31 maggio, 2008

COSTRUENDO ALTERNATIVE

A SUD presenta: COSTRUENDO ALTERNATIVE
Ciclo di incontri con rappresentanti dei movimenti indigeni e sociali latinoamericani
Dopo la Cumbre de los Pueblos di Lima, conclusasi con la grande mobilitazione dei movimenti sociali e con il fallimento delle politiche commerciali che la UE voleva imporre ai paesi della regione Andina, dal 28 maggio al 6 giugno saranno in Italia alcuni rappresentanti dei movimenti sociali e indigeni latinoamericani per una serie di iniziative pubbliche in varie città italiane.
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HONDURAS: Grupo Pellas e gli agrocombustibili

di Giorgio Trucchi
In marzo del 2007 il Grupo Pellas, di origine nicaraguense, ha annunciato di voler investire 150 milioni di dollari nella costruzione del primo impianto per la produzione di etanolo nel dipartimento di Olancho, in Honduras.
L'obiettivo del Gruppo è aumentare sensibilmente la quantità di etanolo che già produce ed esporta in Europa dal Nicaragua e cominciare a rifornire il mercato statunitense e quello dell’Honduras, dove in novembre del 2007 il Congresso Nazionale ha approvato la Legge di Produzione e Consumo di Biocombustibili, creando - secondo il giornale El Heraldo de Honduras - "l'ordinamento istituzionale e normativo, così come gli incentivi necessari per propiziare a breve termine la produzione nazionale e l’uso su grande scala di biocombustibili, come il biodiesel e l'etanolo. Questa disposizione colloca l’Honduras come il primo paese della regione a contare su una legge specifica in materia di biocombustibili”.
Tuttavia, il lavoro normativo non è ancora concluso, poiché manca l'approvazione del Regolamento della legge che sarà lo strumento di applicazione della stessa.
Secondo le dichiarazioni di Carlos Pellas Chamorro, presidente del Grupo Pellas, a El Heraldo, l'Ingenio San Antonio, proprietà della compagnia Nicaragua Sugar Estates Ltd. (NSEL)4, anch’essa parte del Grupo Pellas, è la prima impresa esportatrice di etanolo dell'America Centrale. L'anno scorso ha esportato circa 17 milioni di litri e per quest’anno ha previsto di arrivare ai 40 milioni.
L'Ingenio San Antonio conta su una capacità installata di produzione di etanolo di 100 mila lt/gg, e si sta sviluppando un progetto per costruire una seconda distilleria, con una capacità di 300 mila lt/gg.

Il progetto del Grupo Pellas sembra godere dei favori del governo del presidente Manuel Zelaya. Il Ministro dell’Agricultura ed Allevamento (SAG), Héctor Hernández, ha infatti confermato che il progetto abbraccerebbe una totalità di 15 mila ettari e genererebbe 20 mila posti di lavoro. Tuttavia, ci sono settori della popolazione che guardano con molta preoccupazione all'uso di enormi estensioni di terra per la semina di canna da zucchero, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui si vive una situazione drammatica a causa dell’alto costo degli alimenti, della problematica legata alla proprietà della terra e per la mancanza di sovranità e sicurezza alimentare.

Secondo Marvin Ponce, deputato del Partito Unificazione Democratica (UD), "sono ormai alcuni anni che il Grupo Pellas sta progettando la costruzione di un impianto per la produzione di etanolo nella zona di Olancho, una delle regioni più importanti per la produzione di alimenti. In questo dipartimento ci sono tre valli in cui si concentra la produzione di fagioli, mais, riso, ortaggi ed anche l’allevamento."

Voci d'allerta

Quello che il Grupo Pellas sta cercando di fare, ha continuato Ponce, "è comprare circa 70 mila ettari di terra nei dipartimenti di Olancho, El Paraiso e Yoro per seminare canna da zucchero. È un progetto di investimento straniero che ci preoccupa molto, perché smantellerebbe una zona dove si coltiva circa il 75 per cento delle granaglie e leguminose del paese, per passare a produrre agrocombustibili.
Sebbene sia importante investire nello sviluppo del paese, questa misura avrebbe un effetto terribile per l'agricoltura contadina. Bisogna anche prendere in considerazione che l’Honduras ha un alto deficit di produzione di alimenti e che deve quindi importarli per dare una risposta alla domanda interna. Questo investimento straniero incrementerebbe il deficit esistente, con effetti molto negativi ad Olancho, dove l'indice di povertà raggiunge già il 45 per cento della popolazione".

Per il deputato onduregno, gli effetti avversi del progetto di produzione di etanolo si estenderebbero anche a livello nazionale. "Se calcoliamo circa 35 mila ettari per la semina di canna da zucchero, sottratti alla produzione di alimenti, significherebbe circa 140 mila tonnellate di granaglie in meno all’anno”, ha affermato Ponce.
Nonostante gli sforzi fatti fino al momento dal Grupo Pellas, il colosso nicaraguense sta incontrando difficoltà per comprare sufficienti terre per poter iniziare e sviluppare l'ambizioso progetto.
"Uno degli effetti che si è generato nella zona di Olancho è il vertiginoso aumento dei prezzi della terra. Una manzana di terra, (circa 0,7 ettari), prima valeva circa 1.200 dollari, mentre con l'arrivo del Grupo Pellas e l'aumento della domanda, il valore è arrivato a 4 mila dollari.
Un altro fattore che sta ostacolando l'acquisto di terra – ha spiegato Ponce – ha a che vedere coi conflitti legali. Ci sono molti contadini o comunità che sono in possesso di terre, ma hanno debiti con le banche e dovrebbero quindi liberarle prima dalle ipoteche per poterle vendere. A questo si aggiungono anche fattori culturali di una popolazione molto radicata sul proprio territorio. Esiste inoltre un terzo fattore che include soprattutto i latifondisti, molti dei quali non vogliono vendere perché in Honduras avere terra significa avere potere economico e politico e non ci vogliono rinunciare".

Secondo il deputato Ponce, il Grupo Pellas avrebbe già comprato circa 5 mila ettari ad Olancho ed è possibile che cerchi di spostarsi in altri dipartimenti, come per esempio Yoro, dove potrebbe trovare condizioni più favorevoli, contando anche sull'appoggio di importanti intermediari.
"Il governo dell’Honduras non ha ancora assunto una posizione definita e nemmeno un piano strategico sull'implementazione degli agrocombustibili. Usa ancora un doppio discorso: da una parte dice di sostenere la produzione di alimenti, mentre dall’altra sostiene quella degli agrocombustibili, per mezzo della palma africana ed il pinolo per il biodiesel, e della canna di zucchero per l’etanolo.
Da questo punto di vista, il Grupo Pellas gode dei favori di uno dei principali impresari nicaraguensi, Piero Cohen Montealegre, attualmente ambasciatore in Honduras (ed ex ambasciatore in Italia n.d.r.) e le cui relazioni col presidente Zelaya sono così intime tanto che, quest’ultimo, gli ha più volte chiesto in prestito il suo elicottero ed il suo jet privato per i suoi viaggi ufficiali. “Piero Cohen è il gran negoziatore che ha il Grupo Pellas in Honduras", ha dichiarato Ponce a Sirel.

Il problema della terra

Oltre alla problematica della minaccia per la produzione di alimenti e di come il progetto del Grupo Pellas influirebbe sulla sicurezza alimentaria del paese, si affaccia anche un altro grande inconveniente che è il tema del possesso della terra e della richiesta di una riforma agraria integrale da parte delle organizzazioni contadine e della società civile.
"Il mercato della terra è letteralmente esploso e la nostra posizione è che il paese, di fronte a questa crisi alimentare e con più di 300 mila famiglie di contadini senza terra, deve promuovere una nuova riforma agraria attraverso due strategie – ha segnalato Ponce -.
La prima è la soluzione dei conflitti di terra che esistono da più di 30 anni; 45 mila ettari che sono in possesso dei contadini senza essere stati titolati. Chiediamo – ha continuato Ponce - che il Congresso emetta un decreto legislativo per risolvere tutti questi conflitti agrari. Un decreto che dica che tutte le terre pubbliche o private che attualmente sono usufruite dalle famiglie contadine, indigene ed afro-onduregne, siano immediatamente espropriate, aggiudicate e titolate a favore degli occupanti. Allo stesso tempo, chiediamo che i Tribunali di Giustizia si astengano dal procedere a sgomberi o accuse criminali contro questi gruppi contadini".

La seconda strategia ha a che vedere con una nuova Legge di Riforma Agraria Integrale. Secondo Juan Vásquez, del Comitato Esecutivo del Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari ed Indigene del Honduras (COPINH), "Le comunità indigene stanno chiedendo una riforma agraria integrale che consegni titoli comunitari di terra alle popolazioni indigene e contadine. Non vogliamo che lo Stato compri e ci venda la terra, ma la consegna deve avvenire attraverso un recupero di terra in base ai titoli ancestrali delle nostre popolazioni.
Chiediamo anche l’effettivo sostegno per la produzione e per un'agricoltura sostenibile. Per noi – ha continuato Vásquez - il vincolo con la nostra Madre Terra è molto profondo. La terra è sacra, bisogna curarla e rispettarla e sappiamo che questi progetti per la produzione di agrocombustibili implicano l'uso di agrotossici che inquinano l'acqua, la terra e colpiscono l'ecosistema e la salute umana, e prevedono anche opere di disboscamento. La semina massiccia per la produzione di agrocombustibili, oltre a colpire la produzione di alimenti, sarebbe un vero attentato per le nostre popolazioni", ha indicato Vásquez.

In Nicaragua, la Asociaciòn Nicaraguense de Afectados por Insuficiencia Renal Crònica (ANAIRC), organizzazione affiliata alla UITA, ha accusato in varie occasioni l'Ingenio San Antonio di essere il responsabile della grave malattia che ha colpito migliaia di ex lavoratori delle sue piantagioni di caña. Secondo ANAIRC, sarebbero quasi 2.700 gli ex lavoratori deceduti e più di 7 mila quelli ammalati a causa dell’uso indiscriminato di pesticidi che hanno inquinato le fonti idriche. Vari studi hanno confermato la relazione diretta che esiste tra l'esposizione a pesticidi e varie malattie, tra cui l'Insufficienza Renale Cronica.

Il dirigente del COPINH ha inoltre ricordato che "come è già accaduto con le zone franche (maquilas) in Honduras, ci dicono sempre che questi progetti generano posti di lavoro, ma la verità è che vengono gestiti dalle grandi multinazionali e alla fine, solo i ricchi se ne beneficiano. Siamo inoltre molto preoccupati per gli aumenti al valore del Paniere ed è per questo motivo che stiamo organizzando giornate di protesta e resistenza, lottando anche contro la corruzione che sta colpendo il paese", ha indicato Vásquez.

Lo scorso 17 aprile, più di 100 mila onduregni hanno invaso le strade del paese in uno Sciopero Civico Nazionale, per esigere al governo risposte concrete ad un pacchetto di dodici richieste, tra cui il congelamento del costo del Paniere per mezzo di uno stretto controllo dei prezzi, un aumento generale dei salari, l'implementazione di una riforma agraria integrale, con accesso alla terra e al credito per il settore contadino, garantendo quindi la sovranità alimentare dell’Honduras, rifornendo di granaglie e leguminose tutto il paese.

Il Grupo Pellas

Il Grupo Pellas è un conglomerato di più di 50 imprese, presieduto dall’inizio degli anni 80 da Carlos Pellas Chamorro. Ha attivi per 4 mila milioni di dollari e circa 15 mila lavoratori.

Secondo la Rivista Summa5, tra le più importanti compagnie che integrano il Grupo Pellas, nel settore finanziario, troviamo il BAC International Bank, presente in tutti i paesi dell'America Centrale, controllando l’intera rete Credomatic e il BAC Florida Bank, nel sud della Florida (Stati Uniti). Nel 2005 il Grupo Pellas negoziò con GE Consumer Finance, divisione finanziaria della potente multinazionale Generale Electric, la vendita del 49,99 per cento del pacchetto azionario di BAC International Bank, la leader in carte di credito nell'istmo. Tra le altre compagnie di proprietà del Grupo Pellas risalta la Nicaragua Sugar Estates Limited, proprietaria del complesso agroenergetico "Ingenio San Antonio", con una capacità annuale di produzione di 250 mila Tm di zucchero, 18 milioni di litri di etanolo, 80 mila Tm di melassa e 60 MW di energia, oltre a vari progetti di diversificazione come la produzione di gamberi e di energia per mezzo della semina di 5.500 manzanas di eucalipti. La Compañia Licorera de Nicaragua SA che produce il rum Flor de Caña, acquaviti e gas metano. E la Casa Pellas che ha la rappresentanza della Toyota in Nicaragua.

Il Grupo Pellas è anche socio al 40 per cento di GBM che ha la rappresentazione di IBM in America Centrale, Panama ed i Caraibi; con un 10 per cento di Uniòn Fenosa, la multinazionale spagnola che controlla la distribuzione dell'energia elettrica in Nicaragua, e con un altro 40 per cento di ESTESA, la televisione via cavo leader nel suo settore in Nicaragua ed anche come fornitore di Internet con Cablenet.
Altre imprese che conformano il Grupo Pellas sono Seguros Amèrica, membro della Red Financiera BAC, con relazioni stabili con compagnie di assicurazioni leader nel mercato internazionale di riassicurazione. Aduanera y Almacenadora Pellas S.A (ALPESA) che offre servizi di sdoganamento, magazzinaggio di mercanzie, trasporto locale e servizi completi di logistica a livello internazionale.
Il Grupo Pellas possiede anche 7 mila ettari di coltivazione di arance nella zona del Río San Juan, nel sud del Nicaragua, con 1,4 milioni di alberi ed una produzione di circa 1.000 milioni di arance all’anno, esportandone il succo negli Stati Uniti per la Minute Maid , impresa di proprietà della Coca-Cola.

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25 maggio, 2008

HONDURAS: Sciopero della fame per sete di giustizia

da Selvas.org
Uno sciopero della fame di quattro magistrati che protestano contro la corruzione e in favore della giustizia. Questa azione, cominciata dapprima da associazioni di giudici e avvocati “democratici”, in un mese ha assunto le proporzioni di un ampio movimento sociale.Si è venuto a creare un fronte cittadino, che riunisce sia persone indignate per l’impunità del crimine dei colletti bianchi, sia settori organizzati, tra cui organizzazioni indigene e afro-discendenti, organizzazioni femministe, sindacati operai e di insegnanti, associazioni di artisti, organizzazioni contadine. Una ventina di persone del movimento hanno cominciato lo sciopero della fame in segno di solidarietà con i magistrati. ... continua...

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COMUNICATO STAMPA DEL TAVOLO MIGRANTI

Da sempre i migranti hanno a che fare con il razzismo. Perciò i migranti sono antirazzisti. Non hanno bisogno di un governo nuovo, dei giornali, del parlamento europeo per sapere che esiste il razzismo, perché lo vivono quotidianamente: sugli autobus e sui posti di lavoro, nelle piazze e nei supermercati, nelle scuole e negli uffici pubblici.Molti ora hanno riscoperto che in Italia c’è il razzismo. È un razzismo che considera i rom come scorie da eliminare, e oggi lo manifesta con particolare virulenza sebbene, purtroppo, non sia una novità in questa ‘civile’ Italia. Pochi paiono invece avere scoperto che l’immigrato clandestino non è una vittima della cultura razzista, ma un lavoratore senza permesso di soggiorno. Sarebbe interessante se per una sola settimana si togliessero tutti i clandestini a padroni e padroncini di fabbriche, fabbrichette, campi, cantieri e cooperative di vario tipo. Allora la base elettorale della Lega si arrabbierebbe davvero e non saprebbe più cosa farsene del suo razzismo.Noi diciamo che la giusta indignazione degli antirazzisti non può cancellare anni di lotte dei migranti, condotte in prima persona sotto tutti i governi e in tutte le condizioni. In questi anni – anche in questi ultimi due anni, quando molti hanno taciuto aspettando la salvezza antirazzista dal governo – i migranti hanno praticato costantemente l’antirazzismo. Lo hanno fatto gridando forte che la loro condizione, lo sfruttamento del lavoro migrante, è una condizione che riguarda tutto il lavoro, perché tutti i lavoratori sono attaccati quando alcuni sono costretti ad accettare l’inaccettabile per rinnovare il permesso di soggiorno. Lo hanno fatto denunciando che la sicurezza è quella di non morire sul posto di lavoro quando si è in nero, con la pelle nera, e senza documenti, ma anche quando si è bianchi e con tutte le carte in regola. Lo hanno fatto sapendo che sono i più precari tra i precari e cercando collegamenti con le altre lotte. Lo hanno fatto dicendo che clandestino non è criminale, e d’altra parte lo sa pure il governo se oggi si preoccupa di “fare emergere” il lavoro delle badanti, perché “servono”.Che cosa significa oggi essere antirazzisti? La Spagna si proclama antirazzista. Infatti espelle i migranti nel rispetto dei diritti umani. Li sfrutta con una Bossi-Fini mascherata di politicamente corretto, contrattando coi governi nordafricani l’importazione temporanea di forza lavoro a basso costo! Meglio dunque non gridare allo scandalo, se quest’urlo rischia di ridurre al silenzio ciò che i migranti dicono chiaramente da tempo, come pure l’antirazzismo che essi praticano essendo protagonisti delle loro lotte senza aspettare il risveglio delle buone intenzioni. La mobilitazione dei migranti a livello transnazionale contro le politiche europee sull’immigrazione mostra l’arretratezza di chi si è affidato a un presunto governo antirazzista contro un governo certamente razzista. L’antirazzismo non può essere ridotto alle buone intenzioni degli italiani scandalizzati. Si tratta di fare. E questo fare non può prescindere dalle pratiche politiche che si sono consolidate e che hanno visto i migranti protagonisti. Non può prescindere dalle rivendicazioni che in questi anni i migranti hanno portato nelle assemblee e nelle piazze. Rivendicazioni che denunciano il confine sempre più labile tra regolarità e irregolarità, la rapina delle Poste, la politica dei flussi e il furto dei contributi. Non può prescindere dalla rivendicazione della regolarizzazione slegata dal lavoro e dal salario, e della chiusura di tutti i centri di detenzione amministrativa.A volte, però, ritornano i professionisti dell’antirazzismo, persino europarlamentari, convocando a mezzo stampa urgenti incontri o manifestazioni nazionali con tanto di data prevista. Significa forse che si sono ravveduti quelli che fino all’ultimo hanno promesso l’abolizione della Bossi-Fini anche se poi non sono riusciti neppure a mitigare il protocollo con le poste. Probabilmente hanno capito di aver sbagliato i conti quelli che si sono affidati al “governo amico”, anche se proponeva una legge che non cancellava il legame tra soggiorno e lavoro né aboliva i Cpt. Devono essersi accorti di non poter continuare a tacere coloro che vantano centinaia di migliaia di migranti iscritti, ma finora si son scordati di parlare di lavoro. Non si sono forse accorti, però, dei percorsi che in più parti d’Italia hanno mobilitato migliaia di migranti in questi anni e delle domande che quei migranti hanno portato avanti. Questo non è buon modo di fare antirazzismo. L’urlo antirazzista deve continuare, ma non può mettere a tacere il protagonismo dei migranti che hanno continuato a parlare prendendo in mano il loro destino spesso nel silenzio di molti. Noi riconosciamo che si è aperta una nuova fase talmente difficile che è impossibile e inutile rispondere con iniziative simboliche o spettacolari, o lasciandosi dettare i tempi dalle emergenze. Siamo disposti a cooperare contro la legge Bossi-Fini, contro il razzismo, contro lo sfruttamento del lavoro migrante con chiunque si assuma la responsabilità di farlo. Noi non alziamo steccati, ma nemmeno ci facciamo dettare le scadenze come se dipendessimo dalle buone intenzioni degli altri.
Laboratorio Antirazzista e delle resistenze sociali "L'incontro" - La Spezia
Coordinamento immigrati Brescia
Coordinamento migranti BolognaCoordinamento migranti Vicenza
Gruppo migranti Torino

21 maggio, 2008

Bush torna a Roma per coinvolgere ancora di più l'Italia nella guerra permanente

Appello del Patto permanente contro la guerra
Il presidente degli Stati Uniti Bush l'11 giugno prossimo sarà di nuovo a Roma per discutere con il nuovo governo Berlusconi - uno dei suoi più fedeli alleati in Europa - un maggiore coinvolgimento dell'Italia nelle strategie di guerra degli USA nei vari scenari.Bush è "un'anatra zoppa" ma prima di concludere il suo mandato vuole approfittare del favorevole clima politico bipartizan in Italia per aumentare gli impegni militari del nostro paese. In poche parole Bush vuole la disponibilità dell'Italia ai preparativi di guerra contro l'Iran, più truppe da combattimento in Afghanistan, nuove regole offensive per il contingente militare italiano in Libano da utilizzare contro l'opposizione libanese, il pieno utilizzo dei militari italiani nei Balcani a difesa della secessione del Kosovo, il via libera ai lavori alla base militare del Dal Molin a Vicenza e l'allargamento operativo delle altre basi USA sul nostro territorio, la partecipazione attiva allo Scudo missilistico che già si sta realizzando con le prime installazioni nei paesi dell'Europa dell'Est, una maggiore collaborazione tecnologica e militare tra aziende italiane e statunitensi (vedi l'escalation della Finmeccanica), la subalternità alle scelte della NATO, il rafforzamento della complicità militare e diplomatica tra Italia e Israele.
Una accresciuta aggressività militare finalizzata alla riconquista o all'ampliamento della propria sfera d'influenza sul mercato mondiale - oggi in evidente declino - è la risposta con cui gli Stati Uniti intendono rispondere alla recessione economica abbattutasi sull'economia USA. Il tentativo dell'amministrazione Bush è quello di accollare i costi economici, sociali e militari di questa sua crisi anche sui paesi alleati.

Su questa inquietante agenda di guerra, Bush troverà piena collaborazione da parte del governo Berlusconi, il quale si sta affrettando a far suonare le fanfare della guerra e del razzismo ed a peggiorare, se possibile, in Libano, in Afghanistan e di nuovo in Iraq, il ruolo di guerra dell'Italia, già delineato da D'Alema come quello la sesta potenza (coloniale) del mondo, in quanto a presenza di militari oltreconfine.
Questa agenda la vogliamo e la dobbiamo ribaltare con una mobilitazione contro la guerra che non ha fatto e non farà sconti a nessun governo e a nessun soggetto politico che si sia reso complice della guerra permanente, delle sue alleanze e dei suoi obiettivi.
Il Patto permanente contro la guerra lancia un appello alla mobilitazione a tutte le persone che vogliono un altro mondo possibile in cui la Pace sia il punto di riferimento della politica estera ed economica e la sicurezza sia inscindibile dalla solidarietà e dalla cooperazione e giustizia sociale. Non vogliamo che il nostro paese sia ancora complice della escalation di guerra e non vogliamo che dia il benvenuto a colui che massimamente ha incarnato in questi anni la guerra globale, la tortura e la sospensione dei diritti umani in tutto il mondo.

Per dire No a Bush e No alla guerra, per dire fuori l'Italia dalla guerra, chiamiamo tutte e tutti in piazza mercoledì 11 giugno a Roma e ovunque ci siano consolati e rappresentanze USA per protestare contro la visita di Bush, per lanciare il nostro grido di allarme contro l'escalation di guerra.

Per discutere gli scenari di guerra in cui siamo coinvolti e il ruolo che in essi gioca l'Italia, ma anche per discutere della manifestazione dell'11 giugno, invitiamo tutte e tutti al FORUM convocato per sabato 24 maggio a Roma (Casa internazionale delle donne, via della Lungara n.19, vicino a Regina Coeli dalle ore 10.00). Nel frattempo invitiamo a promuovere subito riunioni unitarie in ogni città per preparare la mobilitazione e discutere le possibilità concrete di iniziativa.
Per lunedì 2 giugno a Napoli, un'alleanza di forze pacifiste e antimilitariste ha lanciato la proposta di una manifestazione contro le basi militari da tenersi nella città sede del nuovo Comando Centrale della Marina militare USA, chiamando alla partecipazione tutti i comitati popolari impegnati nella lotta per lo smantellamento delle basi.
L'11 giugno saremo in piazza a Roma e in altre città contro la visita di Bush e le politiche di guerra del nuovo governo Berlusconi, per riaffermare la nostra piattaforma:
- il ritiro immediato delle truppe italiane dall'Afghanistan, dal Libano, dai Balcani- la revoca della decisione di costruire una nuova base militare a Vicenza e lo smantellamento delle basi militari USA/NATO nel nostro territorio per riconvertirle ad uso civile- la revoca dell'adesione dell'Italia allo Scudo missilistico USA,- la revoca della partecipazione alla costruzione degli F35- la revoca dell'accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele- il taglio delle spese militari a favore di quelle sociali.
Il Patto permanente contro la guerra

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20 maggio, 2008

Honduras: la rivolta dei fiscales contro la giustizia corrotta

su Radio Rai Uno, nel programma Pianeta Dimenticato:
Definito un tempo " la Repubblica delle banane", perchè condizionato pesantemente dalle multinazionali della frutta nordamericane, l'Honduras è lo Stato più povero dell'America centrale. Nonostante sia un Paese ricchissimo di risorse di ogni genere la maggior parte della popolazione vive nell'estrema indigenza. La responsabilità è soprattutto di un'amministrazione corrotta contro la quale da mesi protestano molti magistrati inquirenti di Tegucigalpa che hanno iniziato uno sciopero della fame per denunciare l'immoralità della classe dirigente honduregna.
Gelsomina Testa
ASCOLTA LA PUNTATA

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Rebeldìa Riempie la città

Il 7 giugno il Progetto Rebeldìa riempe le strade per immaginare la città che non c'è.
Rebeldìa non è soltanto uno spazio. E' un'idea diversa di società, oggi messa in discussione da un piano edilizio che vorrebbe sostituire questo laboratorio di pratiche sociali con un parcheggio, ignorando di fatto il problema dalla sua sopravvivenza.
Difendere il Progetto Rebeldìa significa difendere il lavoro delle 25 associazioni che lo abitano: per dare piena cittadinanza ai migranti, per costruire un'economia senza sfruttamento dell'uomo e dell'ambiente, per opporsi alle politiche di guerra, per liberare le culture e riparare le biciclette, per i diritti individuali e collettivi, ...
Un'idea è vuota senza l'azione delle persone che la mettono in pratica.
Sporchiamoci le mani e scendiamo nelle strade.
Il Progetto Rebeldìa si merita uno spazio, Pisa si merita il Progetto Rebeldìa.
CORTEO 7 GIUGNO
CONCETRAMENTO p.zza Sant'Antonio ore 17
per adesioni: http://www.inventati.org/rebeldia/

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19 maggio, 2008

Vertice UE-AmerLat: Molto fumo mediatico

Tito Pulsinelli
www.selvas.org

Il vertice di Lima tra l'Unione Europea (UE) e i Paesi latinoamericani e dell'area dei Caraibi, si è conluso come tutte gli eventi di questo tipo: molto fumo mediatico, e pochissimo arrosto. I segnali alla vigilia dell'adunata di Lima non erano stati incoraggianti, con la pretesa della signora Merkel di consigliare i governi sudamericani a prendere le distanze dal "populismo" e da Chavez.Lula le rispose con una intervista-espresso e la bacchettò: "Chavez è il miglior Presidente che il Venezuela abbia avuto in un secolo... Non c'è alcuna spiegazione alla paura che gli europei mostrano nei riguardi del nuovo corso della sinistra sudamericana". Non c'è più spazio per consigli e ammonimenti sparati dalle capitali europee, e l'efficacia di seminare zizzania con la teoria delle "due sinistre" è pressocchè nulla. Trovano una flebile eco solo a Bogotà.Per dirla "alla neoliberista", la crescita economica dei Paesi americani di lingua non-inglese è più elevata di quella ristagnante della UE: materie prime, petrolio, gas, risorse alimentari fanno confluire un volume accresciuto di entrate. C'è più stabilità, crescita e autonomia finanziaria, commerciale e geopolitica, come mai prima d'ora.In questo contesto, le filastrocche sul libero mercato, aperture e firma di trattati di "libero commercio" sono ricevute con sentimenti che vanno dalla tiepidezza all'ostilità. L'obiettivo dichiarato della UE era firmare un accordo di "libero commercio" con il Gruppo Andino, ma non è stato possibile.Dopo l'uscita del Venezuela che ha scelto il Mercosur, questo Gruppo è indebolito, inoltre Bolivia ed Ecuador pongono condizioni, e differiscono sui brevetti ed appalti statali.L'UE fa un passo indietro, e ripiega sull'ipotesi di un accordo bilaterale con Perù e Colombia.Ripercorre gli stessi passi degli Stati Uniti, riconfermando la medesima indisponibilità all'apertura del mercato agricolo e la riduzione dei finanziamenti statali all'agro-industria.Il resto è stato il tira-e-molla per un documento finale molto "politichese" che non è esplicito su nulla, neppure sugli agro-combustibili, e dove abbondano molti buoni prositi che -l'esperienza insegna- saranno dimenticati fino al prossimo Vertice di Madrid, tra due anni.A Brasilia, intanto, la prossima settimana prenderà forma definitiva l'UNASUR e probabilmente anche il Consiglio di Difesa Sudamericano, due passi decisivi verso il rafforzamento del blocco geopolitico che a Madrid canterà con un altro spartito.L'Europa non può presentarsi appattita sulle stesse posizioni degli Stati Uniti per quel che riguarda la sua politica estera, nè riecheggiare la debilitata ortodossia neoliberista in materia commerciale ed economica.

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17 maggio, 2008

Lima: DICHIARAZIONE DEI FIGLI DELLA TERRA Non c’è integrazione senza Decolonizzazione del Potere, Sapere e Sentire


L’Europa ha un debito storico con l’Abya Yala
Non c’è integrazione senza Decolonizzazione del Potere, Sapere e Sentire.

Ai popoli del mondo
Ai governi dei paesi andini e latinoamericani
Ai governi dell’Unione Europea
All’opinione pubblica internazionale

RIUNITI nel Ayllu del fratello Taulichusco, a Lima, Perù, 1.500 sorelle e fratelli dell’Organizzazione dei Popoli Quechua, Aymara, Kichwa, Lafquenche, Guambiano, Toba, Colla, Poccra, Asháninka e inoltre dei Popoli Originari di Abya Yala (America), durante la III Cumbre Nazionale ed il Foro Internazionale Indigeno, per analizzare il contesto nazionale ed internazionale e le prospettive nelle quali si attua il denominato processo verso l’Accordo di Associazione dell’Unione Europea e della Comunità Andina delle Nazioni” (AA UE-CAN).

...continua...


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16 maggio, 2008

Manifestazione nazionale contro le basi militari e contro la guerra permanente

Appello per una manifestazione nazionale il 2 giugno a Napoli

In Italia vi sono oltre 100 basi ed installazioni militari che vanno da Bolzano a Lampedusa. Queste strutture non servono a difendere la popolazione da attacchi esterni ma, invece, costituiscono un grave pericolo per la sicurezza dei cittadini sottraendo spazi alla vita civile ed investendoli per la guerra permanente.
Portaerei, cacciabombardieri, sottomarini, aerei, elicotteri, missili, bombe, macchine di morte di ogni specie possibile passano e stazionano nelle installazioni militari. Senza trascurare il devastante impatto ambientale che la presenza di tali armi determina, partecipiamo tutti, senza volerlo, alla guerra.
Abbiamo detto NO al Dal Molin e continueremo a dirlo, ma lo stesso vale per il resto del territorio italiano, orami ricoperto di basi e prima linea della guerra globale.
Proponiamo che il 2 giugno abbia luogo a Napoli una manifestazione nazionale contro le basi militari.
Perché a Napoli?
Napoli è una città invasa da strutture militari, e uno dei principali porti per sostenere i conflitti in Medio Oriente e non solo: qui si è trasferito il comando di tutta la Marina Militare statunitense, per il controllo di Europa, Asia (Medio Oriente) e Africa. Questa città è divenuta lo snodo del traffico di portaerei, sottomarini a propulsione nucleare e armamenti di ogni genere.
Perché il 2 Giugno?
Il 2 giugno è la Festa della Repubblica, e noi vogliamo celebrarla ricordando che l'Italia è e deve essere uno Stato di Diritto e non può essere rappresentata da una parata militare.
Per questo il 2 giugno 2008 tutti a Napoli: per dire "basta alle basi, basta alla guerra"
Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione della Campania
Promuovono: Rete Lilliput (Na), Asper, Manitese (Na), Donne in nero (Na), PeaceLink (Campania), Un ponte per...(Na), Sinistra Critica (Na), Comunità per lo sviluppo umano (Na), Assopace (Na), Pax Christi (Na), Scuola di Pace (Na), Attac (Na)
Aderiscono: Centro Gandhi, Donne in Nero, Un ponte Per..., La Comunità per lo sviluppo umano, PeaceLink, Assise di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia, Amici di Beppe Grillo (Na), Socialismo Rivoluzionario (Na), FGCI (Na), PdCI (Na), PRC (Na), Giovani Comunisti (Na), Federazione Campana RdB/CUB, Cobas (Na), Associazione 3 febbraio (Na), MEDiterranean MEDIA
Per adesioni: http://www.pacedisarmo.org/pacedisarmo/indices/index_55.html

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14 maggio, 2008

COLOMBIA: Uribe: 2 piccioni con 1 fava?

Tito Pulsinelli
http://www.selvas.org/

Il Presidente colombiano Alvaro Uribe ha impacchettato e spedito -in piena notte- negli Stati Uniti tredici Capi dello stato maggiore dei "paramilitares". Pezzi grossi come Salvatore Mancuso e i suoi più stretti compagni di traffici e delitti.Con questa mossa a sorpresa, Uribe cerca di guadagnare tempo e spazio, e comincia a togliersi di torno le "gole profonde" che lo hanno impallinato con le rivelazioni sul connubio perverso del suo partito con i paramilitares. Adesso sono già di fronte ai giudici di Miami, con una estradizione che permette di pereseguirli solo per delitti di narcotraffico.In questo modo, Uribe ottiene di mettere Mancuso+13 fuori dalla portata dei giudici colombiani, e quindi evita che possano avanzare le indagini sui massacri, le fosse comuni, eliminazioni fisiche e spopolamento di interi villaggi.Inoltre, fa una bella figura negli Stati Uniti, dove il portavoce di Bush si è precipitato a dire che la deportazione contribuirà positivamente per far approvare il TLC con la Colombia.Entrambi -governo Uribe e Stati Uniti- scongiurano un grave pericolo comune: Mancuso+13 avevano cominciato a gettar luce sui vincoli esistenti tra varie multinazionali e i paramilitares, soprattutto nell'eliminazione dei sindacalisti e distruzioni di centri abitati.Nella regione del Choco -per esempio- stanno mettendo le mani su di una zona vergine, ricca di legnami pregiati e giacimenti per cominciare l'estrazione mineraria indiscriminata, lontana da occhi indiscreti.Tutte le terre sottratte con la violenza ai civili non sono state ancora riconsegnate ai legittimi proprietari, e il governo di Bogotà sta destinandole alla coltivazione di mais e canna da zucchero per gli agro-acombustibili.I possedimenti terrieri di Salvatore Mancuso non sono ancora stati affidati al fondo per la indennizzazione delle vittime dei paramilitares.Due piccioni con una fava? Apparentemente. Uno degli avvocati dei deportati ha però dichiarato: "...hanno perso la libertà, però non la libertà d'espressione. Pertanto, continueranno a svelare fatti decisivi per la vita di questo Paese".Le organizzazioni che difendono i diritti delle vittime del "paramilitarismo" hanno sottolineato la stranezza di una deportazione per reati minori (narcotraffico) quando gli imputati sono investigati per violazioni dei diritti umani; inoltre gli Stati Uniti non hanno firmato il Trattato della Corte internazionale sui crimini di lesa umanità.Uribe conferma la sua scaltrezza e un cinismo spericolato. Guai a chi si fida della sua parola e dei patti che sottoscrive; ma ora sta colpendo tra le sue stesse fila, cioè i suoi grandi elettori e la sua base d'appoggio politica e sociale.

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13 maggio, 2008

Gli straordinari giovani giudici dell`Honduras (e se fossero una lezione...)

di Gennaro Carotenuto
Chissà come si può fare per accendere un po’ di luce sulla lotta della magistratura dell’Honduras, da 35 giorni in sciopero della fame contro la corruzione nel paese centroamericano. Un paese periferico, completamente fuori dall’interesse dei media, lottando contro un fenomeno considerato normale, ineluttabile, al quale è meglio adeguarsi, "ma tu non tieni famiglia?"
Più di un mese fa hanno cominciato quattro giovani magistrati nel Palazzo legislativo di Tegucigalpa. Oggi hanno l’appoggio di migliaia di persone. Hanno chiesto che il procuratore generale, Leónidas Rosa, e il suo vice, Omar Cerna, fossero rimossi dal loro incarico. Sono i vertici di un potere giudiziario tutt’altro che indipendente e profondamente compenetrato con gli altri poteri, quello legislativo, quello esecutivo e con l’immanente potere economico, quello dei soldi, quello reale che non ha nulla a che vedere con la democrazia.
Quei quattro giovani lottavano da anni per capire come si potesse fare giustizia se i vertici della giustizia erano conniventi con il crimine. Finiti tutti i sistemi legali, sentendosi pressocché sconfitti, restava la lotta, ma quella testimoniale dello sciopero della fame, l’ultima risorsa di chi ha capito che nessuno, neanche l’opinione pubblica in quel momento, vuole ascoltare.
Hanno cominciato da soli, hanno occupato un angolo del parlamento e lì sono rimasti nel disinteresse generale. Inizialmente non ci sono state né raccolte di firme né coperture televisive. Anzi… piuttosto la derisione di chi si sente così forte da non aver bisogno neanche di minacciare: "ingenui", "imprudenti", sono state i giudizi più carini da parte dei loro superiori e della classe politica.
Poi qualcosa è cambiato. Prima una radio ha cominciato a coprire lo sciopero della fame. Poi un’associazione vicina ai gesuiti ha cominciato a sommarsi, a turno, allo sciopero della fame stesso. Da lì la solitudine dei giovani magistrati (hanno dai 32 ai 40 anni) ha cominciato a rompersi. Il loro angolo di parlamento ha cominciato a popolarsi di ragazzi, studenti senza militanza politica in un paese depoliticizzato come l’Honduras neoliberale. Hanno cominciato a portarsi i sacchi a pelo e dormire lì insieme ai giudici, che avevano fisicamente bisogno di essere appoggiati. Qualcuno ha cominciato a sommarsi allo sciopero della fame. E altri giovani sono arrivati, questa volta più politicizzati, volendo non solo appoggiare i giudici ma riscattare una storia di lotta che si pensava sepolta dai remoti anni ‘70.
Il Gianfranco Fini hondureño, Roberto Micheletti, presidente della Camera ed ex candidato alla presidenza della Repubblica, li ha accusati di voler "rovesciare l’ordine costituzionale". E’ in quel momento che il loro isolamento è diventato "la tenda della dignità" e migliaia di persone ogni giorno passano a visitarli e a firmare l’appello contro la corruzione. Perfino il presidente Manuel Zelaya ha cercato di mettere il proprio cappello sulla protesta, recandosi alla tenda e solidarizzando con loro che intanto sommavano il consenso dei movimenti indigeni, tra questi il COPINH, alcuni rappresentati del quale stanno scioperando con i giudici.
Più la protesta diventa importante, attualmente stanno scioperando più di 40 persone, più il gioco si fa duro e crescono le minacce con noti repressori degli anni ‘80 che si sono fatti vedere in giro lanciando chiari segnali. La vita degli scioperanti è in pericolo sia per le condizioni di salute, sia per il pericolo di attentati. I primi quattro giudici sono allo stremo, ma rifiutano di farsi sostituire sentendosi vicini ad ottenere qualcosa di concreto. Ma hanno già ottenuto moltissimo: erano solo quattro giovani magistrati, oggi con loro ci sono decine di migliaia di hondureñi.

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07 maggio, 2008

BOLIVIA, QUALCHE DOVEROSA PRECISAZIONE SUL REFERENDUM AUTONOMISTA DI SANTA CRUZ

da camminaredomandando.blogspot.com
L’ho letto pressochè in tutti articoli che nei giorni scorsi commentavano il referendum autonomista di Santa Cruz : la consultazione, che pur ha visto una gigantesca vittoria del Sì, non si tradurrà in nulla di concreto, perché il presidente Morales la considera illegale ed illegittima.

Questa vulgata l’ha riferita lunedì il Tg1, l’ha scritta Omero Ciai su Repubblica e l’ha ripresa perfino Peacereporter (per coprire tutto lo spettro politico). Ma l’hanno presa per buona pure altre decine di giornalisti di varia provenienza. E il motivo è abbastanza scontato. Hanno tutti consultato le stesse fonti.

Ora che a Morales e al suo governo il referendum non andasse a genio è fuori discussione. Ma il punto non è questo. A bocciare il referendum e a bollarlo come illegale ed incostituzionale non è stato il presidente indio, ma la Corte Nazionale Elettorale. ...continua...

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BOLIVIA

In Bolivia nazionalizzata la compagnia di Telecom di Roberto da Rin

Ha scelto un giorno con un palese significato simbolico, il primo maggio, Dia del Trabajo, Festa dei lavoratori anche in Bolivia. E ha effettuato l'annuncio: «La compagnia telefonica boliviana Entel sarà nazionalizzata». Il presidente Evo Morales, tre giorni prima del referendum separatistico della ricca provincia di Santa Cruz de la Sierra, ha dichiarato che gli assetti azionari saranno modificati: Entel, principale azienda di telecomunicazioni del Paese e società partecipata al 50% più un'azione da Telecom Italia tramite la Eti (Euro Telecom International), sarà nazionalizzata. La polizia ha già occupato il quartier generale del gruppo. ...continua...

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EVO MORALES: “IL SECESSIONISMO HA FALLITO” di G. Carotenuto

Santa Cruz, la regione più ricca della Bolivia, si è cantata e suonata il proprio referendum razzista e secessionista mascherato da autonomia e palesemente illegale per la comunità internazionale. I promotori, poche decine di famiglie che hanno sempre appoggiato dittature e neoliberismo, sbandierano un 84% di sì ma tengono segreto il dato sull’astensionismo che avrebbe superato il 40%. ...continua...


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Varo della IV Flotta degli USA

da http://selvasorg.blogspot.com/

Dal 1 luglio, comincerà a riattivarsi la IV Flotta degli Stati Uniti, dalla base di Mayport in Florida, dove oggi fa capo il Comando sud. Questa flotta ha come teatro di operazione il Mar dei Caraibi e tutte le rotte che connettono con l’America centrale e meridionale.
Per importanza e potere bellico, non è inferiore alla V Flotta che è attiva nel Golfo Persico o alla VI che presidia il Mediterraneo. Naturalmente, l’annuncio fatto pubblico dalle autorità militari nordamericane ricorre al consueto giustificativo della “lotta al terrorismo”.
...continua...

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03 maggio, 2008

Messico: due anni dopo, le gravi violenze controle donne di Atenco rimangono impunite

Data di pubblicazione dell'appello: 20.04.2008
Status dell'appello: attivo
All'alba del 3 e 4 maggio 2006 circa 3.000 agenti della polizia municipale, statale e federale giunsero alla cittadina di San Salvador Atenco,stato del Messico, per reprimere un movimento sociale che sosteneva dei venditori locali difiori. L'operazione di polizia si concluse con 207 detenzioni, la morte di due giovani, torture,maltrattamenti e attacchi di natura fisica,psicologica e sessuale a decine di donne manifestanti.Su un totale di 47 donne arrestate, 26 denunciarono di essere state vittime di violenza sessuale da parte della polizia.A due anni dagli eventi di San Salvador Atenco poco o nulla è stato fatto per assicurare alla giustizia i responsabili degli abusi contro le donne.Secondo le informazioni solo un agente di polizia è stato processato per il crimine minore di "atti di libidine" e solo perché la vittima ha potuto identificarlo perché fu costretta ad avere un rapporto orale con lui. Attualmente l'agente è stato rilasciato su cauzione ed è in attesa di giudizio. Altri cinque agenti di polizia sono sotto processo penale per abuso d'ufficio.Non si hanno notizie su ulteriori denunce contro altri ufficiali di polizia da parte della Procura generale di giustizia dello stato del Messico,che ha in carico queste indagini. La Corte suprema di giustizia della nazione ha portato a termine un'indagine sui fatti nel 2007, ma il documento definitivo non è stato ancora reso pubblico. L'indagine federale portata avanti dal Procuratore speciale sulle violenze contro le donne (Fevimtra) è ad un punto fermo e non ha portato ad alcuna conclusione.Il Comitato contro la tortura (Cat) e il Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne delle Nazioni Unite (Cedaw) e altre autorità internazionali hanno criticato gli atti violenti contro le manifestanti e i manifestanti che hanno avuto luogo a San Salvador Atenco.Inoltre hanno richiesto che le indagini sugli atti di violenza contro le donne vengano affidate ad autorità federali specializzate come il Fevimtra.
Amnesty International chiede che sia fattagiustizia per le donne di San Salvador Atenco.http://www.amnesty.it/appelli/appelli/Donne_Atenco?page=appelli

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