28 novembre, 2009

Honduras: e adesso?

Guillermo Almeyra - La Jornada - Domenica 22 novembre 2009

Com’era prevedibile, il coinvolgimento del Dipartimento di Stato e del Pentagono nella preparazione del colpo di stato che ha destituito il presidente honduregno Manuel Zelaya ha portato, logicamente, a guadagnare tempo per arrivare ad una farsa elettorale, organizzata e presieduta dai golpisti allo scopo di perpetuarsi al potere.

Barack Obama ha riconosciuto come unico presidente Zelaya, allo stesso modo l'ONU e l'OEA, ma l'establishment statunitense, i repubblicani e la destra dei democratici, Hillary Clinton ed il suo clan, ed il Pentagono, hanno protetto e salvaguardato i golpisti di Tegucigalpa ed ora riconoscono delle elezioni che sono la continuità ed il culmine del golpe e sperano di legittimarlo.

Se gli Stati Uniti avessero congelato l'invio delle rimesse degli honduregni e tutti i beni dei golpisti, se avessero ritirato tutto il loro sostegno all’Honduras, oltre ad applicargli un embargo come quello che attuano contro Cuba, Micheletti e la sua banda non sarebbero durati nemmeno una settimana. Ma le richieste di Zelaya a Washington, affinché intervenisse in favore della legalità calpestata, giungevano all'orecchio dei promotori di sempre degli assassini di presidenti latinoamericani e degli organizzatori di colpi di stato e dittature.

In effetti la famosa era Obama è un'invenzione dei mezzi d’informazione, giacché il presidente, considerato avventizio dai poteri di fatto, non può modificare la politica imperialista degli Stati Uniti con la quale ha, oltretutto, solo alcune differenze tattiche. Inoltre: il golpe in Honduras e l'appoggio alle pseudoelezioni organizzate dai golpisti s’inseriscono in una politica che ha portato a creare quattro basi militari a Panama e sette in Colombia, dalle quali poter aggredire qualunque paese del Sudamerica, ed a schierare la Quarta Flotta in acque latinoamericane, oltre a rinforzare il Plan Merida ed il Plan Colombia e a preparare l'hondurizzazione di Nicaragua e Paraguay, così come la persecuzione militare contro il Venezuela.

Quand’anche i golpisti riempissero ora le loro urne con voti inesistenti per tentare d’occultare il boicottaggio e il vasto astensionismo, che il 29 novembre si coalizzeranno per rendere nulle le elezioni, non potranno evitare che il presidente fantoccio ed i parlamentari fasulli così eletti, siano illegali ed illegittimi, non solo per gli honduregni, ma anche per l'ONU, l'OEA e buona parte dell'opinione pubblica internazionale (quella di destra considererà normale il processo elettorale, mentre migliaia di milioni di persone, tra cui i cinesi, né sanno, né sapranno neppure ciò che avviene in Honduras o dove si trovi questo paese).

Chiusa così la via della mediazione internazionale e dei rimedi istituzionali, rimane solo quella dell’espansione e radicamento della resistenza popolare, cioè, la stessa via seguita in precedenza dai boliviani ed ecuadoriani per abbattere il governo dell'oligarchia e preparare la strada ad un'assemblea costituente, in grado di riorganizzare il paese e garantire i diritti degli indigeni, dei contadini e dei lavoratori in generale. Essendo i partiti tradizionali compromessi col golpismo (o con le sue elezioni fraudolente), resta soltanto, come in Bolivia, in Ecuador o in Venezuela, l'unificazione dei gruppi della resistenza popolare e dei sindacati contadini ed operai classisti in un movimento-partito, ampio e multiforme, a dirigere la lotta.

La legalità, la restituzione di Zelaya come presidente, sarà senza dubbio bandiera principale del primo momento di lotta, ma la dinamica delle mobilitazioni tenderà a superare i calcoli e le vacillazioni di Zelaya, che guarda con un occhio alle mobilitazioni (mirando a controllarle), e con l'altro ad un settore del Partito Liberale ed al Dipartimento di Stato. Ciò che deciderà il futuro dell’Honduras non sarà Zelaya, bensì quel particolare zelayismo, sempre più audace ed indipendente, di chi s’oppone al “golpe gorilla”.

Costoro, membri del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato, che godono del sostegno degli indigeni e contadini e pianificano già la convocazione di un'assemblea nazionale costituente democratica e popolare, possiedono un grande bagaglio politico. Patirono e resistettero al colpo di stato del 1972 e furono massacrati nel 1980, tra gli altri dal padre di Zelaya. Nel 2000 formarono il Blocco Popolare ed organizzarono la resistenza contadina contro il Trattato di Libero Commercio; tra essi hanno un grande peso Via Campesina, con un percorso internazionalista e radicale, il Movimento Indigeno e Contadino Mesoamericano (Moicam), il Coordinamento Latinoamericano delle Organizzazioni Agricole (Cloc). Inoltre, a causa del golpe e della siccità, i contadini non hanno potuto seminare ed a causa della crisi non possono emigrare negli Stati Uniti; cosicché per loro l'alternativa è la fame nera o la lotta.

L'appoggio internazionale, soprattutto latinoamericano, a questa battaglia eroica degli honduregni, non servirà pertanto solo a prevenire altri colpi di stato annunciati in altri paesi, ma anche ad abbreviare i tempi per il rafforzamento della resistenza e per aprire una spirale boliviana (mobilitazioni che espellono una dittatura, elezioni libere, costituente, nuove mobilitazioni ed elezioni per riorganizzare il paese).


Da: http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2637:honduras-iy-ora-que&catid=2:opinion


Tradotto da Adelina Bottero

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