24 febbraio, 2012
HONDURAS: DICHIARAZIONE+INCENDIO/MASSACRO+DENUNCIA
DICHIARAZIONE INCONTRO INTERNAZIONALE
PER I DIRITTI UMANI IN SOLIDARIETÀ CON L’HONDURAS
Tocoa, Bajo Aguan, Colon, Honduras - dal 16 al 20 febbraio 2012
Col dolore nel cuore indignato per gli ultimi avvenimenti accaduti a Comayagua, Comayaguela, ed El Progreso, in cui gli incendi, che hanno posto fine alle vite ed ai sistemi di lavoro di centinaia di persone, ci fanno pensare a piani di orrore contro il popolo, ci siamo riuniti a Tocoa, sotto il sole che annuncia un'estate ardente, con l'inesauribile coraggio della ribellione e della solidarietà: oltre mille persone da nord a sud, includendo molti paesi della Nostra America e attivisti d'Europa, Stati Uniti e Australia. Sono giunti al nostro Incontro centinaia di saluti di persone e d’organizzazioni di tutto il continente, per rendere presente la loro solidarietà.
Alla presenza di un’ampia diversità di movimenti sociali, iniziative organizzative, culturali, artistiche e politiche nazionali, che si sono mobilitate da differenti località del paese, per fare propria la convocazione e gli obiettivi dell'Incontro Internazionale per i Diritti Umani in Solidarietà con l’Honduras, per quattro giorni si sono realizzati eventi di discussione, denuncia, scambio, dibattito e proposte, che rendiamo pubbliche attraverso questa Dichiarazione.
Diamo inizio alle nostre parole facendo largo alla MEMORIA viva delle donne e degli uomini che hanno lottato e offerto le loro vite, e che oggi sono già parte del nostro cammino verso la giustizia... Ad esse ed essi, il nostro omaggio. Ai loro familiari, amici e compagni diciamo che non li dimentichiamo, che le loro parole vivono nelle nostre lotte, che continuano con tutte le voci e tutte le nostre mani.
L’Assemblea abbraccia ogni bambina ed ogni bambino degli insediamenti contadini di questa zona, che nel loro seminario hanno affermato di voler vivere senza paura, avere case sicure con molto cibo, scuole dipinte e giocare tanto, tanto, tanto. Ci IMPEGNAMO a continuare la lotta per l'infanzia di questo paese e del mondo.
Dal seminario su “Corpi, lotte e resistenze delle donne”, si richiede con forza d’appoggiare il crescente movimento delle donne che in questa zona, in questo paese ed in tutto il mondo lotta contro tutte le forme di violenza ed aggressione contro le donne in quanto tali, fuori e dentro le organizzazioni e le mura domestiche. S’incoraggia la loro partecipazione in tutti gli spazi e movimenti come soggetti protagonisti, con risorse finanziarie ed il potere di prendere decisioni e non solo come cuoche e madri di famiglia.
Ancora una volta, e con potente voce collettiva, DENUNCIAMO al mondo la crescente ed inarrestabile violazione dei Diritti Umani in Honduras, espressasi in tutta la sua crudezza attraverso le e i portavoce di una gran quantità d’organizzazioni di difesa della vita e della giustizia. In particolare abbiamo ascoltato molteplici testimonianze di donne e uomini, di bambine e bambini della zona del Bajo Aguán. La guerra contro il popolo dell’Honduras, che si è scatenata con furore a partire dal Colpo di Stato, si manifesta con assassini, persecuzione, criminalizazzione di azioni organizzative, sequestri, aggressioni sessuali contro le donne, clima di terrore intenzionalmente rivolto contro bambine e bambini che vivono negli insediamenti e comunità contadine in lotta, attentati contro mezzi di comunicazione popolare, incarceramento, esilio, ed ultimamente attentati incendiari contro varie popolazioni del paese. In maniera particolare vogliamo DENUNCIARE e porre in all'erta rispetto all'enorme pericolo, viste le minacce dirette, di sgombero forzato contro la comunità di Rigores, e la crescente e rafforzata militarizzazione che vive la comunità di Guadalupe Carney.
Ci dichiariamo in SOLIDARIETA’ ATTIVA con le vittime della repressione nel paese, e intendiamo dire che sono vittime nella misura in cui i danni contro le loro vite hanno dei responsabili, perciò reclamiamo GIUSTIZIA. Nel Bajo Aguàn ed in molti luoghi dell’Honduras uno di questi responsabili si chiama Miguel Facussé Barjum.
INTENDIAMO che questa situazione, che va deteriorandosi di giorno in giorno, si spiega solamente con l'interesse del sistema capitalistico, patriarcale e razzista, di sottomettere i popoli, spogliarli dei loro beni naturali e culturali e metterli al servizio delle nazioni del nord e delle sue multinazionali. Per rendere possibile questo saccheggio, lo si accompagna con un processo di militarizzazione, che in Honduras si fa sempre più presente attraverso l'occupazione militare straniera, che garantisce il colonialismo, l'oppressione e la violazione dei Diritti Umani, che qui viviamo con grande asprezza e brutalità.
RIBADIAMO la nostra volontà locale, nazionale ed internazionale a continuare la lotta contro i domini ed i colonialismi, attraverso tutte le forme organizzative cui diamo impulso per rifondare questa Madre Patria. In questa lotta, in modo fondamentale, i popoli indigeni e neri del paese c’incoraggiano col loro pensiero e la loro forza a fermare il saccheggio di terre, territori, acqua, boschi, furto di beni culturali ed altri beni della natura. CONSIDERIAMO RESPONSABILI gli organismi finanziari internazionali, alleati dell'oligarchia golpista, di promuovere il saccheggio e la privatizzazione delle forme di vita del nostro paese.
L'Assemblea di questo evento si convoca a proseguire la lotta e ad esigere:
- La soluzione definitiva del conflitto agrario nel Bajo Aguàn senza negoziazioni indegne di compravendita della terra, che appartiene a contadini e contadine
- Libertà immediata per nostro fratello José Isabel Morales, recluso ingiustamente nel carcere di La Ceiba.
- Esigiamo l'archiviazione degli oltre 500 casi di persone processate a causa della lotta per la terra
- Esigiamo la smilitarizzazione totale ed immediata della zona dell'Aguán e di tutto il territorio nazionale
- Carcere e castigo per gli assassini ed aggressori del popolo honduregno, che lotta per la sua vita, la giustizia e la libertà per tutte e tutti.
- Sosteniamo il consolidamento dell'Osservatorio Permanente Internazionale dei Diritti Umani nell'Aguán, affinché, con le proposte fatte in questo incontro, continui insieme a tutte e tutti la lotta per la vita degna in questa zona.
- Esigiamo l'inchiesta immediata e la punizione dei responsabili dei massacri a Comayagua contro le persone che erano state private di libertà.
Questa Assemblea contraccambia, con uguale forza e convinzione, la solidarietà a tutti i popoli del mondo, che lottano contro la morte che il capitalismo tenta d’imporre da tutte le parti, ed afferma in modo particolare:
- Libertà per i cinque anti-terroristi cubani incarcerati nelle prigioni dell'impero.
- Esigiamo il ritiro delle truppe militari da Haiti.
- Solidarizziamo coi popoli indigeni di Panama in lotta per l'autonomia delle loro popolazioni e territori.
- Appoggiamo la lotta per la terra dei popoli indigeni e di donne e uomini contadini in tutto il Mesoamerica ed in tutta Abya Yala.
- Ripudiamo il capitalismo verde ed esigiamo giustizia climatica nel mondo
- Salutiamo i popoli del mondo, che con il loro grido indignato e dalle viscere del primo mondo capitalista, denunciano oggi questo sistema predatorio che condanna la maggioranza alla miseria.
- Come popolo honduregno continuiamo ad autoconvocarci in questo processo di rifondazione, che si consolida con questi eventi, in cui la parola e la solidarietà regnano sul silenzio della morte.
- Ci convochiamo a rafforzare la solidarietà con tutti i popoli, appoggiando l'evento internazionale che si realizzerà ad Haiti il prossimo luglio, dove le nostre giornate proseguiranno a partire da quest’anno.
Gli accordi approvati nell’assemblea plenaria dell'incontro sono:
- Creare comitati di solidarietà col popolo honduregno nei paesi, città o comunità di coloro che hanno partecipato all'incontro
- Creare il giorno internazionale di solidarietà col popolo honduregno, che sia il 28 giugno. In quel giorno realizzare attività in tutto il mondo di fronte alle ambasciate.
- Creare reti comunali, nazionali ed internazionali per i Diritti Umani
- Promuovere una campagna comunale, nazionale ed internazionale per i Diritti Umani nell’ambito della non-violenza attiva
- Creare una catena internazionale di radio comunitarie per denunciare le violazioni dei Diritti Umani
- Creare una commissione di honduregni ed honduregne che siano ambasciatori per denunciare le violazioni dei Diritti Umani in altri paesi, potenziali vittime della repressione e militarizzazione
- Creare un dossier d’informazione sulle violazioni dei Diritti Umani, tradotto in tutte le lingue,
- Che la stampa alternativa raccolga tutte le testimonianze possibili delle vittime di violazioni dei Diritti Umani e che le faccia conoscere in tutto il mondo
- Creare la scuola popolare dei Diritti Umani con parità di genere
- Dar seguito nazionale ed internazionale a questi accordi
- Appoggiare l'Osservatorio dei Diritti Umani del Bajo Aguàn e l'Osservatorio dei Diritti Umani dei popoli indigeni e neri dell’Honduras
- Fare una campagna di mobilitazione internazionale per la libertà d’Isabel Morales
- Creare condizioni in ogni paese per i rifugiati e rifugiate honduregne
- Divulgare materiali su misure di sicurezza per le persone che difendono i Diritti Umani
- Creare reti di difesa e protezione comunitaria
- Rafforzare l'Osservatorio Permanente dei Diritti Umani dell’Aguàn
- Contribuire all'installazione di radio comunitarie nei territori dell'Aguán
I POPOLI UNITI, NON SARANNO MAI VINTI
PER FAR TACERE LE ARMI, PARLINO I POPOLI
Tocoa, Colòn, 19 febbraio 2012
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Incontro Internazionale dei Diritti Umani in Solidarietà con l’Honduras DENUNCIA URGENTE
Attraverso questo mezzo vogliamo denunciare che oggi, 19 febbraio, verso le tre del pomeriggio, la Brigata Internazionale di Solidarietà che si stava mobilitando per realizzare un'attività di questo incontro, dalla città di Tocoa alla volta dell'impresa contadina Rigores, fu fermata da un gruppo di tredici membri dell'esercito honduregno. La delegazione era composta da sei veicoli, con a bordo un consistente numero d’internazionalisti partecipanti a quest’attività, brigatisti volontari d’osservazione dei diritti umani ed un gruppo numeroso di compagne e compagni degli insediamenti.
Nell’operazione sequestrarono i documenti a tutte le persone e fecero scendere il compagno che era alla guida accusandolo di essere un delinquente; quando i giornalisti internazionali stavano scattando foto della scena, uno dei membri dell'esercito minacciò di toglier loro gli strumenti di lavoro. I militari erano fortemente armati con fucili d’assalto M-16 e procedettero a sequestrare il documento del conducente dell'unità di trasporto. Facendo scendere i membri dalla brigata, i militari li mettevano a mani in alto e contro l'unità, perquisendoli minuziosamente. La detenzione durò circa 20 minuti. L'azione fu diretta chiaramente contro i compagni di Marañones e, come manifestato dagli agenti, ebbe lo scopo di trattenere illegalmente l'autista, il compagno Gerardo Argueta, coordinatore dell’insediamento Marañones e del MUCA margine sinistro, che ha già ricevuto serie minacce.
Da questa piattaforma, riunita per la difesa dei diritti umani, allertiamo l'opinione pubblica nazionale ed internazionale su questo fatto e su quelli che possono seguire. Ha richiamato l'attenzione il fatto che, durante questi giorni, siano diminuiti gli operativi militari, ma non mettiamo in dubbio che con la partenza degli internazionalisti la repressione contro i nostri compagni e compagne probabilmente aumenterà. Questo messaggio serva anche per mettere in evidenza la farsa racchiusa nella presunta soluzione al conflitto dell'Aguàn, tanto reclamizzata dal regime.
Ci teniamo in all'erta ed in continua lotta.
Tocoa, Colòn, 19 febbraio 2012
Tradotto da Adelina Bottero
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Incendio-massacro nel carcere di Comayagua
Nella notte tra il 14 ed il 15 febbraio un incendio di enormi proporzioni ha devastato il carcere di Comayagua, nel centro-ovest dell’Honduras. Degli 852 reclusi quasi la metà sono morti, molti altri ustionati e feriti. Col passare delle ore il numero di chi non riesce a sopravvivere aumenta. Non vi sono ancora stime definitive. Il regime ha risposto con spari e bombe lacrimogene alle centinaia di famigliari angosciati in cerca di notizie dei loro cari.
Segue un sunto di informazioni, dichiarazioni, commenti.
Red Morazánica de Información - www.resistenciahonduras.net
Tegucigalpa, 15 Febbraio 2012
(...) Dal luogo dei fatti sono state diffuse le immagini strazianti dei corpi riarsi dei reclusi, morti abbracciati alle sbarre delle celle in un disperato tentativo di sfuggire alle fiamme. Appare in tutta evidenza l’inettitudine delle autorità penitenziarie a gestire situazioni di disastro. Secondo la versione di un carcerato che riuscì a salvarsi la vita rompendo il soffitto, la guardia incaricata delle celle non ebbe reazioni dinnanzi alle grida dei detenuti che chiedevano aiuto, al contrario gettò via le chiavi delle celle lasciandoli al loro destino. (…)
(...) Dal luogo dei fatti sono state diffuse le immagini strazianti dei corpi riarsi dei reclusi, morti abbracciati alle sbarre delle celle in un disperato tentativo di sfuggire alle fiamme. Appare in tutta evidenza l’inettitudine delle autorità penitenziarie a gestire situazioni di disastro. Secondo la versione di un carcerato che riuscì a salvarsi la vita rompendo il soffitto, la guardia incaricata delle celle non ebbe reazioni dinnanzi alle grida dei detenuti che chiedevano aiuto, al contrario gettò via le chiavi delle celle lasciandoli al loro destino. (…)
La Nostra Parola, Editoriale di Radio Progresso
http://voselsoberano.com/v1/ index.php?option=com_content& view=article&id=13392:una- tragedia-advertida&catid=2: opinion
Una tragedia annunciata - 16 febbraio 2012
Oggi siamo di fronte alla più grande tragedia conosciuta nella nostra storia penale. Quasi 400 persone private della libertà sono morte soffocate e bruciate dentro le loro celle nel centro penitenziario di Comayagua. (…)
Un’autentica macabra scena di assassinio collettivo da parte dello Stato, un autentico genocidio. Ormai si conferma non soltanto che il sistema penitenziario è collassato da molto tempo, ma anche che lo Stato sta sterminando i compatrioti che, nelle prigioni, si trovano sotto la stretta responsabilità delle autorità pubbliche. (…)
Comunicato del FNRP - LIBRE riguardo all’incendio del Centro Penitenziario di Comayagua
http://voselsoberano.com/v1/ index.php?option=com_content& view=article&id=13388% 3Acomunicado-del-fnrp-libre- con-respecto-al-incendio-de- la-granja-penal-de-comayagua& catid=1%3Anoticias-generales& Itemid=1
Tegucigalpa, 16 febbraio 2012 (…)
Questo fatto terribile non deve essere considerato un incidente, giacché i fattori che l’hanno provocato - criminalizzazione dei poveri, sovraffollamento carcerario, insufficienti risorse dedicate alle prigioni, disinteresse a risolvere gli arretrati giudiziari - sono considerati normali ed in alcuni casi sono azioni deliberate di coloro che attualmente amministrano lo Stato.
Dobbiamo ricordare che questa è la terza volta, con governi del Partito Nazionale, che un carcere honduregno s’incendia, provocando una gran quantità di morti, con gli antecedenti di totale impunità.
La negligenza criminale dimostrata dal Ministero della Sicurezza, dalle autorità carcerarie e dai responsabili della Centro Penitenziario di Comayagua, riconfermano soltanto il disprezzo totale di questo regime per la vita umana.
Respingiamo qualunque argomentazione del regime che cerca d’incolpare la popolazione penitenziaria stessa per i fatali eventi, poiché è chiaramente dimostrato e documentato attraverso diversi mezzi audiovisivi e dichiarazioni di testimoni oculari, che con condotta genocida si mantennero chiuse le celle, si negò qualsiasi aiuto alle persone che morivano bruciate o intossicate, e si arrivò a sparare con armi da fuoco contro chi cercava di venir fuori dalle fiamme.
Questa volontà criminale e classista, allo stesso modo ha portato le forze repressive ad attaccare i parenti dei carcerati all’esterno del penitenziario, sparando contro di loro e lanciando bombe lacrimogene. (…)
Chi USA la violenza ?
Ollantay Itzamná - 18 febbraio 2012
(...) Ed i responsabili?
In quest’Honduras, che sopravvive senza Stato né governo, si premia il delitto e si puniscono l'etica e la difesa dei diritti umani.
L'infernale incenerimento collettivo di reclusi vivi nel carcere di Comayagua, fu già collaudato nella prigione di San Pedro Sula, nel 2003, con un saldo di 107 morti, e in quella di El Porvenir, La Ceiba, nel 2005, dove bruciarono 66 reclusi. I colpevoli furono premiati con l'impunità! La stessa cosa succede coi responsabili degli oltre 7000 omicidi annuali, più di 20 al giorno, perché la polizia è diventata l'organizzazione a delinquere più letale, in un paese le cui apparenti istituzioni giuridiche e politiche sono dirette niente meno che da autori e promotori impuniti del colpo di Stato.
I responsabili della sistematica negazione violenta della condizione umana di donne e uomini honduregni nelle carceri e fuori da esse, vanno a spasso impuniti negli spazi della comunità internazionale, e sono ricevuti alla Casa Bianca come esemplari difensori dei diritti umani. Così la comunità internazionale promuove il crimine organizzato in Honduras, come esempio da seguire nei paesi vicini. (…)
Lo stile dei nostri massacri
http://voselsoberano.com/v1/ index.php?option=com_content& view=article&id=13389:el- estilo-de-nuestras-masacres& catid=2:opinion
Fabricio Estrada - 16 febbraio 2012
(…) 400 esseri umani sono stati assassinati secondo lo "stile" poliziesco e dal disprezzo statale, che ha fondato la sua strategia di sicurezza sulla stigmatizzazione e sulla soppressione di ogni umanità nel trattamento verso i reclusi. In un paese militarizzato si eseguono soltanto ordini. L'ordine è "mettere in ordine" tutto ciò che sfida l'egemonia politico-militare, sia che il cittadino o cittadina si trovi in libertà o in galera. I muri perimetrali di questa mentalità criminale abbracciano i 112,492 km2 di un Honduras il cui maggiore corto circuito fu provocato un 28 giugno del 2009. Quel giorno ebbe fine il nostro piccolo simulacro civilizzatore.
A cura di Adelina Bottero
21 febbraio, 2012
Honduras- Langue Valle - Prima esumazione dal colpo di stato del 2009: un'antropologa forense Guatemalteca esaminò i resti di Isle Ivania Velasquez
Più di quattro ore duró l'analisi del tessuto osseo che l'antropologa forense Alma Vàsquez della fondazione di Antropologia Forense del Guatemala, FAFG, eseguì lo scorso venerdì 10 Febbraio a Langhe, Valle, nel sud dell'Honduras, come parte delle richieste di perizia che il COFADEH fece quasi un anno fa.
La professoressa Isle Ivania venne uccisa il 18 Marzo 2011 dopo che il regime di Porfirio Lobo Sosa assieme al Ministro dell'Interno Oscar Alvarez e della Difesa Marlosn Pascua, ordinarono la repressione violenta di una manifestazione pacifica di maestri e maestre, nonostante avessero già alzato le mani in segno di resa.
La vittima fu travolta da un automobile mentre giaceva a terra dopo che un proiettile di gas lacrimogeno la colpiva alla testa. La difesa ufficiale del Ministero sostiene che fu travolta da un automobile privata.
Sul posto arrivarono i famigliari della vittima, gli amici, una delegazione del COFADEH e parenti delle vittime del Colpo di Stato, mentre i mezzi di comunicazione coprivano l'evento.
I famigliari della vittima non vogliono che anche questo crimine rimanga impunito, vogliono conoscere la verità dei fatti e avere giustizia. La coordinatrice del COFADEH afferma che vale la pena fare qualsiasi sforzo, per difendere la verità e contrastare chi vuole la morte dei dissidenti politici.
I risultati della perizia saranno pronti in una settimana.
per approfondire:La professoressa Isle Ivania venne uccisa il 18 Marzo 2011 dopo che il regime di Porfirio Lobo Sosa assieme al Ministro dell'Interno Oscar Alvarez e della Difesa Marlosn Pascua, ordinarono la repressione violenta di una manifestazione pacifica di maestri e maestre, nonostante avessero già alzato le mani in segno di resa.
La vittima fu travolta da un automobile mentre giaceva a terra dopo che un proiettile di gas lacrimogeno la colpiva alla testa. La difesa ufficiale del Ministero sostiene che fu travolta da un automobile privata.
Sul posto arrivarono i famigliari della vittima, gli amici, una delegazione del COFADEH e parenti delle vittime del Colpo di Stato, mentre i mezzi di comunicazione coprivano l'evento.
I famigliari della vittima non vogliono che anche questo crimine rimanga impunito, vogliono conoscere la verità dei fatti e avere giustizia. La coordinatrice del COFADEH afferma che vale la pena fare qualsiasi sforzo, per difendere la verità e contrastare chi vuole la morte dei dissidenti politici.
I risultati della perizia saranno pronti in una settimana.
http://www.defensoresenlinea.com/cms/index.php?option=com_content&view=article&id=1843:exhumacion-en-langue-antropologa-realizo-analisis-en-los-restos-de-ilse-ivania-velasquez-&catid=37:mem-y-imp&Itemid=150
20 febbraio, 2012
Repressione in Bajo Aguán: Brigata Internazionalista fermata dai militari
Oggi pomeriggio, 19 febbraio, dopo la chiusura dell’Incontro Internazionale dei Diritti Umani in solidarietà con l’Honduras, la Brigata Internazionalista alla quale partecipavo e che si stava recando in visita alle comunità di contadini nelle terre occupate dagli stessi, è stata fermata da un comando militare composto da oltre 13 soldati armati di M16 d’assalto che dopo aver fatto scendere tutti i partecipanti (oltre trenta persone tra giornalisti, difensori dei diritti umani e osservatori internazionali) hanno concentrato le loro “attenzioni” su un gruppo di contadini della comunità di Marañones, dell’associazione Movimiento Campesino Unitario Aguán (MUCA). In particolare su Gerardo Argueta, coordinatore della comunità, che da oltre un anno riceve continue minacce di morte e persecuzioni di vario tipo e la cui vita corre serio pericolo. Tuttavia oggi, grazie alla presenza dei numerosi osservatori internazionali, giornalisti e difensori dei diritti umani, la situazione dopo circa mezz’ora si è risolta senza ulteriori problemi.
Dobbiamo comunque denunciare, innanzitutto l’atteggiamento arrogante e violento dei membri dell’esercito nei confronti dei contadini che sono stati perquisiti con le mani dietro la testa come se fossero volgari delinquenti e ai quali senza nessuna spiegazione sono stati sottratti i documenti personali, successivamente restituiti, ma anche l’atteggiamento intimidatorio verso la stampa. Ai giornalisti presenti e’ stato detto di mettere via le macchine fotografiche e videocamere altrimenti sarebbero state requisite.
I partecipanti all’Incontro Internazionale che si è svolto in questi giorni a Tocoa, nel Bajo Aguán si sono potuti rendere perfettamente conto della difficile situazione che vivono le comunità organizzate di contadini della zona. Tutta la regione e’ fortemente militarizzata con posti di blocco permanenti alle vie di accesso alle comunità e spesso con caserme dell’esercito all’interno delle stesse e nei pressi delle scuole pubbliche, come avviene nella comunità di Guadalupe Carney.
Si invitano la stampa internazionale e i giornalisti indipendenti a non spegnere i riflettori sul Bajo Aguán, spesso quando questi incontri internazionali finiscono e ognuno fa ritorno nei propri paesi, è il momento in cui le persone che rimangono rischiano di più.
Per ulteriori informazioni la pagina web dell’Incontro Internazionale http://mioaguan.blogspot.com/ e la pagina web del giornalista Giorgio Trucchi Rel-UITA anche lui membro della Brigata.
Una galleria di foto di Giorgio Trucchi su quanto accaduto.
la dichiarazione dell'Incontro (in spagnolo) http://mioaguan.blogspot.com/2012/02/declaracion-encuentro-internacional-por.html
Il carcere va a fuoco e le guardie sparano, in Honduras dopo il golpe è emergenza diritti umani
355. Questo è il numero, non ancora certo, dei prigionieri che la notte fra martedì e mercoledì scorso sono morti nell’incendio del carcere di Comayagua, a 140 chilometri al nordovest della capitale Tegucigalpa. Un video pubblicato dal quotidiano El Heraldo, lascia pensare che il numero di morti non sia da attribuirsi solo alla fatalità. Nel video si sentono gli spari che confermerebbero la versione secondo la quale i militari in servizio avrebbero sparato contro i prigionieri per evitare una loro fuga. Meglio morto che fuggito.
Nel video si possono sentire anche le urla dei carcerati che chiedono aiuto senza aver risposta. Il presidente del Comitato per la Difesa di Diritti Umani in Honduras (CODEH) Andrés Pavón, ha promesso un indagine per capire se si sono verificate violazioni dei diritti dei prigionieri.
Da parte sua, il Consiglio Civico di Organizazioni Popolari e Indegeni di Honduras (COPINH) accusa ai militari di aver sparato lacrimogeni e pallotole contro i familiari dei prigionieri e ha interpreto la tragedia come un sintomo della “sconfitta del regime, che ha dimostrato tutta la sua incapacità nel garantire la sicurezza agli honduregni e l’unica risposta che offre è repressione, militarizzazione, più povertà, violenza ed esclusione”.
Il documento del COPINH è stato firmato lo scorso mercoledì a Colón che è una regione che si trova al nord del paese sull’Oceano Atlantico. E da ieri è ufficialmente la sede dell’Incontro Internazionale di Diritti Umani in Solidarietà. Fra le persone più coinvolte nell’iniziativa l’italiana Alba Marconi, che giovedì (17 febbraio) ha parlato insieme ad altre due donne ai microfoni di LatinoAmericando. I motivi per affrontare l’argomento diritti umani avanzano, soprattutto da quando nel 2009 un golpe di stato ha portato al potere come presidente Roberto Micheletti, figlio di bergamaschi (poi rimasti in carica fino al 2010).
L’incontro ha come scopo “evidenziare la continuità del golpe in Honduras e la sua manifestazione in tutte le istituzioni responsabili dell’impunità e la aggravarsi della violenza dello Stato”. Ma anche “rafforzare i vincoli solidali e di fratellanza fra le lotte e i popoli del mondo, partendo dall’azione comune dinanzi alla grave situazione di violazione di diritti umani”. Il terzo scopo è dare “visibilità e denunciare la violazione dei diritti umani in Honduras e in particolare al Bajo Aguán (ndr: al dipartimento di Colon)”. L’ultimo obiettivo è “capire il rapporto fra la militarizzazione, la trasnazionalizzazione, la lotta per la terra e la violazione ai diritti umani nella regione e nel Paese”.
Gli organizzatori sono convinti che “la creatività, l’affezione attiva e la collettività vitale, hanno il potere di smontare la cultura della violenza che sostiene la logica militare”. E denunciano che le organizzazioni contadine subiscono “processi di repressione ed sterminio”.
Il fatto che l’incontro porti la parola “internazionale”, la dice lunga sul coinvolgimento di attivisti di diversi parte del mondo che si incontreranno per dibattere sulla difficile situazione. In Italia abbiamo la possibilità di assistere a Milano il fine settimana 31 marzo e il 1 aprile ad un incontro formativo per i campi di osservazione di diritti umani in Honduras. L’appuntamento, organizzato dal Collettivo Italia Centro America, è per chi intende un giorno andare di persona in Honduras e offre una formazione completa che va dalla spiegazione del contesto storico, politico e economico attuale, fino alle proposte su cosa fare quando si rientra in Italia.
Il Comitato di Familiari di Detenuti Scomparsi dell’Honduras (COFADEH) denuncia “le costanti minacce contro le ONG che arrivano da gruppi armati e l’omicidio selettivo di imporanti attività in diverse regioni del Paese”. Aggiunge che “tra il 2009 e il 2011, si sono registrate più di 1045 aggressioni discriminate in minacce, omicidi, attentati, torture” e “la promulgazione di leggi che attentano contro i difensori di diritti umani”. Per questo sono convinti che esista un processo di criminalizzazione intorno ai difensori dei diritti umani.
La COFADEH precisa che nella zona di Aguán sono stati assassinati 46 leaders contadini che lottavano per rivendicare i diritti umani della popolazione contadini e “la richiesta delle terre usurpati da grandi latifondisti”. “La situazione – aggiungono – lascia allo scoperto il livello di vulnerabilità in cui si trovano i difensori dei diritti umani”.
La situazione è peggiorata dal golpe dal 28 giugno 2009, quando Micheletti sostituì Manuel López Obrador, il quale stava prendendo posizioni troppo vicine al blocco latinoamericano del presidente venezuelano Hugo Chávez Frías e si allontanava dagli Stati Uniti. Dopo Micheletti, ci sono state le elezioni vinte da Porfirio Lobo Sosa, in carica oggi da gennaio 2009. L’atto elettorale non ha mai avuto un riconoscimento unanime e per questo le organizzazioni sociali le qualificarono con l’ossimoro “elezione golpiste”.
L’Honduras fa i conti con le proprie contradizioni, con le violazioni ai diritti umani da un parte, ma anche con chi le contrasta. E non solo durante l’incontro internazionale che inizia in queste ore.
Gustavo Claros
11 febbraio, 2012
Ancora repressione e morte a Panama
La comunità indigena Ngäbe Buglé, sostenuta da decine di organizzazioni panamensi, ha iniziato lo scorso 31 gennaio una forte protesta per esigere al governo il rispetto di un accordo firmato alcuni mesi prima, nel quale si prevedeva la cancellazione di tutte le concessioni già assegnate a imprese nazionali o straniere per l'esplorazione e sfruttamento delle risorse minerarie e la costruzione di progetti idroelettrici all'interno del proprio territorio (comarca). Tale decisione sarebbe stata inserita nel nuovo Codice minerario.
Nonostante l'accordo raggiunto, il ministro per l'Industria e il Commercio ha deciso di apportare alcune modifiche al testo e il Parlamento ha poi di fatto stralciato l'articolo 5 del nuovo Codice che regolava questi aspetti. La reazione della comunità indigena è stata immediata, con l'inizio di blocchi stradali in vari punti del Paese.
Sulla Comarca Ngäbe-Buglé hanno già da tempo puntato gli occhi varie imprese multinazionali¹ e lo stesso governo, in modo particolare per la presenza di uno dei più grandi giacimenti di rame della regione. Il Cerro Colorado ha infatti una riserva di rame stimata intorno ai 17.5 milioni di chilogrammi, per un valore di circa 150 miliardi di dollari. La zona è inoltre particolarmente adatta per sviluppare progetti idroelettrici.
La mancanza di volontà da parte del governo di cercare un accordo con la comunità indigena è stata più che evidente lo scorso 5 novembre quando, dopo sei giorni di protesta, si è prima rifiutato di riunirsi per cercare una soluzione pacifica e ha poi lanciato i corpi speciali della Polizia contro la popolazione che protestava in modo pacifico nella località di San Félix, Chiriquí.
Nonostante l'accordo raggiunto, il ministro per l'Industria e il Commercio ha deciso di apportare alcune modifiche al testo e il Parlamento ha poi di fatto stralciato l'articolo 5 del nuovo Codice che regolava questi aspetti. La reazione della comunità indigena è stata immediata, con l'inizio di blocchi stradali in vari punti del Paese.
Sulla Comarca Ngäbe-Buglé hanno già da tempo puntato gli occhi varie imprese multinazionali¹ e lo stesso governo, in modo particolare per la presenza di uno dei più grandi giacimenti di rame della regione. Il Cerro Colorado ha infatti una riserva di rame stimata intorno ai 17.5 milioni di chilogrammi, per un valore di circa 150 miliardi di dollari. La zona è inoltre particolarmente adatta per sviluppare progetti idroelettrici.
La mancanza di volontà da parte del governo di cercare un accordo con la comunità indigena è stata più che evidente lo scorso 5 novembre quando, dopo sei giorni di protesta, si è prima rifiutato di riunirsi per cercare una soluzione pacifica e ha poi lanciato i corpi speciali della Polizia contro la popolazione che protestava in modo pacifico nella località di San Félix, Chiriquí.
Come già accaduto nel 2010, quando il governo di Martinelli represse senza pietà i lavoratori delle piantagioni di banane di Changuinola, Bocas del Toro, le forze speciali hanno attaccato con fucili caricati a pallettoni, pistole e gas lacrimogeni, provocando la morte di almeno due persone - Jerónimo Rodríguez Tugri e Francisco Miranda - e decine di feriti e detenuti.
Repressione
"La repressione è stata preparata con attenzione dal governo. Due giorni prima hanno bloccato le comunicazioni telefoniche e hanno circondato la zona della protesta, impedendo l'entrata di cibo e acqua. Hanno addirittura lanciato una campagna mediatica per fare credere che i manifestanti avevano sequestrato dei turisti. Poi hanno attaccato e hanno massacrato la gente", ha detto Alejandro John, segretario generale del Sindacato industriale dei lavoratori della fabbricazione e commercializzazione di bibite gassate, birra, liquori e simili (Sitrafcorebgascelis).
Il dirigente ha informato che il sindacato sta manifestando davanti al Parlamento a sostegno della protesta della comunità Ngäbe-Buglé e che parteciperà alle mobilitazioni previste per i prossimi giorni. "Condanniamo questo nuovo attacco contro la popolazione, sosteniamo la lotta contro l'attività mineraria ed esigiamo che si reincorpori l'articolo 5 nel Codice Minerario e che si fermi immediatamente la repressione.
Sembra - ha continuato John - che la tragica esperienza di Changuinola non abbia insegnato niente. Continua a essere un governo di padroni senza scrupoli che pensa solo ad accumulare capitale e che non ascolta la gente", ha affermato il dirigente sindacale.
Anche per Genaro Benett, segretario generale del Sindacato dei lavoratori dell'industria bananiera (Sitraibana), la situazione è grave e merita l'attenzione della comunità internazionale. "Stiamo vivendo sulla nostra pelle ciò che sta succedendo. Il 95 per cento dei nostri iscritti appartiene a comunità indigene della zona e in segno di protesta abbiamo iniziato uno sciopero a oltranza per dimostrare la nostra solidarietà con la Comarca Ngäbe-Buglé.
È stata una repressione selvaggia. A questa gente non interessa la vita delle persone. Nei prossimi giorni decideremo come continuare il nostro sostegno alla lotta che si è estesa a tutto il Paese e che è importante fare conoscere a livello internazionale" ha assicurato Benett.
Mentre la notizia della repressione veniva ripresa da varie agenzie di stampa, un'ampia coalizione di organizzazioni panamensi ha chiesto al governo di Martinelli il rispetto della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, della Legge 41 sulle terre comarcali e della Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sui popoli indigeni e tribali.
"La repressione è stata preparata con attenzione dal governo. Due giorni prima hanno bloccato le comunicazioni telefoniche e hanno circondato la zona della protesta, impedendo l'entrata di cibo e acqua. Hanno addirittura lanciato una campagna mediatica per fare credere che i manifestanti avevano sequestrato dei turisti. Poi hanno attaccato e hanno massacrato la gente", ha detto Alejandro John, segretario generale del Sindacato industriale dei lavoratori della fabbricazione e commercializzazione di bibite gassate, birra, liquori e simili (Sitrafcorebgascelis).
Il dirigente ha informato che il sindacato sta manifestando davanti al Parlamento a sostegno della protesta della comunità Ngäbe-Buglé e che parteciperà alle mobilitazioni previste per i prossimi giorni. "Condanniamo questo nuovo attacco contro la popolazione, sosteniamo la lotta contro l'attività mineraria ed esigiamo che si reincorpori l'articolo 5 nel Codice Minerario e che si fermi immediatamente la repressione.
Sembra - ha continuato John - che la tragica esperienza di Changuinola non abbia insegnato niente. Continua a essere un governo di padroni senza scrupoli che pensa solo ad accumulare capitale e che non ascolta la gente", ha affermato il dirigente sindacale.
Anche per Genaro Benett, segretario generale del Sindacato dei lavoratori dell'industria bananiera (Sitraibana), la situazione è grave e merita l'attenzione della comunità internazionale. "Stiamo vivendo sulla nostra pelle ciò che sta succedendo. Il 95 per cento dei nostri iscritti appartiene a comunità indigene della zona e in segno di protesta abbiamo iniziato uno sciopero a oltranza per dimostrare la nostra solidarietà con la Comarca Ngäbe-Buglé.
È stata una repressione selvaggia. A questa gente non interessa la vita delle persone. Nei prossimi giorni decideremo come continuare il nostro sostegno alla lotta che si è estesa a tutto il Paese e che è importante fare conoscere a livello internazionale" ha assicurato Benett.
Mentre la notizia della repressione veniva ripresa da varie agenzie di stampa, un'ampia coalizione di organizzazioni panamensi ha chiesto al governo di Martinelli il rispetto della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, della Legge 41 sulle terre comarcali e della Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sui popoli indigeni e tribali.
Accordo
Tre giorni dopo la repressione e alla vigilia di una delle più grandi manifestazioni organizzate a Panama, lo scorso 8 febbraio il governo di Martinelli ha ceduto ed ha accettato tutte le proposte presentate dalla comunità Ngäbe-Buglé. L'accordo firmato dalle parti prevede la liberazione di tutti detenuti (si parla di circa 200 indigeni scomparsi), la cessazione della repressione, garazie di sicurezza per tutta la dirigenza, la non persecuzione dei manifestanti e il risarcimento per le famiglie delle persone ferite e uccise.
L'accordo prevede inoltre il ritiro immediato dei corpi speciali della Polizia dalla zona, l'inizio di un dialogo che abbia come mediatori la chiesa cattolica ed evangelica, la relatrice ONU a Panama e il rettore dell'Università di Panama. Con rispetto al Codice Minerario (Legge 415), si accorda l'incorporazione e discussione dell'articolo 5. Si sollecita infine agli organismi dei diritti umani una profonda indagine su quanto avvenuto durante la repressione.
Nonostante ciò, il combattivo Fronte nazionale per la difesa dei diritti economici e sociali (Frenadeso) ha dichiarato che si manterrà vigilante in quanto non crede alle promesse del governo. "Non si può credere a questo governo della menzogna e dell'inganno. Vigileremo su quanto farà Martinelli affinché non cerchi di prendersi nuovamente gioco della popolazione Ngäbe Buglé. Le cause del conflitto non sono state risolte e ci aspettiamo che l'articolo 5 venga reintegrato nella Legge 415 e approvato come esige la popolazione Ngäbe Buglé. Saremo pronti a dare la nostra solidarietà se le circostanze lo richiederanno", ha assicurato Frenadeso.
Note:
¹ L'impresa canadese Inmet Mining e il consorzio coreano Korea Resources, LS-Nikko Copper e Korea Export Insurance (KEIC). L'impresa statunitense di energia AES.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
01 febbraio, 2012
DICHIARAZIONE DEL PRIMO INCONTRO DEL MOVIMENTO MESOAMERICANO CONTRO IL MODELLO ESTRATTIVO MINERARIO M4
Ci siamo riuniti nella Valle di Siria, Honduras, nei giorni 26, 27, 28 e 29 gennaio, delegazioni nazionali di Panama, Costa Rica, Honduras, Salvador, Guatemala, Messico, con la partecipazione di rappresentanti d’organizzazioni solidali degli Stati Uniti e del Canada, per dibattere, intercambiare e stabilire accordi di lotta contro il modello minerario estrattivo che oggi flagella i nostri territori.
Con l'impulso dato al modello d’accumulazione neoliberista, l'aggressione delle compagnie minerarie nella regione centroamericana si è intensificata velocemente. Il modello estrattivo minerario si contraddistingue come processo aggressivo, predatorio e manipolatore, che pone gli interessi economici al di sopra della vita stessa, della sostenibilità ambientale e della diversità culturale. È un modello perverso e senza etica, che utilizza il "maquillage verde" e la responsabilità sociale dell’impresa autodefinendosi "attività mineraria verde, sostenibile e responsabile", che promuove nei nostri paesi il falso mito dello "sviluppo" e dell’"economia verde", basandosi su presunti progressi tecnologici, volti a distruggere territori nel minor tempo possibile.
Queste imprese, in maggioranza canadesi, hanno provocato nelle nostre popolazioni fenomeni d’impoverimento, conflittualità sociale, divisione, malattie, distruzione dell'ecosistema; così come un attacco sistematico alle nostre culture originarie, in contrasto con la cosmovisione dei popoli.
Nei nostri paesi le imprese minerarie hanno corrotto la classe politica al governo per adattare le leggi e le politiche pubbliche a loro vantaggio e convenienza, violando la sovranità nazionale ed i diritti collettivi dei popoli, riconosciuti, tra gli altri, da strumenti internazionali quali l'Accordo 169 dell'OIT e la Dichiarazione delle Nazioni Unite per i Diritti dei Popoli Indigeni.
D’altro canto il governo canadese ha creato una politica d’intrallazzi a favore delle imprese minerarie causando ripetutamente la violazione della sovranità dei nostri paesi.
In questo contesto, nella regione centroamericana a beneficio delle imprese minerarie si stanno favorendo cambi alle legislazioni, in cui la discussione si riduce ai presunti benefici economici, senza tener conto dei rischi che tale modello comporta per la vita. Per smantellare la resistenza si usa la strategia di criminalizzare le lotte sociali, militarizzare i territori, impiegare le forze di sicurezza degli Stati per assassinare, reprimere ed intimidire il popolo.
A fronte di questa situazione, Dichiariamo:
- Il movimento mesoamericano s’impegna a lottare coordinatamente per esigere l’annullamento delle concessioni minerarie, imposte senza il consenso delle popolazioni, ed il ritiro delle imprese dai nostri territori danneggiati ed il risarcimento integrale dei danni causati.
- Denunciamo la repressione e la persecuzione che stanno subendo sorelle e fratelli in lotta per la difesa del territorio, soprattutto in Salvador, Honduras, Messico e Guatemala.
- Chiediamo che si rispettino le decisioni dei popoli sui loro territori ed il diritto alla consultazione, che si rendano operativi gli accordi internazionali a favore dei diritti umani e ambientali, che in precedenza i nostri governi hanno sottoscritto.
- Denunciamo l'ingerenza d’imprese multinazionali e di ambasciate come quelle di Stati Uniti e Canada, che spingono a riforme di legge riguardanti il settore estrattivo, privilegiando gli interessi delle multinazionali ed ignorando le proposte di organizzazioni e popoli, vedansi i casi di Panama, Honduras e Guatemala.
- Intensificheremo azioni congiunte a livello centroamericano contro il modello estrattivo minerario e proposte per un nuovo modello di benessere, che garantisca il rispetto della vita in armonia con madre natura.
Salutiamo e ci rendiamo solidali con le mobilitazioni del popolo Panamense contro le attività estrattive e le riforme di legge volte a favorire le imprese minerarie.
Denunciamo la politica di concessione di una terza parte del territorio nazionale alle multinazionali minerarie da parte del governo messicano, come i gravi casi di Cerro de San Pedro, Wirikuta e Caballo Blanco, tra gli altri.
Festeggiamo, insieme al popolo costaricense, l'approvazione della legge che proibisce l’estrazione dei metalli a cielo aperto e l'uso del cianuro sul suo territorio, e lo invitiamo a restare vigile di fronte a nuove offensive da parte del modello estrattivo minerario.
Rifiutiamo il disegno di legge sull’attività estrattiva che pretende approvare il Congresso Nazionale honduregno, in quanto estremamente lesivo del popolo in generale, dell'ecosistema, nonché tutela per gli interessi economici delle imprese minerarie e degli imprenditori nazionali che fanno loro da prestanome.
Esigiamo il rispetto dei risultati delle oltre 50 consultazioni comunitarie realizzate in Guatemala, che hanno detto no all’attività estrattiva. Salutiamo la resistenza del popolo salvadoregno e chiediamo la fine della persecuzione nei confronti dei compagni e compagne del Comitato Ambientale di Cabañas.
Celebriamo l’impegno e l'appoggio di persone ed organizzazioni solidali degli Stati Uniti e del Canada, che denunciano e contrastano gli abusi delle imprese dei loro paesi, che violano i diritti dei popoli abitanti nella regione mesoamericana.
"DA PANAMA AL CANADA, L’ATTIVITA’ MINERARIA NON VA"
Valle di Siria, Honduras, domenica 29 gennaio 2012