30 novembre, 2008

Nel silenzio generale, Berlusconi privatizza l'acqua

di Alessio Marri - Megachip
26/11/08
“Ferma restando la proprietà pubblica delle reti (idriche ndr), la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”. È il 6 agosto 2008, il governo Berlusconi, approvando la legge di conversione n°133 “recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, sancisce di fatto la privatizzazione dell'acqua pubblica. O meglio ancora, introduce la possibilità per gli enti privati, che ne assumeranno l'incarico, di gestire e controllare beni primari di servizio pubblico. L'acqua su tutte. Cambiano le parole, si nascondono i significati, ma la sostanza non cambia: l'acqua in Italia è stata privatizzata. Da diritto acquisito diventa merce, prodotto commerciale soggetto alle regole del mercato. Lo stesso sistema che solo nell'ultimo anno si è dimostrato pronto a implodere su sé stesso, con fallimenti a catena di banche e assicurazioni.Il decreto legge n°133, voluto fortemente dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, parla chiaro: si interviene “al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni”. Eppure, dopo un rapido sguardo alle esperienze cosiddette “pilota” della provincia di Latina, sorgono non pochi dubbi proprio sulle garanzie di accesso al servizio. In città come Aprilia, comune che ha sposato il progetto di privatizzazione dell'acqua già da diversi anni, si è assistito a un processo rapido e febbrile di innalzamento vertiginoso dei costi delle tariffe (+ 300%). E non solo.Si è instaurata infatti una nuova procedura per tutti coloro che, per necessità o per scelta, non possono permettersi i costi aggiuntivi imposti da AcquaLatina, società ormai sotto il controllo della multinazionale Veolia, che ne possiede il 46,5% delle azioni. Esattamente come nel terzo mondo, vigilantes e forze dell'ordine sono assoldati per rimuovere contatori e bloccare rubinetti. Ma non basta. Nel territorio pontino, oltre agli aumenti sconsiderati delle bollette, si è registrato un drammatico scadimento della qualità dell'acqua: nel 2005, ad esempio, a Cisterna sono stati riscontrati tassi di arsenico pari a 200 microgrammi per litro, oltre il 70% del volume idrico disperso o non giunto a fatturazione.Nella storia recente un caso limite sul fronte della privatizzazione dell'acqua è avvenuto in Bolivia nei primi anni del nuovo millennio. A seguito dei debiti contratti dai prestiti-killer della Banca Mondiale per lo Sviluppo, il governo boliviano fu costretto a svendere nelle mani di corporation americane le risorse petrolifere, la compagnia aerea di bandiera, le ferrovie e la gestione dell'energia elettrica. Le risorse idriche vennero date in concessione alla Bechtel Corporation di San Francisco. Il contratto prevedeva la proibizione di far propria l'acqua piovana, anch'essa per assurdo era divenuta proprietà e patrimonio della multinazionale californiana. Per i debitori era persino contemplata la confisca dell'abitazione. Nell'aprile del 2000 la popolazione locale sfiancata dall'impossibilità di sopportare le nuove tariffe imposte, si ribellò. Nonostante una repressione violentissima che costò la vita a sei persone, tra cui due bambini, e centinaia di feriti provocati dal governo schierato a difesa degli interessi della corporation, l'esercito e la polizia rientrarono nelle caserme e il popolo boliviano riuscì a riprendere il controllo dell'acqua. In Italia è solo questione di tempo. Nei giorni scorsi, tra l'indifferenza generalizzata dei media italiani, un secondo forum dei movimenti dell'acqua è stato organizzato per ridare vigore alla battaglia di questo fondamentale bene comune. Nel 2006 più di quattrocento mila firme furono raccolte a sostegno della legge d'iniziativa popolare che vede come primo punto il riconoscimento dell'acqua come “diritto inalienabile ed inviolabile della persona”. Ma la sensazione forte è che la straordinaria raccolta firme sia già stata oscurata. Con un semplice colpo di spugna. Seguendo il manuale del “buon governo” che approva leggi impopolari e antidemocratiche proprio quando imperversa l'afa estiva e l'attenzione della stampa è rivolta altrove.

http://www.megachip .info/modules. php?name= Sections&op=viewarticle&artid=8340

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22 novembre, 2008

INVITO AL BOICOTTAGGIO DELLE AZIENDE ITALIANE CHE FANNO AFFARI CON ISRAELE

(RCA). Roma, 22/11/08. - Alla vigilia della visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano insieme ad una ampia delegazione di imprenditori italiani in Israele (26 e 27 novembre) il Forum Palestina lancia l'appello al boicottaggio delle "aziende italiane che scelgono di rendersi complici dell'economia di guerra israeliana". Nel momento in cui le autorità israeliane continuano a strangolare un milione e ottocentomila palestinesi rinchiusi nella Striscia di Gaza, innescando quella che le stesse agenzie dell'ONU definiscono ormai una catastrofe umanitaria, "gli imprenditori italiani scelgono di collaborare sul piano economico, commerciale, tecnologico con questa politica di assedio e annientamento contro il popolo palestinese" . Il Presidente Napolitano sarà in Israele insieme con 300 imprenditori ma andrà da solo nei Territori Palestinesi amministrati dall'ANP. "La Confindustria ed alcuni enti locali come la Regione Emilia-Romagna scelgono dunque ancora i due pesi e due misure" dicono al Forum Palestina. Per questo motivo sul sito del forum compare una dettagliata lista delle aziende italiane che andranno in Israele - da colossi come la Fiat a piccole aziende come la FAMi di Vicenza o la Marpol di Sassomarconi - con l'esplicito invito a boicottare ogni acquisto o commessa in Italia di queste aziende. Clicca su:http://www.forumpal estina.org/ news/2008/ Ottobre08/ Aziendeitaliane/ AziendeItaliane. htm Il Forum Palestina intende così rilanciare la Campagna internazionale di boicottaggio, sanzioni e disinvestimento dal mercato israeliano lanciate da decine di organizzazioni della società civile palestinese e israeliana. Il sito del Forum Palestina dà inoltre grande evidenza alla manifestazione nazionale per la Palestina che si terrà a Roma il prossimo sabato 29 novembre e che ha visto crescere le adesioni. La manifestazione dal titolo "Vita, Terra, Libertà per il popolo palestinese" concluderà la campagna "2008 anno della Palestina" che ha visto decine di iniziative in tutta Italia e la manifestazione a maggio di boicottaggio della Fiera del Libro di Torino dedicata a Israele. (MP)

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Il "successo" di una Manifestazione di Donne

Al giornale Rai 3 di stamattina 22 novembre 2008, ore 6,45, si è dettoche le femministe e lesbiche cercheranno oggi di ripetere il successo dell’altr’anno. Grazie della menzione?Chiariamoci, a noi donne non ci paga nessuno, non siamo in tournee, non siamo attrici di nessuna telenovela o animali da circo da contenere in una gabbia: saranno più quelle che rimarranno a casa per moltegiustificate ragioni che quelle che potranno essere in piazza. Noi cisaremo e con molte difficoltà economiche e personali, per dar voce proprio a quelle che non ce l’hanno, tantomeno visibilità, dati i Muriche vengono febbrilmente eretti e le Porte che si chiudono, sbattute in faccia. Non siamo per niente felici di riesibirci, gridando o insilenzio denunciando i numeri delle violenze che le donne subisconoquotidianamente in questa e in altre parti del mondo e non siamo per niente felici di denunciare, con innumerevoli difficoltà di spazio ed espressione nel farlo, quale politica mortale di controllo, a titolo di Vita e di Bene, reprime e imperversa sulle nostre esistenze. Non siamo per niente grate dell’attenzione dei Media che continuano a contarci e immortalare la nostra diversità di esistenza: siamo e saremo dentro e fuori questo sistema che fa della nostra vita uno sbandieramento di “consumo”, grazie alla “carità ” sempre più precaria del nostro lavoro e impegno. Siamo e saremo in piazza, tra tutte e tutti, a denunciare la violenza maschile, delle Istituzioni, delleAmministrazioni, del Vaticano, delle Chiese tutte che da sempreimpongono l’Adorazione Perenne della santità e del martirio. Non siamo bambole insanguinate, non siamo manichini da esporre o bersagli di continue aggressioni fasciste, nè i figli che abbiamo sono bambolotti di pezza, tantomeno le nostre compagne di cammino, come i nostri compagni di vita sono numeri di morti da giocare al Lotto o buttare in un cassonetto dopo aver grattato le Cifre e aver vinto un buon “pezzo”sui Media. Manchiamo volutamente di quella “intelligenza politica e folle coraggio” che delega al potente di turno, il nostro presente e futuro, sfruttando il passato, scritto nella Costituzione Italiana enella Carta dei Diritti Umani. Non ci preserva nessuna Cappellina o Cupola misericordiosa, continueremo a lottare e denunciare e resistere,decidendo noi quando stare in silenzio o gridare e come condurre la lotta per la libertà di pensiero e una vita dignitosa, per tutte e tutti, senza chiedere la Grazia e tantomeno dire grazie a chi sfrutta eusa, quotidianamente, la protesta. Non paghiamo e non pagheremo noi lacrisi e la guerra: i conti li sappiamo fare e li facciamo ogni giorno,con un’esistenza sempre più precaria e un presente indegno, che preconizza futuri da incubo e allegri banchetti e balletti al Tavolo delle Contrattazioni: non siamo merce, tantomeno di scambio e bottino, per nessuna e nessuno. Doriana Goracci

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21 novembre, 2008

COLOMBIA

da ASud

Colombia: Donne Wayùu in marcia in difesa di Wounmainkat (la Nostra Terra)


'Perché nella Nostra Terra, gli unici giganti siamo noi, donne Wayuu ''


 Il 20 di novembre le donne del popolo Wayùu si sono date appuntamento vicino Maicao - nella Guajira colombiana - per dare il via ad una marcia che terminerà il 25 novembre, in corrispondenza della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne.

Campagna per l'eliminazione di tutte le forme di violenza contro Wounmainkat (la Nostra Terra)

Il 20 di novembre le donne del popolo Wayùu si sono date appuntamento vicino Maicao - nella Guajira colombiana - per dare il via ad una marcia che terminerà il 25 novembre, in corrispondenza della Giornata Mondiale per l'Eliminazione di tutte le forme di violenza contro le Donne.

Il punto di partenza e di arrivo della marcia sarà la Casa delle Donne Wayùu, intitolata a Carlo Giuliani e inaugurata nel 2007 nella località 4 vìas, a Maicao, grazie ad un progetto promosso da A Sud con il contributo del Comitato Piazza Carlo Giuliani.
Guarda il video della Missione in Colombia 2007, durante la quale è stata ianugurata la Casa delle Donne Wayùu.

Secondo la Forza di Donne Wayùu - l'alleanza di donne provenienti da diverse associazioni di autorità tradizionali, cabildos e comunità che porta avanti da anni un processo di integrazione delle donne Wayùu - "la marcia si pone come obiettivo la difesa dei diritti umani e in particolare del nostro popolo e del nostro territorio, ma allo stesso tempo appoggia e si unisce alla Mobilitazione Indigena Nazionale per la Resistenza e la Dignità che è venuta moltiplicandosi dal 14 di ottobre e che continua a percorrere il paese in direzione di Bogotà".

La marcia sarà per la Forza di Donne Wayùu un punto di lancio per la Campagna per l'eliminazione di tutte le forme di violenza contro Wounmainkat, la Nostra Terra, che mira a scuotere le coscienze di fronte alla problematica della violazione dei diritti umani e del Diritto Internazionale Umanitario che si vive nella regione, schiacciata dalla violenza paramilitare, dall'implementazione di megaprogetti e da un sistema che garantisce l'impunità ai carnefici di fronte alla vulnerabilità delle vittime.
Leggi l'articolo sulla sessione del Tribunale Permanente dei Popoli sul popolo Wayùu.

La Forza di Donne Wayùu ha lanciato un appello alla solidarietà internazionale affinché si induca il Governo colombiano a garantire la piena agibilità alle mobilitazioni e la protezione delle donne in marcia dalle violenze perpetrate dai gruppi armati irregolari.

La Carovana toccherà i municipi di Barrancas, Dibulla, Riohacha, Uribia e Maicao e si concluderà con la celebrazione, presso la Casa delle Donne Wayùu - del Foro in omaggio a Wounmaikat (la Nostra Terra) e alle vittime Wayùu del conflitto armato, che sono ad oggi più di 250.

Leggi l'appello completo della marcia.

Per informazioni:
maricadipierri@asud.net

www.asud.net

www.notiwayuu.blogspot.com

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18 novembre, 2008

PERCHE' LA N.A.T.O.??

Patto Permanente contro la guerra
Sette domande che richiedono risposte - Per un sapere critico dobbiamo sempre chiederci il perché. Allora cominciamo cominciare a chiederci:
1) perchè il governo trova i fondi per finanziare la sua politica di riarmo, per aumentare le spese militari e insiste invece nel voler tagliare le risorse per il bene comune UNIVERSITA' PUBBLICA che significa, come sappiamo bene, ricerca futuro conoscenza saperelibero diritto allo studio e diritto al lavoro.
2) perché un paese che ripudia la guerra secondo la sua Costituzione, deve usare le risorse per inviare gli aerei da guerra Tornado in Afghanistan, dove continua a occupare militarmente il territorio e dunque a foraggiare più di 1.300 soldati che non sono certo lì per difendere il suolo italiano ?
3) perché questo stesso paese stringe accordi di programma con il governo USA e con la multinazionale Lockheed Martin per fabbricare aerei cacciabombardieri atomici F35 al modico costo di mezzo miliardo di euro ciascuno per averne una collezione in Italia di 131 esemplari, pronti per essere inviati in tutti i teatri di guerra ?
4) perché sul suolo nazionale, ancora soggetto alla sovranità popolare secondo la nostra stessa Costituzione, ospita più di 100 basi militari USA e NATO da cui sono stati sferrati tutti gli attacchi di guerra ( dalla guerra del Golfo del '91 alla guerra "umanitaria"nei Balcani alla guerra in Afghanistan alla seconda guerra in Iraq, alle spedizioni militari in Africa) con le relative stragi di civili- migliaia di morti da bombardamenti-??
5) perché i governi italiani hanno firmato l'accordo con gli USA per l'ennesima base militare di guerra al Dal Molin di Vicenza, contro la volontà popolare di una intera città e contro il movimento pacifista di tutta Italia?
6) perché, assecondando la volontà egemonica degli USA, i governi italiani hanno firmato l'accordo per partecipare al programma ed alle installazioni dello Scudo missilistico, la più grave minaccia alla pace in Europa oggi, in grado di scatenare una nuova guerra fredda contro la Russia, i cui segnali in Georgia e nel Caucaso quest'estate suonano di ammonimento ?
Una delle risposte a questi perché sta nel fatto che la politica estera italiana ruota attorno alla appartenenza dell'Italia alla NATO, ovvero la grande alleanza militare che raggruppa assieme agli Stati Uniti e al Canada tutti gli Stati europei con un recente allargamento ai paesi dell'Est dell'ex Unione Sovietica. Una alleanza sorta nel 1949 per motivi di Difesa quando il contesto mondiale era quello bipolare della guerra fredda, ma definitivamente mutata nel 1999 col nuovo Concetto Strategico- che prevede anche l'uso delle armi nucleari. In quella data i capi dei governi NATO, tra cui l'Italia, firmarono un accordo che è alla base del riarmo di questi anni e delle nuove guerre oltre i confini dei territori dei paesi NATO. Le guerre che dal 1999 hanno insanguinato i Balcani e l'Afghanistan perché la NATO si è trasformato da Alleanza di Difesa in Alleanza di aggressione militare ai paesi esterni, per motivi che si condensano nella parola SICUREZZA. Ma noi sappiamo che una sicurezza disgiunta dalla pace e perseguita con la guerra ha portato il mondo alla attuale catastrofe e richiede un mutamento di rotta.
7) Perché allora continuare a partecipare ad un ordine del mondo basato sulle guerre e sulla forza militare??
Il 4 aprile 2009, sarà il 60° anniversario della istituzione della NATO ed i vertici della Alleanza si troveranno a Strasburgo per rilanciare questa strategia di guerra, eredità della guerra preventiva di Bush. Ma anche noi vogliamo sollevare un'onda che porti allo scioglimento le alleanze militari e usi le risorse per lottare contro la fame e le ingiustizie del mondo per la pace e i diritti, chiudendo le basi militari, revocando gli accordi per la produzione dei nuovi armamenti di morte, riconvertendo le spese militari in spese sociali.
PERCHE'?? Perché crediamo in un altro mondo possibile.
PER QUESTO ABBIAMO CONVOCATO UNA ASSEMBLEA NAZIONALE DEL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA IN ITALIA, A ROMA IL 17 GENNAIO 2009 E UNA MOBILITAZIONE EUROPEA E MONDIALE CONTRO LA NATO-ALLEANZA DI GUERRA IL 4 APRILE 2009 A STRASBURGO.
PATTO PERMANENTE CONTRO LA GUERRARoma, Novembre 2008

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Genova 2008

Genova G8, parola chiave: impunità!!!
G8 2001: “macelleria messicana” della Diaz, assoluzione per i capi della polizia
17 Novembre 2008 - Ora proviamo semplicemente a volgere lo sguardo su qualcosa di più rassicurante. Proviamo tutti insieme a farci scivolare addosso anche questa. Proviamo a sorvolare sull’ennesima prova di inciviltà dello Stato italiano. Proviamo a mantenere il nostro equilibrio interiore come se nulla fosse avvenuto. Proviamo a non indignarci, a tirare avanti, a rifugiarci nella nostra insulsa quotidianità di cittadini senza diritti, a lasciare che altri se ne occupino perché Altri hanno preso le manganellate, Altri sono stati messi sotto processo per reati mai commessi, Altri hanno subito ripetutamente questa insana violazione delle proprie libertà personali e mentali. Proviamo banalmente a giustificarci, ad autossolverci, a liberarci dal peso di una notizia che in alcuni di noi ha sortito esclusivamente quel mero e futile espediente dal retrogusto fortemente qualunquista “Tanto si sapeva”.
Proviamo a evitare una seppur minima riflessione ponderata. Proviamo ad allontanare dal nostro stomaco quei manganelli impazziti, che per dieci, cento, mille volte infierirono su corpi inermi a terra, poi spintonati e infine massacrati fino a far schizzare il sangue su pareti e finestre. Proviamo a dimenticare quella maledetta notte, quella maledetta scuola, a non considerare questa sentenza di tribunale la reiterazione aggravata della “macelleria messicana”. Proviamo a cambiare canale mentre al telegiornale ci diranno distrattamente in terza o quarta fascia che i capi, i mandanti esecutori sono stati assolti come in un eterno circolo di ingiustizia sociale. Proviamo a fare tutto questo e avremo perso l’ultima goccia di vitalità democratica, la nostra dignità.Come in una pellicola incantata in periodi lontani, sono state fatte saltare le teste dei meno privilegiati, i sottoposti del VII nucleo mobile di Roma. Le semplici bestie inferocite e affamate liberate nell’ovile indifeso. Tre anni per loro. Quattro all’unico “pezzo grosso” condannato: lo scomodo Vincenzo Canterini. Nella spirale folle di contiguità ideologica tra azione repressiva delle forze dell’ordine e istituzioni legalizzate, che ha visto la promozione degli imputati più alti in grado, è stato risucchiato persino Angelo Fournié, l’unico agente disposto a collaborare attivamente con la giustizia. A lui “solo” due anni, evidentemente per incentivare il resto della truppa a seguire il suo coraggioso esempio.Le assoluzioni seguono invece un percorso straordinario nella loro brutalità. A nulla è servita l’esclusiva video inchiesta della Bbc che inchiodava gli imputati più alti in grado alle proprie responsabilità e confermava senza dubbi la messa in atto di un’azione pianificata nei dettagli: la creazione fraudolenta di prove giustificanti la scandalosa irruzione. Quelle Molotov venivano infatti da Corso Italia ritrovate nel pomeriggio del 21 luglio, almeno sette ore prima del sequestro al primo piano della Diaz. Le stesse che nel codice penale sono considerate arma da guerra e servono per sopperire alla mancanza di elementi per sancire gli innumerevoli fermi e arresti. Le stesse che spariranno dagli archivi del tribunale senza alcuna spiegazione.Nei fotogrammi del cosiddetto “viaggio delle molotov” si distinguono nitidamente tutti i responsabili di comando: Francesco Grattieri, allora capo della Sco, il Servizio Centrale Operativo, poi promosso capo dell’Anticrimine; Giovanni Luperi, nel 2001 vice-capo dell’Ucigos, il reparto operazioni speciali, poi promosso capo del dipartimento analisi dei servizi segreti; Spartaco Mortola, capo della Digos di Genova, oggi vice questore vicario di Torino; e così via, in un elenco sterminato di promozioni e pacche sulle spalle. Come quella sbalorditiva di Gianni De Gennaro, capo della Polizia nominato sotto D’Alema, poi divenuto capo di gabinetto del ministro dell’Interno Giuliano Amato nel 2007, sempre sotto governi di centro-sinistra. Il personaggio che - ricevute sollecitazioni durante il blitz dall’allora leader del Prc, Fausto Bertinotti - rispose freddamente «quella scuola non è un’ambasciata, non c’è giurisdizione extraterritoriale».
di Alessio Marri

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12 novembre, 2008

Senza giustizia non vi sarà mai pace

Manifestiamo il 29 novembre a Roma. Al fianco del popolo palestinese e della sua Resistenza
(9 novembre 2008)
*Stamattina, bulldozer israeliani hanno invaso Khan Younis e hanno distrutto campi e terreni. Testimoni dichiarano che le truppe israeliane hanno aperto il fuoco contro i cittadini inermi ferendone diversi.
*Coloni estremisti ebrei hanno picchiato un bimbetto palestinese di sei anni, che e' stato portato in ospedale con contusioni alla testa. Secondo fonti sanitarie palestinesi, il piccolo Bilal Daana e' stato preso di mira da un gruppo di coloni non lontano dall'insediamento ebraico illegale di Kiryat Arba, che lo hanno picchiato e gli hanno lanciato pietre
*Stamattina alle nove i bulldozer dell'esercito israeliano sono arrivati a Umm Al Kher e hanno demolito le 10 abitazioni piu' vicine all'insediamento israeliano lasciando circa 60 persone senza casa. Alle undici tutto cio'che rimaneva a queste famiglie erano la mobilia, i vestiti tirati fuori all'ultimo momento e le macerie delle case.
Queste sono solo ”piccoli” scampoli della cronaca quotidiana nella Palestina occupata dagli israeliani. Mancano quelle, ancora più tragiche, dovuti all’isolamento di Gaza voluto dagli israeliani, dall’amministrazione americana, dagli egiziani, dai paesi europei e infine dai “quisling” legati ad Abu Mazen. In Italia pochi se ne occupano e cercano di denunciare questi crimini, che passano con la complicità dei giornali, televisioni e radio, salvo poi strillare se qualcuno brucia la bandiera degli oppressori. Da ottobre a ieri (8 novembre) le associazioni che solidarizzano con il popolo palestinese e con le organizzazioni che resistono all’ occupazione israeliana, si sono incontrati (la prima volta a Roma, la seconda a Firenze) per organizzare la manifestazione nazionale indetta dopo quella, svoltasi a Torino, a chiusura della campagna di boicottaggio della Fiera del Libro che gli organizzatori, in accordo con il regime israeliano, hanno voluto dedicare al paese dell’ apartheid. L’assemblea, cui hanno partecipato delegati da molte parti del paese, ha deciso di dedicare questa manifestazione (29 novembre) a Stefano Chiarini, giornalista de “Il Manifesto”, che ha destinato la sua professionalità, la sua intelligenza, la sua sensibilità al servizio della verità e della giustizia. Oltre a profondo conoscitore delle realtà palestinese e dell’ occupazione israeliana, si è impegnato affinché non venisse sepolta la verità su uno dei crimini più terribili, quello di Sabra e Chatila, ad opera dei killer falangisti, su ordinazione e copertura dei nazisti israeliani capeggiati dal boia Sharon. I vari governi, Berlusconi o Prodi, non hanno solo appoggiato i crimini israeliani, ma anche finanziato la guerra contro il popolo palestinese; mentre hanno diminuito il potere d’acquisto dei salari di chi lavora, hanno scippato ai lavoratori soldi mandandoli ai criminali israeliani, o per pagare la guerra contro il popolo afgano, fottendosene dell’Art. 11 della Costituzione. Mentre per il presidente Sandro Pertini bisognava svuotare gli arsenali e riempire i granai per Napolitano e soci è vero il contrario: riempire gli arsenali e svuotare i granai!!! Complici di Israele sono diverse Province, Comuni e Regioni (per quanto ci riguarda, la giunta Penati, il Comune di Milano e la Regione del cattolico Formigoni). Anche per questo dobbiamo dire, forte e chiaro, che la loro crisi non la paghiamo!!!
Queste le parole d’ordine della Manifestazione:
- fine dell'occupazione e del furto delle risorse naturali, in primis l'acqua
- diritto al ritorno, nella Palestina storica , per i rifugiati palestinesi.
- fine del blocco economico contro la popolazione di Gaza..
- distruzione del muro
- smantellamento degli insediamenti colonici israeliani.
- liberazione dei prigionieri, innanzitutto.
-Per uno stato palestinese con Gerusalemme capitale
Francesco Giordano
fonte: f.giordano@tiscali.it

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11 novembre, 2008

Riassunto della dichiarazione finale del II incontro emisferico contro la militarizzazione.

“Perché tacciano le armi, che parlino i popoli”, La Esperanza, Intibucá, Honduras 3-6 ottobre 2008

Dal 3 al 6 ottobre 2008 a La Esperanza, Intibucá, Honduras, si è svolto il secondo incontro emisferico contro la militarizzazione, dove si sono dati appuntamento più di 800 delegati e delegate di 175 organizzazioni e 27 paesi (Messico, Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica, Cuba, Haiti, Repubblica Domenicana, Argentina, Perù, Bolivia, Ecuador, Chile, Uruguay, Paraguay, Colombia, Venezuela Brasile, Porto Rico, Australia, Spagna, Italia, Stati Uniti e Canada) così come fratelli e sorelle dei popoli originari americani (Mapuche, Aymara, Maya, Lenca, Garifuna, Chorotega, Emberàkatios del Altosinù tra gli altri). Di fronte alla crisi del sistema capitalista si sviluppa nel mondo una crisi multipla (energetica, alimentare, finanziaria, ambientale, sociale e politica). Con questo, la militarizzazione si rafforza e i suoi effetti si acutizzano nel tentativo del sistema di controllare gli spazi, i mercati e le risorse naturali. Nel nostro emisfero la militarizzazione si rende evidente in molte forme. Nel suo senso più ampio, la violenza militare, istituzionale e poliziesca sono parte di questa continua scalata di repressione, occupazione e saccheggio delle risorse naturali, che risponde all’imposizione del modello economico neoliberale. In questo contesto, nei movimenti sociali lottiamo per i nostri diritti, terre e territori. Per questo, un gruppo di diverse reti e organizzazioni del continente si sono articolate in uno sforzo strategico e urgente per riunire volontà e definire linee di azione che permettano di avanzare in modo più coordinato ed efficace di fronte alla minaccia continentale e globale che rappresentano la militarizzazione, le guerre e la repressione.
Di fronte a questo consideriamo:
-Che la militarizzazione è il principale fattore di violazione dei diritti umani fondamentali, come il diritto alla casa, la salute, l’educazione etc. e specialmente dei diritti generali e particolari dei popoli indigeni e neri;
- che la militarizzazione si esprime anche attraverso la violenza, repressione e discriminazione della diversità sessuale, ostacolando la formazione di una cultura includente e di pace per tutti e tutte senza discriminazioni;
-che la militarizzazione genera un alto numero di prigionieri politici, torture e sparizioni forzate e una forte criminalizzazione dei giovani e delle maras, con conseguenze sia individuali che collettive;
-che la militarizzazione è la massima espressione del patriarcato, in cui le donne sono le principali vittime della violenza, i loro corpi si trasformano in campi di battaglia e sono considerate bottino di guerra;
-che la militarizzazione si basa su pratiche di reclutamento forzato e ingannevole che violano i diritti e distruggono il futuro dei giovani, che porta alla repressione dei movimenti contro la guerra;
-che la militarizzazione genera un maggior numero di migranti che sono criminalizzati dalle leggi antimigratorie degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, e sono vittime di violazioni dei loro diritti umani; la militarizzazione delle frontiere porta alla morte di migliaia di persone per mano delle forze di sicurezza o nel tentativo di passare le frontiere; in questa situazione, le donne e i bambini sono i più vulnerabili;
-che la militarizzazione costituisce una minaccia ai movimenti contadini a causa della repressione delle loro richieste di riforma agraria integrale e di sovranità alimentare;
-che la militarizzazione è il mezzo di controllo del capitale sulle risorse strategiche e l’energia, e viola i diritti delle comunità su queste risorse e le loro decisioni su terre e territori;
-che il capitalismo non può esistere sena la sua struttura militare di dominazione. Nel nostro emisfero questa struttura include attualmente l’Iniziativa Merida, il Plan Colombia, l’ASPAN, le basi militari, la Escuela de Las Americas, l’Instituto de Cooperación por la seguridadhemisférica, la Forza Delta, il Comando Sud, la Quarta Flotta;
-che la militarizzazione è accompagnata da terrorismo mediatico, da una strategia di manipolazione e paura, da un’ideologia militare caratterizzata da colonialismo mediatico, tra le altre forme di dominio e alienazione;
-che la militarizzazione si alimenta con la presunta “guerra al narcotraffico” come la scusa perfetta per militarizzare la società e le strutture dello Stato;
-che la militarizzazione è la risposta alla criminalizzazione della protesta sociale concepita come una minaccia al sistema di dominazione sotto le cosiddette “leggi antiterrorismo” che seguono il modello statunitense del PatriotAct;
-che la militarizzazione spinge la crescita del bilancio militare, favorendo la sua grande industria nei settori pubblico e privato, generando debiti esteri e deviando risorse che potrebbero essere destinate a soddisfare diritti economici, sociali e culturali;
-che la militarizzazione è uno strumento per l’implementazione e la sicurezza dei mega progetti di infrastrutture e investimenti del grande capitale internazionale, come il Plan Puebla Panamá, l’Iniciativa de InfraestructuraRegional para Sur America (IIRSA), i trattati di libero commercio e gli accordi di associazione.

ESIGIAMO

1)La chiusura definitiva di tutte le basi nordamericane e di qualsiasi altra nazione straniera in America Latina e nei Caraibi e la proibizione del trasferimento o dell’apertura di nuove basi nel nostro continente;
2)La cancellazione immediata della IV flotta che rende vulnerabile la sovranità dei popoli
3) Il ritiro immediato della Minustah da Haiti e il suo rimpiazzo con delegazioni di solidarietà, cooperazione tecnica, ricostruzione, così come la cancellazione del debito estero illegittimo che lo soffoca
4)La cancellazione di progetti di infrastruttura e megaprogetti che violano il pieno diritto della popolazione latinoamericana e dei caraibi alle proprie risorse e territori ancestrali
5)La fine del Plan Colombia e dell’IniciativaMerida che aumentano l’ingerenza militare nordamericana e contribuiscono alla militarizzazione dei nostri paesi
6)L’annullamento di tutte le leggi antiterrorismo che attentano contro i popoli e criminalizzano la protesta sociale
7)Il pieno rispetto dei diritti delle donne e la fine immediata della violenza sessuale, la prostituzione e la tratta di donne che si trovano in territori di conflitto o in basi militari
8)Il ritiro delle truppe nordamericane e di ogni tentativo di militarizzazione della tripla frontiera, rispetto dei territori e della sovranità dei popoli del sud, allo stesso tempo esigiamo la chiusura della base militare statunitense SotoCano conosciuta come Palmerola e il ritiro di tutti i militari americani sul suolo hondureño
9)Il rimpiazzo del modello militarizzato della guerra al narcotraffico con misure di partecipazione cittadina, salute comunitaria etc…
10)Il pieno rispetto dei diritti dei migranti e la cancellazione del “muro della vergogna” tra Stati Uniti e Messico
11)Il rispetto del diritto ad avere, gestire e utilizzare i nostri mezzi di comunicazione, facciamo un invito a rinforzare e creare reti di mezzi propri, indigeni, popolari, comunitari, e alternativi, così come a recuperare spazi pubblici per la comunicazione diretta
12)Accesso ad informazioni immediate e precise su quanta parte del bilancio nazionale è dedicato a finanziare la militarizzazione, per poter “disarmare” questi bilanci ed esigere che le risorse siano utilizzate per il benessere di tutta la popolazione
13)L’eliminazione dell’embargo a Cuba soprattutto ora che sta soffrendo, insieme ai fratelli di Haiti, le conseguenze degli uragani Gustav e Ike
14) La fine della violenza secessionista e dell’intervento del governo degli Stati Uniti in Bolivia

Noi, partecipanti del II incontro contro la militarizzazione
-salutiamo la decisione del popolo e del governo ecuadoriani di chiudere definitivamente la base militare di Manta nel 2009
-esprimiamo la nostra solidarietà al popolo boliviano e alla sua lotta per l’integrità del suo territorio e la sua sovranità
-salutiamo la costruzione dell’AlternativaBolivariana per le Americhe (ALBA) sulla base del rispetto senza restrizioni dei diritti umani e delle relazioni di equità. Visto quanto sopra, riaffermiamo il nostro impegno a lottare per un mondo e un continente de militarizzato, disarmato, libero da guerra, miseria e violenza. Questi giorni ci hanno permesso di approfondire la conoscenza della realtà comune che affrontiamo, così come di identificare e formulare le linee di azione strategica che, come movimenti popolari, ci permettano di affrontare l’aggressione permanente e la criminalizzazione che soffrono i nostri popoli e i nostri movimenti. Questo rimane evidente nel nostro Piano di azione continentale contro la militarizzazione, per mezzo di campagne e azioni a livelli di base in prospettiva nazionale e continentale, avremo la possibilità di raggiungere un giorno lontano il sogno di vivere liberi da violenza, esclusioni e guerra. “Perché tacciano le armi, che parlino i popoli!”

“Con la forza ancestrale di Isealca e Lempira, si elevano le nostre voci di vita, giustizia, dignità libertà e pace!” Honduras, 08/10/2008

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07 novembre, 2008

Nucleare? A cavallo!

Hanno ascoltato l’appello delle migliaia e migliaia di famiglie italianein crisi, hanno visto Report domenica 2 novembre , quella che raccontavadi un referendum dell’87 che aveva abrogato il nucleare, “costato agliitaliani circa 9 miliardi di euro per rimborsare l’Enel del mancatoguadagno e per mantenere in sicurezza gli impianti, che dopo 20 annisono ancora lì con tutto il loro carico radioattivo”, hanno dato ilmeglio di sè in Parlamento.Hanno salvato l’ippica e il nucleare e uniti, destra e sinistra, hannofatto fronte alla bufera, hanno votato, salvando l’Italia: si può fare.Mentre le Radiazioni Italiane intrattenendoci fino all’alba con un belcappuccino conciliatore per vedere chi era più nero di fronte allasconfitta del bianco, il 4 novembre è stato votato sotto l’occhiosoddisfatto di Colaninno, il salva nucleare o salvaclima all’italiana:la Camera dei Deputati ha approvato l’Articolo 15 del Disegno di LeggeSviluppo (1441), dando il via libera al Governo di emanare entro giugno2009, uno o più decreti legislativi per la localizzazione in Italia diimpianti di produzione elettrica nucleare, di sistemi di stoccaggio deirifiuti radioattivi e del materiale nucleare, con un ‘Agenzia tuttanuova di zecca, quella per la sicurezza nucleare.La nostra piccola grande Famiglia, al ritmo di Furia cavallo del west,non si è fermata e mentre si discute dell’abbronzatura di Obama,lanciata dal Silvio Globale, lesta come un dopato cavallo, è arrivata il6 di novembre all’approvazione dell’emendamento “salva ippica”, propostodalla Lega e accompagnato dall’unanime consenso di un ordine del giornodel Pd presentato dal deputato Brandolini che “impegna il governo adaffrontare con la massima urgenza il necessario processo di rilancio delsettore attraverso un piano industriale e la riforma dell’Unirefinalizzati per dare all’ippica la certezza di uno sviluppo in grado divalorizzare la qualità del cavallo allevato in Italia e la salvaguardiadei livelli occupazionali” . Il Pd, attraverso Oliverio chiede al Governodi “non abbandonare adesso l’ippica e di sentire la responsabilità diintervenire urgentemente per venire definitivamente incontro allerichieste di un settore che versa in uno stato di crisi strutturaleanche per la diminuzione delle scommesse”. La camera quindi approva laNorma che introduce la sperimentazione delle Videolotterie.Il Comitato di Crisi dell’ippica ha annunciato che lo sciopero del trottoe del galoppo, dopo averne saltati 23, è per ora finito.E siamo seri, trotterellando nell’ultima ora, sono stati salvati con unemendamento, i contributi 2008 per i giornali di partito e di opinione:salvo la nostra.
Doriana Goracci

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Rimandato a Praga il voto sullo Scudo Spaziale

Parla Jan Tamas, leader del movimento non violento contro le basi in Repubblica Ceca.
L’accordo per l’installazione di una base radar in Repubblica Ceca, come parte del progetto statunitense di difesa missilistica, firmato a luglio dal governo ceco, deve ancora essere ratificato dal parlamento.Intervista a Jan Tamas portavoce del coordinamento *Ne zakladnam* controle basi militari USA in Repubblica Ceca e Presidente del Partito Umanista ceco.
*Qual è la situazione in Repubblica Ceca?*
Il 19 ottobre si sono svolte le elezioni regionali e i partiti di destra attualmente al governo hanno subito una sonora sconfitta. I Verdi, che sostengono il governo e appoggiano il progetto dello Scudo Spaziale, non sono riusciti a superare lo sbarramento, mentre Socialdemocratici e Comunisti, contrari alla base radar, hanno registrato un grande successo. Il voto serviva anche a rinnovare un terzo del Senato e anche qui la maggioranza dei nuovi eletti è costituita da oppositori della base.
*Come ha reagito il governo?*
Tentando di forzare i tempi della ratifica da parte del Parlamento dell’accordo con gli Stati Uniti. Nel totale silenzio dei Mass Media, il governo ha cercato di indire la votazione per gli ultimi giorni di ottobre, prima dell’insediamento dei nuovi eletti, ossia facendo votare un parlamento sfiduciato dagli elettori.
*Come hanno risposto l’opposizione e il movimento di protesta?*
Appena ci siamo accorti del tentativo di colpo di mano, ci siamo messiin contatto con i leader dell’opposizione, concordando con loro unastrategia di ostruzionismo in Parlamento, con l’obiettivo di far saltarei tempi per la votazione. Abbiamo poi scritto una lettera a tutti ideputati e senatori, chiedendo loro di non farsi complice di questamanovra e di votare secondo coscienza e non per obbedienza al partito.Abbiamo anche indetto una serie di manifestazioni davanti al parlamentoe chiesto alle altre organizzazioni europee con cui siamo in contatto dimandare lettere di protesta all’ambasciata ceca nel loro paese.
*Ha funzionato?*
Si: non si è votato né alla Camera né al Senato e il Primo Ministro haannunciato di voler prolungare di altri 60 giorni il dibattito. Lanostra speranza è che il nuovo Senato respinga ora il trattato. Abbiamovinto una battaglia importante, ma dobbiamo continuare a mantenere lapressione.
*C’è stata qualche reazione da parte degli Stati Uniti?*
La solita arroganza: il generale Henry Obering, capo dell’AgenziaAmericana per la Difesa Missilistica, ha dichiarato che i piani degliStati Uniti andranno avanti e che non si aspetta cambiamenti di rottaqualunque sia l’esito delle elezioni americane. Non è neanche parsopreoccupato che la crisi finanziaria possa costringere il governoamericano a togliere i finanziamenti al progetto dello scudo.
*Quali sono le vostre prossime iniziative?*
Il 10 novembre organizzeremo un incontro con i sindaci della regione dove dovrebbe essere installato il radar e una conferenza al parlamento ceco, a cui parteciperà anche l’europarlamentare Giulietto Chiesa. E’molto importante per noi far sentire qui la voce dell’Europa, visto che il nostro paese assumerà la prossima presidenza del Consiglio dell’Unione Europea.
*Informazioni *e* aggiornamenti* sulla protesta verranno pubblicate nelsito www.nonviolence.cz <http://www.nonviolence.cz>sul sito anche la petizione contro lo scudo spaziale che ha raggiunto140.000 firme.

03 novembre, 2008

Schiacciante vittoria di Cuba nella ONU

• L’Intervento del Ministro degli Esteri di Cuba, nel 63º Periodo di Sessione della AGNU, compagno Felipe Pérez Roque, intitolato: “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba”- New York, 29 ottobre del 2008 ...continua...

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01 novembre, 2008

Disobbedienza civile

La vispa Mariastella, nota pure come Beata Ignoranza, ha fatto il miracolo. Venerdì 30 ottobre Roma ricordava la città del 15 febbraio 2003, quando tre milioni di persone parteciparono non a un corteo contro la guerra in Iraq, ma a decine di cortei, che dilagarono ovunque. Stavolta c'era un po' meno gente, ma nelle stesse ore giganteschi cortei si sono fatti in decine di città italiane. E che cortei: insegnanti e maestre, genitori e lavoratori della scuola e bambini delle elementari, studenti medi e universitari, a Torino c'erano metalmeccanici, dopo che studenti - non succedeva da decenni - erano andati a distribuire volantini a Mirafiori, accolti con abbracci dagli operai. Il miracolo è aver sommato di colpo tutta la scuola e tutti i dintorni, rendendo la formazione - in modo evidente come non era mai stato - un bene di tutti.Può essere - ce lo auguriamo - che Beata farà un altro miracolo. Spingere a disobbedire a leggi ingiuste. Se il decreto sul «maestro unico» è stato approvato da un senato la cui maggioranza non rappresenta che i sondaggi e il marketing elettorale, allora è necessario - e si può - disobbedire. Mantenere il tempo pieno e il maestro non unico, facendo sì che lo straordinario affetto che la lotta di maestre e maestri ha suscitato nelle città diventi sostegno pratico: comuni, Province e Regioni possono essere spinti a finanziare quel che il governo vuole distruggere [il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, ad esempio, ha annunciato di essere pronto a disobbedire a quella legge], la cooperazione sociale, associazioni e reti che lavorano con il mondo della scuola possono accompagnare gli insegnanti nel mantenimento della didattica e delle ore attuali. Se lo Stato finanzia le banche, la società sosterrà le scuole elementari. Per cominciare.Per questo Carta propone ad amministratori di enti locali di raccontarci cosa possono fare per proporre da subito interventi alternativi alla «riforma» Gelimini. Anche ad associazioni, cooperative, reti sociali che lavorano nelle scuola chiediamo cosa possono fare e cosa hanno cominciato a fare per disobbedire.Infine, a scuole, docenti e genitori chiediamo da dove potrebbe cominciare immediatamente e in quali forme la disobbedienza civile di istituzioni e organizzazioni sociali territoriali in grado di sostenere la loro lotta.
Scrivete a carta@carta. org

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