25 dicembre, 2009
PER L'HONDURAS, PER L'AMERICA LATINA, CONTRO I SILENZI COMPLICI
A metà gennaio inizierà un tour di incontri, secondo il calendario in calce, con la dirigente del Fronte Nazionale della Resistenza contro il Colpo di Stato in Honduras, Esly Banegas Avila, esponente anche del movimento delle donne nella Resistenza. Negli incontri verrà presentato dall'autore il nuovo docufilm d Fulvio Grimaldi "Usa-Honduras-America Latina: IL RITORNO DEL CONDOR", che illustra il colpo di Stato yankee in Honduras, la straordinaria resistenza sviluppata dal popolo honduregno e le prospettive di questo scontro tra movimenti di liberazione latinoamericani e controffensiva Usa. Intanto, nel silenzio della "comunità internazionale" e di tutte le sinistre in Honduras, dopo le elezioni-farsa gestite dai golpisti e disertate dal popolo, si è instauurato un regime del terrore che ricorda gli anni '80 dell'operazione Condor: squadroni della morte, assassini mirati, sequestri, sparizioni, tortura.
15 gennaio, ore 18.10, arrivo a Milan-Malpensa. Accoglienza dei compagni di Sesto.
16 gennaio: Sesto S. Giovanni – Lotta e Unità (brigantero@yahoo.it)
17 gennaio: Segrate –CSA Baraonda (sperrin@autistici.org, Diego, 3398848530
18 gennaio: Bergamo – Circolo Italia-Cuba (cubainforma@gmail.com)
19 gennaio: riposo a Verona
20 gennaio: Verona – Circolo di Italia-Cuba (info@edizioni-achab.it)
21 gennaio: Udine – Circolo di Italia-Cuba (x5.452@katamail.com)
22 gennaio: Venezia – Circolo di Italia-Cuba (giuliana.grando@gmail.com)
23 gennaio: Trieste – Circolo di Italia-Cuba (almacuba@libero.it)
24 gennaio: Cremona, Italia-Cuba e Associazione America Latina (littlepanda@libero.it)
25 gennaio: riposo a Cremona
26 gennaio: Volterra - Italia-Nicaraguita (gaea@trident.it)
27 gennaio: Firenze e Siena – CPA Firenze Sud, Collettivo Scienze Politiche
(rastaska@virgilio.it), Siena (morandi.gabriele@yahoo.com)
28 gennaio: riposo a Firenze
29 gennaio: Ravenna – Circolo di Italia-Cuba (giulia.l@racine.ra.it)
30 gennaio: Senigallia – Circolo di Italia-Cuba (italiacuba.senig@gmail.com)
31 gennaio: Bologna, Italia-Nicaragua
1 febbraio: trasferimento a Manziana (RM) (italiacubatuscia@libero.it; sandra.paganini@alice.it)
2 febbraio: Roma – Circolo di Italia-Cuba (marco.papacci@fastwebnet.it)
3 febbraio: Roma – altra struttura da precisare, oppure riposo
4 febbraio: disponibile per iniziativa in Centro Italia (Napoli?), oppure riposo
5 febbraio: trasferimento e riposo a Manziana
6 febbraio: Bracciano- Circolo di Italia-Cuba (italiacubatuscia@libero.it: sandra.paganini@alice.it)
7 febbraio: partenza da Roma
15 gennaio, ore 18.10, arrivo a Milan-Malpensa. Accoglienza dei compagni di Sesto.
16 gennaio: Sesto S. Giovanni – Lotta e Unità (brigantero@yahoo.it)
17 gennaio: Segrate –CSA Baraonda (sperrin@autistici.org, Diego, 3398848530
18 gennaio: Bergamo – Circolo Italia-Cuba (cubainforma@gmail.com)
19 gennaio: riposo a Verona
20 gennaio: Verona – Circolo di Italia-Cuba (info@edizioni-achab.it)
21 gennaio: Udine – Circolo di Italia-Cuba (x5.452@katamail.com)
22 gennaio: Venezia – Circolo di Italia-Cuba (giuliana.grando@gmail.com)
23 gennaio: Trieste – Circolo di Italia-Cuba (almacuba@libero.it)
24 gennaio: Cremona, Italia-Cuba e Associazione America Latina (littlepanda@libero.it)
25 gennaio: riposo a Cremona
26 gennaio: Volterra - Italia-Nicaraguita (gaea@trident.it)
27 gennaio: Firenze e Siena – CPA Firenze Sud, Collettivo Scienze Politiche
(rastaska@virgilio.it), Siena (morandi.gabriele@yahoo.com)
28 gennaio: riposo a Firenze
29 gennaio: Ravenna – Circolo di Italia-Cuba (giulia.l@racine.ra.it)
30 gennaio: Senigallia – Circolo di Italia-Cuba (italiacuba.senig@gmail.com)
31 gennaio: Bologna, Italia-Nicaragua
1 febbraio: trasferimento a Manziana (RM) (italiacubatuscia@libero.it; sandra.paganini@alice.it)
2 febbraio: Roma – Circolo di Italia-Cuba (marco.papacci@fastwebnet.it)
3 febbraio: Roma – altra struttura da precisare, oppure riposo
4 febbraio: disponibile per iniziativa in Centro Italia (Napoli?), oppure riposo
5 febbraio: trasferimento e riposo a Manziana
6 febbraio: Bracciano- Circolo di Italia-Cuba (italiacubatuscia@libero.it: sandra.paganini@alice.it)
7 febbraio: partenza da Roma
Etichette: Honduras
DOCUMENTARIO "Honduras: Semilla de libertad"
DOCUMENTARIO "Honduras: Semilla de de libertad" (in spagnolo), é il prodotto di un'interminabile catena di sforzi internazionalisti in solidarietá con la lotta del popolo honduregno.
Prodotto da ALBA TV insieme a VIVE TV e il MINCI di Venezuela.
per vedere il vIdeo CLICK QUI
Prodotto da ALBA TV insieme a VIVE TV e il MINCI di Venezuela.
per vedere il vIdeo CLICK QUI
Etichette: Honduras
USA-HONDURAS-AMERICA LATINA: IL RITORNO DEL CONDOR
Natale di sangue in Honduras
di Gennaro Carotenuto
Con la complicità dei media che hanno fatto calare il silenzio sull’Honduras “pacificato” dal dittatore di Bergamo Alta Roberto Micheletti, per il quale la ONG “America's Democracy Watch” raccoglie le firme per il Nobel per la Pace, il Natale a Tegucigalpa è un Natale di sangue con il ritrovamento del corpo straziato di Renán Fajardo, 22 anni, laureando in architettura, e membro attivo della Resistenza in Honduras.
È l’ennesimo omicidio mirato in un paese dove gli anni ’70 e la guerra sporca non sono mai finiti. La famiglia lo aspettava per festeggiare il Natale ma Renán da due giorni non dava più segni di vita. Fino a che un amico è andato a cercarlo a casa. La scena che ha trovato è stata quella di tutti gli squadroni della morte di decenni di guerra sporca contro chi resiste in America latina. La casa era sottosopra e il corpo di Renán, con evidenti segni di violenza, era stato lasciato in modo da mal simulare un suicidio e sono stati sottratti dall’appartamento sia il computer che la macchina fotografica di Renán. Il COFADEH (Comité de Familiares de Detenidos Desaparecidos en Honduras), ha raccolto testimonianze di vicini di Renán che parlano di auto senza targa e con i vetri oscurati che da giorni giravano intorno all’abitazione. Renán era un artista, Internet è piena di foto realizzate da lui e che restano a ricordarlo, ma era soprattutto un militante democratico. Aveva girato in lungo e in largo il paese fino al 28 giugno per parlare e creare coscienza nel popolo “catracho” rispetto alla necessità di un’Assemblea Costituente (il motivo del golpe fu evitarla) e poi negli ultimi sei mesi aveva lavorato costantemente per la Resistenza, partecipando a tutte le attività, manifestazioni, marce, che aveva ripreso con la sua macchina fotografica. Da giorni riceveva SMS di minacce ed era spaventato. Evidentemente aveva ragione e gli squadroni della morte sono puntualmente arrivati a colpire una volta di più in maniera selettiva la parte più cosciente del popolo honduregno.
Con la complicità dei media che hanno fatto calare il silenzio sull’Honduras “pacificato” dal dittatore di Bergamo Alta Roberto Micheletti, per il quale la ONG “America's Democracy Watch” raccoglie le firme per il Nobel per la Pace, il Natale a Tegucigalpa è un Natale di sangue con il ritrovamento del corpo straziato di Renán Fajardo, 22 anni, laureando in architettura, e membro attivo della Resistenza in Honduras.
È l’ennesimo omicidio mirato in un paese dove gli anni ’70 e la guerra sporca non sono mai finiti. La famiglia lo aspettava per festeggiare il Natale ma Renán da due giorni non dava più segni di vita. Fino a che un amico è andato a cercarlo a casa. La scena che ha trovato è stata quella di tutti gli squadroni della morte di decenni di guerra sporca contro chi resiste in America latina. La casa era sottosopra e il corpo di Renán, con evidenti segni di violenza, era stato lasciato in modo da mal simulare un suicidio e sono stati sottratti dall’appartamento sia il computer che la macchina fotografica di Renán. Il COFADEH (Comité de Familiares de Detenidos Desaparecidos en Honduras), ha raccolto testimonianze di vicini di Renán che parlano di auto senza targa e con i vetri oscurati che da giorni giravano intorno all’abitazione. Renán era un artista, Internet è piena di foto realizzate da lui e che restano a ricordarlo, ma era soprattutto un militante democratico. Aveva girato in lungo e in largo il paese fino al 28 giugno per parlare e creare coscienza nel popolo “catracho” rispetto alla necessità di un’Assemblea Costituente (il motivo del golpe fu evitarla) e poi negli ultimi sei mesi aveva lavorato costantemente per la Resistenza, partecipando a tutte le attività, manifestazioni, marce, che aveva ripreso con la sua macchina fotografica. Da giorni riceveva SMS di minacce ed era spaventato. Evidentemente aveva ragione e gli squadroni della morte sono puntualmente arrivati a colpire una volta di più in maniera selettiva la parte più cosciente del popolo honduregno.
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24 dicembre, 2009
servizio sull'Honduras
su rai 3 è stato trasmesso un servizio su honduras di giovanna bottero, all'una di notte!!!
potete vederlo qui:
http://www.rai.tv/dl/tg3/rubriche/PublishingBlock-433547f8-3c20-4cef-99fa-f9938b874796.html#
potete vederlo qui:
http://www.rai.tv/dl/tg3/rubriche/PublishingBlock-433547f8-3c20-4cef-99fa-f9938b874796.html#
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22 dicembre, 2009
NOBEL PER LA PACE AL GOLPISMO
PÚBLICO.ES/EUROPA PRESS - Madrid - 20/12/2009
Se talvolta vi siete chiesti come ottenere il Nobel per la Pace, questo è un buon anno per rispondere alla questione. Potete scegliere tra fare la guerra o abbattere un governo mediante un colpo di stato. Dopo che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ricevuto questo premio, sembra che qualunque candidato sia valido.
Questo devono aver pensato nell'Organizzazione Honduregna Francisco Morazán e in America's Democracy Watch, che hanno iniziato una campagna di raccolta firme in appoggio alla candidatura del golpista e presidente “di fatto” dell’Honduras, Roberto Micheletti, per ottenere il Nobel per la Pace nel 2010.
Gli attivisti di questa comunità latinoamericana residente a Miami (Florida, USA) hanno già informato che è loro intenzione presentare formalmente le firme al Comitato Nobel Norvegese, istituzione nominata dal Parlamento norvegese.
Micheletti occupa la presidenza dell’Honduras in seguito al colpo di stato dello scorso 28 giugno, con cui ha destituito il presidente eletto Manuel Zelaya, che si trova ancora nell'ambasciata del Brasile nel paese honduregno.
Accettando la petizione di queste organizzazioni, i parlamentari norvegesi collocherebbero Micheletti a livello dei quattro unici latinoamericani che hanno ottenuto questo premio: Carlos Saavedra Lamas (Argentina, 1936), Adolfo Pérez Esquivel (Argentina, 1980), Oscar Arias (Costa Rica, 1987) e Rigoberta Menchú (Guatemala, 1992).
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=3227:nobel-de-la-paz-al-golpismo&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero
Se talvolta vi siete chiesti come ottenere il Nobel per la Pace, questo è un buon anno per rispondere alla questione. Potete scegliere tra fare la guerra o abbattere un governo mediante un colpo di stato. Dopo che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ricevuto questo premio, sembra che qualunque candidato sia valido.
Questo devono aver pensato nell'Organizzazione Honduregna Francisco Morazán e in America's Democracy Watch, che hanno iniziato una campagna di raccolta firme in appoggio alla candidatura del golpista e presidente “di fatto” dell’Honduras, Roberto Micheletti, per ottenere il Nobel per la Pace nel 2010.
Gli attivisti di questa comunità latinoamericana residente a Miami (Florida, USA) hanno già informato che è loro intenzione presentare formalmente le firme al Comitato Nobel Norvegese, istituzione nominata dal Parlamento norvegese.
Micheletti occupa la presidenza dell’Honduras in seguito al colpo di stato dello scorso 28 giugno, con cui ha destituito il presidente eletto Manuel Zelaya, che si trova ancora nell'ambasciata del Brasile nel paese honduregno.
Accettando la petizione di queste organizzazioni, i parlamentari norvegesi collocherebbero Micheletti a livello dei quattro unici latinoamericani che hanno ottenuto questo premio: Carlos Saavedra Lamas (Argentina, 1936), Adolfo Pérez Esquivel (Argentina, 1980), Oscar Arias (Costa Rica, 1987) e Rigoberta Menchú (Guatemala, 1992).
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=3227:nobel-de-la-paz-al-golpismo&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero
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18 dicembre, 2009
Honduras laboratorio per la nuova politica nordamericana nel continente
Indipendentemente da ciò che accadrà durante le prossime settimane e fino al 27 di gennaio, data in cui Porfirio Lobo Sosa, vincitore delle discusse elezioni in Honduras, prenderà possesso di una carica che fino a questo momento quasi nessun paese riconosce, risulta sempre più evidente che quanto successo lo scorso 28 giugno segnerà un significativo passo indietro per il consolidamento della democrazia nel continente latinoamericano.
All'interno di questo contesto non si possono non prendere in considerazione le evidenti responsabilità del nuovo governo nordamericano e della sua offensiva per riposizionarsi all'interno del continente.
Con il colpo di Stato in Honduras, i poteri forti di questo paese che, insieme agli apparati repressivi e ai suoi alleati internazionali controllano l'economia e la politica honduregna, sono riusciti a frenare un processo emancipativo nel quale per la prima volta nella storia dell'Honduras, le forze vive del paese stavano collaborando con il potere Esecutivo per immaginare e programmare un futuro diverso, proiettandosi verso un progetto di Assemblea Nazionale Costituente includente e marcatamente popolare.
Parallelamente, l'Honduras aveva iniziato un percorso per rafforzare l'unità centroamericana e latinoamericana, aderendo al Sistema d'integrazione centroamericano, Sica, a Petrocaribe e all'Alba.
Sicuramente troppo per le forze retrograde del paese e del continente che vedevano minacciati i loro interessi storici e lo status quo mantenuto per decadi grazie alla violenza e alla repressione di apparati militari al servizio dei gruppi di potere e dei loro alleati internazionali.
In questo contesto non devono quindi sorprendere, ma sicuramente sì indignare, le recenti dichiarazioni della titolare della politica estera del governo nordamericano, Hillary Clinton, durante la sua relazione sui rapporti tra gli Stati Uniti e l'America Latina.
"Ci preoccupano i leader che vengono eletti in modo libero e legittimo, ma che poi iniziano a scalfire l'ordine costituzionale e democratico dopo essere stato scelti, il settore privato, il diritto dei cittadini a vivere liberi dalla persecuzione, repressione e di potere partecipare liberamente all'interno delle loro società", ha detto Clinton volgendo il dito accusatore contro il Venezuela, il Nicaragua e, pur senza menzionarli, tutti quei governi che non seguono fedelmente i "consigli" di Washington.
Sarebbe interessante potere domandare alla signora Clinton ed al fiammante Premio Nobel per la Pace, che cosa si è voluto dire con queste parole. O per caso non si sono accorti che in Honduras c'è stato un colpo di Stato e che il Presidente legittimo di questo paese continua a rimanere rinchiuso in un'ambasciata, subendo una costante persecuzione?
"Ciò che mi preoccupa è capire come riprendere la strada giusta (per chi?), in cui si riconosca che la democrazia non è un tema di singoli leader, ma di esistenza di istituzioni forti", ha sentenziato Clinton nel suo discorso.
Come classificherebbe l'amministrazione Obama, che immediatamente ha riconosciuto la legittimità di un processo elettorale spurio, senza osservatori, svolto in un clima di repressione, paura e violenza, in un contesto di rottura costituzionale della quale è stato parte lo stesso Tribunale supremo elettorale, lo stato di terrore in cui vive buona parte della popolazione honduregna che non riconosce l'attuale governo di fatto e che non ha voluto essere complice di questa farsa elettorale, che aveva l'unico obiettivo di legittimare e stabilizzare il colpo di Stato?
Sull'Honduras, la titolare del Dipartimento di Stato ha detto che il suo paese ha lavorato in funzione di "un avvicinamento pragmatico, di principi, multilaterale, che si prefiggeva la ricostruzione della democrazia". Di sicuro nessuno l'ha notato e l'unico risultato cercato ed ottenuto con questo "avvicinamento pragmatico" è stato l'annichilamento di tutti i processi di trasformazione avviati ed i risultati raggiunti negli ultimi anni, posizionando strategicamente le proprie pedine, prima su tutte il presidente del Costa Rica, Oscar Arias, per prendere il controllo della situazione a scapito degli sforzi fatti dal primo momento dalla Oea, Onu, i paesi del Sica, dell'Alba e dalle altre istanze del continente latinoamericano.
Per completare la farsa montata dal governo di fatto, ora gli Stati Uniti stanno chiedendo che venga messo in pratica il fumoso Accordo Tegucigalpa-San José, installando un governo di unità e riconciliazione che non prevede la presenza di Manuel Zelaya e nemmeno quella dei suoi ministri e consulenti, la maggior parte dei quali costretti a vivere in esilio. Allo stesso tempo, il governo di fatto di Roberto Micheletti ha inviato al Congresso Nazionale un disegno di legge di amnistia, per "ripulire" l'immagine di chi ha violato sistematicamente i diritti umani durante gli ultimi cinque mesi.
Una nuova pantomima che si prefigge l'obiettivo di legittimare in modo definitivo il colpo di stato, e che pretende di creare un precedente che sia esempio per il resto del continente. Un manuale del perfetto colpo di Stato stile "ventunesimo secolo", che invia un messaggio molto chiaro su quale sarà la politica dell'amministrazione Obama per l'America Centrale e per il Sud America.
Non una guerra aperta e diretta come in Iraq ed Afghanistan, e nemmeno attraverso minacce come la riattivazione dopo 50 anni della famigerata IV Flotta nell'Oceano Atlantico e nei Caraibi, l'installazione delle basi militari in Colombia o con parole dirette come quelle che Hillary Clinton ha rivolto contro chi oserà iniziare o mantenere relazioni d'amicizia con l'Iran. In questo caso si tratta di una guerra subdola, di "bassa intensità", muovendo i fili più infimi della diplomazia e delle catene di agenzie preparate per infiltrare paesi, governi, processi elettorali e movimenti.
Una "guerra necessaria e giustificabile", direbbe il presidente Obama.
La Resistenza: un bastione necessario
Se c'è una cosa che i poteri forti e gli stessi Stati Uniti non avevano calcolato è stata sicuramente la grande capacità di reazione e resistenza del popolo honduregno.
Dopo il 27 di gennaio, l'Honduras dovrà necessariamente voltare pagina, entrando in una nuova tappa della sua tormentata storia. Concluso il periodo presidenziale di Manuel Zelaya, sarà il turno di Porfirio Lobo.
Un governo molto debole, in mezzo ad una violenta crisi economica, con uno scarso riconoscimento a livello internazionale e ostaggio dei principali autori del golpe del 28 giugno, Stati Uniti inclusi. Proprio in questi giorni Lobo sta disperatamente cercando di convincere Roberto Micheletti - e più di lui chi davvero manovra i fili dietro il Presidente fantoccio - ad abbandonare la carica prima del suo insediamento. Spera così di essere un po' più presentabile agli occhi della comunità internazionale.
Di fronte a questo scenario, quella che è stata la Resistenza contro il colpo di Stato, oggi convertitasi nel Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, dovrà prepararsi per entrare in questa nuova tappa della lotta e le difficoltà sono già evidenti. La costante e selettiva repressione denunciata a livello internazionale dalle organizzazioni dei diritti umani è un chiaro segnale di quanto i settori retrogradi tradizionali temano questo processo.
Lo scorso 4 e 5 dicembre 2009, delegati e delegate di organizzazioni provenienti da tutto il paese hanno iniziato una storica seconda fase della lotta, per rafforzare il processo organizzativo in vista della creazione di una forza politica alternativa ai partiti tradizionali, capace di condurre il paese verso una Assemblea Costituente.
Durante queste due giornate di lavoro sono state create varie commissioni e gruppi tematici che hanno iniziato a preparare il lavoro per i prossimi mesi. Al termine dell'attività, il dirigente sindacale e coordinatore del Blocco Popolare, Juan Barahona ha spiegato che "la prima fase della lotta è finita ed ora dobbiamo lavorare su un progetto ideologico e politico, affinché tutti i settori organizzati conoscano a fondo la strada da percorrere insieme.
Dobbiamo conoscere a fondo questo percorso ed abbiamo bisogno di una metodologia che ci permetta di arrivare a tutti i settori che si sono schierati contro il colpo di Stato. Una strategia come quella della lumaca (caracol), dal basso verso l'alto, e creare un movimento che faccia tremare i settori golpisti. Dobbiamo approfondire questa nuova strategia - ha continuato Barahona - e proporci di prendere il potere pacificamente prima o durante il prossimo processo elettorale.
Per fare ciò dobbiamo lavorare e con molto impegno. Non possiamo dormire sugli allori, ma al contrario dobbiamo mettere questo progetto al primo posto delle nostre priorità", ha concluso.
Una nuova tappa della lotta del popolo honduregno è iniziata.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
All'interno di questo contesto non si possono non prendere in considerazione le evidenti responsabilità del nuovo governo nordamericano e della sua offensiva per riposizionarsi all'interno del continente.
Con il colpo di Stato in Honduras, i poteri forti di questo paese che, insieme agli apparati repressivi e ai suoi alleati internazionali controllano l'economia e la politica honduregna, sono riusciti a frenare un processo emancipativo nel quale per la prima volta nella storia dell'Honduras, le forze vive del paese stavano collaborando con il potere Esecutivo per immaginare e programmare un futuro diverso, proiettandosi verso un progetto di Assemblea Nazionale Costituente includente e marcatamente popolare.
Parallelamente, l'Honduras aveva iniziato un percorso per rafforzare l'unità centroamericana e latinoamericana, aderendo al Sistema d'integrazione centroamericano, Sica, a Petrocaribe e all'Alba.
Sicuramente troppo per le forze retrograde del paese e del continente che vedevano minacciati i loro interessi storici e lo status quo mantenuto per decadi grazie alla violenza e alla repressione di apparati militari al servizio dei gruppi di potere e dei loro alleati internazionali.
In questo contesto non devono quindi sorprendere, ma sicuramente sì indignare, le recenti dichiarazioni della titolare della politica estera del governo nordamericano, Hillary Clinton, durante la sua relazione sui rapporti tra gli Stati Uniti e l'America Latina.
"Ci preoccupano i leader che vengono eletti in modo libero e legittimo, ma che poi iniziano a scalfire l'ordine costituzionale e democratico dopo essere stato scelti, il settore privato, il diritto dei cittadini a vivere liberi dalla persecuzione, repressione e di potere partecipare liberamente all'interno delle loro società", ha detto Clinton volgendo il dito accusatore contro il Venezuela, il Nicaragua e, pur senza menzionarli, tutti quei governi che non seguono fedelmente i "consigli" di Washington.
Sarebbe interessante potere domandare alla signora Clinton ed al fiammante Premio Nobel per la Pace, che cosa si è voluto dire con queste parole. O per caso non si sono accorti che in Honduras c'è stato un colpo di Stato e che il Presidente legittimo di questo paese continua a rimanere rinchiuso in un'ambasciata, subendo una costante persecuzione?
"Ciò che mi preoccupa è capire come riprendere la strada giusta (per chi?), in cui si riconosca che la democrazia non è un tema di singoli leader, ma di esistenza di istituzioni forti", ha sentenziato Clinton nel suo discorso.
Come classificherebbe l'amministrazione Obama, che immediatamente ha riconosciuto la legittimità di un processo elettorale spurio, senza osservatori, svolto in un clima di repressione, paura e violenza, in un contesto di rottura costituzionale della quale è stato parte lo stesso Tribunale supremo elettorale, lo stato di terrore in cui vive buona parte della popolazione honduregna che non riconosce l'attuale governo di fatto e che non ha voluto essere complice di questa farsa elettorale, che aveva l'unico obiettivo di legittimare e stabilizzare il colpo di Stato?
Sull'Honduras, la titolare del Dipartimento di Stato ha detto che il suo paese ha lavorato in funzione di "un avvicinamento pragmatico, di principi, multilaterale, che si prefiggeva la ricostruzione della democrazia". Di sicuro nessuno l'ha notato e l'unico risultato cercato ed ottenuto con questo "avvicinamento pragmatico" è stato l'annichilamento di tutti i processi di trasformazione avviati ed i risultati raggiunti negli ultimi anni, posizionando strategicamente le proprie pedine, prima su tutte il presidente del Costa Rica, Oscar Arias, per prendere il controllo della situazione a scapito degli sforzi fatti dal primo momento dalla Oea, Onu, i paesi del Sica, dell'Alba e dalle altre istanze del continente latinoamericano.
Per completare la farsa montata dal governo di fatto, ora gli Stati Uniti stanno chiedendo che venga messo in pratica il fumoso Accordo Tegucigalpa-San José, installando un governo di unità e riconciliazione che non prevede la presenza di Manuel Zelaya e nemmeno quella dei suoi ministri e consulenti, la maggior parte dei quali costretti a vivere in esilio. Allo stesso tempo, il governo di fatto di Roberto Micheletti ha inviato al Congresso Nazionale un disegno di legge di amnistia, per "ripulire" l'immagine di chi ha violato sistematicamente i diritti umani durante gli ultimi cinque mesi.
Una nuova pantomima che si prefigge l'obiettivo di legittimare in modo definitivo il colpo di stato, e che pretende di creare un precedente che sia esempio per il resto del continente. Un manuale del perfetto colpo di Stato stile "ventunesimo secolo", che invia un messaggio molto chiaro su quale sarà la politica dell'amministrazione Obama per l'America Centrale e per il Sud America.
Non una guerra aperta e diretta come in Iraq ed Afghanistan, e nemmeno attraverso minacce come la riattivazione dopo 50 anni della famigerata IV Flotta nell'Oceano Atlantico e nei Caraibi, l'installazione delle basi militari in Colombia o con parole dirette come quelle che Hillary Clinton ha rivolto contro chi oserà iniziare o mantenere relazioni d'amicizia con l'Iran. In questo caso si tratta di una guerra subdola, di "bassa intensità", muovendo i fili più infimi della diplomazia e delle catene di agenzie preparate per infiltrare paesi, governi, processi elettorali e movimenti.
Una "guerra necessaria e giustificabile", direbbe il presidente Obama.
La Resistenza: un bastione necessario
Se c'è una cosa che i poteri forti e gli stessi Stati Uniti non avevano calcolato è stata sicuramente la grande capacità di reazione e resistenza del popolo honduregno.
Dopo il 27 di gennaio, l'Honduras dovrà necessariamente voltare pagina, entrando in una nuova tappa della sua tormentata storia. Concluso il periodo presidenziale di Manuel Zelaya, sarà il turno di Porfirio Lobo.
Un governo molto debole, in mezzo ad una violenta crisi economica, con uno scarso riconoscimento a livello internazionale e ostaggio dei principali autori del golpe del 28 giugno, Stati Uniti inclusi. Proprio in questi giorni Lobo sta disperatamente cercando di convincere Roberto Micheletti - e più di lui chi davvero manovra i fili dietro il Presidente fantoccio - ad abbandonare la carica prima del suo insediamento. Spera così di essere un po' più presentabile agli occhi della comunità internazionale.
Di fronte a questo scenario, quella che è stata la Resistenza contro il colpo di Stato, oggi convertitasi nel Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, dovrà prepararsi per entrare in questa nuova tappa della lotta e le difficoltà sono già evidenti. La costante e selettiva repressione denunciata a livello internazionale dalle organizzazioni dei diritti umani è un chiaro segnale di quanto i settori retrogradi tradizionali temano questo processo.
Lo scorso 4 e 5 dicembre 2009, delegati e delegate di organizzazioni provenienti da tutto il paese hanno iniziato una storica seconda fase della lotta, per rafforzare il processo organizzativo in vista della creazione di una forza politica alternativa ai partiti tradizionali, capace di condurre il paese verso una Assemblea Costituente.
Durante queste due giornate di lavoro sono state create varie commissioni e gruppi tematici che hanno iniziato a preparare il lavoro per i prossimi mesi. Al termine dell'attività, il dirigente sindacale e coordinatore del Blocco Popolare, Juan Barahona ha spiegato che "la prima fase della lotta è finita ed ora dobbiamo lavorare su un progetto ideologico e politico, affinché tutti i settori organizzati conoscano a fondo la strada da percorrere insieme.
Dobbiamo conoscere a fondo questo percorso ed abbiamo bisogno di una metodologia che ci permetta di arrivare a tutti i settori che si sono schierati contro il colpo di Stato. Una strategia come quella della lumaca (caracol), dal basso verso l'alto, e creare un movimento che faccia tremare i settori golpisti. Dobbiamo approfondire questa nuova strategia - ha continuato Barahona - e proporci di prendere il potere pacificamente prima o durante il prossimo processo elettorale.
Per fare ciò dobbiamo lavorare e con molto impegno. Non possiamo dormire sugli allori, ma al contrario dobbiamo mettere questo progetto al primo posto delle nostre priorità", ha concluso.
Una nuova tappa della lotta del popolo honduregno è iniziata.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
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16 dicembre, 2009
Dichiarazione di Siguatepeque
Fronte Nazionale di Resistenza
La Resistenza honduregna ha saputo piantarsi saldamente con dignità di fronte all’assalto dei nemici della libertà e della democrazia. Nel corso di quasi sei mesi di lotta continua e pacifica, ma travolgente, abbiamo stabilito che non accettiamo altra soluzione alla crisi che il ristabilimento dell'ordine istituzionale, la condanna dei violatori dei diritti umani e l'installazione dell'Assemblea Nazionale Costituente. Non sollecitiamo, da sottomessi, un favore agli usurpatori, siamo coscienti della nostra autorità e delle nostre capacità. Siamo un potere reale, costituito in tutto il paese da organizzazioni di base, in cui si pratica democrazia vera e siamo legittimati dal sacrificio di un popolo armato della coscienza sociale, forgiata nelle lotte del movimento popolare, nella spiritualità dei poveri e nell'esempio di uomini e donne che hanno dato la loro vita per trasformare il paese.
I nemici del popolo; l'oligarchia sfruttatrice che si è arricchita sulla miseria dei lavoratori ed il furto delle loro risorse; le imprese multinazionali che hanno saccheggiato il paese e truffato lo Stato; i dirigenti di cupole ecclesiastiche, mercanti della fede e profittatori dell'ignoranza; i militari e poliziotti sempre pronti ad assassinare, violentare e disonorare il popolo per denaro; la falange dei servili, che per alienazione o interesse sono custodi delle ricchezze rubate da altri; tutti costoro, che per molti anni hanno usato una debole democrazia rappresentativa come metodo per convalidare il loro potere politico ed il loro sistema economico di sfruttamento ed emarginazione, hanno finito per mettere a nudo la loro natura genocida e totalitaria, ed hanno chiuso anche quei piccoli spazi di partecipazione che permettevano, per la prima volta da quando il progetto di Morazan fu impedito, che un leader inaspettato mettesse in discussione l'egemonia dei milionari e si azzardasse all'imperdonabile peccato di dare al popolo l'opportunità di parlare e decidere.
La crisi sociale e politica attuale è l'acutizzazione del conflitto che da anni si andava estendendo, poiché fronteggiava gli interessi meschini dei gruppi imprenditoriali oligarchici contrapposti alle necessità ed ai diritti dei settori popolari. Contadini, operai, indigeni, neri, gruppi LGTTB (n.d.t.: lesbiche, gay, transessuali, travestiti, bisessuali), artisti, abitanti dei quartieri urbani marginali, micro-piccoli-medi imprenditori, movimenti ambientalisti, femministi, organizzazioni studentesche, forze politiche progressiste e democratiche, insegnanti, professionisti, gruppi dei diritti umani, giovani, chiese popolari, ed altre associazioni del popolo, hanno percorso un lento, ma deciso cammino verso l’unità, assunta come necessità di fronte all'applicazione di un modello neoliberista, che ha aumentato le contraddizioni di classe, ed a un colpo di stato che ha finalmente rivelato l'intransigenza di una minoranza a distribuire la ricchezza generata dal lavoro di tutti e tutte.
È una battaglia esasperata. La destra conta, per quanto la riguarda, sul controllo dello Stato, l'appoggio dei governi reazionari del mondo, i mezzi di comunicazione di massa ed i corpi repressivi. Ma i processi sociali non si fermano con campagne mediatiche, non possono sovvertirsi con le armi e non possono essere addormentati con le false suppliche di preti e pastori oligarchi. Ed ancor meno si può paralizzare il popolo con simulacri elettorali o appelli a falsi dialoghi nazionali, in cui si chiede la resa della dignità in cambio di una pace falsa, nella quale coesistono la miseria e l'opulenza.
La degenerazione accelerata del blocco golpista è inevitabile, la logica affaristica ed il loro ostentato egoismo li porterà a farsi a pezzi per il bottino dello stato e ad applicare sconsideratamente l’esausto modello economico, che garantisce loro il continuo accumulo di capitali.
Questa classe decadente non comprende l’elevazione morale di un popolo, che ormai non pensa più d’indugiare con le riforme e punta alla rifondazione totale dello Stato. Un popolo che è chiamato ad aumentare i suoi livelli d’organizzazione e coordinazione a livello nazionale, per sconfiggere la dittatura e porre le basi di una democrazia partecipativa, che assicuri il soddisfacimento delle richieste di giustizia sociale e di condanna dei criminali che non hanno rispettato i diritti umani.
È anche una battaglia internazionale. Il golpe fu concepito nell’ambito di un piano di controllo regionale da parte dei poteri economici multinazionali, per frenare e sovvertire i processi di cambiamento sociale latinoamericani, che stanno dimostrando la possibilità di creare società democratiche e giuste, così come stati sovrani. Il colpo di stato in Honduras va di pari passo con il Plan Colombia, la riattivazione della Quarta Flotta, il blocco economico a Cuba, l'assedio al Venezuela, i piani di destabilizzazione in Bolivia ed Ecuador. Il golpe è l'intenzione di ritornare ad un’America Latina proprietà della Texaco, della United Fruit Company, della Bayern, della Esso, della Carguill, dell'Alcoa ed altre ancora.
Ma la Resistenza honduregna non è sola, sappiamo di essere accompagnati dai popoli e dai governi onesti del mondo; siamo fratelli delle organizzazioni popolari, democratiche e rivoluzionarie dell'America Latina. Sono innumerevoli le manifestazioni di solidarietà che abbiamo già ricevuto e gli impegni a mantenerle.
Oggi l’Honduras è uno scenario dove si disputano il nostro futuro e quello di molti popoli. Per questo motivo non deve esserci altra conclusione che la vittoria.
Con la Resistenza andiamo fino al traguardo, fino alla trasformazione della patria, fino all'integrazione centroamericana e latinoamericana, fino alla sovranità totale dei nostri popoli, verso la libertà, l'uguaglianza e la giustizia.
Viva il popolo eroico di Morazán!
Resistiamo e Vinceremo! .
Siguatepeque, 10 dicembre 2009
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=3130:frente-nacional-de-resistencia-declaracion-de-siguatepeque&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero
La Resistenza honduregna ha saputo piantarsi saldamente con dignità di fronte all’assalto dei nemici della libertà e della democrazia. Nel corso di quasi sei mesi di lotta continua e pacifica, ma travolgente, abbiamo stabilito che non accettiamo altra soluzione alla crisi che il ristabilimento dell'ordine istituzionale, la condanna dei violatori dei diritti umani e l'installazione dell'Assemblea Nazionale Costituente. Non sollecitiamo, da sottomessi, un favore agli usurpatori, siamo coscienti della nostra autorità e delle nostre capacità. Siamo un potere reale, costituito in tutto il paese da organizzazioni di base, in cui si pratica democrazia vera e siamo legittimati dal sacrificio di un popolo armato della coscienza sociale, forgiata nelle lotte del movimento popolare, nella spiritualità dei poveri e nell'esempio di uomini e donne che hanno dato la loro vita per trasformare il paese.
I nemici del popolo; l'oligarchia sfruttatrice che si è arricchita sulla miseria dei lavoratori ed il furto delle loro risorse; le imprese multinazionali che hanno saccheggiato il paese e truffato lo Stato; i dirigenti di cupole ecclesiastiche, mercanti della fede e profittatori dell'ignoranza; i militari e poliziotti sempre pronti ad assassinare, violentare e disonorare il popolo per denaro; la falange dei servili, che per alienazione o interesse sono custodi delle ricchezze rubate da altri; tutti costoro, che per molti anni hanno usato una debole democrazia rappresentativa come metodo per convalidare il loro potere politico ed il loro sistema economico di sfruttamento ed emarginazione, hanno finito per mettere a nudo la loro natura genocida e totalitaria, ed hanno chiuso anche quei piccoli spazi di partecipazione che permettevano, per la prima volta da quando il progetto di Morazan fu impedito, che un leader inaspettato mettesse in discussione l'egemonia dei milionari e si azzardasse all'imperdonabile peccato di dare al popolo l'opportunità di parlare e decidere.
La crisi sociale e politica attuale è l'acutizzazione del conflitto che da anni si andava estendendo, poiché fronteggiava gli interessi meschini dei gruppi imprenditoriali oligarchici contrapposti alle necessità ed ai diritti dei settori popolari. Contadini, operai, indigeni, neri, gruppi LGTTB (n.d.t.: lesbiche, gay, transessuali, travestiti, bisessuali), artisti, abitanti dei quartieri urbani marginali, micro-piccoli-medi imprenditori, movimenti ambientalisti, femministi, organizzazioni studentesche, forze politiche progressiste e democratiche, insegnanti, professionisti, gruppi dei diritti umani, giovani, chiese popolari, ed altre associazioni del popolo, hanno percorso un lento, ma deciso cammino verso l’unità, assunta come necessità di fronte all'applicazione di un modello neoliberista, che ha aumentato le contraddizioni di classe, ed a un colpo di stato che ha finalmente rivelato l'intransigenza di una minoranza a distribuire la ricchezza generata dal lavoro di tutti e tutte.
È una battaglia esasperata. La destra conta, per quanto la riguarda, sul controllo dello Stato, l'appoggio dei governi reazionari del mondo, i mezzi di comunicazione di massa ed i corpi repressivi. Ma i processi sociali non si fermano con campagne mediatiche, non possono sovvertirsi con le armi e non possono essere addormentati con le false suppliche di preti e pastori oligarchi. Ed ancor meno si può paralizzare il popolo con simulacri elettorali o appelli a falsi dialoghi nazionali, in cui si chiede la resa della dignità in cambio di una pace falsa, nella quale coesistono la miseria e l'opulenza.
La degenerazione accelerata del blocco golpista è inevitabile, la logica affaristica ed il loro ostentato egoismo li porterà a farsi a pezzi per il bottino dello stato e ad applicare sconsideratamente l’esausto modello economico, che garantisce loro il continuo accumulo di capitali.
Questa classe decadente non comprende l’elevazione morale di un popolo, che ormai non pensa più d’indugiare con le riforme e punta alla rifondazione totale dello Stato. Un popolo che è chiamato ad aumentare i suoi livelli d’organizzazione e coordinazione a livello nazionale, per sconfiggere la dittatura e porre le basi di una democrazia partecipativa, che assicuri il soddisfacimento delle richieste di giustizia sociale e di condanna dei criminali che non hanno rispettato i diritti umani.
È anche una battaglia internazionale. Il golpe fu concepito nell’ambito di un piano di controllo regionale da parte dei poteri economici multinazionali, per frenare e sovvertire i processi di cambiamento sociale latinoamericani, che stanno dimostrando la possibilità di creare società democratiche e giuste, così come stati sovrani. Il colpo di stato in Honduras va di pari passo con il Plan Colombia, la riattivazione della Quarta Flotta, il blocco economico a Cuba, l'assedio al Venezuela, i piani di destabilizzazione in Bolivia ed Ecuador. Il golpe è l'intenzione di ritornare ad un’America Latina proprietà della Texaco, della United Fruit Company, della Bayern, della Esso, della Carguill, dell'Alcoa ed altre ancora.
Ma la Resistenza honduregna non è sola, sappiamo di essere accompagnati dai popoli e dai governi onesti del mondo; siamo fratelli delle organizzazioni popolari, democratiche e rivoluzionarie dell'America Latina. Sono innumerevoli le manifestazioni di solidarietà che abbiamo già ricevuto e gli impegni a mantenerle.
Oggi l’Honduras è uno scenario dove si disputano il nostro futuro e quello di molti popoli. Per questo motivo non deve esserci altra conclusione che la vittoria.
Con la Resistenza andiamo fino al traguardo, fino alla trasformazione della patria, fino all'integrazione centroamericana e latinoamericana, fino alla sovranità totale dei nostri popoli, verso la libertà, l'uguaglianza e la giustizia.
Viva il popolo eroico di Morazán!
Resistiamo e Vinceremo! .
Siguatepeque, 10 dicembre 2009
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=3130:frente-nacional-de-resistencia-declaracion-de-siguatepeque&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero
Etichette: Honduras
L'altro volto della "democrazia elettorale"
“O la democrazia impara a dire la verità e risolutamente incomincia a condannare la menzogna, o è condannata essa stessa a mentire per l’eternità”. Eduardo Galeano
Juan Almendares
Coloro che occultano la verità sulle violazioni dei diritti umani e ne attaccano i difensori, fanno parte anch’essi della scuola del crimine, o come portavoce prezzolati e costosi o come lupi travestiti da pecore, che in nome di Dio coltivano lo spionaggio ed il terrore contro il nostro popolo indifeso.
Incitano e partecipano materialmente ed intellettualmente alle orde del fascismo, agli squadroni di torturatori e sicari nelle operazioni volte ad assassinare, nella completa impunità, i membri della Resistenza Nazionale contro il colpo di stato militare. Chi nega questi crimini, anch’egli è parte della pianificazione della morte, programmata e violenta, di contadini, lavoratori, indigeni, garífuna, femministe in resistenza, artisti, studenti, giovani e comunità religiose di base. Atti di terrore, femminicidio, razzismo e stigmatizzazione della comunità gay, lesbica e transessuale sono la pratica quotidiana delle forze golpiste.
Profondamente commossi, condanniamo l’assassinio di Walter Tróchez, attivista dei diritti umani, membro del CIPRODEH, pertanto della Piattaforma dei Diritti Umani in Honduras.
Walter Tróchez fa parte dei veri eroi e martiri della Resistenza Nazionale contro il golpe militare in Honduras. È un altro crimine impunito che non può essere negato da coloro che invitano al dialogo e concludono i loro discorsi con la frase trita e ritrita “Dio benedica l’Honduras, evviva la democrazia!”
In questi momenti di profondo dolore, il nostro spirito d’unità è più forte nella lotta per i principi d’amore e solidarietà del movimento più significativo del XXI secolo in Honduras: la Resistenza Nazionale contro il colpo di stato militare; movimento difensore della vita, dei diritti d’ogni essere vivente, famiglia, comunità e della dignità storica dei popoli dell'America Latina.
Tegucigalpa 14 dicembre 2009
http://hondurasenresistencia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1699:la-otra-cara-de-la-democracia-electoral-&catid=39:noticia&Itemid=78
Tradotto da Adelina Bottero
Juan Almendares
Coloro che occultano la verità sulle violazioni dei diritti umani e ne attaccano i difensori, fanno parte anch’essi della scuola del crimine, o come portavoce prezzolati e costosi o come lupi travestiti da pecore, che in nome di Dio coltivano lo spionaggio ed il terrore contro il nostro popolo indifeso.
Incitano e partecipano materialmente ed intellettualmente alle orde del fascismo, agli squadroni di torturatori e sicari nelle operazioni volte ad assassinare, nella completa impunità, i membri della Resistenza Nazionale contro il colpo di stato militare. Chi nega questi crimini, anch’egli è parte della pianificazione della morte, programmata e violenta, di contadini, lavoratori, indigeni, garífuna, femministe in resistenza, artisti, studenti, giovani e comunità religiose di base. Atti di terrore, femminicidio, razzismo e stigmatizzazione della comunità gay, lesbica e transessuale sono la pratica quotidiana delle forze golpiste.
Profondamente commossi, condanniamo l’assassinio di Walter Tróchez, attivista dei diritti umani, membro del CIPRODEH, pertanto della Piattaforma dei Diritti Umani in Honduras.
Walter Tróchez fa parte dei veri eroi e martiri della Resistenza Nazionale contro il golpe militare in Honduras. È un altro crimine impunito che non può essere negato da coloro che invitano al dialogo e concludono i loro discorsi con la frase trita e ritrita “Dio benedica l’Honduras, evviva la democrazia!”
In questi momenti di profondo dolore, il nostro spirito d’unità è più forte nella lotta per i principi d’amore e solidarietà del movimento più significativo del XXI secolo in Honduras: la Resistenza Nazionale contro il colpo di stato militare; movimento difensore della vita, dei diritti d’ogni essere vivente, famiglia, comunità e della dignità storica dei popoli dell'America Latina.
Tegucigalpa 14 dicembre 2009
http://hondurasenresistencia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1699:la-otra-cara-de-la-democracia-electoral-&catid=39:noticia&Itemid=78
Tradotto da Adelina Bottero
Etichette: Honduras
15 dicembre, 2009
HONDURAS: Sparizioni ed esecuzioni sommarie: ondata repressiva contro la Resistenza
Perquisizioni e detenzioni illegali, sparizioni e esecuzioni sommarie hanno caratterizzato le ultime settimane in Honduras.
Le varie organizzazioni che operano nel settore della difesa dei diritti umani hanno classificato questi eventi come una vera e propria offensiva contro la strategia di rafforzamento organizzativo del Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, e del suo tentativo in atto di aprire un percorso che conduca alla formazione di una forza politica e sociale capace di trasformarsi in un'alternativa ai partiti tradizionali golpisti e di incamminarsi verso l'installazione di una Assemblea Nazionale Costituente.
Dopo le discusse elezioni dello scorso 29 novembre e la vittoria del candidato del Partito Nazionale, Porfirio "Pepe" Lobo Sosa, in mezzo ad una significativa astensione che ha toccato il 60 per cento, in Honduras si è scatenata un'ondata repressiva contro i membri attivi della Resistenza, intensificando quella che è stata una costante durante tutto il periodo di rottura costituzionale originata dal colpo di Stato del 28 giugno 2009.
Il 14 di dicembre è stato assassinato Walter Tróchez, difensore dei diritti umani della comunità LGBT. Gli hanno sparato da un'auto nel centro di Tegucigalpa dopo che alcuni giorni prima era stato sequestrato, brutalmente picchiato ed era riuscito a salvarsi lanciandosi dal veicolo condotto da uomini che l'avevano accusato di formare parte del Fronte nazionale contro il colpo di Stato.
Il 6 dicembre, cinque giovani, tutti membri attivi della Resistenza, sono stati assassinati a sangue freddo nella Colonia Villanueva, nella parte orientale della capitale honduregna, mentre un giorno prima uomini armati avevano fatto irruzione negli uffici del giornale El Libertador, minacciando il personale che negli ultimi cinque mesi ha lavorato arduamente per denunciare il colpo di Stato e portandosi via computer e macchine fotografiche.
L'8 dicembre sono stati liberati quattro dei cinque attivisti della Resistenza che erano stati sequestrati alcuni giorni prima. Il quinto, Santos Corrales García, è invece stato brutalmente assassinato ed il suo corpo decapitato è stato trovato a 50 km all'est della capitale.
"I giorni 4 e 5 di dicembre, un gruppo di cinque persone con passamontagna ed uniformi della Direzione Nazionale di Investigazione Criminale (DNIC), con fucili Galil e pistole 9 mm, armamento ufficiale della Polizia, hanno fermato il signor Santos Corrales García e quattro persone nella colonia Nueva Capital a Tegucigalpa - ha raccontato il direttore del Comitato per la difesa dei diritti umani in Honduras, Codeh, Andrés Pavón -.
Gli hanno messo un cappuccio in testa in modo da non potere identificare il posto verso cui si dirigevano in macchina, molto probabilmente un luogo di detenzione illegale. Sono stati torturati affinché fornissero informazioni sui leader della Resistenza nella colonia in cui vivono, insistendo soprattutto per sapere il recapito della signora Ada Marina Castillo, anch'essa membro della Resistenza.
Ci troviamo di fronte ad una vera e propria strategia del terrore - ha continuato Pavón - e ad un piano per fermare il processo organizzativo della Resistenza prima dell'installazione di Lobo alla Presidenza il prossimo 27 gennaio. È un piano che s'intensificherà nelle prossime settimane e stiamo già assistendo a una continua persecuzione della polizia e dell'esercito contro i giovani dei quartieri popolari della capitale, mentre i leader della Resistenza a livello nazionale continuano a non poter condurre una vita normale per paura di ciò che gli può capitare in qualsiasi momento".
Per il direttore del Codeh l'ondata repressiva ha l'obiettivo di decapitare il movimento di resistenza, affinché il nuovo governo sorto da un processo elettorale irregolare ed illegittimo non debba scontrarsi con un movimento di resistenza organicamente attivo.
"Il Codeh e la Piattaforma delle varie organizzazioni dei diritti umani stanno chiedendo l'intervento della Commissione interamericana dei diritti umani, Cidh, affinché implementi il meccanismo delle misure cautelari a beneficio delle persone la cui vita è costantemente in pericolo.
Stiamo inoltre denunciando ciò che accade agli organi dei diritti umani della Onu ed al Pubblico ministero della Corte Penale Internazionale (CPI), affinché si inizi un processo contro i responsabili di questi crimini.
Sappiamo - ha spiegato Pavón - che l'Accordo Tegucigalpa-San José prevede la creazione nei prossimi mesi di una Commissione della Verità. Tuttavia, crediamo che non ci siano le condizioni minime per installarla, dato che nel paese non esistono ancora le garanzie proprie di uno Stato di diritto e ancora meno esiste la fiducia nell'affidabilità degli organismi di giustizia. Non ci può essere una Commissione della Verità mentre le forze repressive torturano, sequestrano ed uccidono in totale impunità, all'interno di uno stato di completa barbarie".
Organismi internazionali seguono da vicino il caso Honduras
Lo scorso mese di settembre, l'Associazione pro diritti umani della Spagna, Apdhe e la Federazione internazionale dei diritti umani, Fidh, hanno presentato una richiesta alla CPI affinché inizi un'indagine per determinare la responsabilità penale di chi ha commesso gravi violazioni ai diritti umani all'interno delle vicende occorse durante il colpo di Stato in Honduras, mentre l'Osservatorio internazionale sulla situazione dei diritti umani in Honduras, Oisdhhn, ha lanciato un appello urgente alla comunità internazionale affinché si mantenga vigile di fronte alle gravi violazioni ai diritti umani nel paese.
Amnesty International ha invece chiesto di aprire un'indagine seria, approfondita ed indipendente che garantisca che tutti i responsabili degli abusi ai diritti umani siano portati di fronte alla giustizia.
In un documento reso pubblico durante una conferenza stampa in Honduras, la delegazione di questa istanza internazionale ha chiesto di "revocare tutta la legislazione, decreti ed ordini esecutivi emessi dalle autorità di fatto che colpiscono direttamente o indirettamente i diritti umani, assicurare che le Forze Armate tornino nelle caserme e che cessi il loro sostegno alle operazioni della Polizia, e che tutti i membri delle forze di sicurezza rendano conto degli abusi ai diritti umani commessi tra il 28 giugno e la fine di novembre 2009", cita il documento.
"È importante - ha concluso il direttore del Codeh - che continui e s'intensifichi la solidarietà con il popolo honduregno e anche l'osservazione su ciò che accade nel paese, soprattutto in questo momento in cui si sta incrementando la persecuzione di tipo selettivo".
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
Le varie organizzazioni che operano nel settore della difesa dei diritti umani hanno classificato questi eventi come una vera e propria offensiva contro la strategia di rafforzamento organizzativo del Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, e del suo tentativo in atto di aprire un percorso che conduca alla formazione di una forza politica e sociale capace di trasformarsi in un'alternativa ai partiti tradizionali golpisti e di incamminarsi verso l'installazione di una Assemblea Nazionale Costituente.
Dopo le discusse elezioni dello scorso 29 novembre e la vittoria del candidato del Partito Nazionale, Porfirio "Pepe" Lobo Sosa, in mezzo ad una significativa astensione che ha toccato il 60 per cento, in Honduras si è scatenata un'ondata repressiva contro i membri attivi della Resistenza, intensificando quella che è stata una costante durante tutto il periodo di rottura costituzionale originata dal colpo di Stato del 28 giugno 2009.
Il 14 di dicembre è stato assassinato Walter Tróchez, difensore dei diritti umani della comunità LGBT. Gli hanno sparato da un'auto nel centro di Tegucigalpa dopo che alcuni giorni prima era stato sequestrato, brutalmente picchiato ed era riuscito a salvarsi lanciandosi dal veicolo condotto da uomini che l'avevano accusato di formare parte del Fronte nazionale contro il colpo di Stato.
Il 6 dicembre, cinque giovani, tutti membri attivi della Resistenza, sono stati assassinati a sangue freddo nella Colonia Villanueva, nella parte orientale della capitale honduregna, mentre un giorno prima uomini armati avevano fatto irruzione negli uffici del giornale El Libertador, minacciando il personale che negli ultimi cinque mesi ha lavorato arduamente per denunciare il colpo di Stato e portandosi via computer e macchine fotografiche.
L'8 dicembre sono stati liberati quattro dei cinque attivisti della Resistenza che erano stati sequestrati alcuni giorni prima. Il quinto, Santos Corrales García, è invece stato brutalmente assassinato ed il suo corpo decapitato è stato trovato a 50 km all'est della capitale.
"I giorni 4 e 5 di dicembre, un gruppo di cinque persone con passamontagna ed uniformi della Direzione Nazionale di Investigazione Criminale (DNIC), con fucili Galil e pistole 9 mm, armamento ufficiale della Polizia, hanno fermato il signor Santos Corrales García e quattro persone nella colonia Nueva Capital a Tegucigalpa - ha raccontato il direttore del Comitato per la difesa dei diritti umani in Honduras, Codeh, Andrés Pavón -.
Gli hanno messo un cappuccio in testa in modo da non potere identificare il posto verso cui si dirigevano in macchina, molto probabilmente un luogo di detenzione illegale. Sono stati torturati affinché fornissero informazioni sui leader della Resistenza nella colonia in cui vivono, insistendo soprattutto per sapere il recapito della signora Ada Marina Castillo, anch'essa membro della Resistenza.
Ci troviamo di fronte ad una vera e propria strategia del terrore - ha continuato Pavón - e ad un piano per fermare il processo organizzativo della Resistenza prima dell'installazione di Lobo alla Presidenza il prossimo 27 gennaio. È un piano che s'intensificherà nelle prossime settimane e stiamo già assistendo a una continua persecuzione della polizia e dell'esercito contro i giovani dei quartieri popolari della capitale, mentre i leader della Resistenza a livello nazionale continuano a non poter condurre una vita normale per paura di ciò che gli può capitare in qualsiasi momento".
Per il direttore del Codeh l'ondata repressiva ha l'obiettivo di decapitare il movimento di resistenza, affinché il nuovo governo sorto da un processo elettorale irregolare ed illegittimo non debba scontrarsi con un movimento di resistenza organicamente attivo.
"Il Codeh e la Piattaforma delle varie organizzazioni dei diritti umani stanno chiedendo l'intervento della Commissione interamericana dei diritti umani, Cidh, affinché implementi il meccanismo delle misure cautelari a beneficio delle persone la cui vita è costantemente in pericolo.
Stiamo inoltre denunciando ciò che accade agli organi dei diritti umani della Onu ed al Pubblico ministero della Corte Penale Internazionale (CPI), affinché si inizi un processo contro i responsabili di questi crimini.
Sappiamo - ha spiegato Pavón - che l'Accordo Tegucigalpa-San José prevede la creazione nei prossimi mesi di una Commissione della Verità. Tuttavia, crediamo che non ci siano le condizioni minime per installarla, dato che nel paese non esistono ancora le garanzie proprie di uno Stato di diritto e ancora meno esiste la fiducia nell'affidabilità degli organismi di giustizia. Non ci può essere una Commissione della Verità mentre le forze repressive torturano, sequestrano ed uccidono in totale impunità, all'interno di uno stato di completa barbarie".
Organismi internazionali seguono da vicino il caso Honduras
Lo scorso mese di settembre, l'Associazione pro diritti umani della Spagna, Apdhe e la Federazione internazionale dei diritti umani, Fidh, hanno presentato una richiesta alla CPI affinché inizi un'indagine per determinare la responsabilità penale di chi ha commesso gravi violazioni ai diritti umani all'interno delle vicende occorse durante il colpo di Stato in Honduras, mentre l'Osservatorio internazionale sulla situazione dei diritti umani in Honduras, Oisdhhn, ha lanciato un appello urgente alla comunità internazionale affinché si mantenga vigile di fronte alle gravi violazioni ai diritti umani nel paese.
Amnesty International ha invece chiesto di aprire un'indagine seria, approfondita ed indipendente che garantisca che tutti i responsabili degli abusi ai diritti umani siano portati di fronte alla giustizia.
In un documento reso pubblico durante una conferenza stampa in Honduras, la delegazione di questa istanza internazionale ha chiesto di "revocare tutta la legislazione, decreti ed ordini esecutivi emessi dalle autorità di fatto che colpiscono direttamente o indirettamente i diritti umani, assicurare che le Forze Armate tornino nelle caserme e che cessi il loro sostegno alle operazioni della Polizia, e che tutti i membri delle forze di sicurezza rendano conto degli abusi ai diritti umani commessi tra il 28 giugno e la fine di novembre 2009", cita il documento.
"È importante - ha concluso il direttore del Codeh - che continui e s'intensifichi la solidarietà con il popolo honduregno e anche l'osservazione su ciò che accade nel paese, soprattutto in questo momento in cui si sta incrementando la persecuzione di tipo selettivo".
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
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14 dicembre, 2009
HONDURAS: ASSASSINATO GIOVANE DIFENSORE DEI DIRITTI UMANI
RITORNANO LA SPARIZIONE FORZATA ED IL CRIMINE POLITICO
Seguito al precedente Comunicato
In data 7 dicembre dell'anno in corso abbiamo diffuso la notizia della sparizione forzata delle signore Vilma Martinez e Sonia Castillo e di altre quattro persone; il CODEH chiarisce che la Sig. Sonia Castillo non è persona scomparsa e che c’è stata una confusione di nomi; il nome di Sonia Castillo corrisponde a quello di Ada Marina Castillo, ricercata dagli autori di quest’atto criminale.
I sequestri o sparizioni sono avvenute in questo modo. Sabato 4 dicembre alle 3 del pomeriggio un veicolo Tacoma di colore azzurro, è giunto nella colonia Nueva Capital; le 5 persone a bordo portavano passamontagna, uniformi della Direzione Nazionale d’Investigazione Criminale (DNIC), fucili Galil e pistole da nove millimetri. Sono scese e senza mostrare ordine di cattura hanno arrestato il Sig. Santos Corrales Garcia, portandolo via verso destino sconosciuto. La domenica all'una del mattino, è arrivato un altro veicolo (probabilmente il medesimo) alle abitazioni di Vilma Yolanda Martinez, Sandra Yamileth Ordoñez, Luis Carballo ed Isidro Baca. I sequestratori li hanno tirati fuori dalle loro case, durante il percorso hanno messo loro in testa delle borse nere per far perdere l'orientamento, li hanno tenuti in dimore clandestine o presunte celle poliziesche, nel corso degli interrogatori hanno chiesto della Sig. Ada Marina Castillo. Quest’ultima è una delle responsabili della bottega, dove la Resistenza immagazzina viveri e soprattutto acqua per le marce che la gente compie.
Mercoledì, dopo il comunicato, hanno rimesso in libertà le signore Vilma Yolanda Martinez e Sandra Yamileth Ordoñez ed il Sig. Luis Carballo, abbandonati all'uscita nord della capitale della Repubblica, con le mani ed i piedi legati, mentre il Sig. Isidro Baca lo hanno lasciato alla periferia della città di Choluteca, a 120 chilometri dalla capitale, luogo dove fu sequestrato. Lasciandoli liberi li hanno avvertiti che avevano tre giorni di tempo per abbandonare il quartiere dove vivono o il paese.
Gli sforzi del CODEH per garantire la sopravvivenza di tutte le persone scomparse non hanno dato completamente frutto, poiché oggi è stato ritrovato il cadavere del Sig. Santos Corrales Garcia nella comunità di Lepaterique, decapitato: così è entrato all'obitorio e fin’ora la testa non è stata ritrovata.
Quest’orrendo crimine si aggiunge ad altri già avvenuti, in cui i corpi presentano segni di tortura brutale, come lingua e orecchie mozzate. Il CODEH è del parere che quest’aggressione, di bassa intensità, sia finalizzata alla costruzione della paura collettiva, che chi dirige questi crimini lo stia facendo con calcolo matematico, col silenzio della gerarchia della Chiesa Cattolica e di un settore della gerarchia Protestante, accompagnata dal silenzio e dalla giustificazione del Delegato Nazionale dei Diritti Umani. Giorni prima, dal CODEH avevamo annunciato il massacro e tutto ciò non è stato fermato; hanno cambiato il metodo: non potendoci assassinare nelle urne elettorali, lo stanno facendo in silenzio e con calcolo sistematico.
È necessario che il mondo sappia ciò che succede in Honduras, è necessario che il Sig. Obama renda merito al premio Nobel per la Pace, denunciando al mondo quanto succede in Honduras; com’è possibile che parlino di Commissione della Verità sulla violazione sistematica dei Diritti Umani, quando nessun paese al mondo parla della verità sulla guerra; questa termina, affinché ci siano pace e verità. In Honduras dovrà finire il regime militare d’aggressione che oggi ci perseguita ed assassina, affinché incominciamo a dialogare sulla verità, la verità di ieri (degli anni ’80), e la verità di oggi, poiché gli impuniti del passato sono gli impuniti del presente.
Come CODEH domandiamo a voi, che ci leggete: “Diteci, che cosa possiamo fare?” Questo è un regime dove si prendono gioco delle misure protettive stabilite dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani. C'è qualche organismo che possa aiutarci a fermare quest’orrendo crimine, che ha lo scopo di creare il terrore collettivo? Qualcuno può aiutarci a trovare coloro che stanno appoggiando questo regime terroristico? Chiediamo un'indagine che ci dia le basi per far conoscere al mondo chi sta appoggiando questo regime di morte ed impunità. In ogni caso, fermate quest’aggressione all'umanità!
Tegucigalpa - Municipio del Distretto Centrale - 11 dicembre 2009
Commissione Esecutiva della Direzione Nazionale
Lottiamo per la Pace difendendo i Diritti Umani e la Giustizia
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=3083:reaparece-la-desaparicion-forzada-y-el-crimen-politico&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero
In data 7 dicembre dell'anno in corso abbiamo diffuso la notizia della sparizione forzata delle signore Vilma Martinez e Sonia Castillo e di altre quattro persone; il CODEH chiarisce che la Sig. Sonia Castillo non è persona scomparsa e che c’è stata una confusione di nomi; il nome di Sonia Castillo corrisponde a quello di Ada Marina Castillo, ricercata dagli autori di quest’atto criminale.
I sequestri o sparizioni sono avvenute in questo modo. Sabato 4 dicembre alle 3 del pomeriggio un veicolo Tacoma di colore azzurro, è giunto nella colonia Nueva Capital; le 5 persone a bordo portavano passamontagna, uniformi della Direzione Nazionale d’Investigazione Criminale (DNIC), fucili Galil e pistole da nove millimetri. Sono scese e senza mostrare ordine di cattura hanno arrestato il Sig. Santos Corrales Garcia, portandolo via verso destino sconosciuto. La domenica all'una del mattino, è arrivato un altro veicolo (probabilmente il medesimo) alle abitazioni di Vilma Yolanda Martinez, Sandra Yamileth Ordoñez, Luis Carballo ed Isidro Baca. I sequestratori li hanno tirati fuori dalle loro case, durante il percorso hanno messo loro in testa delle borse nere per far perdere l'orientamento, li hanno tenuti in dimore clandestine o presunte celle poliziesche, nel corso degli interrogatori hanno chiesto della Sig. Ada Marina Castillo. Quest’ultima è una delle responsabili della bottega, dove la Resistenza immagazzina viveri e soprattutto acqua per le marce che la gente compie.
Mercoledì, dopo il comunicato, hanno rimesso in libertà le signore Vilma Yolanda Martinez e Sandra Yamileth Ordoñez ed il Sig. Luis Carballo, abbandonati all'uscita nord della capitale della Repubblica, con le mani ed i piedi legati, mentre il Sig. Isidro Baca lo hanno lasciato alla periferia della città di Choluteca, a 120 chilometri dalla capitale, luogo dove fu sequestrato. Lasciandoli liberi li hanno avvertiti che avevano tre giorni di tempo per abbandonare il quartiere dove vivono o il paese.
Gli sforzi del CODEH per garantire la sopravvivenza di tutte le persone scomparse non hanno dato completamente frutto, poiché oggi è stato ritrovato il cadavere del Sig. Santos Corrales Garcia nella comunità di Lepaterique, decapitato: così è entrato all'obitorio e fin’ora la testa non è stata ritrovata.
Quest’orrendo crimine si aggiunge ad altri già avvenuti, in cui i corpi presentano segni di tortura brutale, come lingua e orecchie mozzate. Il CODEH è del parere che quest’aggressione, di bassa intensità, sia finalizzata alla costruzione della paura collettiva, che chi dirige questi crimini lo stia facendo con calcolo matematico, col silenzio della gerarchia della Chiesa Cattolica e di un settore della gerarchia Protestante, accompagnata dal silenzio e dalla giustificazione del Delegato Nazionale dei Diritti Umani. Giorni prima, dal CODEH avevamo annunciato il massacro e tutto ciò non è stato fermato; hanno cambiato il metodo: non potendoci assassinare nelle urne elettorali, lo stanno facendo in silenzio e con calcolo sistematico.
È necessario che il mondo sappia ciò che succede in Honduras, è necessario che il Sig. Obama renda merito al premio Nobel per la Pace, denunciando al mondo quanto succede in Honduras; com’è possibile che parlino di Commissione della Verità sulla violazione sistematica dei Diritti Umani, quando nessun paese al mondo parla della verità sulla guerra; questa termina, affinché ci siano pace e verità. In Honduras dovrà finire il regime militare d’aggressione che oggi ci perseguita ed assassina, affinché incominciamo a dialogare sulla verità, la verità di ieri (degli anni ’80), e la verità di oggi, poiché gli impuniti del passato sono gli impuniti del presente.
Come CODEH domandiamo a voi, che ci leggete: “Diteci, che cosa possiamo fare?” Questo è un regime dove si prendono gioco delle misure protettive stabilite dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani. C'è qualche organismo che possa aiutarci a fermare quest’orrendo crimine, che ha lo scopo di creare il terrore collettivo? Qualcuno può aiutarci a trovare coloro che stanno appoggiando questo regime terroristico? Chiediamo un'indagine che ci dia le basi per far conoscere al mondo chi sta appoggiando questo regime di morte ed impunità. In ogni caso, fermate quest’aggressione all'umanità!
Tegucigalpa - Municipio del Distretto Centrale - 11 dicembre 2009
Commissione Esecutiva della Direzione Nazionale
Lottiamo per la Pace difendendo i Diritti Umani e la Giustizia
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Tradotto da Adelina Bottero
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13 dicembre, 2009
Terrore in Honduras: sequestrato e decapitato un attivista della Resistenza
di Gennaro Carotenuto
Non risulta che ci siano prese di posizione di Álvaro Uribe o Hillary Clinton, il fior fiore della democrazia occidentale, né una riga sola scritta dai gagliardi Omero Ciai, Rocco Cotroneo o Emiliano Guanella, i Pulitzer della stampa italiana sull’America latina, sul ritrovamento del corpo decapitato di Santos Corrales García, un attivista della resistenza hondureña a 50 km dalla capitale Tegucigalpa.
Secondo molteplici testimonianze, raccolte dal Codeh, una ONG in difesa dei diritti umani, Santos era stato sequestrato poco più di una settimana fa da cinque incappucciati in divisa di uno dei corpi di polizia della dittatura di Roberto Micheletti insieme ad altre quattro persone, tutti attivisti della Resistenza al golpe del 28 giugno. Sempre secondo il Codeh Santos Corrales García sarebbe stato sequestrato e torturato per estorcere informazioni su Ada Marina Castillo, una dirigente della Resistenza.
Infine è stato ucciso e decapitato (con la complicità di chi ha riconosciuto le elezioni del passato 29 novembre e della stampa che non denuncia tali barbarie) e il suo corpo fatto ritrovare per lanciare a tutti i democratici honduregni e latinoamericani un messaggio di terrore.
Tutto tranquillo in Honduras?
Non risulta che ci siano prese di posizione di Álvaro Uribe o Hillary Clinton, il fior fiore della democrazia occidentale, né una riga sola scritta dai gagliardi Omero Ciai, Rocco Cotroneo o Emiliano Guanella, i Pulitzer della stampa italiana sull’America latina, sul ritrovamento del corpo decapitato di Santos Corrales García, un attivista della resistenza hondureña a 50 km dalla capitale Tegucigalpa.
Secondo molteplici testimonianze, raccolte dal Codeh, una ONG in difesa dei diritti umani, Santos era stato sequestrato poco più di una settimana fa da cinque incappucciati in divisa di uno dei corpi di polizia della dittatura di Roberto Micheletti insieme ad altre quattro persone, tutti attivisti della Resistenza al golpe del 28 giugno. Sempre secondo il Codeh Santos Corrales García sarebbe stato sequestrato e torturato per estorcere informazioni su Ada Marina Castillo, una dirigente della Resistenza.
Infine è stato ucciso e decapitato (con la complicità di chi ha riconosciuto le elezioni del passato 29 novembre e della stampa che non denuncia tali barbarie) e il suo corpo fatto ritrovare per lanciare a tutti i democratici honduregni e latinoamericani un messaggio di terrore.
Tutto tranquillo in Honduras?
Etichette: Honduras
09 dicembre, 2009
Massacrati a Tegucigalpa 5 giovani, membri della Resistenza
Lunedì, 7 dicembre 2009
Costernazione in Honduras per il brutale assassinio di cinque ragazzi membri della Resistenza Popolare, compiuto dagli squadroni della morte. La polizia "indaga" sulle cause di questo crimine.
Da: http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2992:masacran-a-5-jovenes-miembros-de-la-resistencia-en-tegucigalpa--video&catid=1:noticias-generales
Costernazione in Honduras per il brutale assassinio di cinque ragazzi membri della Resistenza Popolare, compiuto dagli squadroni della morte. La polizia "indaga" sulle cause di questo crimine.
Da: http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2992:masacran-a-5-jovenes-miembros-de-la-resistencia-en-tegucigalpa--video&catid=1:noticias-generales
Etichette: Honduras
SPARIZIONE FORZATA E CRIMINE POLITICO RITORNANO IN HONDURAS
Massacri ed aggressioni contro membri della resistenza ed i loro familiari continuano, come accaduto anche oggi, 5 dicembre. Diversi uomini incappucciati, che indossavano la divisa della Direzione Nazionale d’Investigazione Criminale (DNIC), sono giunti all'una del mattino nei sobborghi El Carrizal e Mery Flores, irrompendo violentemente nelle case delle signore Vilma Martínez e Sonia Castillo. Cercavano la Sig.ra Ada Martínez, attivista della Resistenza contro il colpo di stato; non trovandola, si sono portati via le suddette signore.
Questo squadrone della morte ha continuato il suo percorso perquisendo altre abitazioni nel sobborgo El Carrizal e sequestrando altre quattro persone legate alla resistenza; fino al momento in cui si sta diffondendo questo appello, risultano scomparse.
Il CODEH denuncia la complicità del potere giudiziario in questa pratica, che costituisce delitto di lesa umanità. Denuncia che ai numeri utilizzabili per contattare il potere giudiziario, al fine di interporre ricorso d’esibizione della persona, risponde un individuo che dichiara esplicitamente d’appartenere alle forze armate dell’Honduras e che non vi è disponibilità ad occuparsi di tali appelli. Rendiamo noto che fin’ora è stato reso impossibile presentare un Habeas Corpus in favore delle vittime, telefonando al numero 225-3928 interno 121, corrispondente ai Tribunali Unificati di Francisco Morazán.
In ore mattutine del 4 del corrente mese, sono stati perquisiti gli uffici editoriali del giornale El Libertador; gli esecutori si sono portati via il computer che conteneva il materiale per la prossima edizione; hanno abusato di una delle impiegate, minacciandola con molestie sessuali.
Il CODEH ha denunciato la creazione di squadroni della morte organizzati dal regime militare e diretti da ex-membri del Battaglione 3-16, che operano da uffici pubblici dello stato; queste persone hanno ricevuto addestramento da ex-militari dell'esercito israeliano, venuti in Honduras col fine di prestare tali servizi.
Il CODEH è preoccupato per la situazione di persecuzione selettiva che si è scatenata nel paese, a partire da strutture clandestine, dirette da ufficiali delle forze armate dell’Honduras e della polizia nazionale. Questa pratica ha provocato l’emigrazione, attualmente, di oltre quindici persone e famiglie, obbligate a lasciare il paese a causa della persecuzione, delle violazioni di domicilio in ore notturne e degli attentati criminali. Tali pratiche corrispondono agli squadroni della morte organizzati ormai in Honduras; il CODEH ha presentato, pubblicamente, le foto dei membri di queste strutture. Trasmettiamo l’allarme alla comunità internazionale circa l’esilio forzato di famiglie dovuto alla persecuzione politica: donne e bambini/bambine hanno incominciato ad abbandonare questo paese. La persecuzione selettiva minaccia ogni giorno con maggior forza la vita, l'integrità fisica, psichica e morale, così come la libertà.
Parallelamente a quest’aggressione esiste una campagna mediatica d’incitamento all'odio verso i difensori dei diritti umani. Tra i giornalisti che si dedicano a fomentarla vi è il Sig. Rodrigo Wong Arévalo, il quale ha riferito, con sorpresa, che le persone private della loro libertà nell’ambito della persecuzione politica, posseggono il telefono del presidente del CODEH, il nostro compagno Andrés Pavón. Il numero del presidente del CODEH è pubblico, l'abbiamo annunciato per radio e televisione, affinché fosse disponibile a tutti/tutte coloro che oggi sono perseguitati in Honduras, per il fatto di non chinarsi di fronte al colpo di stato.
Infine richiediamo alle forze armate dell’Honduras e alla polizia nazionale di rimettere sane e salve in libertà le persone rapite oggi, avendo il CODEH le prove fortemente indiziarie della responsabilità di queste strutture. La sparizione forzata sta nuovamente esponendo il suo volto d’impunità con questo regime militare di fatto; gli impuniti di ieri sono gli impuniti di oggi.
Tegucigalpa - Distretto del Municipio Centrale - 5 dicembre 2009
Commissione Esecutiva del Comitato per la Difesa dei Diritti Umani in Honduras - CODEH
Lottiamo per la Pace difendendo i Diritti Umani e la Giustizia
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2990:reaparece-la-desaparicion-forzada-y-el-crimen-politico-en-honduras&catid=1:noticias-generales
Traduzione di Adelina Bottero
Questo squadrone della morte ha continuato il suo percorso perquisendo altre abitazioni nel sobborgo El Carrizal e sequestrando altre quattro persone legate alla resistenza; fino al momento in cui si sta diffondendo questo appello, risultano scomparse.
Il CODEH denuncia la complicità del potere giudiziario in questa pratica, che costituisce delitto di lesa umanità. Denuncia che ai numeri utilizzabili per contattare il potere giudiziario, al fine di interporre ricorso d’esibizione della persona, risponde un individuo che dichiara esplicitamente d’appartenere alle forze armate dell’Honduras e che non vi è disponibilità ad occuparsi di tali appelli. Rendiamo noto che fin’ora è stato reso impossibile presentare un Habeas Corpus in favore delle vittime, telefonando al numero 225-3928 interno 121, corrispondente ai Tribunali Unificati di Francisco Morazán.
In ore mattutine del 4 del corrente mese, sono stati perquisiti gli uffici editoriali del giornale El Libertador; gli esecutori si sono portati via il computer che conteneva il materiale per la prossima edizione; hanno abusato di una delle impiegate, minacciandola con molestie sessuali.
Il CODEH ha denunciato la creazione di squadroni della morte organizzati dal regime militare e diretti da ex-membri del Battaglione 3-16, che operano da uffici pubblici dello stato; queste persone hanno ricevuto addestramento da ex-militari dell'esercito israeliano, venuti in Honduras col fine di prestare tali servizi.
Il CODEH è preoccupato per la situazione di persecuzione selettiva che si è scatenata nel paese, a partire da strutture clandestine, dirette da ufficiali delle forze armate dell’Honduras e della polizia nazionale. Questa pratica ha provocato l’emigrazione, attualmente, di oltre quindici persone e famiglie, obbligate a lasciare il paese a causa della persecuzione, delle violazioni di domicilio in ore notturne e degli attentati criminali. Tali pratiche corrispondono agli squadroni della morte organizzati ormai in Honduras; il CODEH ha presentato, pubblicamente, le foto dei membri di queste strutture. Trasmettiamo l’allarme alla comunità internazionale circa l’esilio forzato di famiglie dovuto alla persecuzione politica: donne e bambini/bambine hanno incominciato ad abbandonare questo paese. La persecuzione selettiva minaccia ogni giorno con maggior forza la vita, l'integrità fisica, psichica e morale, così come la libertà.
Parallelamente a quest’aggressione esiste una campagna mediatica d’incitamento all'odio verso i difensori dei diritti umani. Tra i giornalisti che si dedicano a fomentarla vi è il Sig. Rodrigo Wong Arévalo, il quale ha riferito, con sorpresa, che le persone private della loro libertà nell’ambito della persecuzione politica, posseggono il telefono del presidente del CODEH, il nostro compagno Andrés Pavón. Il numero del presidente del CODEH è pubblico, l'abbiamo annunciato per radio e televisione, affinché fosse disponibile a tutti/tutte coloro che oggi sono perseguitati in Honduras, per il fatto di non chinarsi di fronte al colpo di stato.
Infine richiediamo alle forze armate dell’Honduras e alla polizia nazionale di rimettere sane e salve in libertà le persone rapite oggi, avendo il CODEH le prove fortemente indiziarie della responsabilità di queste strutture. La sparizione forzata sta nuovamente esponendo il suo volto d’impunità con questo regime militare di fatto; gli impuniti di ieri sono gli impuniti di oggi.
Tegucigalpa - Distretto del Municipio Centrale - 5 dicembre 2009
Commissione Esecutiva del Comitato per la Difesa dei Diritti Umani in Honduras - CODEH
Lottiamo per la Pace difendendo i Diritti Umani e la Giustizia
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Traduzione di Adelina Bottero
Etichette: Honduras
07 dicembre, 2009
L'ALBA CHE VIENE DIPENDE DA NOI LE NOSTRE FORZE E CONVINZIONI
Erasto Reyes - Fronte Nazionale di Resistenza Contro il Colpo di Stato - Bloque Popular
I fatti del 28 giugno scorso confermano che coloro che si credono padroni dell’Honduras ed i loro alleati transnazionali, non sono disposti a cedere al popolo povero una briciola di libertà, democrazia reale e allargamento della partecipazione popolare nel decidere il presente e il futuro della nazione, in modo da permettere di vivere in condizioni di dignità e giustizia sociale. Pertanto l'accordo Guaymuras ed il suo contenuto non sono altro che il riflesso della trappola e dell’inganno cui venne sottoposto il Presidente Zelaya, imposti da Washington e forgiati in maniera da ossigenare, riproporre e consolidare il colpo di stato.
Siamo di fronte a due esibizioni preordinate: l'accordo Guaymuras e le elezioni. Nel caso delle elezioni, il fine era gonfiare i risultati, ottenendo così dalla comunità internazionale il riconoscimento del governo di fatto e del “nuovo governo”. Questa è la loro scusa per non reinsediare Zelaya come Presidente, giacché la presunta “partecipazione massiccia” alle elezioni ha dato loro un assegno in bianco, ancora una volta si sono presi gioco di uomini e donne assassinati, imprigionati, perseguitati, repressi. In conclusione: è una vergogna avere un gruppo di politici-deputati venditori della patria, servili e retrogradi, nemici della vera integrazione tra i popoli, che vivono congelati nel passato politico, ai quali sicuramente questo popolo e la storia riserveranno una condanna imprescrittibile.
Quanto prima il “governo subentrante” dovrà capire che ha i piedi di fango o è un castello di sabbia: la sua legittimità non viene dalla maggioranza del popolo honduregno, questo non dev’essere un segreto per nessuno, salvo per coloro che sanno che reinsediare Zelaya è come ammettere un delitto e accettarne le conseguenze. In tal senso i piani della Resistenza Popolare puntano maggiormente all'esigenza di un’Assemblea Nazionale Costituente ed, ovviamente, a creare ed incrementare le migliori forme di lotta sempre pacifiche, ma di maggior portata a livello sociale e politico. Il futuro è di lotta, l'oligarchia è destinata ad essere accerchiata dalle forze popolari, che preannunciano un paese che sradichi la miseria, la disoccupazione, la terziarizzazione del lavoro, tante violazioni di diritti umani, lavorativi e sindacali contro donne ed uomini di tutte le età. Non ci sono dubbi nelle nostre convinzioni, questa resistenza sarà la sepoltura del vecchio Honduras, affinché nasca la Patria Nuova cui aspiriamo senza esclusioni di alcun tipo.
Per questo affermiamo e ribadiamo che la cosa migliore che ha partorito l’Honduras del XXI secolo è questo movimento di resistenza nobile, pacifico, giusto, caparbio e testardo, che si afferra alla piena democrazia e all'ampliamento della partecipazione popolare, che condanna l'interventismo e respinge l'ingerenza, da qualunque parte venga.
Nessuno s’immaginava che il popolo honduregno potesse reagire come ha fatto fin’ora. Si è venuto costruendo tale salto di qualità dall'anno 2000, con la creazione di molte istanze quali: il Blocco Popolare, l'Assemblea Popolare Permanente, il Coordinamento di Organizzazioni Popolari di Aguan, il Coordinamento Nazionale di Resistenza Popolare (2003) come spazio nazionale che agglutinava lo scontento popolare, il Movimento Ampio per la Dignità e la Giustizia coi suoi grandi sforzi. Confluimmo insieme a molti altri attivisti sociali e politici, creando anche al Fronte Nazionale di Resistenza Contro il Colpo di Stato dopo quel funereo 28 giugno.
È necessario che la solidarietà internazionale dei popoli, le sue organizzazioni sindacali e sociali, i collettivi, piattaforme, spazi vari, così come i governi nazionali ed autonomi, continuino ad essere saldi, presenti, vigili, continuino a prestare attenzione agli eventi che emergono in Honduras. Speriamo in questo ed altri sforzi, che ci permettano di ricostruire la democrazia per tutto il popolo. Continuate a venire qui a constatare tante villanie e violazioni dei diritti umani, lavorativi e sindacali. Coi progetti di cooperazione cercate di arrivare direttamente al popolo, non passate attraverso il governo.
Inoltre condanniamo quei governi che, tradendo la volontà dei loro popoli, riconoscono le elezioni-farsa del passato 29 novembre. Secondo noi l'astensionismo ha raggiunto il 70 %. Pertanto il loro atteggiamento non è nuovo: lo dimostrano tanto con l’Honduras, quanto verso i loro stessi popoli. In altri termini: è pollame del medesimo cortile.
Questa battaglia è di tutti/e coloro che lottano per la vita, ed in tal senso speriamo continuino ad accompagnare questa resistenza pacifica non-violenta.
L'alba che viene dipende da noi, dalle nostre forze e convinzioni.
Vinceremo.
San Pedro Sula, 3 dicembre 2009
Erasto Reyes - Fronte Nazionale di Resistenza Contro il Colpo di Stato - Bloque Polpular
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2967:l-amanecer-que-viene-depende-de-nosotros&catid=2:opinion
Tradotto da Adelina Bottero
I fatti del 28 giugno scorso confermano che coloro che si credono padroni dell’Honduras ed i loro alleati transnazionali, non sono disposti a cedere al popolo povero una briciola di libertà, democrazia reale e allargamento della partecipazione popolare nel decidere il presente e il futuro della nazione, in modo da permettere di vivere in condizioni di dignità e giustizia sociale. Pertanto l'accordo Guaymuras ed il suo contenuto non sono altro che il riflesso della trappola e dell’inganno cui venne sottoposto il Presidente Zelaya, imposti da Washington e forgiati in maniera da ossigenare, riproporre e consolidare il colpo di stato.
Siamo di fronte a due esibizioni preordinate: l'accordo Guaymuras e le elezioni. Nel caso delle elezioni, il fine era gonfiare i risultati, ottenendo così dalla comunità internazionale il riconoscimento del governo di fatto e del “nuovo governo”. Questa è la loro scusa per non reinsediare Zelaya come Presidente, giacché la presunta “partecipazione massiccia” alle elezioni ha dato loro un assegno in bianco, ancora una volta si sono presi gioco di uomini e donne assassinati, imprigionati, perseguitati, repressi. In conclusione: è una vergogna avere un gruppo di politici-deputati venditori della patria, servili e retrogradi, nemici della vera integrazione tra i popoli, che vivono congelati nel passato politico, ai quali sicuramente questo popolo e la storia riserveranno una condanna imprescrittibile.
Quanto prima il “governo subentrante” dovrà capire che ha i piedi di fango o è un castello di sabbia: la sua legittimità non viene dalla maggioranza del popolo honduregno, questo non dev’essere un segreto per nessuno, salvo per coloro che sanno che reinsediare Zelaya è come ammettere un delitto e accettarne le conseguenze. In tal senso i piani della Resistenza Popolare puntano maggiormente all'esigenza di un’Assemblea Nazionale Costituente ed, ovviamente, a creare ed incrementare le migliori forme di lotta sempre pacifiche, ma di maggior portata a livello sociale e politico. Il futuro è di lotta, l'oligarchia è destinata ad essere accerchiata dalle forze popolari, che preannunciano un paese che sradichi la miseria, la disoccupazione, la terziarizzazione del lavoro, tante violazioni di diritti umani, lavorativi e sindacali contro donne ed uomini di tutte le età. Non ci sono dubbi nelle nostre convinzioni, questa resistenza sarà la sepoltura del vecchio Honduras, affinché nasca la Patria Nuova cui aspiriamo senza esclusioni di alcun tipo.
Per questo affermiamo e ribadiamo che la cosa migliore che ha partorito l’Honduras del XXI secolo è questo movimento di resistenza nobile, pacifico, giusto, caparbio e testardo, che si afferra alla piena democrazia e all'ampliamento della partecipazione popolare, che condanna l'interventismo e respinge l'ingerenza, da qualunque parte venga.
Nessuno s’immaginava che il popolo honduregno potesse reagire come ha fatto fin’ora. Si è venuto costruendo tale salto di qualità dall'anno 2000, con la creazione di molte istanze quali: il Blocco Popolare, l'Assemblea Popolare Permanente, il Coordinamento di Organizzazioni Popolari di Aguan, il Coordinamento Nazionale di Resistenza Popolare (2003) come spazio nazionale che agglutinava lo scontento popolare, il Movimento Ampio per la Dignità e la Giustizia coi suoi grandi sforzi. Confluimmo insieme a molti altri attivisti sociali e politici, creando anche al Fronte Nazionale di Resistenza Contro il Colpo di Stato dopo quel funereo 28 giugno.
È necessario che la solidarietà internazionale dei popoli, le sue organizzazioni sindacali e sociali, i collettivi, piattaforme, spazi vari, così come i governi nazionali ed autonomi, continuino ad essere saldi, presenti, vigili, continuino a prestare attenzione agli eventi che emergono in Honduras. Speriamo in questo ed altri sforzi, che ci permettano di ricostruire la democrazia per tutto il popolo. Continuate a venire qui a constatare tante villanie e violazioni dei diritti umani, lavorativi e sindacali. Coi progetti di cooperazione cercate di arrivare direttamente al popolo, non passate attraverso il governo.
Inoltre condanniamo quei governi che, tradendo la volontà dei loro popoli, riconoscono le elezioni-farsa del passato 29 novembre. Secondo noi l'astensionismo ha raggiunto il 70 %. Pertanto il loro atteggiamento non è nuovo: lo dimostrano tanto con l’Honduras, quanto verso i loro stessi popoli. In altri termini: è pollame del medesimo cortile.
Questa battaglia è di tutti/e coloro che lottano per la vita, ed in tal senso speriamo continuino ad accompagnare questa resistenza pacifica non-violenta.
L'alba che viene dipende da noi, dalle nostre forze e convinzioni.
Vinceremo.
San Pedro Sula, 3 dicembre 2009
Erasto Reyes - Fronte Nazionale di Resistenza Contro il Colpo di Stato - Bloque Polpular
http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2967:l-amanecer-que-viene-depende-de-nosotros&catid=2:opinion
Tradotto da Adelina Bottero
Etichette: Honduras
L'Europa degli inutili
di Fabrizio Casari
Johannes Cornelis van Baalen, parlamentare europeo, è il Presidente dell’Internazionale liberale, una specie di setta degli inutili che potrebbe riunire le sue assisi internazionali in una cabina del telefono. L’influenza dell’organizzazione, poi, è simile al nulla e quindi presiederla non rappresenta certo l’aspirazione massima per nessuno. Ma Johannes van Baalen si sente investito di una vera e propria missione politica; si agita molto e fa di tutto per rendersi utile ai circoli dell’estrema destra europea e statunitense. Le sue recenti avventure l’hanno visto protagonista di un giro per l’America centrale dove, alla testa di una delegazione quantomeno imbarazzante, ha offerto il meglio di sé. La prima tappa del suo viaggio è stata il Nicaragua, dove van Baalen ha incontrato esponenti dell’opposizione e del governo.
Fino a quando gli incontri hanno riguardato gli esponenti politici governativi, l’impressione che van Baalen dava era quella di un personaggio che miscelava arroganza ed ignoranza; pazienza, avevano pensato le autorità nicaraguensi, non è né il primo né l’ultimo esponente politico con siffatte caratteristiche a recarsi in visita nel paese dal 1979 ad oggi. Ma negli incontri con l’opposizione van Baalen ha offerto la definitiva prova delle due qualità già evidenziate, chiedendo letteralmente ed insistentemente ai vertici militari di promuovere un colpo di Stato contro il legittimo governo guidato da Daniel Ortega ed offrendo agli eventuali
golpisti l’appoggio sia dell’Internazionale liberale che del Parlamento Europeo.
La risposta dei militari è stata, naturalmente, quella di spiegare al soggetto che l’esercito nicaraguense risponde alla Costituzione ed al potere politico, ma quella della Cancelleria nicaraguense è stata ancora più chiara: l’idiota ha avuto un decreto di espulsione e 24 ore di tempo per lasciare il paese. Ha protestato e minacciato il presunto esponente politico, ma ha capito rapidamente che era meglio sbrigarsi e lasciare il paese di Sandino. E così ha fatto, recandosi in Honduras, dove è corso ad abbracciare il golpista Micheletti al quale ha rinnovato l’appoggio politico suo e della setta di cui è presidente.
A Micheletti non sembrava vero: da quando si è illegittimamente insediato, van Baalen è il primo esponente politico che accetta d’incontrarlo pubblicamente e, soprattutto, dei molti ad averlo appoggiato in silenzio (il Dipartimento di Stato Usa in primo luogo), van Baalen è il primo a farlo apertamente. Avere l’appoggio di ipotetici liberali alla vigilia delle elezioni farsa, era merce politica da esibire.
“E’ stato un piacere dire al presidente Micheletti che il congresso dell’Internazionale liberale, due settimane orsono, lo ha eletto come uno dei suoi Vicepresidenti”. Queste, mica altre, le parole di van Baalen a Tegucigalpa. Parole vergognose cui hanno fatto seguito dichiarazioni da neurodeliri, come “con il suo coraggio, Micheletti ha reso possibile che il processo elettorale abbia luogo il 29 novembre: questo é un atto enorme, e valoroso in favore della democrazia”.
Dunque il golpista Micheletti è Vicepresidente dell’Internazionale liberale: due buffonate in una persona sola.
Lasciata Tegucigalpa, l’eurodeputato olandese é rientrato a Strasburgo: ancora euforico per aver visto la sua foto su un paio di giornali golpisti, dev’essersi convinto che la sua uscita dall’anonimato era ormai definitiva. Ha quindi convinto il suo gruppo al Parlamento Europeo a riunirsi ed a proporre un voto contro il Nicaragua. Il voto è stato espresso nell’ambito di una sessione dedicata ai “motivi urgenti” senza che fosse stata data preventiva informazione sul fatto che nella seduta si prevedesse un voto contro il Nicaragua. Il motivo del voto? “Minacce,
insulti ed intimidazioni ricevute dalla delegazione dell’Internazionale liberale in Nicaragua”. Il gruppo socialista, i Verdi e la Sinistra Unita (Gue) non hanno partecipato al voto ed hanno protestato per la strumentalità e la scorrettezza dell’agire del gruppo liberale, che non ha avvertito le commissioni di quale risoluzione sarebbe stata oggetto del voto.
Ma la cosa sconcertante è che il Parlamento Europeo non sente il bisogno di una mozione di censura a van Baalen. Sarebbe bene ricordare che l’Unione Europea si è pronunciata unitariamente in maniera durissima contro il golpe in Honduras, contro il quale ha promosso sanzioni politiche e commerciali ed ha ripetutamente chiesto il reintegro al governo del deposto Presidente legittimo, Manuel Zelaya.
Van Baalen e i liberali devono essersi distratti nella circostanza. Avranno pensato che l’essere nati in Europa conferisce loro una patina di superiorità che li esime dal dovere della decenza. Si chiamano liberali ma stanno con i golpisti. Contraddizioni grandi per un gruppetto minuscolo di inutili.
Johannes Cornelis van Baalen, parlamentare europeo, è il Presidente dell’Internazionale liberale, una specie di setta degli inutili che potrebbe riunire le sue assisi internazionali in una cabina del telefono. L’influenza dell’organizzazione, poi, è simile al nulla e quindi presiederla non rappresenta certo l’aspirazione massima per nessuno. Ma Johannes van Baalen si sente investito di una vera e propria missione politica; si agita molto e fa di tutto per rendersi utile ai circoli dell’estrema destra europea e statunitense. Le sue recenti avventure l’hanno visto protagonista di un giro per l’America centrale dove, alla testa di una delegazione quantomeno imbarazzante, ha offerto il meglio di sé. La prima tappa del suo viaggio è stata il Nicaragua, dove van Baalen ha incontrato esponenti dell’opposizione e del governo.
Fino a quando gli incontri hanno riguardato gli esponenti politici governativi, l’impressione che van Baalen dava era quella di un personaggio che miscelava arroganza ed ignoranza; pazienza, avevano pensato le autorità nicaraguensi, non è né il primo né l’ultimo esponente politico con siffatte caratteristiche a recarsi in visita nel paese dal 1979 ad oggi. Ma negli incontri con l’opposizione van Baalen ha offerto la definitiva prova delle due qualità già evidenziate, chiedendo letteralmente ed insistentemente ai vertici militari di promuovere un colpo di Stato contro il legittimo governo guidato da Daniel Ortega ed offrendo agli eventuali
golpisti l’appoggio sia dell’Internazionale liberale che del Parlamento Europeo.
La risposta dei militari è stata, naturalmente, quella di spiegare al soggetto che l’esercito nicaraguense risponde alla Costituzione ed al potere politico, ma quella della Cancelleria nicaraguense è stata ancora più chiara: l’idiota ha avuto un decreto di espulsione e 24 ore di tempo per lasciare il paese. Ha protestato e minacciato il presunto esponente politico, ma ha capito rapidamente che era meglio sbrigarsi e lasciare il paese di Sandino. E così ha fatto, recandosi in Honduras, dove è corso ad abbracciare il golpista Micheletti al quale ha rinnovato l’appoggio politico suo e della setta di cui è presidente.
A Micheletti non sembrava vero: da quando si è illegittimamente insediato, van Baalen è il primo esponente politico che accetta d’incontrarlo pubblicamente e, soprattutto, dei molti ad averlo appoggiato in silenzio (il Dipartimento di Stato Usa in primo luogo), van Baalen è il primo a farlo apertamente. Avere l’appoggio di ipotetici liberali alla vigilia delle elezioni farsa, era merce politica da esibire.
“E’ stato un piacere dire al presidente Micheletti che il congresso dell’Internazionale liberale, due settimane orsono, lo ha eletto come uno dei suoi Vicepresidenti”. Queste, mica altre, le parole di van Baalen a Tegucigalpa. Parole vergognose cui hanno fatto seguito dichiarazioni da neurodeliri, come “con il suo coraggio, Micheletti ha reso possibile che il processo elettorale abbia luogo il 29 novembre: questo é un atto enorme, e valoroso in favore della democrazia”.
Dunque il golpista Micheletti è Vicepresidente dell’Internazionale liberale: due buffonate in una persona sola.
Lasciata Tegucigalpa, l’eurodeputato olandese é rientrato a Strasburgo: ancora euforico per aver visto la sua foto su un paio di giornali golpisti, dev’essersi convinto che la sua uscita dall’anonimato era ormai definitiva. Ha quindi convinto il suo gruppo al Parlamento Europeo a riunirsi ed a proporre un voto contro il Nicaragua. Il voto è stato espresso nell’ambito di una sessione dedicata ai “motivi urgenti” senza che fosse stata data preventiva informazione sul fatto che nella seduta si prevedesse un voto contro il Nicaragua. Il motivo del voto? “Minacce,
insulti ed intimidazioni ricevute dalla delegazione dell’Internazionale liberale in Nicaragua”. Il gruppo socialista, i Verdi e la Sinistra Unita (Gue) non hanno partecipato al voto ed hanno protestato per la strumentalità e la scorrettezza dell’agire del gruppo liberale, che non ha avvertito le commissioni di quale risoluzione sarebbe stata oggetto del voto.
Ma la cosa sconcertante è che il Parlamento Europeo non sente il bisogno di una mozione di censura a van Baalen. Sarebbe bene ricordare che l’Unione Europea si è pronunciata unitariamente in maniera durissima contro il golpe in Honduras, contro il quale ha promosso sanzioni politiche e commerciali ed ha ripetutamente chiesto il reintegro al governo del deposto Presidente legittimo, Manuel Zelaya.
Van Baalen e i liberali devono essersi distratti nella circostanza. Avranno pensato che l’essere nati in Europa conferisce loro una patina di superiorità che li esime dal dovere della decenza. Si chiamano liberali ma stanno con i golpisti. Contraddizioni grandi per un gruppetto minuscolo di inutili.
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Honduras, la farsa elettorale
di Fabrizio Casari
La farsa elettorale in Honduras è andata regolarmente in onda. Presenti i candidati, gli osservatori internazionali, i paesi amici e le urne, hanno declinato l’appuntamento solo il 65-70% degli elettori. E’ l’astensione più alta nella storia del Paese. Cosa volete che sia? Non si può avere tutto. E’ stato eletto Porfirio Lobo, con più del 56% dei voti quando lo scrutinio era già concluso nella metà dei seggi. Lobo avrebbe sconfitto Elvin Santos, candidato liberale. Le differenze tra i due? Solo nome e cognome, non si perda tempo nel carcare altri elementi quali
idee o programmi. Il fantoccio Micheletti ha assicurato che cederà il potere “senza nessun condizionamento”. Ci mancherebbe altro: non di cessione di potere si tratta, nel caso di specie, ma esclusivamente di subentro di compare.
Ma se la partecipazione al voto é stata piuttosto rachitica, non per questo il sistema di sicurezza destinato a rimarcare chi comandava e chi comanderà ha lasciato a dediderare. Non sono stati lesinati sforzi per impedire che la farsa potesse avere un esito diverso dal previsto. Le cinquemila urne disseminate nella republica bananera erano sorvegliate da 31.000 soldati e militari, con l’aggiunta di 5.000 riservisti che nessuno conosce e 800 paramilitari definiti “esperti” statunitensi di origine latina. La dittatura, evidentemente, si sentiva sicura del consenso popolare. A leggere il giornale argentino Clarin , gli 800 “esperti” (chi erano? chi li ha reclutati? a chi rispondevano?) erano distribuiti nei punti chiave del paese ed erano mascherati da civili honduregni, "pronti ad evitare atti di violenza e a
controllare i valichi di frontiera con il Nicaragua".
Il companatico per tanto sforzo bellicista era stato acquistato nei giorni scorsi dal fantoccio Micheletti: secondo quanto riportato da una denuncia di Amnesty international, nella settimana precedente il voto la dittatura golpista aveva acquistato dagli Stati Uniti diverse armi, alcuni camion blindati, 10.000 granate di gas lacrimogeno e 5000 proiettili per le stesse da utilizzare “in caso d’emergenza”. Il costo? Dodici milioni di dollari. Per non sprecare completamente tanto ben di dio, a San Pedro Sula, una manifestazione pacifica a favore dell’astensione é stata
attaccata e repressa violentemente. Una persona é scomparsa e decine di altri manifestanti sono stati picchiati ed arrestati.
Il Fronte Nazionale di Resistenza ha quindi politicamente vinto lo scontro con i gorilla golpisti, che hanno goduto dell’appoggio della minoranza della popolazione e dell’indifferenza o ostilità della maggioranza. Il legittimo, deposto con la forza, Presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya, ha chiesto alla comunità internazionale di disconoscere la legittimità delle elezioni e del loro esito. I governi democratici del continente, infatti, non lo faranno, difficile del resto pensare a libere elezioni con un paese con i carri armati nelle strade, in formale stato d’assedio e con il coprifuoco vigente. Cuba, Nicaragua, Guatemala, Repubblica Dominicana, Bolivia, Ecuador, Venezuela, Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay non hanno nessuna intenzione di riconoscere né la giunta golpista, né la legittimità delle elezioni, figuriamoci il vincitore della partita truccata. Il Messico aveva annunciato la sua posizione ad urne chiuse. Vedremo se si allineerà con lo Zio Sam o con l'America Latina.
Ma il regime golpista non é più solo come sembrava (a chi non voleva leggere bene)
immediatamente dopo il golpe. Hanno reiterato l’appoggio ai golpisti ed alla loro farsa elettorale il governo degli Stati Uniti, di Panama e Perù. Lo stesso Oscar Arias, il costaricense scelto dall’Organizzazione degli Stati Americani come “mediatore” nella crisi, si era pronunciato positivamente nei confronti della chiamata alle urne da parte dei golpisti. Quella di mediare parteggiando per una delle due parti, del resto, é caratteristica storica di Arias, già sperimentata
ai tempi degli accordi di pace tra legttimo governo sandinista e bande terroristiche definiti "contras". E a Micheletti non poteva far mancare il suo appoggio lo Stato d’Israele, che quando sente nell’aria profumo di militari contro i diritti civili, sente che ci si trova di fronte a qualcosa che la riguarda e non riesce a trattenere l’emozione ed il trasporto.
L’ambasciatore israeliano in Honduras, Eliahu Lòpez, aveva informato alla vigilia del voto che “il governo di Tel Aviv appoggia le elezioni e il vincitore delle stesse, perché crede che il voto sia il cammino più adeguato per andare avanti”. Quando il diritto internazionale é schiacciato, Israele non manca mai di far sentire il suo applauso.
La farsa elettorale in Honduras è andata regolarmente in onda. Presenti i candidati, gli osservatori internazionali, i paesi amici e le urne, hanno declinato l’appuntamento solo il 65-70% degli elettori. E’ l’astensione più alta nella storia del Paese. Cosa volete che sia? Non si può avere tutto. E’ stato eletto Porfirio Lobo, con più del 56% dei voti quando lo scrutinio era già concluso nella metà dei seggi. Lobo avrebbe sconfitto Elvin Santos, candidato liberale. Le differenze tra i due? Solo nome e cognome, non si perda tempo nel carcare altri elementi quali
idee o programmi. Il fantoccio Micheletti ha assicurato che cederà il potere “senza nessun condizionamento”. Ci mancherebbe altro: non di cessione di potere si tratta, nel caso di specie, ma esclusivamente di subentro di compare.
Ma se la partecipazione al voto é stata piuttosto rachitica, non per questo il sistema di sicurezza destinato a rimarcare chi comandava e chi comanderà ha lasciato a dediderare. Non sono stati lesinati sforzi per impedire che la farsa potesse avere un esito diverso dal previsto. Le cinquemila urne disseminate nella republica bananera erano sorvegliate da 31.000 soldati e militari, con l’aggiunta di 5.000 riservisti che nessuno conosce e 800 paramilitari definiti “esperti” statunitensi di origine latina. La dittatura, evidentemente, si sentiva sicura del consenso popolare. A leggere il giornale argentino Clarin , gli 800 “esperti” (chi erano? chi li ha reclutati? a chi rispondevano?) erano distribuiti nei punti chiave del paese ed erano mascherati da civili honduregni, "pronti ad evitare atti di violenza e a
controllare i valichi di frontiera con il Nicaragua".
Il companatico per tanto sforzo bellicista era stato acquistato nei giorni scorsi dal fantoccio Micheletti: secondo quanto riportato da una denuncia di Amnesty international, nella settimana precedente il voto la dittatura golpista aveva acquistato dagli Stati Uniti diverse armi, alcuni camion blindati, 10.000 granate di gas lacrimogeno e 5000 proiettili per le stesse da utilizzare “in caso d’emergenza”. Il costo? Dodici milioni di dollari. Per non sprecare completamente tanto ben di dio, a San Pedro Sula, una manifestazione pacifica a favore dell’astensione é stata
attaccata e repressa violentemente. Una persona é scomparsa e decine di altri manifestanti sono stati picchiati ed arrestati.
Il Fronte Nazionale di Resistenza ha quindi politicamente vinto lo scontro con i gorilla golpisti, che hanno goduto dell’appoggio della minoranza della popolazione e dell’indifferenza o ostilità della maggioranza. Il legittimo, deposto con la forza, Presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya, ha chiesto alla comunità internazionale di disconoscere la legittimità delle elezioni e del loro esito. I governi democratici del continente, infatti, non lo faranno, difficile del resto pensare a libere elezioni con un paese con i carri armati nelle strade, in formale stato d’assedio e con il coprifuoco vigente. Cuba, Nicaragua, Guatemala, Repubblica Dominicana, Bolivia, Ecuador, Venezuela, Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay non hanno nessuna intenzione di riconoscere né la giunta golpista, né la legittimità delle elezioni, figuriamoci il vincitore della partita truccata. Il Messico aveva annunciato la sua posizione ad urne chiuse. Vedremo se si allineerà con lo Zio Sam o con l'America Latina.
Ma il regime golpista non é più solo come sembrava (a chi non voleva leggere bene)
immediatamente dopo il golpe. Hanno reiterato l’appoggio ai golpisti ed alla loro farsa elettorale il governo degli Stati Uniti, di Panama e Perù. Lo stesso Oscar Arias, il costaricense scelto dall’Organizzazione degli Stati Americani come “mediatore” nella crisi, si era pronunciato positivamente nei confronti della chiamata alle urne da parte dei golpisti. Quella di mediare parteggiando per una delle due parti, del resto, é caratteristica storica di Arias, già sperimentata
ai tempi degli accordi di pace tra legttimo governo sandinista e bande terroristiche definiti "contras". E a Micheletti non poteva far mancare il suo appoggio lo Stato d’Israele, che quando sente nell’aria profumo di militari contro i diritti civili, sente che ci si trova di fronte a qualcosa che la riguarda e non riesce a trattenere l’emozione ed il trasporto.
L’ambasciatore israeliano in Honduras, Eliahu Lòpez, aveva informato alla vigilia del voto che “il governo di Tel Aviv appoggia le elezioni e il vincitore delle stesse, perché crede che il voto sia il cammino più adeguato per andare avanti”. Quando il diritto internazionale é schiacciato, Israele non manca mai di far sentire il suo applauso.
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Il Circolo della Tuscia con l'Honduras al No-b-day
Il Circolo della Tuscia dell'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba ha partecipato ieri, 5 dicembre, con i suoi iscritti e simpatizzanti al corteo del No-B-Day con lo striscione "ITALIA-HONDURAS - NO AL FASCISMO", inserendo nella grandiosa manifestazione contro il governo di Berlusconi il tema, ahinoi da quasi tutti dimenticato se non occultato, del colpo di Stato fascista e delle elezioni farsa allestite dai golpisti agli ordini degli Usa nel paese centroamericano. Il colpo di Stato si inserisce in una controffensiva politica, propagandistica e militare degli Stati Uniti di Obama tesa a colpire i governi e popoli dell'America Latina che si sono emancipati dal controllo e dallo sfruttamento imperialisti. E la ripetizone della terroristica Operazione Condor con cui, negli anni'70 e '80, gli Usa insanguinarono il continente con dittature, squadroni della morte e un predatore neoliberismo. In Honduras, con Condor 2, è tornato Pinochet. Questi sviluppi sono gravidi di conseguenze per gli equilibri mondiali e richiedono il massimo impegno solidale a fianco dei popoli che, in controtendenza rispetto a quanto sta succedendo in Occidente, si sono incamminati sulla strada della liberazione e del socialismo del XXI secolo.
Straordinario è stato l'interesse mostrato da migliaia di manifestanti per il nostro striscione e gli slogan che andavamo megafonando sul processo di militarizzazione e di devastazione di democrazia e diritti umani che in Honduras come in Italia viene portato avanti dai rispettivi poteri. La gente applaudiva, fotografava, riprendeva, ci incoraggiava. Abbiamo così dato corpo anche a un punto centrale della dichiarazione politica dell'Ultimo congresso di Italia-Cuba, che sollecitava l'associazione a estendere la sua attività e informazione su Cuba all'America Latina tutta, alla luce del ruolo fondamentale che l'esperienza cubana ha esercitato ed esercita sui processi di emancipazione del Continente.
Nelle prossime ore a tutti i circoli e alle strutture che hanno chiesto di organizzare incontro pubblici con Esly Banegas Avila, dirigente del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato in Honduras, verrà inviato il calendario delle iniziative e la relative istruzioni.
Cari saluti,
Sandra
(Segretaria Circolo della Tuscia.
Straordinario è stato l'interesse mostrato da migliaia di manifestanti per il nostro striscione e gli slogan che andavamo megafonando sul processo di militarizzazione e di devastazione di democrazia e diritti umani che in Honduras come in Italia viene portato avanti dai rispettivi poteri. La gente applaudiva, fotografava, riprendeva, ci incoraggiava. Abbiamo così dato corpo anche a un punto centrale della dichiarazione politica dell'Ultimo congresso di Italia-Cuba, che sollecitava l'associazione a estendere la sua attività e informazione su Cuba all'America Latina tutta, alla luce del ruolo fondamentale che l'esperienza cubana ha esercitato ed esercita sui processi di emancipazione del Continente.
Nelle prossime ore a tutti i circoli e alle strutture che hanno chiesto di organizzare incontro pubblici con Esly Banegas Avila, dirigente del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato in Honduras, verrà inviato il calendario delle iniziative e la relative istruzioni.
Cari saluti,
Sandra
(Segretaria Circolo della Tuscia.
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02 dicembre, 2009
Un pericoloso precedente
http://www.internazionale.it/home/?p=11247
HONDURAS 1 dicembre 2009
In Honduras il conservatore Porfirio “Pepe” Lobo del Partido Nacional ha vinto le elezioni con il 56 per cento dei voti. Il settimanale britannico The Economist si chiede se questa vittoria della destra non legittimi in qualche modo il colpo di stato che ha esautorato Manuel Zelaya cinque mesi fa.
“Le organizzazioni locali per la difesa dei diritti umani insistono sul fatto che in questo clima delle elezioni senza brogli erano impossibili. E denunciano molte irregolarità e abusi: la dichiarazione di stato di emergenza subito prima delle elezioni, la repressione delle manifestazioni dell’opposizione, le rigide regole di sicurezza imposte dal golpista Micheletti durante il voto che prevedevano fino a sei anni di reclusione per chi boicottava le urne”, racconta l’Economist.
Il destino di Zelaya, il presidente deposto dal colpo di stato, verrà deciso il 2 dicembre quando il Congresso si esprimerà sulla faccenda. Ma è probabile che i parlamentari non delegittimino il golpe, perché “sarebbe come ammettere la propria colpevolezza”. Zelaya, che è ancora rifugiato nell’ambasciata brasiliana di Tegucigalpa, potrebbe allora chiedere asilo politico in Nicaragua. Sulla sua testa pendono infatti 18 capi d’accusa a causa delle riforme costituzionali che aveva intenzione di attuare durante il suo governo.
“Il Brasile e l’Argentina fanno pressione sul nuovo presidente e insistono nel non voler riconoscere la legittimità di queste elezioni, che si sono svolte durante un governo illegale. È difficile dire quali condizioni imporranno per ricostruire delle relazioni diplomatiche, quando il 27 gennaio 2010 Lobo assumerà il potere. Il nuovo presidente dovrà fare un grande sforzo di diplomazia. La preoccupazione per il paese, comunque, riguarda il precedente d’impunità che il colpo di stato ha rappresentato”, conclude l’Economist.
HONDURAS 1 dicembre 2009
In Honduras il conservatore Porfirio “Pepe” Lobo del Partido Nacional ha vinto le elezioni con il 56 per cento dei voti. Il settimanale britannico The Economist si chiede se questa vittoria della destra non legittimi in qualche modo il colpo di stato che ha esautorato Manuel Zelaya cinque mesi fa.
“Le organizzazioni locali per la difesa dei diritti umani insistono sul fatto che in questo clima delle elezioni senza brogli erano impossibili. E denunciano molte irregolarità e abusi: la dichiarazione di stato di emergenza subito prima delle elezioni, la repressione delle manifestazioni dell’opposizione, le rigide regole di sicurezza imposte dal golpista Micheletti durante il voto che prevedevano fino a sei anni di reclusione per chi boicottava le urne”, racconta l’Economist.
Il destino di Zelaya, il presidente deposto dal colpo di stato, verrà deciso il 2 dicembre quando il Congresso si esprimerà sulla faccenda. Ma è probabile che i parlamentari non delegittimino il golpe, perché “sarebbe come ammettere la propria colpevolezza”. Zelaya, che è ancora rifugiato nell’ambasciata brasiliana di Tegucigalpa, potrebbe allora chiedere asilo politico in Nicaragua. Sulla sua testa pendono infatti 18 capi d’accusa a causa delle riforme costituzionali che aveva intenzione di attuare durante il suo governo.
“Il Brasile e l’Argentina fanno pressione sul nuovo presidente e insistono nel non voler riconoscere la legittimità di queste elezioni, che si sono svolte durante un governo illegale. È difficile dire quali condizioni imporranno per ricostruire delle relazioni diplomatiche, quando il 27 gennaio 2010 Lobo assumerà il potere. Il nuovo presidente dovrà fare un grande sforzo di diplomazia. La preoccupazione per il paese, comunque, riguarda il precedente d’impunità che il colpo di stato ha rappresentato”, conclude l’Economist.
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