27 febbraio, 2010

Honduras: non siamo cinque, non siamo cento, stampa corrotta contaci bene



Ida Garberi*

“Perche’ questa grande umanita’ ha detto basta ed ha incominciato a camminare. E la sua marcia da gigante non si fermera’ fino a conquistare la vera indipendenza, per lei sono morti piu’ di una volta inutilmente”.

Ernesto Che Guevara


Finalmente oggi ho coronato un sogno, quello di poter marciare con i camminanti in Honduras, qui a Tegucigalpa, manifestare in modo totalmente pacifico, al loro fianco, il rifiuto integrale al golpe di stato ed al governo assolutamente illegale di Pepe Lobo, eletto con elezioni spurie, che si sono svolte in un clima di terrore e di persecuzione.

Un clima che continua ad essere presente in questo paese centroamericano, dove proprio ieri, 24 febbraio 2010, e’ stata uccisa a San Pedro Sula, con un’attuazione vile e subdola, Claudia Brizuela, figlia di Pedro, membro attivo del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare ed ex leader del Partito Comunista.

Il ministro della sicurezza, Oscar Alvarez, sta mantenendo la parola, quando ha affermato che “si occupera’ di far sparire la Resistenza, perche’ non ha ragione di esistere”.

E dal momento che il 70% della Resistenza sono donne, il nuovo governo si sta incaricando di minacciare e perseguire principalmente il genere femminile, come conferma il Comitato di Famigliari dei Detenuti e degli Scomparsi in Honduras (COFADEH), che solo nel pomeriggio di mercoledi’ ha ricevuto la denuncia di tre donne, intimorite con chiamate anonime che pronosticavano la loro morte , se avessero partecipato alla marcia di oggi.

Un messaggio forte e chiaro, che voglio dare ai camminanti e’ che devono stare molto attenti agli infiltrati venduti: dal momento che questo governo vuole guadagnare il rispetto della comunita’ internazionale preferisce lavorare in forma sporca e subdola.

Davanti ai miei occhi ho visto un battibecco tra un poliziotto ed un manifestante, che dopo essere stato spinto ha cercato di difendersi e per magia sono comparsi loro, i venduti, quelli che consegnano a morte sicura i loro compagni per pochi spiccioli, puntare la pistola contro il camminante, difendendo il “chepo” (forze dell’ordine) violento: e’ stato solo un attimo, la folla inferocita si e’ mossa in soccorso del loro fratello ed i venduti sono solo potuti scappare, per fortuna senza ferire nessuno.

Ma questo episodio non e’ bastato per rovinare la grande festa pacifica di oggi, dove mille e mille camminanti del popolo, con le bandiere del Fronte di Resistenza, con le bandiere cubane, con le bandiere venezuelane e con quellle del guerrigliero eroico, Ernesto Che Guevara, hanno reclamato ancora una volta giustizia contro i crimini commessi dopo il 28 giugno 2009, l’appoggio alla lotta sindacale dei maestri e la convocazione ad un’Assemblea Costituente.

Era una marea umana inarrestabile, disposta a continuare la lotta a qualsiasi costo, appoggiata dai suoi leader politici, scesi anche loro sulle strade, disposti a rischiare i gas lacrimonegi e la repressione.

La polizia ha seguito da vicino i camminanti, ed in prossimita della sede del Congresso, dove e´terminata la manifestazione, ha ostentato in forma minacciosa un autoblindo capace di lanciare liquidi tossici sui manifestanti, comprato alla vigilia delle elezioni: per fortuna dei partecipanti, anche oggi, e´rimasto tranquillo, senza essere inaugurato. ´

Per concludere, voglio togliere qualsiasi speranza, all’oligarchia, di una retrocessione nel proceso attuale del cammino della Resistenza, perche’ come diceva Ernesto Che Guevara, “i nostri occhi liberi, oggi, sono capaci di vedere, quello che ieri la nostra condizione di schiavi coloniali, ci impediva di osservare: che la civilizzazione occidentale nasconde sotto la sua vistosa facciata, un quadro di iene e sciacalli”.

*l’autrice e’ responsabile della pagina web in italiano di Prensa Latina

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26 febbraio, 2010

Honduras Una caccia all’uomo selettiva e di bassa intensità

Un altro omicidio in pieno giorno

Continua il massacro contro la popolazione in resistenza © (Foto G. Trucchi)

Il 24 febbraio, poco dopo mezzogiorno, nella città di San Pedro Sula, qualcuno ha bussato alla porta di Claudia Larissa Brizuela, che stava compiendo 36 anni. Aprendo ha ricevuto tre pallottole alla testa, morendo sul colpo. Claudia era militante nel sindacato del Comune dove lavorava e figlia di Pedro Brizuela, connotato dirigente locale del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP).

Questo nuovo omicidio terroristico è accaduto alla vigilia di una grande mobilitazione organizzata dal FNRP nella capitale, Tegucigalpa, in rifiuto alla Commissione della Verità, considerata come la via d’uscita verso l'impunità per tutti i criminali coinvolti nel colpo di Stato e nella selvaggia repressione che è seguita.

Claudia è la terza vittima mortale in questo primo mese di governo di Porfirio Lobo. Sono già stati assassinati in circostanze abbastanza simili Vanessa Zepeda e Julio Funes.

Pedro Brizuela, padre di Claudia, ha relazionato l’omicidio di sua figlia con la sua partecipazione alle attività del FNRP e al tentativo di terrorizzare chi continua a sostenere la lotta per la democrazia in Honduras.

La repressione sembra ora essere diretta soprattutto contro le donne, poiché sono varie quelle che hanno denunciato di avere ricevuto in questi giorni minacce telefoniche, come per esempio essere perseguitate da telefonate di persone che non si identificano e che annunciano la morte dei loro figli o di altri parenti. Una di esse è stata inseguita da un’auto, mentre un’altra è stata assalita e colpita ripetutamente, provocandole gravi ferite a un occhio, la perdita di vari denti e una lesione alla colonna vertebrale.

La violenza selettiva contro dirigenti di base del FNRP, sindacati ed organizzazioni sociali si è incrementata a partire dallo scorso 28 gennaio, giorno successivo all’insediamento di Porfirio Lobo. Il suo ministro della Sicurezza, Óscar Álvarez, ha espresso pubblicamente che è necessario sradicare la resistenza in quanto “non ha più ragione di esistere”

La strategia implementata dai Servizi Segreti honduregni consiste nel seminare il terrore mediante l’omicidio pubblico, quasi mediatico, dei e delle dirigenti di base, evitando –per adesso– le personalità più conosciute dell'opposizione. Questa strategia avrebbe il doppio effetto di installare una vera e propria “caccia all’uomo” di bassa intensità, con caratteristiche proprie del terrorismo di Stato per intimorire la popolazione e, allo stesso tempo, evitare maggiori scandali nazionali ed internazionali che provocherebbero gli omicidi di personalità conosciute.

Questo regime non governa in democrazia, non è una democrazia. E sono già molte le persone che hanno pagato con la loro vita questa evidenza. Non è un caso, quindi, che il principale assessore del servizio di sicurezza di Porfirio Lobo sia José Félix Ramajo, istruttore dell'ISA (International Security Academy), con risaputi vincoli con i servizi segreti israeliani del Mossad.

In Honduras si sta implementando una riedizione del terrorismo di Stato degli anni 80, ma con una variante: la selettività nel colpire la base. Non ci sono massacri collettivi, corpi mutilati, spezzati, abbandonati nelle periferie; non ci sono ancora “magnicidi”. Il concetto di repressione che si applica adesso è molto più perverso, perché utilizza la diffusione mediatica delle morti con un messaggio ben chiaro: “Il prossimo puoi essere tu, o tu, o i tuoi figli, parenti, amici o amiche". È la disseminazione di un terrore che l'impunità amplifica su scala quasi universale.

Che genere di mente può produrre questo tipo di strategia? Solo enunciarlo fa venire la nausea.

La Rel-UITA segnala nuovamente la responsabilità del presidente Porfirio Lobo in questi omicidi, così come quella dei governi che hanno sostenuto il processo che ha defenestrato Manuel Zelaya ed ha istaurato questa democratura terroristica.

Il sangue di Claudia, di Vanessa, di Julio e di tutte le vittime del terrorismo di Stato in Honduras deve arrivare fino agli incontaminati uffici della Casa Bianca. Il pianto sconsolato di Eduard e Said, di otto e due anni rispettivamente, orfani di Claudia, deve rimbombare nei suoi ampi saloni e sui suoi ingioiellati muri e riempire di vergogna questo Presidente afroamericano che sparge la guerra e la morte parlando di pace.

La Rel-UITA condanna questo e tutti gli omicidi perpetrati contro il popolo honduregno che lotta per la difesa dei suoi diritti, per la sua democrazia, e continuerà a denunciare permanentemente i veri responsabili di questi crimini di lesa umanità.

La comunità internazionale deve reagire rapidamente ed energicamente, e condannare i governi che sostengono questo regime inumano.

© (Testo Rel-UITA - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )

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25 febbraio, 2010

Honduras: quando il solo fatto di esistere disturba i latifondisti





Ida Garberi*

“Alzati e guardati le mani
Per poter crescere, stringile a tuo fratello.
Uniti andremo insieme nel sangue,
Oggi e’ il tempo che puo’essere domani”.

Victor Jara, Preghiera ad un Contadino



Io che sono italiana e subisco dalla mia nascita gli orrori compiuti dalla mafia, non dovrei stupirmi davanti agli abusi di potere legalizzati dei signori potenti di Honduras.

Come potrei orrorizzarmi davanti al fatto che il signor Miguel Facusse’ solo per donare a sua figlia una spiaggia come regalo di nozze scaccia dalla sua propia casa una familia di 11 persone, padroni ancesrali di questa terra, quando il mio carissimoe mafioso primo ministro Berlusconi ha costruito ville da favola in Sardegna in luoghi potretti, senza che il popolo potesse protestare: sui permessi edilizi ha sempre custodito il segreto di stato!!!

Per i ricchi del pianeta, tutto e’ segreto, dunque tutto e’ permesso.

Qui in Honduras, Facusse’ e’uno dei piu’ grandi latifondisti, che approfittando del golpe di stato contro Manuel Zelaya sta mostrando le sue unghie da tigre per poter accaparrare ancora piu’ terra di quella che gia’ possiede, per continuare a rubare denaro al paese.

Il fatto e’ che quando l’illustre signore afferma che fara’ nuove inversioni milionarie in Honduras, finanziate dalla Banca Mondiale, dalla Banca Interamicana di Sviluppo e dalla Banca di Integrazione Centroamericana, non specifica assolutamente il costo umano dei contadini, proprietari da sempre di quelle zone, che il figlio di ex emigranti palestinesi vuole semplicemente cancellare dalla cartina.

Il cinismo e’ una delle sue caratteristice principali: pensate che lui e suo genero, Fredy Nasser Selman, il 26 giugno 2009, hanno avuto il “coraggio” di difendere pubblicamente la proposta dell’inchiesta sull’Assemblea Costituente, dell’allora presidente Manuel Zelaya, contro gli altri imprenditori honduregni, affermando che il popolo ha diritto ad esprimersi, per essere poi tra i piu’ avvantaggiati dalla situazione violenta instaurata nel paese.

Facusse’ ultimamente si sente attaccato nelle sue immense proprieta’ dalle proteste dei contadini che non sono disposti ad essere comprati con due perline colorate come all’epoca dell’invasione spagnola.

Esistono due zone chiave di lotta nelle proprieta’ del figlio di ex emigranti palestinesi, (tra i numerosi conflitti presenti nel paese per ottenere una riforma agraria degna e giusta), quella del Bajo Aguan, nella zona Nord, sulla costa Atlantica, (che sono circa 20000 ettari coltivati con palma africana), e la zona nel sud, sul Pacifico, nel golfo di Fonseca, nella penisola di Zacate Grande, al confine tra Salvador e Nicaragua.

Bisogna anticipare che l’ex presidente Manuel Zelaya aveva tentato di dare una soluzione ai problemi legati alla riforma agraria con il decreto 18-2008, grazie al quale si stavano studiando le diverse situacioni delle porzioni di terra e si stava trattando con i tre attori del problema: i contadini, i latifondisti e l’Istituto Nazionale Agrario (INA).

Chiaramente e “casualmente”, dopo il golpe di stato, alla fine di settembre del 2009, i militari sono entrati con la forza negli uffici dell’INA ed hanno distrutto tutto il lavoro che il governo di Zelaya stava facendo, massacrando e torturando i contadini che avevano occupato l’istituzione per difendere i loro diritti.

Questo fine settimana sono stata sulla penisola di Zacate Grande, per conoscere questo piccolo paradiso terrestre e rendermi conto personalmente del perche’ Facusse’ vuole annientare tutti gli abitanti della zona, per continuare nel suo sogno infermo di costruire una zona turistica esclusiva per tutti i suoi cari amici oligarchi del paese.

Questa “penisola” era in realta’ un’isola, che nel 1969 e’ stata unita alla terra ferma da una strada: questa e’ stata la sua disgrazia, infatti da quel momento i ricchi del paese cercarono di accapararsi grandi distese di terreno per costruire le loro ville per le vacanze e con l’industria di pesca e la lavorazione dei gamberi continuare ad arricchirsi a scapito del pianeta.

I circa 5000 honduregni che vivono qui da piu’ di ottanta anni (“quando Dio creo’ il mondo”, mi dice uno degli abitanti) non possono dimostrare con documenti legali la proprieta’ delle terre, mentre il golpista Facusse’ compra facilmente i suoi diritti ad una giustizia corrotta e cinica, disposta a tutto pur di compiacere il potere.

Nel 1999 la situazione delle circa 800 famiglie diventa sempre piu’ critica, i grandi ricchi del paese stanno addirittura recintando il mare, non permettono al popolo di pescare o coltivare i loro piccoli appezzamenti di terra con continue persecuzioni e minacce: insomma, questi indigeni testoni non capiscono che semplicemente dovrebbero scomparire nel nulla, per non disturbare uno degli uomini piu’ ricchi e potenti dell’America Centrale ed i suoi amichetti.

I contadini della zona si sono riuniti nel Movimento di Recuperazione e Titolazione della Terra, che viene represso continuamente con arresti assolutamente abusivi dei suoi dirigenti, accusati di danneggiare il medio ambiente: i contadini sono solo “colpevoli” di difendere il loro diritto originario di esistere dove sono nati e dove hanno vissuto i loro avi.

Con uno stratagemma giuridico, Facusse’ ha fatto in modo che i leader della comunità in ribellione siano stati catturati facendoli figurare agli arresti domiciliari.

Poi, il signore del potere, ha avviato un processo di conciliazione, ed a quanto pare, sarebbe orientato a proporre il trasferimento dei residenti in un'altra regione, partendo da una risoluzione del Congresso Nazionale che l'isola è area protetta, e chi meglio di lui potrebbe continuare ad occuparsi della difesa dell'ambiente????

Notizie di pochi giorni fa, dimostrano che il ricco Facusse’ e’spaventato dalla tenacia dei contadini, che lo stanno “minacciando” con l’aprire una radio comunitaria per informarsi tra loro e permettere che il paese intero possa conoscere gli abusi a cui sono sottoposti: chiaramente non puo’ permettere che un pugno di contadini possa contrastare tutte le bugie che e’ abituato a raccontare ai mezzi di comunicazione per poter apparire a livello nazionale e internazionale come il salvatore del golfo di Fonseca.

Mentre sono seduta in una bellissima spiaggia a Puerto Grande, osservo le povere case con il pavimento in terra battuta e questi stupendi bambini con gli occhi color miele e la pelle dorata dal sole, che mi sorridono felici, nella loro innocenza, mentre si dedicano a raccogliere l’acqua da un rubinetto comunitario: che futuro avranno, di educazione e salute, mentre vivono in questo stato di poverta’ estrema, contrapposto al lusso piu’ sfrenato di poche famiglie oligarche?

Perche’ i loro genitori non hanno il diritto di reclamare la parte di terra che gli spetta per beneficio ancestrale? Mi bolle il sangue pensando a questa grande ingiustizia, ad un uomo che possiede una ricchezza che potrebbe pagare tutto il debito estero di Honduras e non e’ ancora soddisfatto, la sua avidita’non ha confini.

Gia’ Dante Alighieri, alla sua epoca, aveva definito perfettamente l’anima di Facusse’: “l’avariza e’ cosi’, perversa e vile, ed il suo affanno non ha riposo, dopo aver mangiato, ha ancora piu’ fame”.

*l’autrice e’ responsabile della pagina in italiano del sito web di Prensa Latina

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24 febbraio, 2010

La dittatura honduregna inizia a vendere l'infrastruttura pubblica del paese

Comincia la privatizzazione dell'acqua in Honduras

Gonzalo Sánchez - Tercera Informacion

Di fronte alla pretesa dell'illegittimo parlamento honduregno, dominato dagli stessi parlamentari autori del colpo di stato l'estate scorsa, di portare a termine la privatizzazione dell'acqua, come primo passo vendendo l'azienda idroelettrica “José Cecilio del Valle” ad una compagnia italiana, gli abitanti delle 90 comunità del sud, hanno minacciato d’occuparne gli stabilimenti e bloccarne le strade d’accesso.
La principale attività del parlamento honduregno dopo il golpe è stata sospendere i diritti costituzionali, servire da prigione di tortura e vendere a privati le infrastrutture e risorse pubbliche dell’Honduras.
Ora si cominciano a percepire le conseguenze. I proprietari terrieri, che avevano visto le loro terre improduttive coltivate da contadini, che non dovevano loro alcun compenso per poterle lavorare, ne sono rientrati in possesso, appoggiati dalle forze di polizia e dai militari. L'acqua segue la stessa sorte.
L'idroelettrica “José Cecilio del Valle” fornisce acqua a 120.000 persone; fin’ora pubblica, passerà in mani private. L'ultimo giorno in cui il dittatore Roberto Micheletti era a capo del regime repressivo, ratificò un decreto approvato dal parlamento, in materia di opere pubbliche, tra cui l'idroelettrica.
Il giorno dopo, per occultare il decreto, si falsificò la Gazzetta Ufficiale dello Stato, stampandone presso l'Impresa Nazionale di Arti Grafiche due serie differenti con lo stesso numero, ma solo 20 delle pubblicazioni riportavano il decreto.
Fonte: http://tercerainformacion.es/spip.php?article12988

Da: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=100704

Tradotto da Adelina Bottero

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FNRP : agenda di mobilitazioni per il 2010

Natasha Pitts - Adital

A circa otto mesi dal colpo di stato che strappò il potere al Presidente honduregno Manuel Zelaya, le forze di resistenza continuano a mobilitarsi. Con la realizzazione delle elezioni presidenziali, ci si aspettava che il golpe fosse dimenticato e che il paese tornasse alla normalità costituzionale. Nondimeno l'agenda delle attività per il 2010 è già predisposta, per consentire alla popolazione honduregna di continuare a resistere.
Il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP), è una delle organizzazioni-guida delle mobilitazioni. In questo momento, le attività organizzate sono volte a combattere l'attuale regime politico militare e a lottare per una nuova proposta politica elettorale che garantisca la piena partecipazione popolare. In cima alla lista delle istanze vi è la convocazione dell'Assemblea Nazionale Costituente per approvare una Costituzione popolare, giusta ed includente.
Durante i mesi di febbraio e marzo, il Coordinamento Nazionale Provvisorio percorrerà tutte le regioni dell’Honduras con l'obiettivo di eleggere i Coordinamenti Dipartimentali e definire le date delle assemblee municipali per designare i Coordinamenti Comunali.
In marzo, si realizzerà il Secondo Incontro per la Rifondazione dell’Honduras. Convocato dal Fronte di Resistenza e dal Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari ed Indigene dell’Honduras (COPINH), la riunione vuole simulare la realizzazione dell’agognata Assemblea Nazionale Costituente.
È anche prevista per il prossimo mese l'elaborazione del Piano Nazionale di Formazione Politica. Da aprile a giugno si realizzerà il primo ciclo del Piano di Formazione, quando saranno consolidati tutti i nuclei di resistenza nei quartieri honduregni.
Il 28 giugno, ricordando un anno dal golpe, il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare realizzerà una consultazione in tutto il paese per la convocazione dell'Assemblea Costituente. I mesi di luglio e settembre saranno segnati dalle elezioni dei rappresentanti municipali, dipartimentali e nazionali. Il 15 settembre il FNRP realizzerà la prima Assemblea Nazionale dei delegati della Resistenza. Nell'occasione si definiranno il programma politico e il Coordinamento Nazionale.
Nonostante le persecuzioni e violenze che continuano dopo l'assunzione dei poteri da parte di Porfirio “Pepe” Lobo, si realizzeranno durante tutto l'anno 2010, congiuntamente a Manuel Zelaya e alla sua squadra, incontri di affermazione e consolidamento delle forze che compongono il Fronte. Durante gli incontri le organizzazioni in resistenza intensificheranno la posizione di ripudio della continuità del governo di fatto, capeggiato dall'attuale presidente Pepe Lobo.
Tutte le attività e mobilitazioni proposte dal Fronte di Resistenza e da altre entità contrarie al golpe, convergono nella lotta per la libertà ed il riscatto della dignità del popolo honduregno. Dopo il colpo di stato militare e l'installazione del governo di fatto guidato da Roberto Micheletti, honduregni ed honduregne sono stati sottoposti ad innumerabili violazioni dei loro diritti, oltre ad essere discriminati, aggrediti ed assassinati per le loro scelte di vita.
Affinché gli orrori commessi durante il golpe non rimangano impuniti, né cadano nell’oblio nazionale e mondiale, il Fronte è impegnato a realizzare, per lo meno una volta al mese, ogni giorno 28, mobilitazioni di lotta per l'Assemblea Nazionale Costituente e per la condanna della dittatura.

Fonte: http://www.adital.com.br/site/noticia.asp?lang=ES&cod=45256
Da : http://www.rebelion.org/noticia.php?id=100859

Tradotto da Adelina Bottero

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Comunicato n. 48 del FNRP sul Vertice di Rio in Messico

Ai rappresentanti dei Governi e degli Stati che compongono il Meccanismo Permanente di Consultazione e Concertazione Politica riuniti a Cancún, Messico, in occasione del ventitreesimo Vertice del Gruppo di Rio, comunichiamo:

1. L’Honduras continua ad essere sottoposto ad un regime di fatto, installato e sostenuto con la forza delle armi dal 28 giugno 2009 fino ad oggi, periodo durante il quale il popolo honduregno è stato vittima di costanti violazioni dei diritti umani.

2. L'illegittimità e l’illegalità dell'attuale regime si vogliono negare, invano, cambiando le facce dei personaggi che amministrano lo Stato, ma non si riesce ad ingannare nessuno: è, infatti, di dominio pubblico che essi obbediscono agli stessi gruppi di potere che comandano la repressione e l'assassinio e che ostacolano lo sviluppo di una vera democrazia.

3. Il processo elettorale, con cui si pretende riconoscere autorità ai nuovi mandatari della dittatura, fu illegale sotto tutti i punti di vista, poiché diretto ed amministrato da autorità complici nel colpo di stato, che ostacolarono la libera partecipazione degli oppositori ed ignorarono il clima di terrore imperante. Ragion per cui nessun governo, meccanismo d’integrazione regionale o istituzione di provata credibilità inviarono osservatori al suddetto processo.
L'illegittimità di tale processo venne ratificata dall'astensionismo della stragrande maggioranza della popolazione honduregna, che di conseguenza ne disconosce i risultati. Non a caso il popolo continua la lotta non violenta per sconfiggere il regime totalitario attuale e ristabilire l'ordine democratico.

1. La situazione dei diritti umani è grave e sta peggiorando. Nelle ultime settimane si sono registrati altri assassini, persecuzioni e molestie contro le persone organizzate nella Resistenza Popolare. E da parte dei dirigenti degli organi di sicurezza dello stato si annuncia un'offensiva militare per annientare l'opposizione al regime.

2. Diversi settori della comunità internazionale, governi amici, organizzazioni sociali e in difesa dei diritti umani, hanno sconfessato apertamente l'attuale regime.
Per tali ragioni:

1. Sollecitiamo i rappresentanti dei Governi e Stati membri del Gruppo di Rio a mantenere la loro posizione di non riconoscimento della dittatura honduregna, fintanto che non si ristabilisca l'ordine costituzionale democratico e non cessino le violazioni dei diritti umani.

2. Continueremo la nostra lotta a prescindere dalle azioni terroristiche dello stato controllato dai golpisti.

3. Ringraziamo i Governi e le organizzazioni sociali amiche per la loro preoccupazione per la grave situazione che attraversa il nostro paese e per le azioni di solidarietà volte a superare la crisi.

Tegucigalpa 19 febbraio 2010

http://voselsoberano.com/v1 /

Tradotto da Adelina Bottero

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23 febbraio, 2010

TANTI POPOLI UN'UNICA LOTTA

Sabato 20 febbraio migliaia di persone hanno dato vita a Milano (Italia) ad una manifestazione in solidarietà con le lotte antimperialiste dei popoli del mondo. Nel corteo internazionalista, aperto da uno striscione che recitava la significativa frase “Tanti popoli, un'unica lotta”, viene segnalata la grande presenza di uno spezzone dedicato alla solidarietà con la lotta antimperialista dei popoli latinoamericani. Questa parte del corteo era aperta da un grande striscione che su uno sfondo dipinto col tricolore bolivariano, portava la scritta “Por la Nueva Colombia, la Patria Grande y el Socialismo”. Dietro a questo si vedevano le bandiere di quei popoli e organizzazioni della nostra America che stanno all'avanguardia nella lotta per una seconda e definitiva indipendenza del continente latinoamericano. Colombia, Cuba, Venezuela, Nicaragua, Bolivia, Ecuador, Salvador, Honduras.

Il messaggio non poteva essere più chiaro. Questi popoli con la loro lotta hanno fatto rinascere la speranza di un mondo più giusto e solidale, opposto a quello capitalista, anche in Europa, e tutti insieme condannano senza mezzi termini il ruolo servile che il governo colombiano sta giocando a favore degli interessi rapaci e guerrafondai dell'imperialismo statunitense. Vedono nella lotta per la liberazione della Colombia un passaggio chiave per la liberazione dell'intero continente, nella costruzione della libertà e del socialismo, di un futuro di solidarietà, giustizia sociale e pace per tutti i popoli.

Quando il lungo corteo è passato sotto al palazzo che ospita il consolato della Colombia le molte persone presenti hanno ripetuto slogan di condanna e di ripudio nei confronti del governo mafioso e paramilitare attualmente presieduto dal narcotrafficante numero 82, Alvaro Uribe Velez.

Sono stati ricordati gli studenti messicani massacrati due anni fa con una operazione di vero terrorismo internazionale realizzata dall'esercito colombiano, supportato da tecnologia e mezzi USA, in territorio dell'Ecuador. Così come il comandante delle FARC-EP Raul Reyes, caduto durante lo stesso bombardamento, mentre svolgeva nel suo accampamento temporaneo un lavoro volto a favorire uno scambio umanitario tra i prigionieri di guerra in mano delle due parti belligeranti.

E' stata una grande giornata internazionalista, che a conclusione della settimana in solidarietà con il popolo basco, ha manifestato la sostanziale identità di obiettivi tra tutte le lotte antimperialiste: dalla Palestina al Kurdistan, dal Paese Basco all'America latina, ogni vittoria, in qualsiasi parte del mondo, è una vittoria di tutti.

http://www.nuovacolombia.net

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22 febbraio, 2010

HONDURAS: DEFINIZIONE E STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL FRONTE NAZIONALE DI RESISTENZA POPOLARE

www.voselsoberano.com - 16 febbraio 2010

Il FNRP è un'organizzazione ampia di lotta politica e sociale, anticapitalista, antineoliberista, antioligarchica, antimperialista, antipatriarcale ed antirazzista, che mira alla trasformazione delle strutture sociali, politiche, economiche, educative e di dominazione culturale, attraverso l'installazione dell'Assemblea Nazionale Costituente, includente e popolare, che approvi la prima costituzione politica fatta dal popolo per rifondare lo Stato dell’Honduras, eliminando le relazioni di dominazione e sfruttamento attuali e creando un sistema di giustizia sociale che garantisca il benessere, la libertà, e dignità di tutte e tutti.

Il FNRP cerca di rafforzare l'integrazione centroamericana e latinoamericana, nell’ambito della libera autodeterminazione dei popoli; respinge qualunque tipo di dominazione o ingerenza straniera nelle questioni interne del paese.

Il FNRP è uno strumento di costruzione del potere popolare con piena indipendenza politica ed ideologica da partiti politici, confessioni religiose ed altre organizzazioni o persone, ed è composto da movimenti popolari, organizzazioni sociali ed istanze politiche che ricercano la trasformazione sociale del paese. In esso sono rappresentati abitanti, contadini, operai ed operaie, micro piccoli e medi imprenditori ed imprenditrici, movimenti ambientalisti, studenteschi, ONG progressiste, forze politiche progressiste e democratiche, insegnanti, professionisti, gruppi dei diritti umani, giovani, donne, artisti, popoli indigeni e neri, gruppi, comunità lesbiche, gay, transessuali e bisessuali (LGTB), chiese popolari, emigranti ed altri settori organizzati e non organizzati.

Il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare ha, come linee fondamentali di lotta, la formazione politica come fattore determinante per la costruzione della democrazia partecipativa; l'organizzazione come fattore chiave per il consolidamento di forze al livello locale, regionale e nazionale; la mobilitazione permanente in difesa e protezione dei diritti del popolo.

Descrizione generale della struttura organizzativa.

1. Collettivi di Resistenza (Quartieri, comunità rurali, organizzazioni popolari, organizzazioni sociali)

2. Assemblea municipale dei rappresentanti dei collettivi di Resistenza

a. Organo esecutivo - Coordinamento della Resistenza Municipale

3. Assemblea dipartimentale dei rappresentanti della Resistenza Municipale

a. Organo esecutivo - Coordinamento della Resistenza Dipartimentale

4. Assemblea Nazionale dei rappresentanti della Resistenza Dipartimentale più i rappresentanti delle forze sociali e politiche (organizzazioni popolari, sociali e politiche)

a. Organo esecutivo - Coordinamento Nazionale

Altri appunti sull'organizzazione.

1. Ogni regione avrà autonomia nel definire la propria struttura organizzativa interna. Mentre è in corso il processo di consolidamento dei Fronti locali, municipali e dipartimentali della Resistenza, si stabilirà un Coordinamento Nazionale Provvisorio.

2. Ad ogni livello dell'organizzazione saranno coinvolti rappresentanti delle organizzazioni popolari e movimenti politici che formano il FNRP

3. Ogni livello dell’organizzazione definirà le commissioni di lavoro necessarie per essere operativa.

4. La conduzione di ogni istanza deve essere orizzontale, democratica ed includente, rispettosa della dichiarazione dei principi.

http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=4077:definicion-y-estructura-organica-del-frente-nacional-de-resistencia&catid=1:noticias-generales

Tradotto da Adelina Bottero

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HONDURAS: I “POTERI DI FATTO” VIOLANO LA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE A ZACATE GRANDE

Venerdì 5 febbraio 2010 - Marvin Palacios

All'impresario Miguel Facussé non piace l'idea di una radio comunitaria.
L’aspirazione a disporre di una radio comunitaria è minacciata dall'impresario Miguel Facussé in combutta con autorità giudiziarie e di polizia, nel villaggio di Puerto Grande, giurisdizione di Amapala, in palese violazione della libertà d’espressione delle comunità.

Questa la denuncia di Franklin Meléndez, dirigente del Movimento di Recupero delle Terre di Zacate Grande, precettato da agenti investigativi della zona.

Meléndez ha raccontato a www.defensoresenlinea.com che alcuni giorni fa, in seguito a sollecitazione dell'imprenditore Facussé, agenti d’investigazione criminale gli consegnarono una citazione, affinché si presentasse al tribunale di Amapala, dipartimento di Valle, nella zona meridionale del paese.

“M’incolpavano per delle bombe scoppiate il 28 novembre, bombe che certa gente utilizza per la pesca e con cui non ho niente a che fare” ha spiegato Meléndez riguardo alla citazione.

L’hanno inoltre accusato dell’incendio di un veicolo e di promuovere l'installazione di una radio comunitaria nella zona. Essa consentirebbe di comunicare con oltre 10 comunità di Zacate Grande, che da diversi anni stanno affrontando la minaccia di perdere le loro terre per l'avarizia dell'imprenditore agroindustriale Miguel Facussé, di grande influenza politica, il quale pretende di recintare tutta la zona costiera della penisola.
“Pensiamo l’abbiano fatto allo scopo d’incriminare la gente ed alcune persone a loro sgradite. Io mi sono presentato ad Amapala davanti al giudice, ma non mi hanno portato in tribunale, sono rimasto nei locali della Direzione Generale d’Investigazione Criminale (DGIC) per due ore”.
Ha aggiunto che la citazione è stata fatta per ottenere sue dichiarazioni riguardanti le esplosioni di dinamite a Puerto Grande, l'incendio di un veicolo, la pretesa installazione di un'antenna radio e l'opposizione di contadini e contadine al fatto che sostenitori di Miguel Facussé, prendano possesso di terre che appartengono alla comunità di Puerto Grande.
“Queste sono terre che appartengono al nucleo contadino, noi le stiamo tutelando e curando da oltre 10 anni”.

“Nella DGIC mi hanno interrogato sull'installazione della radio comunitaria. Volevano sapere che cosa stavamo costruendo e chi ci stava finanziando”.

D'altra parte Meléndez ha affermato che Miguel Facussé ha mandato delle persone, che si sono qualificate come agenti della DGIC, a scattare fotografie dove si sta realizzando la radio della comunità.

Al signor Facussé non piace l'idea di una radio comunitaria, “perché ciò gli rovinerebbe i piani di tenere le persone un po’ addormentate con la propaganda, mentre la radio comunitaria potrebbe farle progredire, con informazioni sui diritti, sulle leggi e molte altre cose che ci aiuterebbero”, ha rimarcato Meléndez.

Tra le comunità beneficiarie del progetto di comunicazione, vi sono in particolare La Flor, Il Muray, Ojochal, La Gaviota, Coyolito e Huanacastales, Puerto Grande.
Attualmente oltre 500 famiglie abitano la penisola di Zacate Grande in condizioni di estrema povertà, sotto minaccia dell'usurpatore Miguel Facussé, che pretende d’impadronirsi della vasta zona costiera che riceve le calde acque del Golfo di Fonseca.

Gli abitanti di questa zona hanno affermato che la pesca è diminuita a causa del prelevamento dei gamberi su vasta scala, esercitato dalle grandi imprese, e della depredazione delle piantagioni di mangrovie. Anche la poca terra rimasta loro non consente di coltivare a sufficienza cereali ed alcuni tipi di verdure.

“La pesca ormai non rende, quest’anno nemmeno i gamberi, che noi abbiamo sempre cacciato; le semine sono andate male e adesso siamo proprio alle strette” ha dichiarato Meléndez.

A livello giudiziario, decine di contadini stanno affrontando processi con l’accusa di appropriazione illecita di terre e depredazione dei boschi, azioni promosse dagli imprenditori Miguel Facussé e Fredy Nasser, che mirano ad ogni costo al controllo della penisola.

“Sono accuse senza fondamento, perché come si può dire a qualcuno che ha vissuto per 30, 80 o 100 anni in un posto che sta usurpando qualcosa, se per legge gli spetta il possesso di quella terra?”, ha commentato il dirigente comunitario.

Nella regione prevale un clima d’incertezza, insicurezza ed a volte perfino di abbandono, hanno affermato alcuni pescatori. Nessuno può avvicinarsi o svolgere attività nelle acque di Playa La Virgen, proprietà privata di Miguel Facussé, perché se lo fa potrebbe diventare bersaglio degli uomini armati del potente ed influente imprenditore.
Poliziotti, sindaci e addirittura giudici cospirano per daneggiare migliaia di famiglie di pescatori ed agricoltori di Zacate Grande.
Riguardo a questo Meléndez ha assicurato che “la polizia non sta dalla nostra parte, cercano qualunque pretesto per starci col fiato sul collo, provocano alquanto, così come fa la gente di Facussé”.

“La Caritas, organizzazione della Chiesa Cattolica che offre assistenza legale ai contadini e contadine di Zacate Grande, sostiene che nel nostro caso non vi è mai stata appropriazione illecita, dal momento che non esiste alcun atto di espropriazione dell'oggetto di patrimonio, possesso o usufrutto. In altre parole: le comunità erano lì già prima che Miguel Facussé acquisisse quelle terre e tale è la nostra posizione”.

Purtroppo, le istanze inoltrate su questa base non hanno avuto l'effetto desiderato, sebbene sia ancora in atto un ricorso difensivo alla Corte Suprema di Giustizia.
Poliziotti, sindaci e addirittura giudici congiurano per colpire migliaia di famiglie di pescatori ed agricoltori di Zacate Grande, come dimostrano tutti i fatti registrati nella vita di queste comunità.
Ancora una volta, i poteri effettivi tramano per violare la libertà d’espressione di migliaia di contadini e contadine di Zacate Grande, che chiedono secondo giustizia il diritto alla terra che loro appartiene.

http://www.defensoresenlinea.com/cms/index.php?option=com_content&view=article&id=613:poderes-facticos-violentan-libertad-de-expresion-en-zacate-grande&catid=58:amb&Itemid=181

Tradotto da Adelina Bottero

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19 febbraio, 2010

Rel-UITA invia lettera al Presidente dell’Honduras

denunciando la violazione ai diritti umani
Atto intimidatorio contro l’abitazione del vicepresidente dello STIBYS

Sig. Presidente dell’Honduras
Porfirio Lobo Sosa

Siamo stati informati che giovedì scorso, 11 febbraio, la casa di Porfirio Ponce, vicepresidente della nostra organizzazione affiliata, il Sindacato dei Lavoratori dell'Industria delle Bevande e Simili (STIBYS), è stata assaltata da un commando formato da individui armati ed incappucciati.

Questo grave fatto non è isolato. Secondo la denuncia fatta dal Comitato dei Familiari di Detenuti Scomparsi in Honduras (COFADEH), " Il Sindacato dei Lavoratori dell'Industria delle Bevande e Simili (STIBYS) è stato oggetto di costanti persecuzioni ed intimidazioni, situazione che si è acutizzata a partire dal 28 giugno 2009, giorno del colpo di Stato.

Il 26 luglio 2009, a mezzanotte, è scoppiata una granata di frammentazione all'interno della sede del sindacato. Un membro della Resistenza, che quello stesso giorno stava uscendo dagli uffici del sindacato, è stato attaccato con pallottole di gomma.

Lo scorso mese di agosto, sconosciuti hanno sparato contro l’edificio dello STIBYS. Tre pallottole hanno colpito le finestre del salone.

L’11 agosto, le principali entrate dell’edificio del sindacato sono state militarizzate. Un contingente di soldati ed un mezzo corazzato sono stati posizionati dalle quattro del pomeriggio davanti all’edificio e ci sono rimasti fino al giorno 12 agosto, ostacolando l’arrivo della gente della Resistenza che in quei giorni stava utilizzando la sede del sindacato come punto di ritrovo e di alloggio. Tre persone che sono entrate nella sede sono poi state fermate ed accusate di furto ed incendio aggravato.

Il 28 novembre, l'Esercito ha nuovamente militarizzato la sede del sindacato. Un mezzo corazzato militare provvisto di cannone è stato piazzato davanti all’entrata principale".

A tutto ciò dobbiamo aggiungere la selvaggia repressione che ha subito alla fine di luglio il presidente dello STIBYS ed integrante del Comitato Esecutivo Mondiale della UITA, Carlos H. Reyes, il quale ha subito una grave frattura al polso, ferita per la quale si trova ancora sotto trattamento medico.

Allo stesso modo, dal 27 gennaio, giorno in cui Lei si è insediato alla Presidenza dell’Honduras, organismi dei diritti umani honduregni hanno rilevato "tre attentati contro persone, nove sequestri, due casi di violenza sessuale contro donne e la morte di tre persone, tra esse due sindacalisti: Vanesa Zepeda, del SITRAIHSS, e Julio Funes Benítez, del SITRASANAAYS, entrambi membri attivi della Resistenza.

Si sono anche prodotte perquisizioni illegali in vari quartieri e località del paese, condotte dalla Polizia nei confronti di cittadini che si identificano con la Resistenza. 53 persone sono state fermate dalla Polizia Preventiva, il comune denominatore degli interrogatori ai detenuti è stato la ricerca di armi e denaro".

La UITA, ed in modo particolare questa Segreteria Regionale Latinoamericana, abbiamo vissuto durante molti anni tutte le dittature che, purtroppo, si sono installate nel nostro continente. Abbiamo accumulato una triste, ma molto viva esperienza sulle caratteristiche dei vari metodi repressivi con i quali si vuole piegare la lotta dei popoli per una vita migliore. E non li dimentichiamo.

I fatti che da alcuni mesi prima del suo insediamento sono avvenuti in Honduras, e quelli che stiamo denunciando ora, hanno una tragica similitudine con quelli accaduti negli anni 70 nel Cono Sud. È stata chiamata “guerra sporca" e consisteva nell'intimidazione, la persecuzione e l’eliminazione dei principali dirigenti e militanti politici e sociali che si opponevano ai regimi militari che hanno distrutto la regione.

Per fare tutto ciò sono stati utilizzati in modo parzialmente occulto le stesse strutture repressive e personale dello Stato appositamente addestrato. È quanto accaduto con il commando che ha assaltato la casa di Porfirio Ponce, i cui membri hanno dimostrato di essere perfettamente addestrati ed organizzati, portandosi via solamente il computer portatile del nostro compagno. E questo nonostante il posto si trovasse a poca distanza da una delegazione della Polizia, la quale si è presentata sul posto più di mezz'ora dopo la fuga del commando.

In qualsiasi parte del pianeta, questi fatti si chiamano “terrorismo di Stato” ed “impunità”, in modo speciale nella nostra regione latinoamericana dove abbiamo sofferto a lungo di questi crimini.

Sig. Presidente, la nostra organizzazione ripudia e condanna questi attacchi alla libertà individuale, alla libera espressione delle idee, al diritto di organizzazione e partecipazione sociale e politica all’interno delle regole democratiche, e li qualifica come propri di regimi dittatoriali, poiché chi li esegue ubbidisce ad ordini superiori, riceve protezione dagli organi di sicurezza dello Stato, e fanno parte loro stessi dei corpi repressivi o di difesa dello Stato.

Una dittatura non si definisce solamente per il fatto di avere abbattuto un governo democratico con l’uso delle armi, ma anche quando un governo – non importa di quale tendenza politica - mette lo Stato al servizio di violentatori, torturatori ed assassini che eseguono questi crimini in beneficio degli interessi di una minoranza afferrata al potere.

È per questo che lanciamo questo appello e facciamo questa riflessione, affinché Lei prenda posizione su questi fatti, poiché a partire da questo momento lo considereremo politicamente e personalmente responsabile della sicurezza dei nostri compagni e compagne dello STIBYS, così come di tutte e tutti gli attivisti e militanti che lottano democraticamente nell’esercizio dei loro diritti, perfino il diritto ad una trasformazione sociale in cui il paese transiti per rotte di equità e solidarietà e smetta di stare al servizio di un gruppo di compagnie e di tristi personaggi.

Proclamiamo in questo modo il nostro stato di massima allerta su quanto sta accadendo in Honduras, e annunciamo che seguiremo permanentemente – come già lo stiamo facendo dal 28 giugno 2009 – ciò che accadrà nel futuro, utilizzando tutti gli strumenti della nostra solidarietà internazionale per dare il totale sostegno alle nostre organizzazioni affiliate e alla democrazia in Honduras.

Ci auguriamo che Lei possa dare segnali di cambiamento di questa situazione che sta danneggiando gravemente le basi della convivenza democratica in Honduras.

Distinti saluti

Gerardo Iglesias
Segretario Regionale UITA


P/C:
Organizzazione degli Stati Americani l UITA-Ginevra l OIL l Amnesty International l Human Rigth l Global Labour Institute (GLI) l Confederazione Sindacale delle Americhe l Confederazione Sindacale Internazionale l CUT-Colombia l CGTP-Perù l CGT-Argentina l CCOO-Spagna l UGT-Spagna I Federazione Europea dei Lavoratori dell'Alimentazione, l'Agricoltura ed il Turismo (EFFAT) l Movimento di Giustizia e Diritti Umani del Brasile l Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) l STIBYS l Força Sindacal-Brasile l CUT-Brasile l Lo-Tco-Svezia l NGG-Germania l DGB-Germania l FESTRAS-Guatemala l FNT-Nicaragua

© (Traduzione Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )

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15 febbraio, 2010

HONDURAS: SEMI DI VERITA’

Da www.fulviogrimaldicontroblog.info

Articolo per El Moncada.
di Fulvio Grimaldi e Sandra Paganini

Dice il superstizioso che il 17 non porta bene. Noi che superstiziosi non siamo abbiamo confermato la fallacia dell’assunto: il 17 porta benissimo per un’informazione che non sia serva o complice delle balle dell’Impero. Specie se si tratta di 17 su 20. Infatti, in 20 giorni, con Esly Banegas, dirigente sindacale e membra del direttivo del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare in Honduras, abbiamo percorso qualche migliaio di chilometri per portare a quanta più gente possibile la storia di un colpo di Stato, della conseguente dittatura, della straordinaria resistenza di un popolo a questo inizio della controffensiva Usa tesa a recuperare ciò a cui, a partire dalla rivoluzione cubana, l’imperialismo aveva dovuto rinunciare nel Continente. Una storia pervicacemente occultata o deformata dall’informazione ufficiale e dal mondo politico. E siamo orgogliosi del fatto che di queste 17 iniziative, dal Nord al Sud del paese, ben dieci erano state volute e magnificamente organizzate dai circoli di Italia-Cuba. Segno che in questa trincea, presieduta dai compagni dei nostri circoli, la coscienza internazionalista e la determinazione a stare accanto ai grandi movimenti di liberazione ed emancipazione dell’America Latina è viva più che mai, a dispetto di abbandoni, perdite di memoria, ignavia.

Nell’oceano gelato del silenzio su ciò che non aggrada ai grandi media e ai loro padrini, il nostro tour ha avuto la funzione del rompighiaccio, portando ovunque le immagini e la viva voce della testimone di uno degli accadimenti più drammatici e geopoliticamente significativi verificatisi nello scenario latinoamericano. Il 28 giugno dell’anno scorso, in Honduras, si è tornati di colpo all’11 settembre del 1973, giorno che segnò per l’America Latina, con l’uccisione di Salvador Allende e l’installazione in Cile del dittatore Augusto Pinochet, l’inizio della nixoniana e kissingeriana “Operazione Condor”, accompagnata da dittature filo-yankee in tutto il Cono Sud. Dittature sanguinarie che, con le successive oligarchie pseudo democratiche, dovevano imporre nel “cortile di casa degli Usa” la predatrice economia neoliberista ambita della multinazionali, dal FMI e dalla Banca Mondiale. Al termine di quell’operazione, nei paesi dell’America Latina la ricchezza si era in media polarizzata in questi termini: il 20% della popolazione possedeva l’80% della ricchezza, l’80% di arrabattava ai margini della sopravvivenza con il residuo 10%. Un quadro tragico, di oppressione, fame, miseria, devastazione economica, sociale, culturale, morte, nel quale la sola Cuba resisteva indefessa, sia nella sua lotta in difesa delle grandi conquiste della rivoluzione, sovranità e giustizia sociale, sia nell’intervento, ovunque nel mondo ce ne fosse il bisogno, per la promozione di sanità, istruzione, benessere.

Quello il mio documentario, girato nell’immediato dopo-golpe, in piena esplosione di rivolta delle masse honduregne, e il racconto di una testimone impegnata in prima fila nella resistenza alla dittatura portavano al pubblico italiano era la storia dell’esordio di una nuova cospirazione alla Kissinger, un’ “Operazione Condor II”, lanciata da Washington in risposta alla travolgente avanzata, nel segno del modello cubano e della nuova spinta bolivariana del Venezuela, di milioni di persone del Cono Sud verso la sovranità dei loro paesi e l’uscita dall’esclusione e dallo sfruttamento. La cacciata del presidente Manuel Zelaya, colpevole di aver attuato riforme economiche e sociali a vantaggio dei ceti emarginati (l’Honduras è il secondo paese più povero del Continente, dopo Haiti), di aver ripreso rapporti di amicizia con Cuba (i cui medici e insegnanti erano presenti a centinaia nel paese), di essere entrato nell’Alleanza Bolivariana dei Popoli della Nostra America (ALBA), era stata seguita dalla piena cilenizzazione dell’Honduras. Esly ha commentato le immagini della brutalità repressiva del regime sotto l’usurpatore Roberto Micheletti, parlandoci delle cariche alle insopprimibili manifestazioni di protesta, giorno dopo giorno per 7 mesi, degli quadroni della morte composti anche da paramilitari colombiani e guidati da esperti del Mossad israeliano, degli assassinii, sequestri di persona, torture, stupri di prigioniere politiche, sparizioni, violazioni di tutti i diritti umani, tutti compiuti nel silenzio omertoso di quella che si permette di definirsi “Comunità internazionale”, pur rappresentando meno di un ottavo dell’umanità.

Ha smascherato il complotto progettato per una cosmesi “democratica” del golpe, attraverso finti negoziati, però sistematicamente sabotati dai gorilla della giunta e dagli inviati di Hillary Clinton, e finte elezioni (29 novembre), alle quali, sotto la minaccia delle baionette e dei licenziamenti, aveva partecipato appena il 30% degli aventi diritto. Ne è uscito un nuovo fantoccio dell’oligarchia, Porfirio Pepe Lobo, dell’ultradestro Partido Nacional, ma la risposta del popolo si è vista in un boicottaggio elettorale, indetto dal Fronte della Resistenza, che ha visto la stragrande maggioranza rifiutare il ricatto e la frode imposti dalla dittatura.

Ma Esly ci ha anche esaltato alla narrazione dell’incredibile resistenza di massa, del tutto inattesa in un popolo che, dalle stragi Contras degli anni’80, quando un’intera generazione era stata annientata, non era più apparso sulla scena della politica nazionale e internazionale. Il 28 giugno 2009 è esploso quanto si era accumulato di collera e presa di coscienza in genti, indigene, creole, meticce, lasciate ai margini della vita e oltre quelli della dignità, da quando la “repubblica delle banane” dell’United Fruits, oggi Chiquita, era servita, oltre alla depredazione multinazionale e oligarchica di tutte le sue ricchezze, come base d’assalto Usa contro Cuba (Baia dei Porci), il Nicaragua dei sandinisti, il Salvador del Fronte Farabundo Martì, il Guatemala degli inenarrabili massacri dei regimi fascisti istigati dagli Usa. Ci ha spiegato come ci fosse stato un precedente della rinascita. Nel 1998 l’uragano Mitch devastò il paese e produsse migliaia di vittime. Lo Stato, detto “delle 10 famiglie” che depredano il paese, rimase inerme e inetto davanti al disastro. Si mossero invece una miriade di organizzazioni locali o di categoria, fino allora impegnate nelle rivendicazioni di settore, che si unirono in un unico sforzo coordinato, di riparo ai danni, di soccorso ai feriti e a senzacasa, di riconnessione dei fili di una comunità nazionale frantumata dalla strategia padronale e dalla furia naturale. Un’unità di interesse e di visione che è rimasta e dalla quale è fiorito spontaneamente quel gran concorso di uomini, donne, associazioni, sindacati, collettivi, lavoratori, contadini, indigeni, artisti, insegnanti, femministe, studenti, che ha saputo opporre ai golpisti e alle mene imperialiste una forza che ha sorpreso il mondo e che, perciò, gran parte del mondo ha taciuto.

Ai circoli che hanno voluto, con ammirabile impegno e generosità, ospitare la nostra iniziativa, è venuto in cambio la consapevolezza del significato che il golpe ha per l’America Latina tutta e per il mondo. In un momento in cui si rinnova e si rafforza l’assedio Usa a Cuba, ancora una volta soffocata dal blocco, si accerchia il Venezuela bolivariano con sette basi nel colonia Usa Colombia, quattro in Panama, due nelle Antille Olandesi, si provocano movimenti destabilizzanti contro i governi progressisti di Venezuela, Bolivia, Ecuador, Paraguay, Nicaragua, si occupa militarmente Haiti con il pretesto del terremoto, anche per porsi a un tiro di sasso da Cuba, si attiva la IV Flotta Usa contro le coste caraibiche e sudamericane, il complotto contro l’Honduras membro dell’ALBA segnala lo scatenamento dell’offensiva nordamericana per riprendersi ciò che i popoli hanno strappato all’impero. Per gli Usa si tratta di spegnere quella luce in fondo al tunnel che, a partire da Cuba e dal Che, l’America Latina aveva acceso a beneficio di tutti i popoli che soffrono l’oppressione, le rapine, l’aggressione, dei potenti del mondo. Quando, a Bracciano, ha chiuso il suo viaggio con il Circolo della Tuscia, organizzatore del tour, Esly ci ha fatto una richiesta: “Non abbandonateci”. Infatti, non ci conviene.

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14 febbraio, 2010

Honduras: Palma insanguinata

Più di 20 mila ettari seminati con palma africana nella regione del Bajo Aguán, nel dipartimento settentrionale dell'Atlantico honduregno, sono scenario di uno dei tanti conflitti agrari che affliggono l'Honduras. L'ex presidente costituzionale Manuel Zelaya Rosales aveva tentato di trovare una soluzione promuovendo il Decreto legislativo 18-2008 sulla mora agraria ed attraverso negoziazioni tripartite tra organizzazioni contadine, imprenditori e l'Istituto nazionale agrario, Ina.

Con il colpo di Stato, gli importanti passi in avanti fatti negli ultimi anni hanno subito un brusco arresto. Il Movimento Contadino Unificato dell'Aguán (MUCA), affiliato alla Central Nacional de Trabajadores del Campo (CNTC), ha quindi ripreso la lotta per il recupero delle terre usurpate dagli imprenditori vincolati al colpo di Stato.

Con il sostegno solidale della Resistenza, i membri del MUCA hanno iniziato il recupero dei 20 mila ettari e hanno subito tre sgomberi da parte dell'esercito e della polizia, con vari feriti, alcuni dei quali gravi.

A dispetto della repressione sistematica, il MUCA continua le sue mobilitazioni in difesa dei diritti dei suoi affiliati sulle terre in conflitto, denunciando contemporaneamente le continue violazioni ai diritti lavorativi nelle piantagioni di Palma Africana e la situazione di estrema povertà in cui versa la popolazione della zona. Quella stessa popolazione alla quale i proprietari terrieri Miguel Facussé, René Morales e Reynaldo Canales avevano venduto la falsa idea che con questa monocoltura avrebbero risolto tutti i loro problemi.

Sirel e la Lista Informativa "Nicaragua y más" hanno dialogato con Yony Rivas e Rudy Hernández, membri del Movimento Contadino Unificato dell'Aguán (MUCA).

- Pochi giorni fa c'è stato un nuovo sgombero violento. Cosa è successo?
- YR: Di fronte alla paralizzazione delle negoziazioni a causa del colpo di Stato, lo scorso 9 dicembre abbiamo deciso di riprendere la lotta per recuperare le terre che ci appartengono sulle sponde destra e sinistra del fiume Aguán. Siamo stati sgomberati violentemente l'8 gennaio, mentre il 14 dello stesso mese abbiamo deciso di abbandonare il posto prima dell'arrivo della polizia per evitare un bagno di sangue.
Abbiamo comunque deciso di fare nuove azioni. Il 27 gennaio, sfruttando il fatto che tutta l'attenzione del paese era rivolta all'insediamento del nuovo presidente Porfirio Lobo Sosa, siamo ritornati per riprenderci le nostre terre.

Dopo poche ore è però arrivata la polizia e ci ha represso selvaggiamente. Quattro compagni sono stati feriti da colpi di arma da fuoco ed uno di loro, Marco Antonio Estrada, è grave per uno sparo alla testa.

Continuiamo a vivere in un regime che risponde agli interessi dell'oligarchia nazionale. Abbiamo tutta la documentazione che certifica i nostri diritti su queste terre che sono state usurpate da Miguel Facussé, René Morales e Reynaldo Canales. Un totale di 20 mila ettari quasi interamente seminati con Palma Africana.

- In che condizioni vive la popolazione in queste zone?
- RH: C'è disoccupazione, povertà, fame e questa situazione ci obbliga a lottare per recuperare le nostre terre ed anche per implementare progetti di produzione di alimenti. Quando queste terre erano dei contadini, più del 60 per cento di esse venivano usate per produrre alimenti basilari per la popolazione. Solo una parte veniva utilizzata per la Palma Africana, per generare entrate immediate e soddisfare alcune altre necessità. Ora, la produzione di alimenti è quasi sparita.

- Durante la cerimonia di donazione all'Honduras di un impianto per raffinare olio di Palma Africana, il presidente della Colombia, Álvaro Uribe, ha parlato della possibilità che i piccoli produttori si associno con i grandi latifondisti affinché questi ultimi li aiutino con le sementi, i concimi e la formazione tecnica. È reale questa prospettiva in Honduras?
- RH: È assolutamente impossibile. Anni fa, le cooperative di queste zone si erano riunite in Coapalma, un'impresa contadina che in quel momento era l'unica a produrre olio di palma.
Quando la terra di 28 cooperative è passata nelle mani dei grandi imprenditori, questi ultimi hanno costruito i loro impianti ed hanno cercato subito d'impadronirsi di tutto il mercato. Hanno aumentato i prezzi affinché i piccoli produttori smettessero di vendere la loro produzione a Coapalma. L'impresa dei contadini è stata sul punto di fallire.

In tutta la zona è quindi diminuito drasticamente il circolante, la gente è entrata a lavorare nelle piantagioni come braccianti nelle piantagioni e non abbiamo mai visto la crescita e il benessere promesso. È invece cresciuta la disoccupazione e la sottoccupazione, la fame e la disperazione, perché ora ai lavoratori il denaro non basta nemmeno per comprare il cibo per tutto il mese.
Questo tipo di produzione genera solamente ricchezza per i grandi imprenditori e non è vero che possa esistere un'alleanza con i poveri, perché il loro obiettivo è quello di accaparrare tutto.

È per questo motivo che dobbiamo recuperare le nostre terre e benché nel passato la paura della repressione abbia paralizzato molta gente, ora la popolazione si è svegliata e sa che dobbiamo riprendere in mano i mezzi di produzione.
Quando guardiamo la terra, non guardiamo la Palma, ma la terra stessa, per lavorarla insieme alle nostre famiglie e tornare così a riprendere fiducia. È necessario che di fianco alla Palma si sviluppino progetti che ci salvino dalla crisi alimentare. È per questo motivo che continueremo a lottare.

- Come sono le condizioni di lavoro nelle piantagioni di Palma?
- YR: Si vive una condizione di grande sfruttamento. Quasi tutti i lavoratori sono braccianti che non godono di nessun diritto, né di prestazioni sociali. Guadagnano in media di 5,5 dollari al giorno e il loro salario è di molto inferiore al salario minimo nazionale, stipulato dal presidente Manuel Zelaya con un decreto.
Lavorano dalle 5 di mattina all'una del pomeriggio, svolgendo lavori molto pesanti e senza nessuna garanzia di potere conservare il posto di lavoro.
Nel mio caso, ho una sorella che ha lavorato tre anni nello stabilimento dove si estrae l'olio, che è proprietà dell'imprenditore Miguel Facussé. Quando hanno saputo che era simpatizzante dei movimenti per il recupero della terra, l'anno licenziata in tronco senza pagarle nulla di quello che le dovevano.

Ultimamente si sono visti anche molti casi in cui per evadere il pagamento di prestazioni sociali e la quota da versare alla Previdenza sociale, i proprietari delle piantagioni assumono una persona a tempo fisso e poi gli delegano il pagamento degli stipendi degli altri lavoratori, come se fosse lui il datore di lavoro. In questo modo i lavoratori restano senza alcun tipo di protezione e completamente indifesi.

- Che prospettive avete per il futuro?
- YR: Siamo pronti a riprendere la negoziazione in qualsiasi momento. Tuttavia, se il nuovo governo non dimostrasse interesse per il nostro caso, siamo disposti a continuare la lotta per il recupero delle nostre terre ed arrivare fino alle ultime conseguenze.

© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )

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Haiti, un mese dopo

ciao a tutti
approfitto di un po' di tempo per mandarvi delle notizie su quello che succede qui ad Haiti.
Un punto di vista privilegato, dal quartiere più povero (e violento) della città, Martissant, dove MSF aveva un "pronto soccorso", nato per coprire un buco (uno dei tanti) nel sistema di salute pubblico, e che dopo il terremoto é diventato un punto di riferimento per i sopravvissuti.
Io sono arrivato a quasi tre settimane dalla tragedia, e guardando le case crollate, le macchine schiacciate, le vie ancora piene di macerie, i cavi elettrici penzolanti, l'aria piena di polvere, posso solo immaginare cosa deve essere successo il 12 gennaio scorso.
Chi c'era mi ha raccontato: la scossa inizia violentemente, per alcuni secondi, poi due violente scosse verticali fanno quasi saltare in aria le case, che crollano giù come fossero di cartone schiacciando tutto quello che si trova sotto...
in un area ad altissima densità abitativa (Port au Prince faceva 2 mlioni di abitanti) questo si traduce in decine di migliaia di morti. E migliaia di feriti, in cerca di cure che non potevano essere date, perchè anche gli ospedali (i piu' grandi) sono crollati, con parte dei pazienti e del personale dentro. Una catastrofe dentro la catastrofe.
Cosi', nel nostro progetto di Martissant sono arrivati a centinaia, i primi giorni. E molti erano completamente ustionati, a causa di un esplosione di un deposito di gas qui vicino. Sono quasi tutti morti.
Le prime cure sono state frenetiche, feriti dappertutto, con arti schiacciati o ossa rotte, mentre i cadaveri si accumulavano...un delirio. Questa gente ha veramente visto l'inferno, soprattutto nei primi giorni, quando non c'era praticamente nessuno, ben prima dell'arrivo degli aiuti.
Ed è impressonante vedere come hanno reagito. Qui c'è un medico haitiano che ha perduto l'unico figlio di 16 mesi, sepolto tra le macerie. Beh, il giorno dopo era in ospedale, a lavorare, perchè sapeva che altre persone avevano bisogno di lui...
E come lui, tanti altri, che ancora vivono in strada, sotto le tende, e vengono ancora a lavorare.
Cosi la vita ricomincia, le strade tornano ad essere piene di gente, parte della popolazione è tornata in campagna, altri vivono nelle tende, altri sono tornati nelle case ma la paura é ancora forte; infatti qui nell'ospedale nesuno vuole tornare "dentro", anche se l'edificio è intatto. cosi' si lavora fuori, sotto le tende, e si continua l'attività di prima, con in più un servizio d pediatria e di medicina interna.
Si, perchè delle 250 (!!!) organizzazioni non governative che sono corse a prestare soccorso, la maggior parte si è occupata delle cure chirurgiche immediate, ma adesso molti sono già andati via...e chi li segue i malati? chi prende in cura tutto il resto, tutto cio' che non è chirurgia, visto che le gente non smette di ammalarsi, o di partorire durante una catastrofe?
E neanche smettono di spararsi, a dire il vero: "grazie" al terremoto 6000 prigionieri sono evasi dalle carceri, e molti sono membri delle "famose" gang (le cui radici risalgono ad Aristide e si sviluppano nei traffici di droga che dalla colombia passa di qua per arrivare agli stati uniti), che si sono riorganizzate giusto qui a Martissant. E che da qui cominciano la resa dei conti.Tanto i caschi blu qui non riescono ad arrivare...
Fortunatamente, MSF gode di un'immunità speciale, ed è conosciuta e rispettata da tutti (per anni è stata l'unica struttura sanitaria funzionante qui intorno). Quindi non ci sono problemi.
Quanto al pericolo di altre scosse forti (quelle di assestamento si sentono quasi tutti i giorni), non c'è da temere: ognuno è provvisto di fischetto (!!) in caso di intrappolamento sotto le macerie. Non ho ancora capito se è una cosa seria o meno, ma sicuramente è un modo molto efficace per farti capire quello che ti puo' capitare!

Comunque:
Quello che faccio qui, insieme agli altri, è essenzialmente aiutare questo ospedale a rimettersi in piedi. In tutti i sensi, dal punto d vista delle attività cliniche, ma anche con il morale; lo staff locale ha subito un trauma enorme, e MSF ha offerto un sostegno psicologico a tutti, oltre a un periodo di meritato riposo...
Ci vorrà del tempo, senza dubbio; ma questa gente ha delle risorse enormi. Hanno perso tutto, ma non la voglia di ricominciare a vivere.
Tanto di cappello, veramente.

un abbraccio a tutti, e a presto.
Mauro

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09 febbraio, 2010

Il terrorismo di stato contro la resistenza contraddice il discorso di riconciliazione

www.voselsoberano.com - venerdì 5 febbraio 2010

Il terrorismo di stato fomentato dal 28 giugno contro il popolo honduregno continua con i crimini selettivi, la persecuzione politica ed altre violazioni dei diritti umani, contraddicendo il discorso di riconciliazione e l'installazione di una Commissione della Verità.

Per il Comitato dei Familiari dei Detenuti Desaparecidos in Honduras (COFADEH) c’è una doppia morale nell'attuale regime, che cerca di ripulire un'immagine inondata di sangue e terrore, per presentarsi di fronte alla comunità internazionale come governo di riconciliazione.

Eppure la realtà è un'altra. Mentre in eleganti alberghi si sorseggiano vini, riascoltando la stessa storia da parte di coloro che perpetrarono il colpo di stato ed accingendosi ad eseguire i loro ordini sulla conformazione della Commissione della Verità, fuori avvengono sequestri, assassini e si affinano strategie perverse per smantellare la resistenza, che dal giorno stesso del colpo di stato si è mantenuta operante e che procede verso l'installazione di un’Assemblea Nazionale Costituente e l’elaborazione di una nuova Costituzione.

Tutto mira a rendere immacolato il colpo di stato: la settimana scorsa è stata approvata un'amnistia, che per noi è una scempiaggine, volta a coprire i crimini dei violatori dei diritti umani.

Nel paese c’è una situazione gravissima di violazione dei diritti umani; i seguenti casi sono soltanto una dimostrazione dell'emergenza che stiamo vivendo riguardo al rispetto dei diritti fondamentali.

- Il 2 febbraio i giovani cameramen Manuel de Jesús Murillo Varela, del Programma “Parla come parli”e Ricardo Rodríguez, del notiziario “La mia nazione”, sono stati temporaneamente sequestrati da un commando di poliziotti in abiti civili. Li hanno portati in una prigione clandestina, messo loro un cappuccio sul capo, fino a far perdere conoscenza per asfissia, sotto continua minaccia di mozzargli la testa e le dita dei piedi, se non avessero detto dove tenevano armi e denaro.

- Quella stessa notte i membri della Resistenza Ariel Lobo e Ricardo Domínguez sono stati catturati dalla polizia preventiva e trasportati alla sede di El Manchén, anch’essi interrogati sulla detenzione di armi. Nell’agosto del 2009 Ariel Lobo fu vittima di un tentativo di sequestro da parte di elementi dell'esercito e di uomini in abiti civili fortemente armati, che stavano compiendo un’operazione nel centro della città.

- Il 3 febbraio è stata trovata morta la giovane infermiera Vanesa Zepeda (29 anni), membro attivo della resistenza fin dal colpo di stato e sindacalista dell'Istituto Honduregno di Previdenza Sociale (IHSS). Era uscita di casa alle due del pomeriggio e a partire da quel momento non è più stato possibile contattarla. Il suo corpo fu lanciato da un veicolo nelle vicinanze della Colonia El Loarque, tra le 6:30 e le 7:00 di quella notte. La persecuzione amministrativa cui fu sottoposta, attraverso udienze a discarico presso la Previdenza Sociale, è stato il preludio alla sua morte.

- A metà del gennaio scorso è stato assassinato nel villaggio di Carbonal il maestro Blas López, leader dell'etnia Pech nel dipartimento di Olancho e membro attivo della Resistenza.

- Il continuo ripetersi di crimini e persecuzioni contro i contadini del Movimento Unificato dell'Aguán (MUCA) rende evidente che i gruppi di potere non cederanno un briciolo, perché hanno a loro favore tutto il sistema giudiziario, che bacia il pugnale dorato.

- A quanto esposto in precedenza si sommano le cosiddette “levatacce”, sotto la direzione del Ministro per la Sicurezza, Óscar Álvarez, che altro non sono se non violazioni dei diritti umani, ora accompagnate da funzionari del Pubblico Ministero, il cui compito non sarà evitare tali illegalità, bensì legalizzarle.

Il COFADEH chiede alla comunità internazionale di non lasciarsi impressionare dal canto delle sirene, il cui lo scopo è infiacchire la lotta contro l'impunità. La sollecitiamo a perseverare ed accompagnare al popolo honduregno, che cerca libertà, giustizia e chiede verità.

DEI FATTI E DEGLI AUTORI, NÉ OBLIO NÉ PERDONO

Comitato dei Familiari dei Detenuti Desaparecidos in Honduras
COFADEH
Tegucigalpa 5 febbraio 2010

http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=3944:terrorismo-de-estado-contra-la-resistencia-contradice-discurso-de-reconciliacion&catid=1:noticias-generales

Tradotto da Adelina Bottero

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ADDIO AL COMPAGNO PRESIDENTE

28 gennaio 2010 - El Libertador
Tegucigalpa. Ci siamo riuniti come sempre di fronte all'Università Pedagogica, continuavamo ad arrivare da tutte le parti, in autobus, in macchina, in moto. Destinazione: l'aeroporto. Quando la moltitudine ormai si perdeva fra le strade che circondano l'Università, siamo partiti per il Boulevard. Quanti eravamo? Migliaia, decine di migliaia, impossibilitati ad avere un'altra prospettiva (l'elicottero del Canal 36 che doveva fare le riprese aeree non fu autorizzato a volare) noi monitoravamo via cellulare, una mia amica camminava avanti di due chilometri, ed ancora il corteo si dispiegava un paio di chilometri più in là.
Chi eravamo? Ah, è facile, un'allegra rappresentanza della cosa più preziosa del popolo honduregno: organizzazioni di quartiere, femministe, ecologisti, liberali veraci, contadini e contadine, studenti, casalinghe, insegnanti, come me, i compagni e compagne dell’UD (Partito di Unificazione Democratica), professionisti, molta classe media, molta classe operaia, venditori ambulanti - compagni e compagne solidali - che si guadagnavano qualche soldo durante il tragitto. C'eravamo noi che facciamo questo paese ogni giorno, facce dalla pelle scura, meticcia o bianca, noi che veniamo da madri indigene, o mulatte, che bella la diversità di colori della mia gente!
In parte camminavamo, in parte ballavamo. I giovani facevano l'onda. La gente, che ci guardava dalle proprie case, applaudiva, agitava bandiere, come una donnina che si era arrampicata sul tetto di casa sua, e sorrideva. I veicoli che passavano per l'altra corsia del boulevard ci suonavano il clacson a mo’ di saluto. Perciò sostengo che noi lì in corteo eravamo solo una rappresentanza, molti altri non marciavano, ma erano lì, in nostro appoggio.
Camminavamo tesi, cantando vecchi slogan: “El Pueblo Unido...” e nuovi motti: “Si cerca un presidente, che non sia golpista e non fotta la gente”. Come sempre citavamo Neruda: “Alta è la notte… e Morazán vigila!” Ed ovviamente, uno spazio per ridere dei nostri golpisti: cartelli nei quali Micheletti appariva come gorilla, come dinosauro, o come lo zio Sam. Uno si vestì perfino da Micheletti, con maschera e tutto, e un cartello che diceva: “Per essere eroe bisogna essere golpista, corrotto, assassino...” alludendo alla proclamazione di eroe nazionale che gli hanno dedicato i pagliacci di sempre.
Per strada la polizia c'era appena, ma prima d’arrivare abbiamo saputo che avevano militarizzato l'aeroporto. Giungendo li vedemmo, stavano dappertutto, nella torre di controllo avevano messo dei cecchini che ci puntavano addosso. Cantammo: “A studiare, ad imparare, per sbirro mai diventare”.
Straripammo dalle strade dell'aeroporto. Gli e le compagne della resistenza avevano montato un palco dove già sette mesi fa cadde il nostro primo martire, Isis Obed. E cominciò il passaggio delle consegne: la ministra Mayra Mejía del Cid, portatrice della fascia presidenziale di Manuel Zelaya, la consegnò ad un bambino e alla nonna della resistenza. Mi venne un nodo in gola. Ma era solo l’inizio. Furono liberati palloncini in cielo, uno per ogni martire, e noi gridavamo: “Presente!” “Isis Obed! Presente! Presente! Presente!” Non ci sarà oblio, non ci sarà perdono compagni e compagne, vogliamo giustizia, Giustizia!
Abbiamo aspettato per molto tempo, ascoltando musica. Dubitavamo che il presidente sarebbe partito da quest’aeroporto, ma continuavamo ad aspettare. Alle 3 del pomeriggio, la pista si riempì di militari e poliziotti che si avvicinarono a noi in atteggiamento provocatorio. Gridammo loro: “Avete paura di noi, perché non abbiamo paura!” Ma non successe nulla, rimanemmo a guardarci in faccia. Una staccionata ci separava, li vedemmo di fronte, senza paura.
In quel momento dagli altoparlanti annunciarono che Mel Zelaya era arrivato all'aeroporto. E vedemmo l'aeroplano bianco. Tutti e tutte gridammo forte: “Mel, amico, il popolo sta con te!” E decollò.
Ho visto molti volti in lacrime, e ho pianto. Ho pianto ricordando tutte le lotte, le marce, i gas lacrimogeni, le corse, le amicizie che ho guadagnato, quelle che ho perso, e tutti gli atti d’eroismo che ho visto in tanti e tante compagne, compreso, ovviamente, il compagno Mel Zelaya.
Ho pianto per le sofferenze vecchie e nuove, ho pianto perché in quel momento stavamo dando alla luce il nuovo Honduras, non quello dello stadio vuoto di Lobo e della sua muta di cani, l’Honduras nuovo che cresce in noi, nella nostra organizzazione e nel nostro impegno. Il fatto è che in Honduras, come in altre parti della nostra nazione latinoamericana, l’era sta partorendo un cuore.
“Torneremo” - disse Mel -. Così sia.

Delfina Bermúdez, insegnante honduregna in resistenza

http://redsolhonduras.blogspot.com /

Tradotto da Adelina Bottero

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La realtà globale imposta in Honduras

- Di Tito Pulsinelli -

Il Tegucigolpe ribadisce che l'America centrale fa parte della zona di influenza e controllo diretta dagli Stati Uniti. Hanno deciso che, dopo la quasi-annessione del Messico, questa regione strategica non poteva essere una frontiera in disputa con il blocco del Sudamerica. Non potevano correre questo rischio quando la rivoluzione bolivariana, che capeggiava il Venezuela, stava acquistando una crescente influenza.
Se l'area dei Caraibi - tranne Cuba - costituisce il primo anello di sicurezza e sfruttamento dell' Impero, che continua ad imporre manu militari, nell’Istmo Centro- americano era indispensabile la continuazione del modello neocoloniale e neoliberale. Un Taiwan in Occidente. Pertanto, il compito di contrastare attivamente ogni tentativo di unificare questi micro-Stati, o impedire loro di cristallizzare modelli sociali più equi, è stato un compito fondamentale per Washington.

Dal nostro punto di vista, stiamo pagando il prezzo per il fallito consolidamento della Federazione Centroamericana dopo l'espulsione della Corona spagnola.

La lunga serie di omicidi, invasioni, colpi di stato e di anti-insurrezioni fomentate dagli USA, hanno causato l' ibernazione del latifondo in questi paesi, mantenendo il potere totalitario dell' oligarchia e l'esistenza di economie che sono semplici estensioni o enclavi della potenza del Nord.

Con il nuovo Tegucigolpe si aggiorna una pratica consolidata in uno degli anelli "deboli" della catena, e si dichiara che la dottrina di Monroe è ancora attuale, almeno fino al Canale di Panama. Più a sud, il Pentagono ha iniziato il dispiegamento di forze per la restaurazione.

La proliferazione di basi militari (1), il fomentare la sovversione interna, sotto la maschera legalista il sicariato politico attraverso i mercenari della narco-economia, il terrorismo psicologico del latifondo mediatico, rappresentano gli elementi di una barriera di contenimento. E' una tappa della lunga marcia verso il recupero della grande riserva di petrolio venezuelano e l'appropriazione della biodiversità dell' Amazzonia. Non solo il Venezuela e Alba sono sotto mira, anche il Brasile e il "blocco del Sud" sono stati avvistati e minacciati.

Forgiando e realizzando il Tegucigolpe, il Pentagono ha messo in chiaro che la democrazia partecipativa, "populismo", la "ri-potenziazione" dei poteri nazionali, o l'inclusione sociale dei settori secondari dei nostri paesi non fanno parte della sua formula di "democrazia e libertà ".

Vogliono imporre l'oblio e il discredito dei processi costituzionali, non riforme agrarie, nessuna redistribuzione del reddito o nuove forme di contratto sociale. Piuttosto, l'élite e i loro sponsor del nord, puntano ad ottenere manodopera (il costo del lavoro) più economica rispetto a quella della Cina o Sud-Est asiatico, approfittando del "vantaggio comparativo" della vicinanza al confine meridionale degli Stati Uniti. E 'la formula per competere a livello globale con la nuova potenza orientale.

L'analisi della situazione concreta

Il congelamento del progetto di trasformazione guidato da Zelaya -de/costituente preventivo + colpo mascherato- che è una vittoria dell’impero e delle oligarchie regionali, avrà come causa la debolezza del pensiero critico del “leader”? O…E’ il risultato delle insufficienze teoriche del gruppo dirigente del blocco popolare dell’Honduras o latino americano?

Per coloro che sono assuefatti dal tutto o niente, le spiegazioni non sono basate su fatti reali e le forze in lizza, ma piuttosto cercano di trovare spiegazioni in di un auto-referenziale superiorità etica. Quello che ai loro occhi sembrava troppo poco, come nel caso del Cile con Allende, è stato definitivamente troppo per le élites al potere.

Semplicemente, la correlazione della forza globale continua ad essere favorevole alle élites capitaliste. I “radicali” sovrastimano l’effettivo potere dei governi di fronte ai poteri di fatto della borghesia globalizzata: banche, latifondi agro- esportatori, unioni e reti imprenditoriali, forze militari, mass media, alta gerarchia delle chiese e strutture occulte (Opus Dei, narco-mafie, basi militari estere, ecc).
Quei “radicali” idealizzano la forza dei governi nazionalisti, così molti di loro non hanno una propria maggioranza in parlamento, o non contano con riconosciuti partiti politici che sostengano le loro politiche in forma organica e consistente. Questi dottrinari credono che la democrazia partecipativa si fa attraverso “decreti”, non valorizzano la differenza tra l’aver ottenuto una nuova Costituzione o no, nè tengono conto che la partecipazione sociale negli affari pubblici è qualcosa che si deve costruire in vari decenni.

L’attuale “campo da gioco” sono le società nazionali. Le forze determinanti sono quelle che dispongono e giocano all’interno di queste geografie sociali.
E’ un gravissimo errore sopravvalutare il fattore internazionale. Israele, per sei decenni, è la dimostrazione che uno Stato può perpetuare il suo comportamento illegale e aggressivo, nonostante le incontrollabili condanne e censure da parte di tutti gli organismi internazionali senza che abbia mai modificato il suo comportamento interventista.

E’ certo che Mel Zelaya buttò dalla finestra tutto il “capitale diplomatico”- dato dal continente e dalla “comunità internazionale”-, quando prese la strada verso Washington, e cadde nella trappola originaria della sua prima scalata forzata a San Josè, alle cure del seguace maggiore del Costa Rica. E’ stato senza alcun dubbio un grave errore. Lo stesso che fece Aristide: negoziare con i pianificatori e finanziatori dei sicari golpisti di Haiti: praticamente Titide ritornò al governo della mano di chi lo fece cadere e che dopo lo ha deportato in Africa. Si è alleato e credette nel nemico, e questo se lo ingoiò.
Sono errori soggettivi o mosse obbligate? Debolezza personale o vulnerabilità delle micro-nazioni ancora colonizzate? I leader non sono il capriccio del caso ma la conseguenza e frutto di circostanze determinate (2). Aristide ripeteva sempre che “Non importa quello che faccio o non faccio, gli Stati Uniti agiranno sempre contro Haiti”.

C'è nella nostra immaginazione una seria evoluzione dello scenario, vedendo Zelaya “di nuovo a Palazzo”, co –abitando con l’alto comando golpista, accanto agli stessi avvocatucci pietrificati, e con i deputati nell’asta permanente? I minimi margini di manovra, confinanti con l’impotenza istituzionale, avrebbero consumato non solo il prestigio del “contadino liberale”. Che ci piaccia o no, ha il merito di aver catalizzato le energie latenti di un popolo e di un paese, accelerando la sua storia e collocandosi nella soglia del XXI secolo.

Oggi sono presenti al tavolo del dibattito collettivo i punti fondamentali di un nuovo Progetto- Paese. Si dispone di una mappa con alcune strade principali già tracciate. Bisogna rivedere le cause che temporaneamente hanno fermato la barca. Dobbiamo imparare della navigazione iniziata dalla nuova Afro-Indo- Euro-America.
Esiste la strada- Farc della preparazione dell’insurrezione armata ( zero elezioni) praticata già senza successo rivelante in Centro america; anche la strada zapatista di costruire i poteri autonomi locali, non istituzionali (potere parallelo); e la strada del sud, oggi leader- con chiarezza mentale e consistente pratica sociale- del movimento di Evo Morales e Garcia Linera in Bolivia.
Quest’ultima, è la stella polare che ha illuminato il cammino della Seconda Indipendenza. E’ la strada vincitrice- anche se parzialmente- per i popoli; efficace per ritagliare gli artigli delle elite neocoloniali di Caracas, Quito, La Paz, o per sottrarre il potere politico all’oligarchia argentina, brasiliana, uruguaiana e paraguaiana. Dopo il potete di veto che ha obbligato vari presidenti a fuggire, è arrivato il potere di designare nuovi governi.

E’ il culmine di uno straordinario processo di accumulazione di forze dei settori esclusi e decimati dai cantori della proprietà privata transnazionale, fondata sulla negazione della proprietà, dei diritti, delle risorse, e della rappresentazione agli autoctoni. E’ stata la rottura di paradigmi (riforma versus rivoluzione, partito vs movimenti) che ha incontrato vaste coalizioni di forze sociali e politiche.

Il potere non è un assalto al castello ma un processo di trasformazione progressivo, attuato come reti offensive, durante il quale l’egemonia popolare avanza togliendo spazi e potere alle elite, riuscendo a dividerla, neutralizzarla e alla fine archiviare il suo dominio.

Riscattare e affermare il valore strategico della sovranità popolare e nazionale e la forza di coesione dell’integrazione dei settori esclusi e subalterni, è il primo scalino della scala che porta alla Grande Patria indo- afro- euro- americana, indipendente, equitativa, unita, al riparo della depredazione dell’orca imperiale e dei suoi squali locali.

Sarà quello il salto qualitativo che possono dare le forze popolari dell’Honduras? Loro hanno la parola.
NOTE
1- Nella base di Palmerola (Honduras) è stata organizzato l'invasione del Guatemala (1954), la guerra contro i sandinisti e il colpo di stato contro il presidente Zelaya.

2- Il fallito tentativo di imporre una tassa sulle agro-esportatori dall'Argentina non è dovuta al neo-peronismo, ma alla maggior forza ed organizzazione delle élites economiche.

Fonte: http://selvasorg.blogspot.com/

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04 febbraio, 2010

Grave conflitto tra cooperativa honduregna e impresa mineraria italiana

Honduras

Temono per il futuro delle proprie famiglie

La Goldlake Group, con sede in Gran Bretagna e a Gubbio, si vanta di essere la prima compagnia mineraria italiana ad investire in Honduras.

È controllata da Gold, holding proprietà della famiglia dell'impresario Franco Colaiacovo, che è costituita in forma di Società in accomandita per azioni, Sapa, e Società a responsabilità limitata, Srl (Franco Colaiacovo Gold Sapa e Gold Holding Srl).

Franco Colaiacovo Gold Sapa controlla, tra le molteplici attività (http://www.fcgold.it/Holding/Profilo.aspx), il 25 per cento del Gruppo Financo, holding di riferimento di Colacem e Colabeton, tra i primi tre produttori italiani di cemento e calcestruzzo; il 50 per cento di Nextrend, società che detiene il 3,175 per cento di Charme Investements, fondo chiuso di investimento specializzato in beni di lusso; Goldlake Italia, società di investimento nel settore minerario con vocazione multimetallica con sede in Italia e che possiede una quota di controllo della società Goldlake IP, impegnata nella filiera dell'oro alluvionale con un impianto di raffinazione ad Arezzo.

Le operazioni in Honduras di Goldlake Group vengono svolte con l'affiancamento di imprese sussidiarie locali, come Eurocantera, specializzata nell'esplorazione e sfruttamento di miniere d'oro, e Five Star Mining, società di diritto honduregno che possiede importanti concessioni minerarie per l'estrazione di ossido di ferro.

Secondo i principi fondanti di Gold Holding, l'impresa segnala la centralità della persona, il radicamento nel territorio come elemento di competitività e una politica manageriale orientata alla responsabilità sociale d’impresa. Ha steso, come tutte le multinazionali, una carta di valori che prospetta, tra l'altro, il rispetto dei diritti fondamentali, trasparenza, correttezza, tutela ambientale e formazione permanente.

Non sono però di questo parere i membri della Cooperativa Agropecuaria "Unión y Esfuerzo" di Agalteca, piccolo centro rurale poco distante dal confine dipartimentale di Olancho, nell'oriente dell'Honduras, dove la Goldlake Group e Five Stars Mining hanno aperto una miniera per l'estrazione di ossido di ferro, elemento utilizzato nella produzione di cemento.

"La compagnia mineraria sta provocando gravi danni alla cooperativa ed alla comunità stessa, dato che gli scavi arrivano fino ai confini della nostra proprietà dove coltiviamo e interessano direttamente il fiume e i torrenti da cui ci riforniamo per l'acqua potabile, per i tre progetti d'irrigazione che ci hanno finanziato organismo internazionali e per il progetto di allevamento della tilapia (tipo di pesce ad alta riproduttività) - ha spiegato Rigo Martín López, membro della cooperativa -.

All'inizio la concessione era di 7 ettari, ma con il colpo di Stato la compagnia ne ha approfittato e si è fatta estendere l'area degli scavi.
È stata distrutta buona parte del bosco e ciò ha fatto diminuire notevolmente la portata del fiume. La compagnia ha inoltre cercato d'imporre il passaggio di decine dei suoi camion carichi di materiale estratto nella nostra proprietà, provocando danni ai campi, ai recinti ed alle persone stesse, dato che non rispettano i limiti di velocità che il buon senso dovrebbe determinare".

Secondo López, i lavori sono iniziati circa 8 anni fa quando la concessione mineraria era stata rilasciata a un imprenditore nordamericano ed a uno honduregno. Quest'ultimo decise poi di cedere più del 50 per cento della sua partecipazione alla Goldlake Group, il cui dirigente in Honduras, l'italiano Alessandro Morroni, iniziò un vero e proprio braccio di ferro con la cooperativa.

"È una persona con cui non si può parlare. Si sente superiore, offende continuamente e vuole imporre le sue decisioni passando sopra le nostre rischieste. In questo caso - ha continuato il membro della cooperativa "Unión y Esfuerzo" - non c'è comunque nulla da negoziare, perché in gioco c'è il futuro dei nostri figli".

Il conflitto è degenerato nel mese di luglio dello scorso anno, quando i membri della cooperativa hanno deciso di difendere i propri diritti bloccando il portone d'entrata alla loro proprietà ed impedendo in questo modo il passaggio dei camion.

"Abbiamo impedito l'entrata dei camion per 38 giorni. A me la compagnia ha offerto soldi affinché convincessi i miei compagni a desistere dalla lotta, ma di fronte al mio rifiuto sono iniziate le minacce di morte e vari compagni sono stati anche percossi. Alla fine è intervenuta la polizia per appoggiare la compagnia e ci hanno sgomberato con la forza. Abbiamo immediatamente avvisato e presentato una denuncia al Comité para la Defensa de los Derechos Humanos en Honduras, Codeh, ed ora stanno seguendo il nostro caso", ha spiegato Rigo Martín López.

I membri della cooperativa hanno anche denunciato che la Goldlake Group e la Five Stars Mining starebbero "comprando coscienze" all'interno della comunità, dato che danno da lavorare ad almeno cento persone del posto. Hanno inoltre convinto vari abitanti di Agalteca ad indebitarsi per l'acquisto di camion, garantendo loro il lavoro del trasporto dell'ossido di ferro.

In questo modo la compagnia è riuscita a rompere l'unità all'interno della comunità ed in parte a isolare i membri della cooperativa, dato che la chiusura o il ridimensionamento della miniera a cielo aperto arrecherebbe gravi danni economici a un considerevole numero di famiglie del luogo.

"Questa strategia dell'impresa - ha continuato López - ha fatto sì che sorgessero conflitti all'interno della comunità e ha generato timore tra i membri della cooperativa. Ad uno dei soci hanno anche sparato ad una gamba

La propietà delle terre: un altro conflitto

La comunità di Agalteca è in possesso di un Titolo Ancestrale che la riconosce proprietaria di oltre 6.800 ettari di terra. Nonostante ciò, buona parte di queste terre vennero acquisite negli anni da famiglie appartenenti ai gruppi di potere economico e militare del paese e la parte restante restò sorprendentemente in mano al Banco Central.

Grazie all'intervento dell'Istituto nazionale agrario, Ina, la gente ha potuto titolare circa 150 ettari ed ora ne ha occupati altri 200, entrando in conflitto con il Banco Central, il quale sembrerebbe avere iniziato le pratiche per una vendita delle terre alla stessa Goldlake Group, aprendo le porte ad un possibile ampliamento del progetto minerario.

"Anche in questo caso il colpo di Stato ci ha arrecato forti danni. La legge proibisce alle istituzioni dello Stato di possedere terre di vocazione agricola e quindi il presidente Manuel Zelaya aveva dato ordine al presidente del Banco Centrale di trasferire circa 560 ettari di queste terre all'Ina e che questa istituzione le titolasse a nome della comunità.

Dopo una lunga lotta avevamo raggiunto il nostro obiettivo, ma poco prima della firma c'è stato il golpe e tutto è stato bloccato. Ora dovremo riprendere in mano i documenti e ricominciare il processo", ha concluso López.

© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )

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03 febbraio, 2010

MOVIMENTI SOCIALI DELL'AMERICA SI UNISCONO PER MANTENERE L’HONDURAS NELL'ALBA

A dispetto degli annunci di ritiro del governo illegittimo di Porfirio Lobo

28 gennaio 2010

Con lo slogan: “l’Honduras non se ne va dall'ALBA”, i movimenti sociali del Venezuela e dell’Honduras stanno stringendo legami mediante la realizzazione di attività di riflessione, educazione ed azione, affinché i popoli continuino ad innalzare le bandiere della resistenza e della lotta per la difesa della democrazia e dell'integrazione latinoamericana.

Mónica Saiz, membro del comitato promotore del Consiglio dei Movimenti Sociali dell'ALBA-TCP in Venezuela, affermò che anche quando il governo illegittimo di Lobo annuncerà il suo ritiro dall'Alternativa Bolivariana per i popoli della nostra America (ALBA), il popolo honduregno continuerà a farne parte, attraverso l'integrazione delle organizzazioni di base, continuando la resistenza, usando come spazio il Consiglio dei Movimenti Sociali dell'ALBA-TCP, poiché “l'ALBA si costruisce e permane a partire dai popoli”.

La dichiarazione fu fatta nell’ambito del Cineforum “Honduras: Semi di Libertà”, svoltosi questo martedì pomeriggio negli spazi del Parco Centrale. Saiz affermò che la suddetta attività fu realizzata in solidarietà col popolo dell’Honduras, in una data di grande importanza per la resistenza, com’è la presa di possesso di Porfirio Lobo, “come consumazione d'un colpo di stato oligarchico ed imperialista, appoggiato dagli Stati Uniti”.

Germán Espinal, ambasciatore dell’Honduras in Venezuela, da parte sua dichiarò: “Quest’atto è una testimonianza, raccolta da documentaristi venezuelani, alla lotta del popolo honduregno e del Fronte Nazionale di Resistenza, e rappresenta un riconoscimento alla solidarietà che il popolo del Venezuela gli ha offerto”. Affermò che i movimenti popolari iniziano ora una nuova fase di lotta per la restituzione della democrazia partecipativa, che al suo giudizio, si potrà ottenere soltanto mediante un’Assemblea Nazionale Costituente.

“Il movimento della resistenza è un movimento democratico, proseguiremo saldi ad accompagnare il nostro popolo dalle trincee che abbiamo deciso di assumerci personalmente, continueremo a sviluppare la solidarietà nell’ambito dei popoli dell'ALBA e a dare il nostro contributo per rafforzare il Fronte Nazionale di Resistenza”.

Durante l'incontro vennero presentati il documentario “Semi di libertà”, realizzato da ALBA-TV, il quale mostra la realtà della terra di Morazán, nonchè una breve rappresentazione teatrale di cinque minuti, sull'appoggio incondizionato che i popoli dell'America hanno offerto alle lotte del popolo honduregno.

Venne letto il documento redatto dal Consiglio dei Movimenti Sociali dell'ALBA-TCP del Venezuela, con un pronunciamento concreto riguardante “la politica distruttrice che cerca di dividere l'America Latina”.

Guadalupe Rodríguez, membro del movimento sociale “Coordinamento Simón Bolívar”, della comunità 23 Gennaio, informò che, oltre a partecipare a questo tipo di eventi come forma di ripudio verso il colpo di stato, loro sono per le strade, nei quartieri, nelle parrocchie a convocare tutti i movimenti sociali, affinché si uniscano al lavoro già avviato con le organizzazioni popolari honduregne, allo scopo di mantenere quel paese all’interno dell'ALBA.
I leader, uomini e donne, del Consiglio dei Movimenti Sociali dell'ALBA-TCP del Venezuela, hanno assicurato che continueranno a realizzare attività in solidarietà con Honduras, Haiti, e tutti i popoli fratelli dell'America Latina.

Parimenti s’impegneranno ad “appoggiare la formazione del Consiglio dei Movimenti Sociali dell'ALBA-TCP - capitolo Honduras, in alleanza con tutte quelle organizzazioni e movimenti popolari che resistono e si preparano a creare cambiamenti in questo nostro paese fratello centroamericano”. Tutto ciò mirando alla partecipazione al prossimo vertice dell'ALBA, che si svolgerà il prossimo mese d’aprile nella città di Caracas.

Prensa MinCI

http://redsolhonduras.blogspot.com/

Tradotto da Adelina Bottero

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01 febbraio, 2010

HONDURAS: la normalizzazione di una dittatura

La farsa del “ritorno alla democrazia” in Honduras è completa. Il 27 gennaio Porfirio “Pepe” Lobo, uscito vincitore dalle elezioni (farsa) del 28 novembre 2009, ha assunto l'incarico di presidente. Nel disinteresse dei media italiani (per i quali la “crisi di governo” alias dittatura s'è chiusa il giorno della farsa elettorale, come avevamo previsto nell'articolo “Il golpe infinito”, Ae 111), lo stesso giorno Manuel “Mel” Zelaya, il presidente della Repubblica deposto dal colpo di Stato del 28 giugno scorso, è volato a San Domingo, abbandonando l'ambasciata brasiliana di Tegucigalpa, la capitale del Paese, dove ha passato gli ultimi 4 mesi come rifugiato politico.

Continua su: http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=2242&fromHP=1

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Il popolo honduregno ha scelto la piazza


Centimaia di migliaia di honduregni hanno marciato nuovamente per le strade di Tegucigalpa e San Pedro Sula, inviando un messaggio molto chiaro al presidente Porfirio Lobo Sosa: non ci potrà essere riconciliazione senza una giusta punizione per i golpisti e l’inizio di un percorso che conduca alla rifondazione del paese attraverso un Costituente. Il presidente Manuel Zelaya è volto verso la Repubblica Dominicana insieme alla sua famiglia, promettendo di far ritorno nel paese molto presto e di continuare a lavorare per la rivendicazione del suo popolo.

"Impressionante" è la parola esatta per descrivere la multitudinaria marcia che è partita dall'Università Pedagogica di Tegucigalpa, ha percorso vari chilometri ed è arrivata all'aeroporto di "Toncontín", nel punto esatto dove lo scorso 5 luglio è stato ucciso per mano dell'esercito il giovane Isis Obed Murillo, la prima delle tante vittime di questo colpo di Stato.

L'originalità e la fantasia del popolo honduregno sono tornate a risplendere per mezzo di cartelli, striscioni, fantocci con le sembianze di quelle persone che la popolazione ha identificato con il colpo di Stato e con slogan gridati a squarciagola senza un solo secondo di pausa.

Sorprendente la differenza tra questa moltitudine allegra, ma allo stesso tempo rabbiosa e cosciente di avere cambiato la rotta di questo paese, e la triste e desolata cerimonia di investitura del nuovo presidente Porfirio Lobo, il quale ha cercato nuovamente di convincere il mondo che l’Honduras sta iniziando a tornare alla normalità grazie ad un presunto processo di riconciliazione.

“Oggi il popolo è tornato in piazza per chiedere la rifondazione del paesee non solo per salutare il presidente Manuel Zelaya – ha detto Bertha Cáceres, dirigente del Consiglio civico delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras, Copinh –.

La cosa più importante è che è cresciuta la coscienza del popolo honduregno ed è evidente nel modo in cui nelle comunità la gente sta lavorando per questo obiettivo. Qualcosa è cambiato e la gente ora chiede ai propri dirigenti di porre attenzione ed occuparsi di questa battaglia ideologica. Questo è sicuramente uno dei valori più importanti di questa esperienza di resistenza.

In questo momento – ha continuato Cáceres – nello stadio i golpisti vogliono far credere che nel paese si vive una situazione di calma e tranquillità, che non ci sono problemi e nemmeno richieste da parte della popolazione.
Tuttavia la gente si è svegliata, ha alzato la testa e continua a resistere nonostante la repressione. Questa capacità di reazione ha sorpreso il mondo.

È un elemento che non può essere sottovalutato, perché questo popolo sorprenderà ancora opponendosi al tentativo di installare un progetto di dominazione. Un progetto che ha sfidato e che continuerà a farlo”, ha concluso la dirigente del Copinh.

Arrivando all'aeroporto, nella piazza ribattezzata “Isis Obed Murillo” dal popolo in resistenza, la gente si è concentrata nelle vicinanze del palco, a poche decine di metri dalla pista da cui sarebbe decollato il presidente Manuel Zelaya.

Durante una breve ed emotiva cerimonia, la ministra del Lavoro del governo Zelaya, Mayra Mejía, ha consegnato, a nome del Presidente, un riconoscimento alle due "nonne" della Resistenza, Dionisia Díaz e Yolanda Chavarría, al bambino Óscar Montesinos, il quale, nonostante i suoi 10 anni d’età, ha arringato la folla nominando, uno ad uno, le vittime del colpo di Stato, ed al dirigente sindacale e membro della conduzione collegiale del Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, Juan Barahona.

“È stata una mobilitazione gigantesca e pacifica, con la quale stiamo esigendo al nuovo erede del colpo di Stato che convochi una Assemblea Costituente – ha detto Barahona dal palco –.

Allo stesso tempo stiamo dicendo al popolo honduregno ed al mondo che la Resistenza è la forza maggioritaria che abbiamo in Honduras ed è anche l’unica speranza che abbiamo per un cambiamento nel paese.

Non riconosciamo questo governo in quanto eletto durante un regime illegale, golpista e repressore. Staimo anche chiarendo alla gente – ha continuato Barahona – che non stiamo autorizzando nessun appartenente alla Resistenza a fare parte del governo o di qualsiasi altro Potere dello Stato.

Segnaliamo infine la vergognosa decisione dei golpisti di assolvere i vertici dell’esercito e di decretare un'amnistia generalizzata, che rappresenta uno strumento per generare oblio, impunità, perdono e amnesia collettiva. Il popolo honduregno non lo permetterà ed esigiamo che i criminali del colpo di Stato vengano puniti, altrimenti non potrà esserci riconciliazione”, ha affermato il dirigente del Fnrp.

Si sono vissuti anche momenti di tensione quando un numeroso contingente di militari e poliziotti si è avvicinato minacciosamente al punto di concentrazione della marcia, accompagnato da due camion lancia acqua. Dopo un'intensa negoziazione i corpi repressivi hanno deciso di desistere dalla provocazione.

Nel pomeriggio si è poi diffusa la notizia che il presidente Zelaya era uscito dall'ambasciata del Brasile con la sua famiglia e accompagnato dal presidente della Repubblica Dominicana, Leonel Fernández e dal presidente Porfirio Lobo, si era avviato verso l’aeroporto.

Una lunga carovana di veicoli è poi entrata nel recinto della Forza Aerea ed il presidente Manuel Zelaya è partito verso il paese caraibico, mentre una moltitudine di gente emozionata salutava e cantava sventolando le proprie bandiere.

“Tornerà, sono sicuro che tornerà per integrarsi nuovamente a questa lotta del popolo honduregno, perché quello di oggi è solo il principio”, ha commentato un signore di una certa età guardandomi commosso negli occhi.

Lentamente la gente è poi defluita, la maggior parte camminando allegra, con un'energia contagiosa, mentre dal palco gli Artisti in Resistenza continuavano a cantare e ballare.

Un nuovo Honduras è nato e ha cominciato a camminare.

© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )

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