30 novembre, 2009

Honduras Vince la popolazione, vince la resistenza

Nelle elezioni in Honduras in testa il candidato della destra nazionalista, in mezzo alla repressione e all’astensionismo

Secondo i primi dati preliminari forniti dal Tribunale supremo elettorale, Tse, il vincitore delle elezioni in Honduras sarebbe il candidato del Partido Nacional, Porfirio “Pepe” Lobo. Ma il risultato che davvero conta oggi è quello espresso dalla maggioranza della popolazione, che ha raccolto l’invito della Resistenza a non andare a votare per non avallare un risultato elettorale spurio, frutto del colpo di Stato del 28 giugno.

Nonostante le percentuali molto probabilmente falsate che diffonderà tra poche ore il Tse, durante l’intera giornata è stata più che evidente la poca affluenze alle urne, l’asfissiante presenza dell’esercito e della polizia in tutto il paese e i numerosi episodi di repressione e violazione ai diritti umani degli honduregni.

Inesistente anche l’osservazione internazionale, dopo che nei giorni scorsi le principali organizzazioni specializzate in questo tipo d’intervento hanno declinato l’invito fatto loro dal Tse, non riscontrando le condizioni minime per garantire un processo elettorale democratico.

Durante una conferenza stampa che si è svolta all’interno della sede del Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, il Fronte nazionale contro il colpo di Stato ha dichiarato che “abbiamo constatato il fallimento della farsa elettorale attraverso la bassa affluenza alle urne e questo nonostante le evidente minacce da parte dell’impresa privata nei confronti dei loro lavoratori che non fossero andati a votare”.

Il Cofadeh e il Fronte nazionale contro il colpo di Stato hanno inoltre denunciato che le forze repressive hanno continuato la campagna di terrore contro la popolazione in resistenza.
Secondo dati aggiornati al pomeriggio di domenica 29 novembre, sono numerosi i casi di detenzioni e perquisizioni illegali, costanti minaccie da parte dell’esercito e della polizia, violazione della legge elettorale che proibisce ai militari di avvicinarsi a meno di cento metri dai locali in cui si vota.

Durante l’osservazione svolta da numerosi giornalisti è risultata evidente la costante presenza di militari fortemente armati a pochi metri dalle urne.

Particolarmente preoccupante la situazione a Zacate Grande, nel sud del paese, dove le comunità sono state letteralmente presidiate e circondate dall’esercito ed a Santa Barbara, ovest dell’Honduras, dove circa 20 giovani hanno dovuto abbandonare il paese per timore di essere arrestati.

A San Pedro Sula la marcia della Resistenza è stata selvaggiamente repressa dall’esercito e dalla polizia e si contano a decine gli arresti ed i feriti, tra cui un giornalista dell’agenzia Reuters che è stata curato in ospedale per una profonda ferita alla testa.

“Stando così le cose e vedendo ciò che è successo oggi, possiamo annunciare che ci sono tutti gli elementi per dire che non è stato possibile svolgere questo atto pubblico, perché non le consideriamo elezioni, convocato in un clima di terrore dai golpisti per legalizzare il colpo di Stato e sè stessi. Sono tutti elementi – ha detto Bertha Oliva del Cofadeh – che ci servono per giustificare un’azione legale che inizieremo nei prossimi giorni per impugnare questo processo”.

Secondo Rafael Alegría, membro della direttiva del Fronte nazionale contro il colpo di Stato, “stanno per chiudere i centri di votazione e la partecipazione al voto è stata scarsissima. Il popolo ha risposto al nostro appello ed ha capito che non può esistere un processo elettorale democratico e trasparente in un paese che vive in uno stato permanente di repressione e di mancanza di istituzionalità.

La presenza militare è stata continua e nella capitale c’erano elicotteri della polizia sorvolando i centri di votazione. Questa non è altro che intimidazione contro la Resistenza, ma per il governo di fatto è stato un boomerang, perché hanno spaventato anche chi pensava di andare a votare”, ha concluso.

Nella guerra di sondaggi e risultati preliminari, secondo il Tse la partecipazione s’aggirerebbe intorno al 62 per cento (da confermare durante la nottata), dato inverosimile per chi ha osservato per tutta la giornata i centri di votazione. Come unico elemento esterno di verifica, il Tse ha portato un comunicato dell’organismo Hagamos Democracia, già conosciuto a livello internazionale per agire nei paesi latinoamericani che avversano la politica esterna degli Stati Uniti in America Latina, come punta di lancia per penetrare i processi elettorali con finanziamenti di agenzie governative nordamericane come la Ned, Iri e Usaid.

Nonostante ciò, Hagamos Democracia riconosce una partecipazione del 47 per cento.

Secondo gli exit-poll del Centro de Defensa de los Derechos Humanos de Honduras, Codeh, con un margine di errore del 4,5 per cento, i votanti non sarebbero superiori al 22 per cento. Per il presidente legittimo dell’Honduras, Manuel Zelaya, i votanti sarebbero circa il 35 per cento, con un astensionismo che raddoppia rispetto alle elezioni in cui vinse nel 2004.

Difficile pensare comunque che i votanti siano stati superiori al 30-35 per cento, rendendo così totalmente insignificante il ruolo di un presidente della Repubblica che conterà con il sostegno di una quantità insignificante di cittadini.

Indipendentemente da quali saranni i risultati finali, il vero vincitore di queste elezioni illegittime sarà il popolo honduregno. Quel popolo che ha castigato il mondo politico che ha avallato il colpo di Stato ed è rimasto in silenzio di fronte ai morti e feriti, alla repressione che per cinque mesi ha sconvolto il cammino democratico del paese.

Sarà ora compito della comunità internazionale prendere una decisione finale: al lato della gente che resiste e che dice ‘no’ alla dittatura o rendendosi complice di un processo involutivo che mette a rischio il futuro della regione centro e sud americana.

© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )

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