12 agosto, 2013
Honduras: dal golpe alle elezioni (Emilia Giorgetti)
da Il Manifesto Sardo di Emilia GIorgetti
La storia
La notte scurissima dell’America Centrale comincia negli anni ’80, subito dopo
la rivoluzione sandinista in Nicaragua. Si chiamò “dottrina di sicurezza
nazionale”. In nome della pace, gli USA dichiararono guerra a chi lottava per
il diritto a tre pasti al giorno e l’Honduras si convertì rapidamente nella
piattaforma contro rivoluzionaria della regione: un laboratorio di guerra
contro il sandinismo vittorioso e i movimenti rivoluzionari di Guatemala e El
Salvador, ma anche contro chiunque, al suo interno, si ostinasse a sognare un
paese diverso. Mentre gli squadroni della morte addestrati nelle basi USA
si occupavano di annientare il dissenso, Washington stabilì in Honduras anche
una democrazia di facciata. In un paese che da decenni viveva sotto governi de
facto, dettò una nuova Costituzione e impose le elezioni. In quella che può
essere definita la Repubblica delle Banane per eccellenza, dove, fino dai primi
anni del ‘900, le compagnie bananiere avevano stabilito le proprie enclave
extraterritoriali, l’oligarchia dominante si adattò al nuovo regime
“democratico” apprestandosi ad inaugurare un ventennio di governi fantoccio
legittimati dal potente alleato del nord. Si spartirono tutto. Le maggiori
cariche politico-istituzionali, così come ogni possibile fonte di ingresso – la
terra, l’attività mineraria, le telecomunicazioni, il turismo – si
concentrarono stabilmente sotto il controllo di una oligarchia composta per la
maggior parte da famiglie di origine straniera, i cosiddetti “turchi”, arrivati
dopo la prima guerra mondiale e la conseguente disgregazione dell’impero
ottomano: i Facussé, i Canahuati, gli Hilsaca, i Rosenthal, i Nasser e pochi
altri, tuttora padroni indiscussi del paese.
Anche
Manuel “Mel” Zelaya era un membro a tutti gli effetti della casta. Il nome
della sua famiglia di ricchi proprietari terrieri è associato al massacro di
Los Horcones, avvenuto nel 1975 nella finca del padre. Furono uccise almeno 15
persone, tra le quali due sacerdoti cattolici, castrati e mutilati brutalmente,
alcuni contadini, bruciati vivi nel forno per il pane, e alcune donne, gettate
in un pozzo che venne poi fatto esplodere. Per questi episodi di violenza
estrema il padre di Mel fu condannato a 20 anni, anche se fu amnistiato prima
di aver scontato due anni della pena. continua>>>