07 dicembre, 2009

Honduras, la farsa elettorale

di Fabrizio Casari
La farsa elettorale in Honduras è andata regolarmente in onda. Presenti i candidati, gli osservatori internazionali, i paesi amici e le urne, hanno declinato l’appuntamento solo il 65-70% degli elettori. E’ l’astensione più alta nella storia del Paese. Cosa volete che sia? Non si può avere tutto. E’ stato eletto Porfirio Lobo, con più del 56% dei voti quando lo scrutinio era già concluso nella metà dei seggi. Lobo avrebbe sconfitto Elvin Santos, candidato liberale. Le differenze tra i due? Solo nome e cognome, non si perda tempo nel carcare altri elementi quali
idee o programmi. Il fantoccio Micheletti ha assicurato che cederà il potere “senza nessun condizionamento”. Ci mancherebbe altro: non di cessione di potere si tratta, nel caso di specie, ma esclusivamente di subentro di compare.
Ma se la partecipazione al voto é stata piuttosto rachitica, non per questo il sistema di sicurezza destinato a rimarcare chi comandava e chi comanderà ha lasciato a dediderare. Non sono stati lesinati sforzi per impedire che la farsa potesse avere un esito diverso dal previsto. Le cinquemila urne disseminate nella republica bananera erano sorvegliate da 31.000 soldati e militari, con l’aggiunta di 5.000 riservisti che nessuno conosce e 800 paramilitari definiti “esperti” statunitensi di origine latina. La dittatura, evidentemente, si sentiva sicura del consenso popolare. A leggere il giornale argentino Clarin , gli 800 “esperti” (chi erano? chi li ha reclutati? a chi rispondevano?) erano distribuiti nei punti chiave del paese ed erano mascherati da civili honduregni, "pronti ad evitare atti di violenza e a
controllare i valichi di frontiera con il Nicaragua".
Il companatico per tanto sforzo bellicista era stato acquistato nei giorni scorsi dal fantoccio Micheletti: secondo quanto riportato da una denuncia di Amnesty international, nella settimana precedente il voto la dittatura golpista aveva acquistato dagli Stati Uniti diverse armi, alcuni camion blindati, 10.000 granate di gas lacrimogeno e 5000 proiettili per le stesse da utilizzare “in caso d’emergenza”. Il costo? Dodici milioni di dollari. Per non sprecare completamente tanto ben di dio, a San Pedro Sula, una manifestazione pacifica a favore dell’astensione é stata
attaccata e repressa violentemente. Una persona é scomparsa e decine di altri manifestanti sono stati picchiati ed arrestati.
Il Fronte Nazionale di Resistenza ha quindi politicamente vinto lo scontro con i gorilla golpisti, che hanno goduto dell’appoggio della minoranza della popolazione e dell’indifferenza o ostilità della maggioranza. Il legittimo, deposto con la forza, Presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya, ha chiesto alla comunità internazionale di disconoscere la legittimità delle elezioni e del loro esito. I governi democratici del continente, infatti, non lo faranno, difficile del resto pensare a libere elezioni con un paese con i carri armati nelle strade, in formale stato d’assedio e con il coprifuoco vigente. Cuba, Nicaragua, Guatemala, Repubblica Dominicana, Bolivia, Ecuador, Venezuela, Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay non hanno nessuna intenzione di riconoscere né la giunta golpista, né la legittimità delle elezioni, figuriamoci il vincitore della partita truccata. Il Messico aveva annunciato la sua posizione ad urne chiuse. Vedremo se si allineerà con lo Zio Sam o con l'America Latina.
Ma il regime golpista non é più solo come sembrava (a chi non voleva leggere bene)
immediatamente dopo il golpe. Hanno reiterato l’appoggio ai golpisti ed alla loro farsa elettorale il governo degli Stati Uniti, di Panama e Perù. Lo stesso Oscar Arias, il costaricense scelto dall’Organizzazione degli Stati Americani come “mediatore” nella crisi, si era pronunciato positivamente nei confronti della chiamata alle urne da parte dei golpisti. Quella di mediare parteggiando per una delle due parti, del resto, é caratteristica storica di Arias, già sperimentata
ai tempi degli accordi di pace tra legttimo governo sandinista e bande terroristiche definiti "contras". E a Micheletti non poteva far mancare il suo appoggio lo Stato d’Israele, che quando sente nell’aria profumo di militari contro i diritti civili, sente che ci si trova di fronte a qualcosa che la riguarda e non riesce a trattenere l’emozione ed il trasporto.
L’ambasciatore israeliano in Honduras, Eliahu Lòpez, aveva informato alla vigilia del voto che “il governo di Tel Aviv appoggia le elezioni e il vincitore delle stesse, perché crede che il voto sia il cammino più adeguato per andare avanti”. Quando il diritto internazionale é schiacciato, Israele non manca mai di far sentire il suo applauso.

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