovassero sull'orlo del baratro, praticamente collassate e in balia dell'ingerenza straniera. Allo stesso tempo, però, non mi sarei mai immaginato che la reazione popolare di quella mattina potesse evolvere in qualcosa di così grande come poi è stato il Fnrp, la sua lotta di resistenza e la crescita del popolo in termini politici e sociali. Questo insieme di cose ci ha condotti, oggi, a una situazione inedita e inaspettata di coscienza di classe, che ha coinvolto gran parte del popolo honduregno e che ha impaurito ancora di più l'oligarchia. 
 
 
 
- Siete preoccupati in vista delle prossime elezioni di novembre?
- Questi signori dell'impero degli Stati Uniti e dell'oligarchia, che sono gli autori intellettuali del colpo di Stato, hanno portato l'Honduras sull'orlo del collasso politico, economico e istituzionale. Sono disposti a tutto pur di evitare che il partito Libertà e Rifondazione, Libre, vinca le prossime elezioni, anche a organizzare un altro
 golpe.
A tal proposito, i partiti tradizionali hanno iniziato una vera e propria campagna contro la Resistenza e contro Libre, dicendo che una sua eventuale vittoria elettorale farebbe sprofondare il paese nella stessa crisi, che nel 2009, li obbligò a difendere la "democrazia" che il presidente Zelaya aveva messo in pericolo. 
 
 
- La nascita del partito Libre è un altro dei risultati inaspettati del colpo di Stato... 
- La sua creazione è stata una decisione dell'Assemblea nazionale del Fnrp e ne è il braccio politico. Con la sua nascita si è rotto per sempre il bipartitismo e i due partiti tradizionali - Partito liberale e Partito nazionale - tenteranno di accaparrarsi il voto di una popolazione che già non controllano come nel passato. Lo faranno agitando il fantasma di un altro colpo di Stato, per infondere terrore e far sì che Libre scenda a compromessi, allontanandosi dal profilo rivoluzionario del Fnrp. Ma falliranno, perché la popolazione ha preso coscienza delle proprie capacità e sa scegliere il proprio percorso.


© Testo e Foto Giorgio Trucchi  - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione  Italia-Nicaragua - www.itanica.org   

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