30 dicembre, 2008

BASTA CON LA DISINFORMAZIONE DELLA RAI!

Di fronte alle incredibili manipolazioni sulla tragedia in atto a Gaza operate dal cosiddetto “servizio pubblico”, in particolare dall’inviato CLAUDIO PAGLIARA, non è più possibile tacere. Pagliara non si comporta da giornalista, ma da zelante propagandista del governo israeliano.

QUELLO CHE PAGLIARA E LA RAI NON CI FANNO SAPERE

Tutto il mondo sa che Hamas non ha “rotto la tregua con Israele”, come ripete ossessivamente Claudio Pagliara, ma che la ripresa del lancio di missili artigianali è avvenuta allo scadere della tregua, dopo che Israele ha violato per tutti i sei mesi della tregua stessa le condizioni concordate. Israele non ha aperto i confini di Gaza al passaggio di viveri e medicinali, riducendo alla fame un milione e mezzo di persone e provocando il collasso degli ospedali e la morte di almeno 275 malati gravi. Israele ha continuato le incursioni militari all’interno della striscia di Gaza, uccidendo almeno 25 Palestinesi. In Cisgiordania e a Gerusalemme, Israele ha continuato i rastrellamenti, le uccisioni, gli arresti arbitrari, la demolizione di case, la distruzione di uliveti e piantagioni, la moltiplicazione dei posti di blocco e la costruzione dei Muri dell’Apartheid, che isolano le città e i villaggi palestinesi, trasformandoli in tante prigioni a cielo aperto. Tutte queste cose, e molte altre, Pagliara e la RAI non ce le fanno sapere.

Pagliara e la RAI non ci hanno detto che fra le vittime dei bombardamenti israeliani ci sono anche sette operatori dell’ONU, anzi continuano a ripetere che “secondo la stessa Hamas” la maggior parte delle vittime sono miliziani e combattenti del movimento islamico, mentre simili dichiarazioni non risultano da nessuna parte, se non nelle veline dell’esercito israeliano. La realtà, che Claudio Pagliara e la RAI offendono quotidianamente, è che i morti di Gaza sono poliziotti, cittadini comuni, donne e bambini, persino detenuti, visto che – oltre alle scuole, alle università, alla sede del parlamento, ai palazzi di civile abitazione ed alle moschee – l’aviazione israeliana ha bombardato anche le carceri. Questa stessa mattina, nel suo servizio trasmesso dal TG1, Claudio Pagliara è riuscito a nascondere anche la notizia dei sei bambini assassinati nella notte dai bombardamenti, nonostante fosse stata diffusa anche dalle agenzie italiane!

Claudio Pagliara e la RAI non possono continuare impunemente a violare il nostro diritto ad un’informazione equilibrata e veritiera. Noi non possiamo continuare ad essere presi in giro ed a pagare, con il canone RAI, lo stipendio di chi ci nasconde la verità.

CLAUDIO PAGLIARA SE NE DEVE ANDARE!!!

ROMA, LUNEDI 29 dicembre, ore 16.30
SIT IN alla RAI (viale Mazzini)

ROMA, SABATO 3 GENNAIO
CORTEO APPUNTAMENTO ALLE 16.30
A PIAZZA DELLA REPUBBLICA

Campagna 2008 Anno della Palestina

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28 dicembre, 2008

Fermiamo il massacro di Gaza!

Contro la pulizia etnica e il terrorismo di stato israeliano

(28 dicembre 2008)

E’ partito sabato mattina l’attacco dell’esercito di occupazione israeliano sulla inerme popolazione civile palestinese già stremata da un lungo embargo che ha reso insufficienti e privi di strumenti adeguati gli ospedali della Striscia di Gaza. A poche ore dai primi raid aerei israeliani sulla Striscia si contano già 155 morti e 270 feriti gravissimi, un bilancio destinato purtroppo a crescere. Tra le vittime, dicono i mezzi d’informazione ufficiale, tante donne e tanti bambini, i cui corpi stanno arrivando a brandelli negli ospedali; secondo le fonti sanitarie di Gaza occorrerà trasferire i feriti più gravi in Egitto e non c’è un sufficiente numero di elicotteri per trasportarli.
I morti e i feriti di Gaza sono l’ennesima testimonianza della pulizia etnica che lo Stato israeliano da 60 anni sta portando avanti attraverso una guerra di occupazione, di apartheid, di violenza militare sull’intera popolazione palestinese. Il pretesto dell’attacco “difensivo” dai missili qassam, che il primo ministro Olmert si è affrettato a propinare questa mattina ai ministri degli esteri di tutto il mondo, vuole distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dal fatto che a Gaza un milione e mezzo di persone sta rischiando la morte da quasi due anni di embargo, che ogni giorno produce vittime.
Complici del terrorismo di Stato israeliano, l’appoggio militare statunitense e il silenzio dei governi europei, che lasciano che in Medio Oriente prosegua a compiersi indisturbato il tentativo di cancellare la Palestina dalle cartine geografiche, e con essa il suo popolo. E’ ormai evidente come alla condanna da parte della comunità internazionale dei crimini del nazifascismo non si accompagni ugualmente la condanna della storia e dell’attualità del progetto aberrante di cancellare il popolo palestinese.

NON C’E’ TEMPO DA PERDERE!!! FERMATE IL MASSACRO DI GAZA!!!

ROMA, DOMENICA 28 DICEMBRE
MANIFESTAZIONE A PIAZZA NAVONA ALLE ORE 16,00

PISA, DOMENICA 28 DICEMBRE
MANIFESTAZIONE ORE 11.30 DAVANTI AL COMUNE

BOLOGNA, LUNEDI 29 DICEMBRE
ORE 16.00 MANIFESTAZIONE A PIAZZA NETTUNO
per

- L’IMMEDIATO STOP ALL’ATTACCO MILITARE SULLA STRISCIA DI GAZA

- LA FINE DELL’EMBARGO CONTRO LA POPOLAZIONE PALESTINESE DI GAZA

- IL CONGELAMENTO DI TUTTI GLI ACCORDI POLITICI ECONOMICI E MILITARI TRA L’ITALIA E ISRAELE

- LA FINE DELL’OCCUPAZIONE ISRAELIANA DELLA PALESTINA

VITA, TERRA E LIBERTA’ PER IL POPOLO PALESTINESE

Comunità Palestinese Roma e Lazio, Comitato “Con la Palestina nel Cuore”, Mezzaluna Rossa Palestinese in Italia, Forum Palestina, RdB, Cobas, Collettivo Antagonista Primavalle, Corrispondenze Metropolitane, Circolo Comunista Stefano Chiarini, Compagne e Compagni di Roma

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24 dicembre, 2008

Auguri da un Muro: a Ramallah




“La foto ritrae un piccolo murales che si trova a Ramallah ed è stata scattata da un’amica che vi si è recata quest’anno.
Volentieri ve la inoltro, con i miei sinceri auguri di buone feste ed un proficuo anno 2009″:

così ci scrive Yousef Salman, Delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese in Italia.
Seguirebbero a non finire le testimonianze di tanti piccoli, minori, “terroristi” in erba con kefia in testa o al collo e sasso in mano. Peccato che quei piccoli terroristi, sono cresciuti in decenni e si sono fatti uomini adulti e ne nascono altri, anche nella notte del 24 dicembre. Da queste parti, i muri non sono stati abbattuti anzi, se ne sono edificati di nuovi e alti, sradicando olivi. Rametti di pianta vitale in Palestina, i cui frutti sono a noi ben noti anche nelle nostre case e benedetti, per altre Feste e nel mese pasquale, quello della Resurrezione, che per alcuni non ha calendario di Avvento ed Evento.
Dal sito Pressante, riporto la parte finale di “A letter from Gaza”: “Sono alla fine tornato a casa poche ore fa dopo aver aspettato per molto tempo per trovare un mezzo di trasporto. Ma quando alla fine sono riuscito tornare a Rafah sono crollato per un riposo di un’ora. Il mio sonno è stato spezzato: mi sono svegliato terrorizzato da quello che seppi poi essere il bombardamento da parte degli F-16. Sono corso dal mio letto per tutta la nostra casa buia e non vedendo nessuno della mia famiglia all’interno, sono corso scalzo per strada. Molte persone erano per strada, i giovani uomini correvano. Non capii, non sapevo cosa stessi facendo, a parte correre senza sapere dove ero diretto. Molta gente aveva chiuso le finestre e abbassato le persiane visto che al momento c’è un freddo gelido. Sono stato contento di non essermi ferito con i vetri rotti e le macerie sulle strade. Sono tornato a casa per scrivere questa lettera sul mio portatile. Ma ho deciso che tornare a dormire non è una buona idea, non importa quanto io sia esausto. Se devo morire (e non lo desidero) voglio essere sveglio per sapere che sto morendo e per colpa di chi. Non addormentato” .

Forse è sfuggito, presi come siamo da una pagina attuale, già lanciata il
23 giugno 2007 dal Corriere della Sera- Fini cambia tutto anche per noi-
quello che è accaduto a Gerusalemme il 15 dicembre.

A marzo il Consiglio per i diritti umani dell’Onu con sede a Ginevra
aveva assegnato a Richard Falk, un ebreo americano e professore emerito
alla Princeton University, un incarico di sei anni per monitorare la
situazione umanitaria nei Territori palestinesi ma Falk, l’inviato delle
Nazioni Unite, e in quella data, aveva dichiarato che gli israeliani si
comportano con i palestinesi come i nazisti contro gli ebrei (il
predecessore di Richard Falk, il sudafricano John Dugard, aveva
paragonato la situazione di vita dei palestinesi a quella
dell’apartheid) e rifiutandosi di ritirare il controverso paragone, il
ministero degli Esteri israeliano lo aveva avvisato che non gli sarebbe
stato consentito il permesso. Per cui il 15 dicembre, come promesso,
l’ingresso nel Paese gli è stato impedito, all’aeroporto Ben Gurion,
di entrare in Israele. Vano che il Segretario Generale delle Nazioni
Unite Ban Ki-moon ha espresso rammarico per il fatto che Israele ha
negato l’ingresso all’inviato speciale nei Territori palestinesi del
Consiglio per i Diritti Umani Richard Falk.

E oggi, domenica 21 dicembre 2008, Israele ha permesso l’ approdo a Gaza,
nell’enclave palestinese della ‘Ss Dignity’, l’imbarcazione che
dall’estate scorsa periodicamente porta aiuti umanitari alla popolazione
del minuscolo territorio, nelle cui stive si trova latte per il consumo
infantile e una tonnellata di medicinali messi a disposizione dal gruppo
‘Free Gaza’, promotore dell’iniziativa sul quale grava il blocco navale
imposto un anno e mezzo fa dallo Stato ebraico, con a bordo diciassette
attivisti di varie nazionalità, tra cui quattro membri di una fondazione
benefica del Qatar, tre libanesi e due cittadini israeliani, un
giornalista e la pacifista Neta Golan, residente nella città cisgiordana
di Ramallah e fondatrice del Movimento di Solidarietà Internazionale:
nelle stive, latte per il consumo infantile e una tonnellata di
medicinali.

A Bil’in gli abitanti, con pacifisti stranieri e israeliani, hanno
marciato come di consueto da tanti venerdì, contro il muro e la confisca
di terre palestinesi, ostentando le scarpe, lanciate poi contro i
militari e il bilancio è stato di decine di intossicati dai lacrimogeni
e 8 feriti dai proiettili tra cui un giornalista israeliano e uno
palestinese.

Ma le agenzie di stampa fanno sapere che la tregua è rotta, se mai c’è
stata…seguiranno altre rivendicazioni dall’uno e dall’ altro fronte.

Da noi, in Italia, si ri-batte con ottimismo: “Bisogna battere questa
atmosfera di paura. Questa canzone della crisi, questa negatività che
si respira ha diffuso la paura anche tra chi nulla ha da temere. Ed è
questo che può inasprire la crisi”. Parola di Silvio Berlusconi, altro
che Merry CRISIS and a happy new FEAR…

E così dal checkpoint, si fa Natale anche così, disegnandolo su un Muro
e ci mandano gli auguri.

Doriana Goracci

Prossime scadenze del movimento contro la guerra

E' stata annunciata per il 3-4 aprile 2009 una grande iniziativa internazionale di protesta contro il summit della NATO a Strasburgo-Kehl.
L'iniziativa sarà preparata in Italia con una assemblea nazionale di tutto il movimento contro la guerra, il 17 gennaio a Roma.
Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus aderisce e parteciperà all'assemblea, e darà il proprio contributo alla sua riuscita oltrechè alla riuscita della importante iniziativa internazionale di inizio aprile.
Il nostro Coordinamento, che in questo stesso periodo è impegnato anche negli appuntamenti legati al X Anniversario della aggressione della NATO contro la Jugoslavia (vedi: http://www.cnj. it/24MARZO99/ 2009/index. htm ), sottolinea come questi vadano visti nell'ambito della più ampia campagna per la abolizione della NATO, che è animata da uno spettro di forze larghissimo in numerosi paesi europei e culminerà il 3-4 aprile 2009 a Strasburgo-Kehl.
CNJ-onlus

Per maggiori dettagli sulle prossime scadenze del movimento contro la guerra:
http://it.groups. yahoo.com/ group/jugoinfo/ message/1852

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17 dicembre, 2008

AZIONE URGENTE: Colombia - Brutale attentato contro leader indigena

da ASUD INFORMA

All'alba di stamattina a San Pedro, nel Cauca, l'esercito colombiano ha compiuto un brutale attentato contro la vettura di Aida Quilcuè, Consigliera Maggiore del Consiglio Indigeno Regionale del Cauca - CRIC sparando 17 colpi di arma da fuoco contro l'auto. La leader indigena si è salvata per miracolo ma è rimasto ucciso nell'attentato suo marito Edwin Legarda.Si tratta di un attentato brutale compiuto dall'esercito colombiano con la chiara intenzione di reprimere la protesta sociale che sta montando in Colombia negli ultimi mesi uccidendo in maniera selettiva i leader più rappresentativi. L'attentato dimostra come sia pratica usuale dell'esecutivo di Uribe il ricorso all'omicidio politico, ai massacri, alle sparizioni forzate per soffocare ogni voce di protesta, in particolare se si considera che il CRIC è stato uno dei protagonisti delle straordinarie mobilitazioni indigene che hanno percorso la Colombia da settembre a questa parte per contestare le politiche del governo e l'imposizione dei trattati di libero commercio e difendere i diritti dei popoli alla terra e all'autodeterminazione.Alleghiamo il comunicato della ONIC - Organizzazione nazionale Indigena di Colombia e la testimonianza inviata dalla Colombia da Simone Bruno.
Allo stesso tempo, lanciamo un appello alla società civile ed alle organizzazioni ed istituzioni italiane chiedendo:
- di inviare lettere di solidarietà firmate indirizzate ad Aida Quilcuè, al CRIC e alla ONIC agli indirizzi mail consejeria@cric-colombia.org, info@cric-colombia.org e mision@onic.org.co con il testo "Expresamos nuestro dolor y cercanìa a la compañera Aida Quilcuè y a los compañeros y compañeras indigenas de Colombia y del Cauca para la continua agresiòn cometida por el estado y las fuerzas armadas en contra de su derecho a la libertad, a la vida y a expresar sus opiniones y su oposicion pacifica al regimen de violencia, terror y impunidad que vive Colombia. Condemnamos la actitud criminal del estado colombiano y pedimos que se haga justicia para todas las victimas del conflicto en Colombia, en particular por cuantos pagaron con la vida su compromiso en defensa de los derechos de los pueblos y de la Madre Tierra".
- di sostenere i Progetti di A Sud in appoggio alle comunità resistenti colombiane
Emergenza NukakCena di solidarietà - 21 dicembre
- di inviare il seguente testo firmato con nome, cognome, organizzazione di appartenenza (se del caso) agli indirizzi:
Ambasciatore colombiano in Italia: eroma@cancilleria.gov.co
Ministro degli Affari Esteri del Governo italiano: segr-co@cert.esteri.it,
Foro Permanente dell' Onu sulle Questioni Indigene: indigenouspermanentforum@un.org
Testo della lettera: oggetto:
AZIONE URGENTE - COLOMBIA. GRAVE ATTENTATO CONTRO LEADER INDIGENA
italiano-
E' con immenso dolore ed indignazione che riceviamo la notizia del brutale attentato commesso dall'esercito colombiano contro Aida Quilcuè, Consigliera Maggiore del Consiglio Regional Indigeno di Colombia - CRIC, che ha causato la morte di suo marito Edwin Legarda. Esprimendo la nostra solidarietà a Aida Quilcuè, al CRIC e alla ONIC - Organizzazione Nazionale Indigena di Colombia - condanniamo con forza e la brutalità dell'attentato e i comportamenti criminali del governo di Uribe che continua a credere che la protesta sociale possa essere sedata con il sangue.Condanniamo ogni forma di violenza e di repressione poste in atto dalle forze armate e dal governo colombiano contro le mobilitazioni sociali. Allo stesso tempo esprimiamo la nostra indignazione per le continue minacce, il clima di terrore, i continui massacri commessi contro i popoli indigeni della Colombia. Denunciamo a livello internazionale la disastrosa situazione di violazione dei diritti umani, mantenuto in Colombia dalle alte sfere di potere.Chiediamo alla comunità internazionale, all'Unione Europea e al Governo Italiano di esercitare pressioni sul governo colombiano affinchè cessi di reprimere le proteste sociali e di ricorrere all'eliminazione fisica di tutti coloro che in Colombia continuano elevano voci di dissenso e lavorano per costruire un mondo diverso.Esigiamo che il governo colombiano indaghi rapidamente sull'attentato di oggi e provveda a fare piena luce sull'uccisione di Edwin Legarda, garantendo al contempo protezione a tutti i dirigenti sociali ed indigeni della Colombia ed in particolare del Cauca.
firma
info e contatti: maricadipierri@asud.net

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07 dicembre, 2008

Acea si beve San Pedro

da ilmanifesto
La Carovana dell'acqua arriva nella città industriale dell'Honduras dove la multinazionale italiana è in affari con Astaldi e Nasser
di Guglielmo Ragozzino, SAN PEDRO SULA
Anche se il presidente di Honduras Zelaya non lo sa, come risultava all'incontro con la Carovana dell'acqua (Tegucigalpa, 13-11-2008) l'acqua di San Pedro Sula è italiana, almeno al 95%. Per alcuni è perfino una gloria nazionale, l'affratellamento di due paesi latini, affiliati alla stessa religione, la prova provata che anche noi, quando ci mettiamo buona volontà, possiamo affermarci in campo internazionale. San Pedro Sula è la città industriale dell'Honduras. Dentro e tutto intorno industrie, miniere, cave. Cresce del 5% all'anno e crescono i problemi. La città manca di acqua pulita e con l'arrivo di molta immigrazione, dall'interno e da fuori, la situazione è peggiorata; in effetti la rete idrica è disperante, e la fognatura è un pio desiderio. Non entra nelle case, in altre parole, acqua pulita e quella che esce si disperde chissà dove.In generale, l'acqua in Honduras è pubblica e distribuita da un'impresa, Sanaa del tutto inefficiente, povera, corrotta secondo i più. Così S. Pedro Sula, città emergente, ha deciso di municipalizzare l'acqua. Il primo passo fu quello di trasferire il controllo sull'acqua alla Dima, impresa municipale, di tipo moderno ma priva di fondi. L'operazione si apriva in un quadro finanziario internazionale molto favorevole ad appoggiare ogni forma di privatizzazione. Perfino la Dima era preferibile alla Sanaa. La Banca di sviluppo interamericano del gruppo della Banca mondiale mise a disposizione una decina di milioni di dollari e dunque anche il suo avallo. Il processo di concessione alla gestione privata fu affrontato e votato nel parlamento nazionale dell'Honduras. Una volta superata la strettoia politica, Dima si guardò intorno e piuttosto che affidarsi ai francesi, si affidò agli italiani. Di undici compagnie e consorzi con caratteristiche sufficienti per essere ammessi alla gara, vinse infatti quello denominato Acea + Otros. Uno degli Otros, Astaldi, era il nome più conosciuto: la compagnia di costruzioni italiana era infatti autrice della diga di Concepcion per la quale aveva ottenuto nel 1990 il premio Ingersoll Rand per il miglior costruttore di dighe nel mondo, come si legge nelle carte ufficiali della società. Di molte altre lodevoli e lodate attività recenti di Astaldi in Honduras riferisce un articolo festoso apparso sul sole 24 ore il 9 novembre 2008 (Vincenzo Chierchia, «Da Astaldi progetti per 1,5 miliardi»)Chiamati da Acea o forse da Astaldi che conosce il mondo assai più della romanista Acea, ecco gli Otros italianos. C'è chi è arrivato subito e, vista l'occasione, c'è chi chiama gli amici e gli amici degli amici: la scampagnata fuori le mura è sempre piaciuta a tutti: un classico cittadino. Così oggi le azioni della società dell'agua San Pedro Sula sono divise tra sei soci: uno locale, il gruppo Terra con il 5% del capitale, e un ruolo non disprezzabile. Esso infatti è il punto di congiungimento tra i capitali di finanzieri arabi ed egiziani («Interessi egiziani, dei Nasser», ci dirà, nella nostra scarsa attenzione, il vescovo di S. Barbara Luis Alfonso Santos, sempre informato sui poteri del suo paese). Si tratta del gruppo di Fredy Nasser, a capo della fondazione Antonio Nasser, che si interessa alla chimica, all'energia e alle telecomunicazioni. A fianco i cinque oriundi: Acea con il 31% , Enia con il 30%, Astaldi con il 15%, Lotti con il 4%, e un altro, Ghella o qualcosa del genere, con il 15%. Ma sono i primi che contano. Acea rifornisce di acqua il 12% della popolazione italiana, essendo presente in tre regioni: Lazio (Roma e Frosinone), Campania (Sarno e zona vesuviana) e Toscana ( Firenze, Siena-Grosseto, Pisa e Lucca). Astaldi è il maggior costruttore italiano, anche se per civetteria dice di essere il secondo: costruisce dighe, ponti, strade in molto parti del mondo; è quotato in borsa e il capitale è fortemente in mano alla famiglia del fondatore e a suoi soci finanzieri. Lotti è una società di ingegneria e progettazione, attiva all'estero. Ha progettato in Honduras la diga Concepcion, realizzata da Astaldi e ha sviluppato le risorse idriche di Tegucigalpa. Ha lavorato nello sviluppo idroagricolo nella valle Atitlan in Guatemala. L'unica pecca a tanta attività è il fatto che il numero uno è Piergiorgio Romiti, uno dei responsabili delle ecoballe campane. Enia è energia, smaltimento rifiuti e acqua di Reggio Emilia, Parma e Piacenza. Nasce dalla società primigenia Agat di Reggio Emilia che in sostanza ha fagocitato le altre province ed è con molta probabilità la più efficiente delle multiutility nazionali italiane. E' difficile immaginare un ruolo di Enia in Honduras. Forse lo spiegheranno gli amministratori ai soci, dicendo che lo fanno per guadagnare molto e ridurre di altrettanto le bollette italiane; ma molti degli abitanti dell'Emilia Romagna non ne sarebbero affatto lusingati. E se poi a San Pedro lo si venisse a sapere...Oppure diranno di farlo per dare una mano all'Honduras. ..Acea è notoriamente acqua ed elettricità di Roma. Agli occhi stranieri è un'impresa italiana, pubblica, espressione della capitale d'Italia, quindi un modello di forza tecnologica e imprenditoriale e insieme un gruppo indipendente e non privato. In Italia ci sono dei dubbi sul fatto che l'affare sia così semplice. E' noto infatti che il secondo socio di Acea, dopo il comune di Roma con il 51%, sia proprio Suez con l'8,6%; e un paio di consiglieri di amministrazione sono in carica per rappresentarne gli interessi e la volontà. Suez: la più estera delle multinazionali francesi dell'acqua, la più temuta dai sostenitori dell'acqua bene comune. L'ultimo tra cotanto senno è un antico costruttore romano, Ghella, socio al 15%. Perché si è unito al gruppo? Perché gli altri lo hanno preso con sé? E soprattutto: chi è Ghella? Deve avere ereditato la posizione dalla Sogene, braccio operativo della Società Generale Immobiliare dei tempi andati, quella appartenente al Vaticano, quando Michele Sindona faceva il bello e cattivo tempo. Oggi si tratta di un gruppo con 4.000 addetti che agisce prevalentemente in America latina: Venezuela e Argentina. Su 1,7 miliardi di euro di fatturato, 1,2 sono ottenuti in Venezuela e 320 milioni in Argentina. A Parabien in Guatemala, c'è un impianto idrico costruito da Ghella e a Città del Guatemala l'impresa ha ristrutturato l'ospedale Roosevelt. In un lontano passato Ghella ha costruito la linea ferroviaria calabro-lucana nonché le fondamenta del World Trade Center di New York. Non sembrano, nessuna delle due, a prima vista, grandi idee ingegneristiche. D'altro canto Sogene è nota per aver costruito il complesso del Watergate a Washington, i palazzi dove Tricky Dick Nixon finì per inciampare.I dirigenti honduregni dell'impresa San Pedro Sula ci hanno assicurato che il guadagno della loro società nei confronti degli abitanti di San Pedro è molto contenuto e che così sarà anche negli anni avvenire. Più tardi, verso la fine della concessione che scade nel 2030, le cose andranno meglio per gli investitori. Rimane da capire perché, uno per l'altro, essi lo abbiano fatto. Un primo motivo è probabilmente che essi volevano stare nel gioco, accreditarsi presso Banca mondiale & company, come una serie di imprese multiuso e affidabili, capaci, comunque, di aderire alla linea vincente della privatizzazione. Inoltre ritenevano molto utile conoscere i dirigenti politici ed economici di paesi in procinto di entrare nell'area dello sviluppo. La presenza del gruppo Nasser nell'affare indica la volontà di stringere rapporti con gli esponenti economici locali. C'è poi il business dell'acqua, ritenuto di grandi prospettive e guadagni, se affrontato con il necessario savoir faire e in tempo. Gli italiani che contano sono certi di avere savoir faire.

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Con Africom giungono in Italia altri 1.000 militari USA

di Antonio Mazzeo

E il Pentagono sbugiarda Franco Frattini. Due giorni fa il ministro degli esteri italiano aveva annunciato la concessione agli Stati Uniti dell’utilizzo delle basi di Napoli e Vicenza per l’installazione di due nuovi comandi per le operazioni nel continente africano (Africom), “senza che ciò comporterà l’aumento su base permanente delle truppe Usa in Italia”. Le forze armate statunitensi fanno invece sapere che l’istituzione dei due quartieri generali è già attiva con l’assegnazione a Napoli e Vicenza di 750 militari, a cui se ne affiancheranno presto degli altri.
Intervistato dal quotidiano delle forze armate Usa “Stars and Stripes”, il colonnello Marcus de Oliveira, portavoce del comando dell’esercito statunitense SETAF (Southern European Task Force) con base a Vicenza, ha dichiarato che il personale di stanza nella città veneta “potrebbe aumentare di circa 50 unità, portando così il numero del personale militare operante a 300” .
A Napoli, invece, la Naval Forces Europe è stata ampliata per includere la componente navale di Africom che ha preso il nome di “NAVEUR NAVAF”. “Con uno staff di circa 500 uomini – scrive Stars and Stripes - questo comando potrebbe crescere entro i prossimi due anni di circa 140 unità”. Le finalità del nuovo quartier generale delle forze navali per l’Africa sono state sintetizzate dall’ammiraglio Mark Fitzgerald, comandante di NAVEUR NAVAF. “Focalizzeremo i nostri interventi in Africa costruendo la cooperazione regionale per la sicurezza nel continente”, ha dichiarato Fitzgerald. “Il modello a cui guardiamo è quello che vede attualmente gli stati della regione del Golfo di Guinea operare congiuntamente contro il traffico di droga, l’immigrazione illegale e il traffico di essere umani. La lotta alla pirateria continuerà ad essere un punto centrale per la Us Navy e per Africom”.
Con l’istituzione di NAVEUR NAVAF a Napoli, l’Africa Partnership Station (APS), la forza multinazionale che la Marina degli Stati Uniti ha promosso con i paesi dell’Africa occidentale e centrale, passa sotto il controllo del comando di Napoli. Buona parte delle operazioni di rifornimento munizioni, carburante e materiali logistici delle unità impegnate in esercitazioni in ambito APS continueranno però ad essere coordinate dal “Fleet and Industrial Supply Center” (FISC), il centro logistico delle forze navali degli Stati Uniti istituito a Sigonella il 3 marzo 2005. Nella base siciliana è pure presente uno dei reparti di punta della nuova strategia di penetrazione militare nel continente africano, la “Joint Task Force JTF Aztec Silence”, una forza speciale dotata di aerei P-3c Orion per la conduzione di missioni d’intelligence, sorveglianza terrestre, aerea e navale in Africa settentrionale, occidentale e nel Corno d’Africa.
Oltre al Comando terrestre di Vicenza e a quello navale di Napoli, Africom ha attivato un quartier generale delle forze aeree a Ramstein (AFAFRICA) e un comando delle forze del Corpo dei Marines a Boeblingen (MARFORAF). Sempre in Germania, a Stoccarda, ha sede il quartier generale di Africom, destinato però ad essere trasferito nel Sud Europa. A contendersi Africom la base navale Usa di Rota-Cadice in Spagna e ancora una volta la Naval Station di Napoli-Capodichino.
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da Disarmiamoli.org
Un nuovo progetto colonialista U.S.A. con basi in Italia. Grazie al governo Berlusconi.
Rete nazionale Disarmiamoli!
Stampa e TV italiane, a cose fatte, comunicano ai cittadini l’avvenuta sistemazione d’altri uomini e mezzi militari a stelle e strisce nelle basi USA installate sui nostri territori. Obiettivo dell’ulteriore militarizzazione è la creazione di alcuni nodi fondamentali della nuova rete di comando per l’intervento dell’esercito statunitense in Africa.Il quartier generale di “Africom”, ora nella città tedesca di Stoccarda, vede la sua forza navale dislocata a Napoli e quella terrestre a Vicenza. I mass media italiani dimenticano però di dire che altre basi USA presenti in Italia sono e saranno interessate alla nuova proiezione bellica USA, come camp Darby per la logistica e Sigonella per lo spionaggio.Le notizie più chiare sull’obiettivo militare di questo nuovo comando ci giungono, come sempre, dalla fonte principale: il Pentagono, che indica tra gli obiettivi del nuovo comando quello di “sviluppare tra i nostri partner africani la capacità di affrontare le sfide per la sicurezza dell’Africa”. Anche in questo caso, come da copione, l’infiltrazione militare sarà veicolata da aiuti “umanitari” alle popolazioni. Romano Prodi, eletto lo scorso settembre dall’ONU come “master peacekeeping” per l’Africa, avrà sicuramente buoni consigli da dispensare agli alleati d’oltre Oceano.
Nei fatti, l’obiettivo statunitense è quello di proteggere il flusso di petrolio che dall’Africa rifornisce per il 15% ( la percentuale salirà al 25% nel 2015) la propria comatosa economia nazionale, contrastando nello stesso tempo l’espansionismo cinese in quell’immenso e strategico continente.Assoluto silenzio stampa invece sulle tante manifestazioni, conferenze, convegni e mobilitazioni nel continente africano contro il nuovo proposito colonialista statunitense. Sudafrica, Libia e Nigeria hanno detto no al Pentagono, seguiti da molti altri paesi dell’Unione Africana.Il governo italiano supplisce al diniego dei paesi africani, e dopo le esternazioni razziste di Berlusconi su Barak Obama, le recenti prese di posizione a favore della Russia di Putin e Medvedev, si riallinea velocemente con la nuova leadership statunitense.Le dichiarazioni del ministro degli Esteri italiano per giustificare questa nuova umiliante concessione all’esercito USA rasentano il ridicolo. Nella conferenza stampa del 3 dicembre 2008 alla Farnesina - disertata dal Segretario di Stato USA Condoleeza Rice - Frattini dichiara che la concessione rientra negli accordi internazionali perché “si tratta di strutture di comando che operano nell’ambito del NATO”. Niente di più falso! Africom, come tutti gli altri comandi con i quali il Pentagono ha diviso l’intero pianeta, sono sotto l’esclusivo controllo dell’esercito USA.Dai Balcani all’Afghanistan, dal Libano all’Iraq il nostro paese è sempre più partecipe alle aggressioni colonialiste occidentali. Ora i nostri territori saranno un retroterra strategico anche per il tentativo statunitense di riconquista del continente africano.La lotta contro le basi militari USA e NATO nel nostro paese deve riprendere con vigore, per contrastare un’escalation di guerra e morte che oggi sconvolge la vita di milioni d’esseri umani nei paesi attaccati, ma che presto si ritorcerà direttamente contro i nostri territori.Trasformiamo la scadenza anti NATO indicata dal Forum sociale internazionale per il prossimo aprile 2009 (si legga l’appello su www.disarmiamoli.org ) in un ricco, articolato e determinato percorso di mobilitazioni contro il crescente militarismo colonialista occidentale.

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01 dicembre, 2008

"60 anni di NATO sono troppi. Basta con la NATO, con la guerra, con le basi militari

17 gennaio assemblea nazionale a Roma. 4 aprile 2009 manifestazione europea a Strasburgo-Kehl.
Invitiamo tutti i soggetti impegnati a lottare contro la guerra globale ad aderire all'appello europeo di Stoccarda contro la NATO ed a sostenere le proteste che si svolgeranno a Strasburgo nell'aprile del 2009, in occasione del vertice dei paesi della NATO che celebrerà il 60° anniversario dell'Alleanza Atlantica nella sede del parlamento Europeo. Questa scadenza coincide anche con l'anniversario - per noi vergognoso - dei bombardamenti della NATO sulla ex Jugoslavia nel '99 e con la mobilitazione popolare in corso contro la nuova base USA a Vicenza
Per discutere, coordinare, approfondire questa campagna contro la NATO e le lotte sul territorio a ciò connesse, per organizzare la mobilitazione di Strasburgo del 4 aprile 2009, invitiamo a partecipare alla Assemblea nazionale convocata a Roma per il 17 gennaio promossa dalle associazioni del PATTO PERMANENTE CONTRO LA GUERRA ed aperta alle forze che si riconoscono nell'Appello di Stoccarda pubblicato sul sito www.disarmiamoli.org

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