22 novembre, 2009

Rappresentante del Frente de Resistencia contra el golpe en Honduras: Betty Matamoros a Torino - 2a parte

Domande del pubblico

1) Come portavano avanti le loro richieste i movimenti popolari prima del golpe?

Noi abbiamo avviato da 30 anni un processo di costruzione dei movimenti popolari. Credo che gli accordi di pace che ci furono imposti, ci abbiano rafforzato moltissimo, non solo in Honduras, ma in tutta la regione. Abbiamo iniziato ad unire le nostre attività in tutto il Mesoamerica, dal Messico a Panama, su cui abbiamo influito parecchio: Panama oggi è il risultato di tutto questo lungo processo, proprio come noi.

2) Con quali mezzi sta resistendo oggi il popolo?

La resistenza continua in modo molto creativo. Non abbiamo soldi per viaggiare, non abbiamo soldi per finanziare alcunché, come invece è stato detto pubblicamente e mondialmente, che siamo finanziati da Chavez. Siamo riusciti a creare forme di lotta diverse.
Una di esse è stare permanentemente per le strade, un’altra è, quando possibile, spostarsi nei quartieri e nelle periferie, dove abbiamo dei collegamenti. Non sono in grado di controllare un intero popolo, non sono presenti in tutti i quartieri e tutti i sobborghi, vanno in quelli più grandi, ma lasciano i minori sguarniti. Allora lì confluisce una varietà di persone, poi ci si sposta da un luogo all’altro, si organizza la cosiddetta “bullaranga”, che consiste nel produrre rumori assordanti e baccano a più non posso, con ciò che si ha, contro poliziotti e soldati fino al loro sfinimento. Sanno che non possono avere il controllo sulla popolazione, si sono resi conto che più reprimono ed aumentano il livello di violenza, tanto più si accresce la forza e l’unità del popolo. Sanno che più colpiscono, più bastonano, più la gente solidarizza e alla manifestazione successiva ci sarà ancora più gente, facendo ancor più rumore.

3) Sono state possibili forme di dialogo non violento con qualche minoranza dell’esercito e della polizia?

In nessun modo, da parte di nessuno, appartenente all’esercito o alla polizia, è stata espressa volontà di sedizione: ufficialmente non abbiamo avuto un colpo di stato! Da tre mesi siamo in lotta costante e non vi è stato alcun indizio, da parte loro, di voler assumere una posizione diversa.
A volte abbiamo parlato coi comandanti che stavano dirigendo la repressione, affinché si ritirassero e lasciassero tornare a casa la gente: è l’unica cosa che, a volte, riusciamo ad ottenere. O quando perdono il controllo sugli agenti che mandano per reprimerci, sono poi gli ufficiali stessi che tentano di bloccarli. E’ stata l’unica forma di dialogo fin’ora instaurabile. Abbiamo cercato di parlare, dicendo loro che reprimevano il medesimo popolo che stava pagando loro lo stipendio, ma non hanno dato alcun segno di comunicazione. Si sentono forti, hanno una condotta violenta non soltanto contro i manifestanti, ma contro la popolazione in generale. Gli unici che si salvano sono i ricchi ed i loro sostenitori, quelli che (spesso pagati o ricattati) vanno alle manifestazioni delle “camicie bianche”.

4) Ingerenza USA nel golpe

Il golpe ha ricevuto molti aiuti dall’estero, e questi sono venuti dagli Stati Uniti. Sappiamo che l’oligarchia economica e l’estrema destra statunitensi lo hanno finanziato. Noi non abbiamo la possibilità di sostenere un esercito i cui battaglioni si mantengono in assetto esecutivo per le strade generando violenza, come stanno facendo da ben tre mesi a questa parte. In passato abbiamo avuto difficoltà anche solo a mantenerlo all’interno delle caserme. Non avremmo proprio modo di farvi fronte finanziariamente.
A parte questo, sappiamo che già da tempo stavano foraggiando il golpe, allorquando abbiamo ricevuto una visita inaspettata da parte di chi, già negli anni ’80, ci aveva provocato gravi danni. Sono tornati, nessuno sapeva perché, ma ora sì, lo sappiamo: a vedere in quale modo perpetrare il golpe e consolidarlo, e ci sono riusciti.
A loro non conviene perdere l’Honduras, perché geograficamente rappresenta la loro garanzia su tutto il Centro America, in parallelo col Venezuela, al cui largo hanno schierato la Quarta Flotta.

5) Come si stanno comportando le varie imprese italiane, anche a partecipazione pubblica, presenti con grossi interessi in Honduras?

In Honduras le imprese hanno un organismo di controllo cui sottostanno ed una loro organizzazione ben strutturata. E’ venuto pubblicamente alla luce che sono stati richiesti dai 1000 ai 3000 dollari, in accordo alle possibilità economiche della singola impresa, per sostenere il governo golpista o, come lo chiamano loro, governo di transizione. E sono ancora tutte lì, in quanto nessuna ha rifiutato: “Io non ci sto”. L’unico caso di cui sappiamo è quello della nordamericana Chiquita, che ha dichiarato pubblicamente di non aver partecipato. Ma c’è un comitato internazionalista negli Stati Uniti, che ha lanciato un boicottaggio contro la Chiquita, esibendo in risposta il documento attestante che anch’essa ha pagato la sua quota in sostegno al golpe. Ovvero: sono tutte complici, e tutte sono state richiamate al silenzio.

6) Che fare noi da qui

Io sto sostenendo, a nome del Fronte e del popolo honduregno, che vogliamo continuare a vivere.
In questo momento, in qualche modo voi rappresentate la nostra garanzia di sopravvivenza. Sappiamo che se siete i nostri occhi e le nostre orecchie, se il mondo intero pone attenzione a ciò che sta avvenendo in Honduras, questo ci permetterà di continuare ad operare apertamente contro il colpo di stato. Questa è la nostra posizione, sostenuta in tutti gli incontri avuti in Europa coi differenti gruppi: chiediamo di non dimenticarvi dell’Honduras, di continuare a parlare del golpe, a denunciare in tutte le occasioni ciò che ci sta capitando. Credo che non siate un’eccezione, a subire un assedio mediatico tale, da non ricevere un’informazione adeguata. Sappiamo che non sono i popoli a non cercare l’informazione corretta, spesso sono i governi a privarcene. L’impegno adesso è: permetterci di proseguire una lotta che fin’ora è stata del tutto pacifica; vorremmo poter mantenere questa posizione.
Soltanto mantenendo alto il livello di denuncia, rompendo il silenzio fortissimo che c’è nei confronti del nostro paese, voi da qui potete essere la garanzia che in Honduras la situazione migliori.

C’è anche un’iniziativa della Federazione delle Università dell’America Latina: sta promuovendo la partecipazione ad un incontro internazionale, in cui tutte le università possano contribuire apportando il proprio punto di vista e conoscendo di persona, stando sul posto, la situazione in cui vivono gli honduregni. Sarà in novembre e se voi poteste partecipare, credo garantireste agli studenti universitari la sicurezza di non continuare a subire violenze, come accaduto fino ad oggi.

E per finire vorrei lasciarvi un messaggio. I giovani dell’Honduras sono giovani che, come voi, hanno sogni ed aspirazioni ma, diversamente da voi, non li possono realizzare. Le limitazioni cui li sottopone l’oligarchia fanno sì che non abbiano opportunità, debbano emigrare per lavorare.
E’ importante riflettere un po’ sulla situazione che viviamo in America Latina; i processi di costruzione che si stanno portando avanti per poter vivere in una situazione diversa, sono i nostri processi, non quelli dei governanti.

Traduzione a cura di Adelina Bottero

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