10 ottobre, 2011
L'Honduras e la scoperta del tesoro
http://www.carmillaonline.com/archives/2011/09/004036.html#004036
di Fabrizio Lorusso
L'Honduras ha approvato (anche nella Costituzione) il progetto della Charter City, una città da edificare ex novo e commissionare agli investitori e paesi stranieri con leggi proprie (eventualmente fuori dal regime democratico) per attirare investimenti e "sviluppo". Si basa sulle teorie del candidato al Nobel Paul Romer di Stanford e sul modello cinese di Hong Kong e Shenzhen. Sono anni che Romer va in giro per il mondo a proporre a paesi in via di sviluppo soluzioni miracolose fondate sulla teoria economica mainstream. Sarebbe l'outsourcing di un'intera città. Una via di mezzo tra la zona franca nella sua variante latino americana e i paradisi fiscali con tutte le violazioni dal basso (diritti del lavoro) e dall'alto (capitali all'estero e finanza) che ne conseguono: c’è il modello della città di Colón a Panama, caratterizzata dall’esasperata flessibilità di regole, diritti lavorativi e obblighi fiscali, e i noti paradisi offshore di cui tanto sentiamo tanto parlare quando ad ogni manovra finanziaria si propone un nuovo condono del fisco per gli evasori che hanno esportato capitali illegalmente. L’Honduras cerca in realtà un colpo mediatico, un escamotage col retrogusto di una promessa (quasi) realizzabile, il miraggio del tesoro. Il governo è delegittimato dopo il colpo di stato del 2008 e spera di "far arrivare il sogno americano" in patria anziché dover espellere lavoratori migranti verso il ricco Nord. Inoltre è prevista l'espropriazione del territorio abitato dal popolo dei Garifuna sulla costa caraibica. Ma vediamo i dettagli.
Lo scorso 28 luglio l’Honduras è diventato il primo paese al mondo a modificare la Costituzione per permettere la fondazione sul territorio nazionale di una Charter City, cioè una “città modello” a statuto speciale affidata in gestione a una potenza straniera. Con 107 voti a favore e solo 7 contrari il Parlamento ha dato il via a un progetto che punta a costituire un sistema ibrido, un mix tra il regime della zona franca e il paradiso fiscale concentrato su una superficie di 1000 chilometri quadrati con la capacità d’accogliere almeno un milione di persone.
L’ideatore di questa versione moderna delle città-stato è l’economista di Stanford candidato al Nobel, Paul Romer. Da vent’anni il professor Romer gira il mondo illustrando il suo progetto che promette crescita e benessere a quei paesi in via di sviluppo che, in cerca di soluzioni rapide alle crisi interne e globali, sono disposti a concedere in outsourcing un’intera città. Romer sembra aver scoperto la formula magica per risolvere i problemi di corruzione e sottosviluppo che affliggono la gran parte dei paesi dell’Africa e dell’America Latina. Nel 2008 il Madagascar aveva accettato il progetto ma un colpo di Stato ne impedì la continuazione. Hong Kong, Shangai e Singapore sono i casi principali citati dal guru statunitense a supporto della sua tesi per cui grazie all’imposizione di regole chiare dall’esterno e alla volontà del paese anfitrione e dei finanziatori sarebbe possibile trasformare un dato territorio in un modello di sviluppo da riprodurre in serie.
In alcune conferenze Romer ha suggerito al Presidente cubano Raul Castro di prendere accordi con gli Stati Uniti per trasformare la base di Guantanamo in una città modello sotto il controllo canadese. Ha anche azzardato un piano per Haiti che prevede la sostituzione dei caschi blu dell’Onu sull’isola con una missione che dia vita a una città amministrata dal Brasile. Romer sembra aver scoperto la formula magica per risolvere i problemi di corruzione e sottosviluppo che affliggono la gran parte dei paesi dell’Africa e dell’America Latina. Si sta giocando il Nobel per l’economia, uno dei più astrusi tra i premi conferiti dall’Accademia di Svezia, con questo progetto? Non lo so, ma quanti paesi in via di sviluppo sono disposti ad affidarsi alle sue teorie? Ogni tanto qualcuno ci casca.
Gli elementi comuni alle Charter City sono almeno tre: la scelta di un territorio disabitato, uno statuto (“charter”) garantito da uno Stato straniero neutrale e la libertà d’ingresso e residenza. Il regolamento approvato dai legislatori honduregni stabilisce il bilinguismo, quindi si parleranno l’inglese o un’altra lingua oltre allo spagnolo. Inoltre non vi saranno restrizioni alla circolazione delle valute straniere insieme alla lempira, la moneta nazionale. Il pericolo è che le regole d’oro che dovrebbero impulsare la crescita economica all’interno della “città perfetta” conducano alla precarizzazione del lavoro, al congelamento dei sindacati, a vantaggi fiscali indiscriminati e alla sospensione di alcune garanzie democratiche in favore dell’efficienza amministrativa. La proposta di creare da zero una capitale economica e finanziaria in mezzo al deserto ricorda più le sfide di vecchi videogiochi come Sim City e Civilization che una politica efficace e realista per stimolare lo sviluppo. Senza riforme fiscali, redistribuzione, sanità universale, educazione gratuita e di qualità non c’è sviluppo, al massimo solo crescita per qualche anno e poi? Inventiamo la città perfetta e la facciamo costruire alla Norvegia? L’esperimento risulterebbe in un’utopia d’ingegneria socioeconomica discutibile dal taglio positivista e determinista ma, si sa, la mancanza di visione e la fretta non sono buone consigliere. L'idea delle città modello ricorda da vicino la definizione e i tratti che venivano attribuiti dai sociologi della teoria della dipendenza latino-americana - per esempio, l'ex presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso ed Enzo Faletto - all'economia dell'enclave che è una "isoletta di capitalismo monopolista inserita in contesti precapitalisti con cui non hanno altra relazione se non quella di estrarne l'eccedente economico". Inoltre le caratteristiche dell'enclave si riassumono in una creazione o acquisizione di un settore che diventa un prolungamento diretto dell'economia centrale riguardo alle decisioni di investimento, alla gestione degli utili e al legame con il mercato mondiale che è più vicino e integrato rispetto a quello nazionale.
Ad ogni modo l’Honduras deve trovare i finanziamenti di governi, imprenditori e manager dei paesi industrializzati che, attratti dai presunti vantaggi legali ed economici da poco approvati per le Charter City, dovrebbero edificare la metropoli del futuro in soli 4 anni secondo le stime governative. La città modello avrà una legislazione speciale, un proprio sistema amministrativo, un governatore, una polizia e una magistratura autonomi e, quindi, sfuggirà in buona parte al controllo politico di Tegucigalpa. Le zone segnalate per la costruzione sarebbero due: la Baia di Trujillo, una regione caraibica devastata dall’uragano Mitch nel 1998, e la costa settentrionale atlantica della Mosquitia che è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Da secoli entrambe sono abitate dal popolo d’origine africana dei garifuna e loro sono tra i più acerrimi nemici del megaprogetto che minaccia usi, costumi, ecosistemi e territori locali.
“Il problema non sono le regole, ma la politica e la gente corrotta”, sostiene Carlos Sabillón, politologo e opinionista televisivo honduregno. Sabillón è molto scettico sulla riuscita dell’operazione. “Siamo di fronte alla creazione di uno Stato dentro lo Stato. Chi lo finanzia? Ricordiamo che i narcos hanno capitali in eccesso pronti da investire…”, ha aggiunto.
Cayo Cochino, un isoletta del dipartimento honduregno di Roatan era già stata affittata per la versione italiana del programma L’Isola dei Famosi. Ora la stessa regione potrebbe ospitare il progetto, totalmente compatibile con l’ideologia e lo spirito di quelle produzioni televisive (!), della Charter City, si pensa infatti alla sua costruzione nella zona costiera tra Trujillo e la Ceiba che fu devastata dall’uragano Mitch nel 1998. Così la città perfetta dovrà essere approntata anche per resistere alla terribile stagione degli uragani, chissà se ci hanno pensato.
Il Presidente dell’Honduras, Porfirio Lobo, s’è rivolto ai cittadini invitandoli “a sognare, a pensare ad un luogo ideale dove possiamo vedere come arrivano senza limiti gli investimenti”. Malgrado i buoni auspici il paese è in balia della stagnazione economica e della violenza che si manifesta con le sistematiche violazioni dei diritti umani e con un tasso di omicidi tra i più alti al mondo, 70 ogni 100.000 abitanti nel 2010. L’ascesa politica di Lobo cominciò poche settimane dopo il golpe del giugno 2008 che costrinse all’esilio l’allora Presidente Manuel Zelaya. La classe dirigente honduregna è rimasta a lungo isolata dalla comunità internazionale, il paese è stato riammesso da poco nella OSA (Organizzazione Stati Americani), e, mentre sogna di avere la sua Hong Kong caraibica, resta alla disperata ricerca della legittimità perduta.
La favola economica del mercato perfetto e della corrente neoistituzionalista, secondo cui bastano regole e istituzioni funzionanti, magari gestite dall’esterno, per generare lo sviluppo, fare il salto verso il “primo mondo” e automaticamente distribuire ricchezza a tutto il sistema non ha dato ancora i suoi frutti a queste latitudini e, in generale, nel mondo reale.
Già negli anni cinquanta, quando anche i Chicago Boys di Milton Friedman cominciavano ad aggiornare e diffondere teoria economica neoclassica, il monetarismo e il neoliberismo, l’economista e politico statunitense W. W. Rostow sosteneva la teoria del “goteo”, che in spagnolo significa gocciolamento, alludendo alla ricchezza e al benessere che sarebbero filtrati a tutta la società se si lasciava liberamente operare il mercato.
Ecco che ancora oggi l’Honduras post-golpista prova a sperare in soluzioni facili e locali, quali le Charter City, che diffondano il paradiso in tutto il paese e, s’è detto, anche in tutto il continente. Intanto ci si chiede giustamente per quanti anni ancora continueranno la militarizzazione, le violazioni ai diritti umani e la violenza strutturale che provoca quasi ventimila morti all’anno, 80 omicidi ogni 100.000 abitanti, un tasso che è oltre quattro volte quello messicano. Se gli unici che avranno accesso al paradiso della città perfetta saranno gli honduregni più istruiti e qualificati, allora non vedo molte speranze per gli 8 milioni di connazionali che saranno esclusi e continueranno a emigrare. Quali meccanismi sono stati previsti per l’estensione dei benefici e lo sviluppo? Per ora non se ne vedono.
Chiudo con alcuni link.
Intervista a Paul Romer: qui
Osservatori su Honduras, Nicaragua e il Centro America
http://www.itanica.org/
http://www.peacelink.it/latina/a/
Una versione ridotta di questo articolo è uscita sul quotidiano L'Unità del 9 settembre 2011.
L'Honduras ha approvato (anche nella Costituzione) il progetto della Charter City, una città da edificare ex novo e commissionare agli investitori e paesi stranieri con leggi proprie (eventualmente fuori dal regime democratico) per attirare investimenti e "sviluppo". Si basa sulle teorie del candidato al Nobel Paul Romer di Stanford e sul modello cinese di Hong Kong e Shenzhen. Sono anni che Romer va in giro per il mondo a proporre a paesi in via di sviluppo soluzioni miracolose fondate sulla teoria economica mainstream. Sarebbe l'outsourcing di un'intera città. Una via di mezzo tra la zona franca nella sua variante latino americana e i paradisi fiscali con tutte le violazioni dal basso (diritti del lavoro) e dall'alto (capitali all'estero e finanza) che ne conseguono: c’è il modello della città di Colón a Panama, caratterizzata dall’esasperata flessibilità di regole, diritti lavorativi e obblighi fiscali, e i noti paradisi offshore di cui tanto sentiamo tanto parlare quando ad ogni manovra finanziaria si propone un nuovo condono del fisco per gli evasori che hanno esportato capitali illegalmente. L’Honduras cerca in realtà un colpo mediatico, un escamotage col retrogusto di una promessa (quasi) realizzabile, il miraggio del tesoro. Il governo è delegittimato dopo il colpo di stato del 2008 e spera di "far arrivare il sogno americano" in patria anziché dover espellere lavoratori migranti verso il ricco Nord. Inoltre è prevista l'espropriazione del territorio abitato dal popolo dei Garifuna sulla costa caraibica. Ma vediamo i dettagli.
Lo scorso 28 luglio l’Honduras è diventato il primo paese al mondo a modificare la Costituzione per permettere la fondazione sul territorio nazionale di una Charter City, cioè una “città modello” a statuto speciale affidata in gestione a una potenza straniera. Con 107 voti a favore e solo 7 contrari il Parlamento ha dato il via a un progetto che punta a costituire un sistema ibrido, un mix tra il regime della zona franca e il paradiso fiscale concentrato su una superficie di 1000 chilometri quadrati con la capacità d’accogliere almeno un milione di persone.
L’ideatore di questa versione moderna delle città-stato è l’economista di Stanford candidato al Nobel, Paul Romer. Da vent’anni il professor Romer gira il mondo illustrando il suo progetto che promette crescita e benessere a quei paesi in via di sviluppo che, in cerca di soluzioni rapide alle crisi interne e globali, sono disposti a concedere in outsourcing un’intera città. Romer sembra aver scoperto la formula magica per risolvere i problemi di corruzione e sottosviluppo che affliggono la gran parte dei paesi dell’Africa e dell’America Latina. Nel 2008 il Madagascar aveva accettato il progetto ma un colpo di Stato ne impedì la continuazione. Hong Kong, Shangai e Singapore sono i casi principali citati dal guru statunitense a supporto della sua tesi per cui grazie all’imposizione di regole chiare dall’esterno e alla volontà del paese anfitrione e dei finanziatori sarebbe possibile trasformare un dato territorio in un modello di sviluppo da riprodurre in serie.
In alcune conferenze Romer ha suggerito al Presidente cubano Raul Castro di prendere accordi con gli Stati Uniti per trasformare la base di Guantanamo in una città modello sotto il controllo canadese. Ha anche azzardato un piano per Haiti che prevede la sostituzione dei caschi blu dell’Onu sull’isola con una missione che dia vita a una città amministrata dal Brasile. Romer sembra aver scoperto la formula magica per risolvere i problemi di corruzione e sottosviluppo che affliggono la gran parte dei paesi dell’Africa e dell’America Latina. Si sta giocando il Nobel per l’economia, uno dei più astrusi tra i premi conferiti dall’Accademia di Svezia, con questo progetto? Non lo so, ma quanti paesi in via di sviluppo sono disposti ad affidarsi alle sue teorie? Ogni tanto qualcuno ci casca.
Gli elementi comuni alle Charter City sono almeno tre: la scelta di un territorio disabitato, uno statuto (“charter”) garantito da uno Stato straniero neutrale e la libertà d’ingresso e residenza. Il regolamento approvato dai legislatori honduregni stabilisce il bilinguismo, quindi si parleranno l’inglese o un’altra lingua oltre allo spagnolo. Inoltre non vi saranno restrizioni alla circolazione delle valute straniere insieme alla lempira, la moneta nazionale. Il pericolo è che le regole d’oro che dovrebbero impulsare la crescita economica all’interno della “città perfetta” conducano alla precarizzazione del lavoro, al congelamento dei sindacati, a vantaggi fiscali indiscriminati e alla sospensione di alcune garanzie democratiche in favore dell’efficienza amministrativa. La proposta di creare da zero una capitale economica e finanziaria in mezzo al deserto ricorda più le sfide di vecchi videogiochi come Sim City e Civilization che una politica efficace e realista per stimolare lo sviluppo. Senza riforme fiscali, redistribuzione, sanità universale, educazione gratuita e di qualità non c’è sviluppo, al massimo solo crescita per qualche anno e poi? Inventiamo la città perfetta e la facciamo costruire alla Norvegia? L’esperimento risulterebbe in un’utopia d’ingegneria socioeconomica discutibile dal taglio positivista e determinista ma, si sa, la mancanza di visione e la fretta non sono buone consigliere. L'idea delle città modello ricorda da vicino la definizione e i tratti che venivano attribuiti dai sociologi della teoria della dipendenza latino-americana - per esempio, l'ex presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso ed Enzo Faletto - all'economia dell'enclave che è una "isoletta di capitalismo monopolista inserita in contesti precapitalisti con cui non hanno altra relazione se non quella di estrarne l'eccedente economico". Inoltre le caratteristiche dell'enclave si riassumono in una creazione o acquisizione di un settore che diventa un prolungamento diretto dell'economia centrale riguardo alle decisioni di investimento, alla gestione degli utili e al legame con il mercato mondiale che è più vicino e integrato rispetto a quello nazionale.
Ad ogni modo l’Honduras deve trovare i finanziamenti di governi, imprenditori e manager dei paesi industrializzati che, attratti dai presunti vantaggi legali ed economici da poco approvati per le Charter City, dovrebbero edificare la metropoli del futuro in soli 4 anni secondo le stime governative. La città modello avrà una legislazione speciale, un proprio sistema amministrativo, un governatore, una polizia e una magistratura autonomi e, quindi, sfuggirà in buona parte al controllo politico di Tegucigalpa. Le zone segnalate per la costruzione sarebbero due: la Baia di Trujillo, una regione caraibica devastata dall’uragano Mitch nel 1998, e la costa settentrionale atlantica della Mosquitia che è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Da secoli entrambe sono abitate dal popolo d’origine africana dei garifuna e loro sono tra i più acerrimi nemici del megaprogetto che minaccia usi, costumi, ecosistemi e territori locali.
“Il problema non sono le regole, ma la politica e la gente corrotta”, sostiene Carlos Sabillón, politologo e opinionista televisivo honduregno. Sabillón è molto scettico sulla riuscita dell’operazione. “Siamo di fronte alla creazione di uno Stato dentro lo Stato. Chi lo finanzia? Ricordiamo che i narcos hanno capitali in eccesso pronti da investire…”, ha aggiunto.
Cayo Cochino, un isoletta del dipartimento honduregno di Roatan era già stata affittata per la versione italiana del programma L’Isola dei Famosi. Ora la stessa regione potrebbe ospitare il progetto, totalmente compatibile con l’ideologia e lo spirito di quelle produzioni televisive (!), della Charter City, si pensa infatti alla sua costruzione nella zona costiera tra Trujillo e la Ceiba che fu devastata dall’uragano Mitch nel 1998. Così la città perfetta dovrà essere approntata anche per resistere alla terribile stagione degli uragani, chissà se ci hanno pensato.
Il Presidente dell’Honduras, Porfirio Lobo, s’è rivolto ai cittadini invitandoli “a sognare, a pensare ad un luogo ideale dove possiamo vedere come arrivano senza limiti gli investimenti”. Malgrado i buoni auspici il paese è in balia della stagnazione economica e della violenza che si manifesta con le sistematiche violazioni dei diritti umani e con un tasso di omicidi tra i più alti al mondo, 70 ogni 100.000 abitanti nel 2010. L’ascesa politica di Lobo cominciò poche settimane dopo il golpe del giugno 2008 che costrinse all’esilio l’allora Presidente Manuel Zelaya. La classe dirigente honduregna è rimasta a lungo isolata dalla comunità internazionale, il paese è stato riammesso da poco nella OSA (Organizzazione Stati Americani), e, mentre sogna di avere la sua Hong Kong caraibica, resta alla disperata ricerca della legittimità perduta.
La favola economica del mercato perfetto e della corrente neoistituzionalista, secondo cui bastano regole e istituzioni funzionanti, magari gestite dall’esterno, per generare lo sviluppo, fare il salto verso il “primo mondo” e automaticamente distribuire ricchezza a tutto il sistema non ha dato ancora i suoi frutti a queste latitudini e, in generale, nel mondo reale.
Già negli anni cinquanta, quando anche i Chicago Boys di Milton Friedman cominciavano ad aggiornare e diffondere teoria economica neoclassica, il monetarismo e il neoliberismo, l’economista e politico statunitense W. W. Rostow sosteneva la teoria del “goteo”, che in spagnolo significa gocciolamento, alludendo alla ricchezza e al benessere che sarebbero filtrati a tutta la società se si lasciava liberamente operare il mercato.
Ecco che ancora oggi l’Honduras post-golpista prova a sperare in soluzioni facili e locali, quali le Charter City, che diffondano il paradiso in tutto il paese e, s’è detto, anche in tutto il continente. Intanto ci si chiede giustamente per quanti anni ancora continueranno la militarizzazione, le violazioni ai diritti umani e la violenza strutturale che provoca quasi ventimila morti all’anno, 80 omicidi ogni 100.000 abitanti, un tasso che è oltre quattro volte quello messicano. Se gli unici che avranno accesso al paradiso della città perfetta saranno gli honduregni più istruiti e qualificati, allora non vedo molte speranze per gli 8 milioni di connazionali che saranno esclusi e continueranno a emigrare. Quali meccanismi sono stati previsti per l’estensione dei benefici e lo sviluppo? Per ora non se ne vedono.
Chiudo con alcuni link.
Intervista a Paul Romer: qui
Osservatori su Honduras, Nicaragua e il Centro America
http://www.itanica.org/
http://www.peacelink.it/latina/a/
Una versione ridotta di questo articolo è uscita sul quotidiano L'Unità del 9 settembre 2011.
Honduras Il pericolo di essere giornalista
Libertà d'espressione, omicidi, impunità e colpo di Stato
© (Foto G. Trucchi/Rel-UITA)
L'Honduras si è trasformato in uno dei paesi più pericolosi per l'esercizio del giornalismo. L'omicidio di 16 giornalisti dal colpo di Stato del giugno 2009 a oggi e l'impunità che regna nel paese, sono stati temi di analisi e dibattito durante il Convegno "Impunità, libertà di espressione e giustizia", che si è svolto dal 5 al 7 ottobre nella capitale honduregna.
- Video sul tributo reso ai giornalisti assassinati
- Video sul tributo reso ai giornalisti assassinati
- Intervista con Frank La Rue (spagnolo)
Durante la sua presentazione, Frank La Rue, relatore speciale delle Nazioni Unite per la tutela della libertà di espressione, ha segnalato la forte preoccupazione di questa commissione per l'eccessivo silenzio vincolato alla violazione dei diritti umani nel Paese. "Sembra esserci una connivenza basata sul silenzio o un silenzio forzato dall'intimidazione. E se a questo silenzio aggreghiamo 16 giornalisti e più di 40 leader sociali assassinati, la situazione diventa molto critica", ha affermato davanti a un pubblico molto attento.
Un ulteriore elemento che sta creando molta preoccupazione a livello internazionale è l'impunità. "L'impunità è di per sé una violazione dei diritti umani e un invito a commettere altri crimini. Benché non possiamo segnalare i responsabili di questi crimini, possiamo sì dire che lo Stato deve investigare e punire i responsabili", ha detto La Rue.
Si è anche riferito alle recenti dichiarazioni di Porfirio Lobo, il quale ha accusato certi settori della società honduregna di usare il tema dei diritti umani per screditare il Paese. "Il vero atteggiamento di un governo democratico è di riconoscere le proprie responsabilità. È assurdo dire che si tratta di una campagna di discredito internazionale", ha affermato.
Concludendo il suo intervento, il relatore delle Nazioni Unite ha ribadito l'urgenza di riconoscere che quanto accaduto in Honduras nel 2009 è stato un colpo di Stato. "Il riconoscimento dell'Honduras a livello internazionale è positivo, ma solo se avviene partendo dal riconoscimento del colpo di Stato, perché la storia non può essere ignorata.
La storia - ha continuato La Rue - segna i popoli e lascia ferite che, se non guariscono, provocano un dolore profondo e chiudono la porta alla possibilità di forzare e forgiare una riconciliazione nel Paese. La verità deve essere riconosciuta", ha concluso.
Attori di fatto
Félix Molina, giornalista honduregno e direttore del programma della Resistenza che si trasmette su Radio Globo, assicura che "il colpo di Stato ha rotto l'istituzionalità e ha permesso di avanzare ad altri attori nazionali, che stavano incidendo sullo Stato prima del golpe. Stiamo parlando dei gruppi economici che sono dei veri e propri poteri di fatto nel Paese, il crimine organizzato nelle sue più diverse manifestazioni, le multinazionali che accaparrano territori, l'industria estrattivista e delle monoculture, tra gli altri".
Secondo Molina, l'irruzione di questi attori in un contesto di forte debolezza dello Stato e di militarizzazione della società si è tradotta in un "evidente peggioramento dell'esercizio della libertà di espressione, sia per quanto riguarda i mezzi d'informazione e i giornalisti indipendenti vincolati a processi di cambiamento sociale e politico, che per la cittadinanza e il diritto che ha di essere informata".
Oltre ai 16 giornalisti assassinati, Molina ha segnalato un'interminabile serie di attentati e minacce contro i mezzi d'informazione e gli stessi giornalisti. In tutti questi casi esiste una totale impunità. "Lo Stato resta indifferente di fronte a questi episodi. Dimostra disinteresse e non indaga. Non esiste nemmeno una posizione ufficiale a favore del rispetto della libertà di espressione. Tutto ciò contribuisce all'aumento dell'impunità", ha affermato.
Ha sottolineato infine il ruolo che certi mezzi di informazione hanno svolto per "cospirare politicamente a favore della rottura istituzionale, distorcendo o ignorando la realtà. Tutto ciò permette mantenere nel silenzio le violazioni ai diritti umani e contribuisce a peggiorare la situazione", ha concluso.
Durante la sua presentazione, Frank La Rue, relatore speciale delle Nazioni Unite per la tutela della libertà di espressione, ha segnalato la forte preoccupazione di questa commissione per l'eccessivo silenzio vincolato alla violazione dei diritti umani nel Paese. "Sembra esserci una connivenza basata sul silenzio o un silenzio forzato dall'intimidazione. E se a questo silenzio aggreghiamo 16 giornalisti e più di 40 leader sociali assassinati, la situazione diventa molto critica", ha affermato davanti a un pubblico molto attento.
Un ulteriore elemento che sta creando molta preoccupazione a livello internazionale è l'impunità. "L'impunità è di per sé una violazione dei diritti umani e un invito a commettere altri crimini. Benché non possiamo segnalare i responsabili di questi crimini, possiamo sì dire che lo Stato deve investigare e punire i responsabili", ha detto La Rue.
Si è anche riferito alle recenti dichiarazioni di Porfirio Lobo, il quale ha accusato certi settori della società honduregna di usare il tema dei diritti umani per screditare il Paese. "Il vero atteggiamento di un governo democratico è di riconoscere le proprie responsabilità. È assurdo dire che si tratta di una campagna di discredito internazionale", ha affermato.
Concludendo il suo intervento, il relatore delle Nazioni Unite ha ribadito l'urgenza di riconoscere che quanto accaduto in Honduras nel 2009 è stato un colpo di Stato. "Il riconoscimento dell'Honduras a livello internazionale è positivo, ma solo se avviene partendo dal riconoscimento del colpo di Stato, perché la storia non può essere ignorata.
La storia - ha continuato La Rue - segna i popoli e lascia ferite che, se non guariscono, provocano un dolore profondo e chiudono la porta alla possibilità di forzare e forgiare una riconciliazione nel Paese. La verità deve essere riconosciuta", ha concluso.
Attori di fatto
Félix Molina, giornalista honduregno e direttore del programma della Resistenza che si trasmette su Radio Globo, assicura che "il colpo di Stato ha rotto l'istituzionalità e ha permesso di avanzare ad altri attori nazionali, che stavano incidendo sullo Stato prima del golpe. Stiamo parlando dei gruppi economici che sono dei veri e propri poteri di fatto nel Paese, il crimine organizzato nelle sue più diverse manifestazioni, le multinazionali che accaparrano territori, l'industria estrattivista e delle monoculture, tra gli altri".
Secondo Molina, l'irruzione di questi attori in un contesto di forte debolezza dello Stato e di militarizzazione della società si è tradotta in un "evidente peggioramento dell'esercizio della libertà di espressione, sia per quanto riguarda i mezzi d'informazione e i giornalisti indipendenti vincolati a processi di cambiamento sociale e politico, che per la cittadinanza e il diritto che ha di essere informata".
Oltre ai 16 giornalisti assassinati, Molina ha segnalato un'interminabile serie di attentati e minacce contro i mezzi d'informazione e gli stessi giornalisti. In tutti questi casi esiste una totale impunità. "Lo Stato resta indifferente di fronte a questi episodi. Dimostra disinteresse e non indaga. Non esiste nemmeno una posizione ufficiale a favore del rispetto della libertà di espressione. Tutto ciò contribuisce all'aumento dell'impunità", ha affermato.
Ha sottolineato infine il ruolo che certi mezzi di informazione hanno svolto per "cospirare politicamente a favore della rottura istituzionale, distorcendo o ignorando la realtà. Tutto ciò permette mantenere nel silenzio le violazioni ai diritti umani e contribuisce a peggiorare la situazione", ha concluso.
© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
03 ottobre, 2011
Incontro contro la Militarizzazione, Occupazione e Repressione in Honduras Solidarietà militante col Bajo Aguan!
Incontro contro la Militarizzazione , Occupazione e Repressione in Honduras
Solidarietà militante col Bajo Aguan!
Tocoa, Colón
Data: 30 settembre, 1, 2 e 3 ottobre 2011
Tutte e tutti nell’Aguan!
Fratelli e sorelle, tutti sanno che nel nostro paese continua la politica di sterminio, militarizzazione, repressione e criminalizzazione della militanza della Resistenza e di tutto il movimento sociale, che punta a profondi cambiamenti in Honduras.
Dinanzi a questa lotta incessante, cosciente e legittima, è stata elaborata una strategia di militarizzazione basata sulla più assoluta impunità, con la partecipazione di tutti gli apparati armati, militari o paramilitari, polizia, guardie private, sicari o mercenari.
Nella cruda realtà del nostro paese, un gruppo d’organizzazioni ha deciso di continuare a far crescere un processo di lotta, denuncia, collegamento e coordinazione contro questo flagello, che pretende di far diventare l’Honduras terreno fertile per il capitalismo, il patriarcato ed il razzismo.
Attraverso l’occasione offerta da questo Incontro Contro
BASTA IMPUNITÀ E VIOLAZIONI DI DIRITTI UMANI!
L’AGUAN NON È UNA CASERMA, FUORI L’ESERCITO DALL’AGUAN!
PER LA VITA , LA DIGNITÀ E LA GIUSTIZIA , NON PIU’ REPRESSIONE!
Ti invitano: MUCA, FNRP-Colón, COPINH, AenR, Insurrección Autónoma, CODEMUH, CBMH, SOB, PST, ERIC, MADJ, OFRANEH, MND, Espacio Refundacional, COFADEH
www.antimilitarizacion.blogspot.com
http://encuentro.desmilitarizacion.info/
(Omissis: dettagli logistici)
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Per iniziare l’Incontro contro la militarizzazione nell'Aguán
in mezzo alla repressione
Ieri sera, mentre le delegazioni giungevano a Tocoa, si rendeva palpabile l'insicurezza in cui vivono gli abitanti di questa regione, con la notizia dell'assassinio della compagna Emelda Fiallos, moglie di Germán Castro, Presidente della Cooperativa Prieta Srl di COAPALMA e membro del Fronte Municipale di Resistenza di Tocoa, Colón; nello stesso attentato è stato ferito gravemente il marito della compagna Emelda. E’ da segnalare che, nei giorni precedenti, dei sicari avevano assassinato un fratello della suddetta presidente, a sua volta dirigente della stessa cooperativa; pertanto denunciamo questi fatti a dimostrazione dell'insicurezza in cui vivono i nostri compagni e compagne nell’Aguan, specialmente i soci delle cooperative contadine, sotto gli occhi e con la condiscendenza delle autorità di polizia e dell’esercito che, viceversa, garantiscono sicurezza alle proprietà dei latifondisti della palma.
Al momento sono arrivati all’Incontro delegazioni di ANACH, COPINH, CNTC, FCDIH, MC-Rigores, MUCA, OFRANEH, COPA, URP, Patronato Iriona, COFADEH, Artistas en Resistencia, Espacio Refundacional e l'anfitrione, il Fronte Municipale di Resistenza di Tocoa, così come delegazioni europee, nordamericane e centroamericane, alcune delle quali in rappresentanza d’organismi difensori dei diritti umani.
Secondo il programma, questa mattina si darà inizio all'evento con una Cerimonia d’Apertura garífuna-lenca, in memoria dei martiri, donne e uomini, caduti nella lotta. Dopo gli atti formali iniziali, si affronterà il tema del contesto internazionale e nazionale del progetto di dominazione e militarizzazione, e un'analisi della realtà nazionale. Al pomeriggio ci sarà un resoconto e valutazione della situazione di violazione di diritti umani in Honduras e la militarizzazione da parte del COFADEH. Quindi si continuerà con letture di testimonianze delle organizzazioni popolari del Bajo Aguan, in particolare delle organizzazioni contadine sottoposte ad una criminale repressione.
La giornata di oggi si concluderà con atti culturali e proiezioni di video concernenti tali problemi.
Invitiamo le organizzazioni che non sono ancora presenti a mobilitarsi verso l’Aguan, per unirsi a questa giornata di lotta solidale, giacché domani pomeriggio avrà luogo il Festival “AGUAN-TA VIDA” (Tieni duro per la vita). Per il momento hanno confermato partecipare 49 Artisti nazionali ed internazionali, nell’ambito della musica, del teatro, della poesia e di altre arti.
Tocoa, Colón, 30 settembre 2011
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=12678:por-iniciar-encuentro-contra-la-militarizacion-en-el-aguan-en-medio-de-la-represion&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero