17 maggio, 2007

Commercio con il Centroamerica, se l'Europa non è diversa dagli Usa

Fonte: Liberazione
26 aprile 2007
Roberto Sensi (Mani Tese)
Il Consiglio per gli affari generali e le relazioni esterne dell'Unione europea ha approvato ieri le raccomandazioni per l'avvio di negoziati commerciali con i Paesi dell'America centrale e della Comunità andina di nazioni. Cosciente delle difficoltà a chiudere la partita commerciale all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), dove le intese languono, l'Ue sta spingendo l'acceleratore sui negoziati regionali. Rispetto alla Wto cambia la strategia ma non la sostanza degli accordi, che anzi si configurano in maniera più estesa comprendendo settori, come gli investimenti e gli appalti pubblici, usciti dall'agenda negoziale durante il famoso vertice di Cancun del settembre 2003. Come nel caso degli Economic partnership agreement che Bruxelles sta negoziando con i Paesi africani, molti dei Paesi con cui l'Ue avvierà negoziati commerciali non sono in grado di reggere la concorrenza con il Vecchio Continente. Nonostante ciò, i 25 propongono la stipula di accordi reciproci, che impegnano, cioè, le parti in maniera pressoché equivalente, sostenendo che il commercio libero rappresenta la panacea per tutti i mali. Una retorica "sviluppista" - confutata dai risultati delle politiche volute da Banca mondiale e Fondo monetario internazionale - che nasconde gli obiettivi dell'Europa. Consapevoli dei rischi legati alla firma di questi accordi per i Paesi del Sud, decine di organizzazioni europee hanno scritto ai loro governi sostenendo la necessità di abbandonare la logica liberista della Commissione, avviando una discussione critica sulla politica commerciale europea. Anche in Italia un rete composta da Ong e organizzazioni della società civile (A Sud, Mani Tese, CRIC, Ans 21, CICA, Fondazione "Neno Zanchetta" e Terranuova) si è attivata e a inizio aprile ha incontrato il sottosegretario agli Esteri con delega all'America Latina Donato di Santo. La richiesta al governo italiano è quella di sostenere un Accordo che tenga conto delle immani asimmetrie esistenti tra le due aree. Una sintesi difficile da raggiungere in Italia, stretta tra la coerenza con gli obiettivi di sviluppo, e le scelte liberiste della ministro per il Commercio internazionale Emma Bonino con un governo che, a parte rare eccezioni, pare poco interessato ad avviare un dibattito serio su commercio e sviluppo. Passando in rassegna la storia della politica commerciale europea in America Latina degli ultimi dieci anni non si può che constatare la continuità ideologica e pragmatica con quella degli Usa, accusati di proporre accordi di libero scambio nudi e crudi. Solo a parole Bruxelles pretende di essere diversa, ma nei fatti ripete il copione degli Usa, cosciente di giocare in America Latina, come in Africa e in Asia, una partita chiave per la propria sopravvivenza come attore globale capace ancora di imporsi sul mercato internazionale, incalzata dalla concorrenza di potenze vecchie, Usa, e nuove, Brasile, India, Cina. In un documento recente, Global Europe: comptetiting in the World , la Commissione europea propone una strategia che si snoda attraverso la stipula di accordi commerciali con tutte le regioni del pianeta, andando oltre a quanto già negoziato in ambito Wto. È in questo quadro che si inserisce l'Accordo di associazione tra Unione europea e Centro America. Sulla carta l'obiettivo è lo sviluppo attraverso l'integrazione nel mercato mondiale, ma il risultato sarà solo quello di creare un mercato regionale sufficientemente "interessante" per le imprese europee. Attualmente, l'interscambio con il Centro America rappresenta una percentuale minima sulla bilancia commerciale Ue. Per i primi, invece, Bruxelles è il terzo socio commerciale, e con un saldo negativo. L'export centro americano vede l'assoluta prevalenza (83,3 per cento) dei prodotti agricoli, principalmente caffè, banane, frutta tropicale e tabacco. Tutti prodotti con scarso o nullo valore aggiunto, produzioni non orientate al soddisfacimento della domanda interna, e il cui prezzo è soggetto alla volatilità del mercato internazionale. Merci, inoltre, che non producono effetti positivi sui piccoli produttori, poiché l'agro-business è controllato da poche grandi imprese. Il Centro America è, per l'industria europea, una piattaforma stabile per esportare negli Stati Uniti, produrre a basso costo e accaparrarsi le enormi risorse naturali della regione (che ospita una grande ricchezza di biodiversità, petrolio, acqua, minerali e foreste). In America Latina Bruxelles fa già la parte del leone in quanto a investimenti, diretti principalmente verso i servizi, il manifatturiero e l'industria estrattiva. La presenza di investitori europei è consolidata anche in Centro America, e l'obiettivo dell'Accordo è rendere stabile e non reversibile tale situazione nei settori della costruzione e della progettazione di infrastrutture, della distribuzione di beni, come, ad esempio, l'acqua, dell'energia, dei servizi ambientali, del trattamento dei rifiuti, finanziario, delle telecomunicazioni, dell'educazione, della salute, della sicurezza etc. Esistono esempi, come quello della spagnola Union Fenosa in Nicaragua, in cui gli investimenti nel settore dei servizi energetici hanno prodotto gravi conseguenze negative (vedi l'articolo in questa pagina). Date queste premesse non si capisce perché Bruxelles si ostini ad affermare che l'interesse principale nei negoziati che inizieranno a breve è lo sviluppo della regione centro americana. L'Ada Ue-Centro America, per espressa ammissione del commissario europeo al commercio, Peter Mandelson, non sarà diverso dal Cafta, l'accordo sottoscritto dai Paesi della Regione con gli Stati Uniti. L'enfasi posta sui diritti umani, l'obbligo di ratifica e attuazione di numerose convenzioni internazionali in materia di ambiente e diritti umani per godere del sistema di preferenze e la retorica dello sviluppo sono fumo negli occhi per mascherare l'essenza della politica di cooperazione europea, vale a dire l'affermazione dei propri interessi economici offensivi. Un inganno che abbiamo l'obbligo di smascherare: l'Ue deve riconoscere che un accordo su basi eguali tra diseguali non produrrà benefici per il Centro America. Devono essere esclusi dai negoziati i servizi pubblici, gli investimenti e gli appalti governativi. Nel settore agricolo bisogna garantire ai Paesi Centro americani il diritto di proteggere i propri mercati e di produrre in primis per rispondere ai bisogni della popolazione locale, abbandonando la monocoltura da esportazione sul modello neo-coloniale. In materia di diritti di proprietà intellettuale è necessario non andare oltre quanto negoziato nella Wto e accogliere l'invito dell'Unctad a ridiscutere il tema, analizzandone le implicazione per lo sviluppo. Infine serve più trasparenza e partecipazione, interrompendo la tradizione della Commissione di avere relazioni preferenziali ed esclusive con il solo settore imprenditoriale. In gioco non c'è soltanto il diritto per i Paesi del Sud di avviare percorsi di sviluppo endogeni, capaci di garantire equità, sostenibilità ambientale e ricchezza. C'è il futuro dell'Europa e della sua politica estera, incapace di superare la contraddizione attuale tra principi e strumenti, vale a dire tra cooperazione e competizione.

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