09 febbraio, 2010

La realtà globale imposta in Honduras

- Di Tito Pulsinelli -

Il Tegucigolpe ribadisce che l'America centrale fa parte della zona di influenza e controllo diretta dagli Stati Uniti. Hanno deciso che, dopo la quasi-annessione del Messico, questa regione strategica non poteva essere una frontiera in disputa con il blocco del Sudamerica. Non potevano correre questo rischio quando la rivoluzione bolivariana, che capeggiava il Venezuela, stava acquistando una crescente influenza.
Se l'area dei Caraibi - tranne Cuba - costituisce il primo anello di sicurezza e sfruttamento dell' Impero, che continua ad imporre manu militari, nell’Istmo Centro- americano era indispensabile la continuazione del modello neocoloniale e neoliberale. Un Taiwan in Occidente. Pertanto, il compito di contrastare attivamente ogni tentativo di unificare questi micro-Stati, o impedire loro di cristallizzare modelli sociali più equi, è stato un compito fondamentale per Washington.

Dal nostro punto di vista, stiamo pagando il prezzo per il fallito consolidamento della Federazione Centroamericana dopo l'espulsione della Corona spagnola.

La lunga serie di omicidi, invasioni, colpi di stato e di anti-insurrezioni fomentate dagli USA, hanno causato l' ibernazione del latifondo in questi paesi, mantenendo il potere totalitario dell' oligarchia e l'esistenza di economie che sono semplici estensioni o enclavi della potenza del Nord.

Con il nuovo Tegucigolpe si aggiorna una pratica consolidata in uno degli anelli "deboli" della catena, e si dichiara che la dottrina di Monroe è ancora attuale, almeno fino al Canale di Panama. Più a sud, il Pentagono ha iniziato il dispiegamento di forze per la restaurazione.

La proliferazione di basi militari (1), il fomentare la sovversione interna, sotto la maschera legalista il sicariato politico attraverso i mercenari della narco-economia, il terrorismo psicologico del latifondo mediatico, rappresentano gli elementi di una barriera di contenimento. E' una tappa della lunga marcia verso il recupero della grande riserva di petrolio venezuelano e l'appropriazione della biodiversità dell' Amazzonia. Non solo il Venezuela e Alba sono sotto mira, anche il Brasile e il "blocco del Sud" sono stati avvistati e minacciati.

Forgiando e realizzando il Tegucigolpe, il Pentagono ha messo in chiaro che la democrazia partecipativa, "populismo", la "ri-potenziazione" dei poteri nazionali, o l'inclusione sociale dei settori secondari dei nostri paesi non fanno parte della sua formula di "democrazia e libertà ".

Vogliono imporre l'oblio e il discredito dei processi costituzionali, non riforme agrarie, nessuna redistribuzione del reddito o nuove forme di contratto sociale. Piuttosto, l'élite e i loro sponsor del nord, puntano ad ottenere manodopera (il costo del lavoro) più economica rispetto a quella della Cina o Sud-Est asiatico, approfittando del "vantaggio comparativo" della vicinanza al confine meridionale degli Stati Uniti. E 'la formula per competere a livello globale con la nuova potenza orientale.

L'analisi della situazione concreta

Il congelamento del progetto di trasformazione guidato da Zelaya -de/costituente preventivo + colpo mascherato- che è una vittoria dell’impero e delle oligarchie regionali, avrà come causa la debolezza del pensiero critico del “leader”? O…E’ il risultato delle insufficienze teoriche del gruppo dirigente del blocco popolare dell’Honduras o latino americano?

Per coloro che sono assuefatti dal tutto o niente, le spiegazioni non sono basate su fatti reali e le forze in lizza, ma piuttosto cercano di trovare spiegazioni in di un auto-referenziale superiorità etica. Quello che ai loro occhi sembrava troppo poco, come nel caso del Cile con Allende, è stato definitivamente troppo per le élites al potere.

Semplicemente, la correlazione della forza globale continua ad essere favorevole alle élites capitaliste. I “radicali” sovrastimano l’effettivo potere dei governi di fronte ai poteri di fatto della borghesia globalizzata: banche, latifondi agro- esportatori, unioni e reti imprenditoriali, forze militari, mass media, alta gerarchia delle chiese e strutture occulte (Opus Dei, narco-mafie, basi militari estere, ecc).
Quei “radicali” idealizzano la forza dei governi nazionalisti, così molti di loro non hanno una propria maggioranza in parlamento, o non contano con riconosciuti partiti politici che sostengano le loro politiche in forma organica e consistente. Questi dottrinari credono che la democrazia partecipativa si fa attraverso “decreti”, non valorizzano la differenza tra l’aver ottenuto una nuova Costituzione o no, nè tengono conto che la partecipazione sociale negli affari pubblici è qualcosa che si deve costruire in vari decenni.

L’attuale “campo da gioco” sono le società nazionali. Le forze determinanti sono quelle che dispongono e giocano all’interno di queste geografie sociali.
E’ un gravissimo errore sopravvalutare il fattore internazionale. Israele, per sei decenni, è la dimostrazione che uno Stato può perpetuare il suo comportamento illegale e aggressivo, nonostante le incontrollabili condanne e censure da parte di tutti gli organismi internazionali senza che abbia mai modificato il suo comportamento interventista.

E’ certo che Mel Zelaya buttò dalla finestra tutto il “capitale diplomatico”- dato dal continente e dalla “comunità internazionale”-, quando prese la strada verso Washington, e cadde nella trappola originaria della sua prima scalata forzata a San Josè, alle cure del seguace maggiore del Costa Rica. E’ stato senza alcun dubbio un grave errore. Lo stesso che fece Aristide: negoziare con i pianificatori e finanziatori dei sicari golpisti di Haiti: praticamente Titide ritornò al governo della mano di chi lo fece cadere e che dopo lo ha deportato in Africa. Si è alleato e credette nel nemico, e questo se lo ingoiò.
Sono errori soggettivi o mosse obbligate? Debolezza personale o vulnerabilità delle micro-nazioni ancora colonizzate? I leader non sono il capriccio del caso ma la conseguenza e frutto di circostanze determinate (2). Aristide ripeteva sempre che “Non importa quello che faccio o non faccio, gli Stati Uniti agiranno sempre contro Haiti”.

C'è nella nostra immaginazione una seria evoluzione dello scenario, vedendo Zelaya “di nuovo a Palazzo”, co –abitando con l’alto comando golpista, accanto agli stessi avvocatucci pietrificati, e con i deputati nell’asta permanente? I minimi margini di manovra, confinanti con l’impotenza istituzionale, avrebbero consumato non solo il prestigio del “contadino liberale”. Che ci piaccia o no, ha il merito di aver catalizzato le energie latenti di un popolo e di un paese, accelerando la sua storia e collocandosi nella soglia del XXI secolo.

Oggi sono presenti al tavolo del dibattito collettivo i punti fondamentali di un nuovo Progetto- Paese. Si dispone di una mappa con alcune strade principali già tracciate. Bisogna rivedere le cause che temporaneamente hanno fermato la barca. Dobbiamo imparare della navigazione iniziata dalla nuova Afro-Indo- Euro-America.
Esiste la strada- Farc della preparazione dell’insurrezione armata ( zero elezioni) praticata già senza successo rivelante in Centro america; anche la strada zapatista di costruire i poteri autonomi locali, non istituzionali (potere parallelo); e la strada del sud, oggi leader- con chiarezza mentale e consistente pratica sociale- del movimento di Evo Morales e Garcia Linera in Bolivia.
Quest’ultima, è la stella polare che ha illuminato il cammino della Seconda Indipendenza. E’ la strada vincitrice- anche se parzialmente- per i popoli; efficace per ritagliare gli artigli delle elite neocoloniali di Caracas, Quito, La Paz, o per sottrarre il potere politico all’oligarchia argentina, brasiliana, uruguaiana e paraguaiana. Dopo il potete di veto che ha obbligato vari presidenti a fuggire, è arrivato il potere di designare nuovi governi.

E’ il culmine di uno straordinario processo di accumulazione di forze dei settori esclusi e decimati dai cantori della proprietà privata transnazionale, fondata sulla negazione della proprietà, dei diritti, delle risorse, e della rappresentazione agli autoctoni. E’ stata la rottura di paradigmi (riforma versus rivoluzione, partito vs movimenti) che ha incontrato vaste coalizioni di forze sociali e politiche.

Il potere non è un assalto al castello ma un processo di trasformazione progressivo, attuato come reti offensive, durante il quale l’egemonia popolare avanza togliendo spazi e potere alle elite, riuscendo a dividerla, neutralizzarla e alla fine archiviare il suo dominio.

Riscattare e affermare il valore strategico della sovranità popolare e nazionale e la forza di coesione dell’integrazione dei settori esclusi e subalterni, è il primo scalino della scala che porta alla Grande Patria indo- afro- euro- americana, indipendente, equitativa, unita, al riparo della depredazione dell’orca imperiale e dei suoi squali locali.

Sarà quello il salto qualitativo che possono dare le forze popolari dell’Honduras? Loro hanno la parola.
NOTE
1- Nella base di Palmerola (Honduras) è stata organizzato l'invasione del Guatemala (1954), la guerra contro i sandinisti e il colpo di stato contro il presidente Zelaya.

2- Il fallito tentativo di imporre una tassa sulle agro-esportatori dall'Argentina non è dovuta al neo-peronismo, ma alla maggior forza ed organizzazione delle élites economiche.

Fonte: http://selvasorg.blogspot.com/

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