10 settembre, 2009

Il "tartarughismo" diplomatico ed i suoi interessi nascosti

di Giorgio Trucchi

Lo scorso 3 settembre il Dipartimento di Stato nordamericano ha reso noto un comunicato¹ nel quale annuncia "la fine di un'ampia gamma di aiuti economici al governo dell’Honduras come risultato del colpo di Stato avvenuto il 28 giugno", ed ha segnalato che la segretaria di Stato, Hillary Clinton, ha preso questa decisione "riconoscendo la necessità di imporre misure più forti a causa della persistente resistenza da parte del regime de facto ad accettare l'Accordo di San José, per restaurare l'ordine democratico e costituzionale in Honduras".

Il portavoce di questa istituzione, Ian Kelly, ha inoltre informato che il governo statunitense revocherà il visto di entrata al paese a membri e promotori del regime de facto honduregno, e che in questo momento non "si potrebbe riconoscere il risultato delle elezioni di novembre".

Benché questa decisione dell'amministrazione Obama debba essere vista come un segnale positivo che contribuisce ad isolare ulteriormente il governo de facto di Roberto Micheletti, non si può fare finta di niente sul fatto che arriva dopo circa 70 giorni, durante i quali il regime golpista ha potuto creare le condizioni necessarie affinché difficilmente si possa ristabilire la situazione politico-istituzionale, economica e sociale vigente prima del colpo di Stato.

Inoltre, il fatto di non avere mai chiarito l'importo totale degli aiuti sospesi o eliminati dal 28 giugno, di aver dichiarato di dovere ancora studiare il caso Honduras per determinare se effettivamente si è trattato di un colpo di Stato – in questo caso gli Stati Uniti sarebbero obbligati per legge a sospendere qualsiasi tipo di aiuto finanziario al paese - e di continuare a identificare come unica via d’uscita al conflitto la ratificazione dell'Accordo di San José, ignorando in questo modo la posizione del Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato che chiede la fine della militarizzazione del paese e l'inizio di un processo di riforma alla Costituzione, getta seri dubbi sull'atteggiamento ostentato fino ad ora dall'amministrazione Obama.

Agenzie in agguato

Se da una parte il governo degli Stati Uniti ha sospeso parte degli aiuti al governo de facto dell’Honduras, dall’altra varie agenzie statunitensi che usano fondi dei contribuenti continuano a finanziarlo. Secondo Bill Conroy, del The Narco News Bulletin, "Dopo il colpo di Stato, la Corporazione Sfida del Millennio² ha continuato a muovere milioni di dollari in Honduras e non è la sola.

L'Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale ³ (USAID per la sua sigla in inglese) ha in progetto di iniettare circa 47 milioni di dollari all’Honduras durante l'anno fiscale 2009 che terminerà il 30 settembre. Quasi tutto questo denaro, 43 milioni, è pronto ad essere consegnato come era in progetto prima del colpo di Stato", segnala Conroy.

Altre agenzie molto conosciute per il loro appoggio finanziario e logistico ai settori che si oppongono ai processi di cambiamento in atto in differenti paesi dell'America Latina, continuano a sviluppare normalmente i loro programmi.

Secondo uno studio effettuato dalla USAID nel giugno 2009,4 si segnala per esempio che questo stesso organismo ha concesso al Consorzio per i Processi Elettorali e Politici (CEPPS, per la sua sigla in inglese), joint venture che include l'International Republican Institute (IRI), il National Democratic Institute (NDI) ed un'agenzia non governativa chiamata International Foundation for Elettorale Systems (IFES), un accordo cooperativo di 1,8 milioni di dollari col proposito di offrire assistenza tecnica al discusso Tribunale Supremo Elettorale (TSE) ed a varie organizzazioni della società civile per le elezioni di novembre.

Per ciò che riguarda l'Unione Europea si deve segnalare che fino a questo momento si è limitata a congelare 65,5 milioni di dollari di aiuti integrativi al Bilancio della Repubblica, senza fare caso alle molteplici richieste da parte della società honduregna e quella europea di sospensione di ogni tipo di cooperazione e di programmi di sostegno alle istituzioni dello Stato, l'esclusione dell’Honduras dalle negoziazioni dell'Accordo di Associazione con l'America Centrale, AdA, e la sospensione dell’Honduras dal Sistema Generale di Preferenze, SGP plus.

Queste misure sarebbero un segnale tangibile del rifiuto concreto del colpo di Stato e e della volontà di creare un precedente storico, affinché nel continente non si ripeta mai più quanto accaduto in Honduras.

Democrazia: per che motivo?

Di fronte ad un fatto trascendentale come questo colpo di Stato, che per il continente rappresenta un enorme passo indietro sulla strada della stabilità, della democrazia e di un possibile processo di unità, c’è oggi bisogno di passi e prese di posizione molto più serie, che vadano oltre le semplici dichiarazioni di rifiuto che fino al momento hanno caratterizzato il comportamento di queste due potenze economiche.

L'Accordo di San José, fortemente voluto da Hillary Clinton e magnificato da gran parte della comunità internazionale, ha l'obiettivo di restaurare la democrazia nel paese, ma senza chiarire i meccanismi che dovrebbero permettere di eliminare le misure distorte adottate dal governo de facto in questi 70 giorni, con le quali ha iniziato a demolire i progressi fatti negli ultimi anni in campo economico, sociale e sindacale.

Pretende il ritorno di un Presidente – Manuel Zelaya - "legato mani e piedi", come ha dichiarato testualmente sua moglie Xiomara Castro, di creare un governo di Unità Nazionale in cui parteciperanno i partiti golpisti, di lasciare la garanzia per un corretto sviluppo delle elezioni nelle mani di un Esercito che ha represso, torturato ed assassinato.

L'Accordo di San José vuole negare al popolo in resistenza il diritto ad una Consultazione popolare per installare una Assemblea Costituente, e pretende di offrire un'amnistia per i delitti politici commessi durante il golpe.

Insomma, un accordo che alla fine sembra proprio spianare la strada al raggiungimento di quell’obiettivo, ormai poco nascosto, che si sono prefissati gli architetti di questo colpo di Stato: frenare il processo di unione centroamericana, dare un segnale molto chiaro ai governi progressisti dell'America del Sud, presentare l' Alba ed i suoi progetti come il "male" del nuovo secolo e, soprattutto, creare un precedente, un possibile modello secondo il quale il colpo di Stato viene sì denunciato, ma riesce in ogni caso a frenare le conquiste popolari che puntano a una democrazia con contenuto sociale.

Di fronte a questa minaccia ed al “tartarughismo” diplomatico, le organizzazioni popolari continuano a sostenere la loro agenda, che non è quella della comunità internazionale e nemmeno quella del presidente Manuel Zelaya, bensì quella della gente che continua a sudare per le strade dell’Honduras.

La gente che resiste e che vuole una nuova democrazia. Una democrazia che si rivolga ai diseredati, che cambi il modello sfruttatore e che faccia di questa esperienza di resistenza la base per fondare l’Honduras del futuro.

Note:

1 http://www.state.gov/r/pa/prs/ ps/2009/sept/128608.htm
2 http://narcosphere.narconews. com/notebook/bill-conroy/2009/ 08/millennium-challenge-corp- poured-millions-honduras- months-leading-putsc
3 http://www.aporrea.org/ internacionales/n141529.html
4 http://narcosphere.narconews. com/userfiles/70/OIG.Dem. HondurasAudit.pdf

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