29 settembre, 2009
HONDURAS, ATTENZIONE AL GORILLA ROBERTO MICHELETTI!
Gennaro Carotenuto
(29 settembre 2009)
È difficile pensare a un gorilla più gorilla di Roberto Micheletti, il dittatore di Bergamo alta, acclamato dal TG2 (per il quale paghiamo il canone) per il suo golpe e le sue violazioni dei diritti umani a Tegucigalpa. Tanto più la sua ora si avvicina alla fine, tanto più lui, uomo tutto d’un pezzo, non fa un passo indietro e dimostra, per esempio, di non aver mai sentito parlare di inviolabilità di sedi diplomatiche facendo assaltare quella brasiliana.
Da quando il presidente legittimo Manuel Zelaya è tornato in patria, ospitato dall’Ambasciata del Brasile, ne ha fatte di tutti i colori. Ha represso, tanto per cambiare, selvaggiamente l’opposizione indurendo i contorni già sinistri di una dittatura difesa solo da un’internazionale nera che va dalle lobby del partito repubblicano statunitense al governo peruviano di Alan García all’ “Associazione bergamaschi nel mondo”. Una dittatura che fa solo strepitare l’imbelle diplomazia internazionale che da tre mesi lo isola ma non lo costringe alla resa, mentre invece la Resistenza al golpe, pur pagando prezzi altissimi, non fa un passo indietro.
Non bastava lo stato d’assedio a Micheletti. Ha bombardato con gas lacrimogeni l’ambasciata del Brasile, minacciando d’invaderla come fosse l’ayatollah Khomeini. Quindi, come probabilmente si comporta con i suoi dipendenti, lui grande imprenditore, ha dato gli otto giorni nientemeno che all’Ambasciatore del Brasile che osa ospitare nella sua sede il presidente legittimo Manuel Zelaya.
Di passaggio ha espulso la delegazione dell’Organizzazione degli Stati Americani. Quindi ha indurito lo stato d’assedio stesso (chiedendo scusa per i fastidi ai cittadini bene dell’Honduras) e di passaggio ha fatto chiudere un altro gruppetto di radio e tivù (Radio Globo, Canal 36) che continuavano a trasmettere notizie su un Honduras non completamente pacificato.
Infine si è ulteriormente preso poteri speciali e come ciliegina sulla torta ha sospeso per 45 giorni una buona metà della sacra Costituzione dell’Honduras. È quella stessa inviolabile carta costituzionale scritta nel 1982 dal dittatore Policarpo Paz e in difesa della sacralità della quale fu costretto controvoglia al colpo di stato il 28 giugno. Stato d’assedio e Costituzione sospesa in un paese dove, secondo i media governativi, in perfetta normalità si sta svolgendo la campagna elettorale per le elezioni presidenziali (che la comunità internazionale non riconoscerà e alla quale non parteciperanno osservatori internazionali dell’ONU, OSA, UE) previste tra un mese esatto.
fonte www.gennarocarotenuto.it
(29 settembre 2009)
È difficile pensare a un gorilla più gorilla di Roberto Micheletti, il dittatore di Bergamo alta, acclamato dal TG2 (per il quale paghiamo il canone) per il suo golpe e le sue violazioni dei diritti umani a Tegucigalpa. Tanto più la sua ora si avvicina alla fine, tanto più lui, uomo tutto d’un pezzo, non fa un passo indietro e dimostra, per esempio, di non aver mai sentito parlare di inviolabilità di sedi diplomatiche facendo assaltare quella brasiliana.
Da quando il presidente legittimo Manuel Zelaya è tornato in patria, ospitato dall’Ambasciata del Brasile, ne ha fatte di tutti i colori. Ha represso, tanto per cambiare, selvaggiamente l’opposizione indurendo i contorni già sinistri di una dittatura difesa solo da un’internazionale nera che va dalle lobby del partito repubblicano statunitense al governo peruviano di Alan García all’ “Associazione bergamaschi nel mondo”. Una dittatura che fa solo strepitare l’imbelle diplomazia internazionale che da tre mesi lo isola ma non lo costringe alla resa, mentre invece la Resistenza al golpe, pur pagando prezzi altissimi, non fa un passo indietro.
Non bastava lo stato d’assedio a Micheletti. Ha bombardato con gas lacrimogeni l’ambasciata del Brasile, minacciando d’invaderla come fosse l’ayatollah Khomeini. Quindi, come probabilmente si comporta con i suoi dipendenti, lui grande imprenditore, ha dato gli otto giorni nientemeno che all’Ambasciatore del Brasile che osa ospitare nella sua sede il presidente legittimo Manuel Zelaya.
Di passaggio ha espulso la delegazione dell’Organizzazione degli Stati Americani. Quindi ha indurito lo stato d’assedio stesso (chiedendo scusa per i fastidi ai cittadini bene dell’Honduras) e di passaggio ha fatto chiudere un altro gruppetto di radio e tivù (Radio Globo, Canal 36) che continuavano a trasmettere notizie su un Honduras non completamente pacificato.
Infine si è ulteriormente preso poteri speciali e come ciliegina sulla torta ha sospeso per 45 giorni una buona metà della sacra Costituzione dell’Honduras. È quella stessa inviolabile carta costituzionale scritta nel 1982 dal dittatore Policarpo Paz e in difesa della sacralità della quale fu costretto controvoglia al colpo di stato il 28 giugno. Stato d’assedio e Costituzione sospesa in un paese dove, secondo i media governativi, in perfetta normalità si sta svolgendo la campagna elettorale per le elezioni presidenziali (che la comunità internazionale non riconoscerà e alla quale non parteciperanno osservatori internazionali dell’ONU, OSA, UE) previste tra un mese esatto.
fonte www.gennarocarotenuto.it
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LETTERA A REPUBBLICA ED AL GIORNALISTA OMERO CIAI
Cari tutti. Oggi sul quotidiano "Repubblica" un nuovo articolo vergognoso sulla situazione in Honduras. Questa sera ho così scritto questa lettera al quotidiano, che dovrebbe essere l'alfiere della libertà d'informazione nel nostro Paese -a parole, opere e... omissioni-. Dopo averla scritta, riflettendo anche su quanto sta accadendo con riferimento all'Iran, mi viene da pensare che forse si parla di popolazione oppressa e in rivolta solo quando si vuole costruire con forza un'immagine positiva di un popolo e una negativa di un governo. Scrivo tutto questo senza ovviamente giustificare in alcun modo quel folle di Ahmadinejad.
Quindi, invito a riflettere sull'eventualità che "Repubblica" non faccia l'interesse di chi dev'essere informato, ma quello del proprio editore, ovvero De Benedetti (un uomo che, però, ha interessi politici ed economici in palese contrasto con quelli dell'attuale presidente del Consiglio italiano, Berlusconi, che perciò prende a cornate). Per una riflessione più ampia sui media itaiani vi lascio al libro "Informazioni, istruzioni per l'uso" del nostro Giulio Sensi senza tediarvi oltre.
Un abbraccio. Luca
****
Mi preoccupa che "Repubblica", in queste settimana promotrice di una grande iniziativa sulla liberta di stampa, continui con il proprio inviato Omero Ciai ad offrire un'informazione lacunosa rispetto a ciò che sta avvenendo in Honduras.
Nelle ultime settimane, e ancor di più dopo il ritorno in patria del presidente Zelaya, i movimenti popolari riuniti nel Frente Nacional contra el Golpe de Estado hanno denunciato a gran voce le violenze, le privazioni di libertà, l'annullamento dei diritti civili (mi preme segnalare, il diritto alla libertà d'informazione, con la chiusura e l'occupazione militare degli ultimi organi liberi, Radio Globo e Canal 36) da parte di Micheletti (soprannominato Goriletti) e dei suoi. Quest'oggi, appariva più equilibrata e approfondita l'analisi offerta da "Il Sole-24 ore" (rispetto al ruolo del Brasile nella gestione della crisi), che il racconto di Ciai. Perché lo stato di assedio non è per Zelaya, ma per tutto il popolo honduregno, a tre mesi dal golpe. Invito "Repubblica" a segnalare il sito http://resistehondurasita.blogspot.com/, per un'informazione per lo meno più completa rispetto a ciò che accade nel piccolo Paese centroamericano.
Luca Martinelli/Collettivo Italia Centro-America
Quindi, invito a riflettere sull'eventualità che "Repubblica" non faccia l'interesse di chi dev'essere informato, ma quello del proprio editore, ovvero De Benedetti (un uomo che, però, ha interessi politici ed economici in palese contrasto con quelli dell'attuale presidente del Consiglio italiano, Berlusconi, che perciò prende a cornate). Per una riflessione più ampia sui media itaiani vi lascio al libro "Informazioni, istruzioni per l'uso" del nostro Giulio Sensi senza tediarvi oltre.
Un abbraccio. Luca
****
Mi preoccupa che "Repubblica", in queste settimana promotrice di una grande iniziativa sulla liberta di stampa, continui con il proprio inviato Omero Ciai ad offrire un'informazione lacunosa rispetto a ciò che sta avvenendo in Honduras.
Nelle ultime settimane, e ancor di più dopo il ritorno in patria del presidente Zelaya, i movimenti popolari riuniti nel Frente Nacional contra el Golpe de Estado hanno denunciato a gran voce le violenze, le privazioni di libertà, l'annullamento dei diritti civili (mi preme segnalare, il diritto alla libertà d'informazione, con la chiusura e l'occupazione militare degli ultimi organi liberi, Radio Globo e Canal 36) da parte di Micheletti (soprannominato Goriletti) e dei suoi. Quest'oggi, appariva più equilibrata e approfondita l'analisi offerta da "Il Sole-24 ore" (rispetto al ruolo del Brasile nella gestione della crisi), che il racconto di Ciai. Perché lo stato di assedio non è per Zelaya, ma per tutto il popolo honduregno, a tre mesi dal golpe. Invito "Repubblica" a segnalare il sito http://resistehondurasita.blogspot.com/, per un'informazione per lo meno più completa rispetto a ciò che accade nel piccolo Paese centroamericano.
Luca Martinelli/Collettivo Italia Centro-America
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MOBILITARSI CONTRO LA STRETTA REPRESSIVA DEI GOLPISTI !!!!
PRC: AMATO – CONSOLO SULL’HONDURAS
A tre mesi dal Colpo di Stato, ieri il governo golpista honduregno ha sospeso con un decreto la Costituzione e ben cinque garanzie costituzionali, tra cui la libertà d’espressione, di circolazione e di riunione. Poche ore dopo i militari hanno chiuso Radio Globo ed il Canal 36 di Tegucigalpa, tra le poche voci antigolpiste che in questi mesi hanno dato spazio alla Resistenza contro il governo de facto del golpista Roberto Micheletti.
Le recenti prese di posizione dell’ONU, del Grupo de Río e di Unasur, così come le dichiarazioni dei rappresentanti dell’Unione Europea e della stessa amministrazione Obama, indeboliscono e isolano ancor di più i golpisti che scelgono di rompere i rapporti diplomatici con il Brasile ed aumentare la repressione
Il PRC-SE condanna fermamente la nuova stretta repressiva contro il movimento democratico e ribadisce la sua solidarietà con il popolo honduregno, con il Frente de Resistencia contro il golpe e con il Governo legittimo di Juan Manuel Zelaya.
Il PRC-SE chiama le forze democratiche ed antifasciste alla più amplia mobilitazione unitaria su tutto il territorio nazionale a partire dalle prossime ore contro il Golpe ed in appoggio alla resistenza popolare honduregna.
FABIO AMATO - Resp. Dip. Int. PRC-SE
MARCO CONSOLO - Resp. Dip. America Latina PRC-SE
Roma 28-9-2009
A tre mesi dal Colpo di Stato, ieri il governo golpista honduregno ha sospeso con un decreto la Costituzione e ben cinque garanzie costituzionali, tra cui la libertà d’espressione, di circolazione e di riunione. Poche ore dopo i militari hanno chiuso Radio Globo ed il Canal 36 di Tegucigalpa, tra le poche voci antigolpiste che in questi mesi hanno dato spazio alla Resistenza contro il governo de facto del golpista Roberto Micheletti.
Le recenti prese di posizione dell’ONU, del Grupo de Río e di Unasur, così come le dichiarazioni dei rappresentanti dell’Unione Europea e della stessa amministrazione Obama, indeboliscono e isolano ancor di più i golpisti che scelgono di rompere i rapporti diplomatici con il Brasile ed aumentare la repressione
Il PRC-SE condanna fermamente la nuova stretta repressiva contro il movimento democratico e ribadisce la sua solidarietà con il popolo honduregno, con il Frente de Resistencia contro il golpe e con il Governo legittimo di Juan Manuel Zelaya.
Il PRC-SE chiama le forze democratiche ed antifasciste alla più amplia mobilitazione unitaria su tutto il territorio nazionale a partire dalle prossime ore contro il Golpe ed in appoggio alla resistenza popolare honduregna.
FABIO AMATO - Resp. Dip. Int. PRC-SE
MARCO CONSOLO - Resp. Dip. America Latina PRC-SE
Roma 28-9-2009
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HONDURAS: AQUI NADIE SE RINDE!
AQUI NADIE SE RINDE!!!
nonostante la chiusura violenta di radio Globo e canal 36 si continua a trasmettere...
links per ascoltare notizie dall`Honduras che resiste
http://puentesurve.blogspot.com/
http://radioeslodemenos.blogspot.com/
nonostante la chiusura violenta di radio Globo e canal 36 si continua a trasmettere...
links per ascoltare notizie dall`Honduras che resiste
http://puentesurve.blogspot.com/
http://radioeslodemenos.blogspot.com/
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L'HONDURAS IN ITALIA
A quattro mesi dal colpo di Stato, a un mese dalle finte elezioni presidenziali, dal 12 al 14 ottobre arriva nel nostro Paese una rappresentante del Frente Nacional contra el Golpe de Estado
L'Honduras non è un Paese democratico! E lo affermiamo con forza anche in Italia. Sono trascorsi tre mesi dal 28 giugno, quando il presidente honduregno José Manuel Zelaya Rosales venne prelevato da casa sua da militari incappucciati e trasportato fuori dal territorio nazionale.
La sua colpa: aver iniziato un processo di riforme e di dialogo con i movimenti sociali, che avrebbe portato i cittadini honduregni a votare una consultazione popolare per convocare una nuova assemblea costituente.
Un attacco ai privilegi di una decina di famiglie, le più ricche e conservatrici del Paese, che per questo hanno ideato e finanziato - con il sostegno dell’esercito honduregno e il tacito benestare degli Usa- il colpo di Stato del 28 giugno scorso.
L'intero Paese e tutta la regione centroamericana sono così ripiombati negli anni Settanta e Ottanta, negli anni bui di tensione propria dei regimi dittatoriali che il mondo pensava ormai facessero parte del passato dell'umanità.
Dal 12 al 14 ottobre sarà in Italia una rappresentante del Fronte nazionale contro il colpo di Stato, che riunisce tutti i cittadini honduregni democratici che dal primo giorno del golpe resistono pacificamente (con scioperi, azioni di disobbedienza civile) e manifestano per la democrazia, nonostante questa resistenza per la pace e la libertà sia già costata oltre una decina di morti, centinaia di detenzioni illegali, una grande quantità di persone picchiate, torturate e stuprate.
Betty Matamoros sará in Italia per incontrare i movimenti e le persone che sostengono la loro giusta lotta per l’autodeterminazione e democrazia dal basso. Invitiamo tutte e tutti a partecipare attivamente e a supportare le lotte dei movimenti sociali honduregni.
Promuovono:
Ass. Italia-Nicaragua, Collettivo Italia-Centro America, CS Cantiere, Selvas.org
Per informazioni, adesioni o proposte:
resistehonduras@gmail.com
http://resistehondurasita.blogspot.com/
349-80.12.538 (Mauro)
349-86.86.815 (Luca)
L'Honduras non è un Paese democratico! E lo affermiamo con forza anche in Italia. Sono trascorsi tre mesi dal 28 giugno, quando il presidente honduregno José Manuel Zelaya Rosales venne prelevato da casa sua da militari incappucciati e trasportato fuori dal territorio nazionale.
La sua colpa: aver iniziato un processo di riforme e di dialogo con i movimenti sociali, che avrebbe portato i cittadini honduregni a votare una consultazione popolare per convocare una nuova assemblea costituente.
Un attacco ai privilegi di una decina di famiglie, le più ricche e conservatrici del Paese, che per questo hanno ideato e finanziato - con il sostegno dell’esercito honduregno e il tacito benestare degli Usa- il colpo di Stato del 28 giugno scorso.
L'intero Paese e tutta la regione centroamericana sono così ripiombati negli anni Settanta e Ottanta, negli anni bui di tensione propria dei regimi dittatoriali che il mondo pensava ormai facessero parte del passato dell'umanità.
Dal 12 al 14 ottobre sarà in Italia una rappresentante del Fronte nazionale contro il colpo di Stato, che riunisce tutti i cittadini honduregni democratici che dal primo giorno del golpe resistono pacificamente (con scioperi, azioni di disobbedienza civile) e manifestano per la democrazia, nonostante questa resistenza per la pace e la libertà sia già costata oltre una decina di morti, centinaia di detenzioni illegali, una grande quantità di persone picchiate, torturate e stuprate.
Betty Matamoros sará in Italia per incontrare i movimenti e le persone che sostengono la loro giusta lotta per l’autodeterminazione e democrazia dal basso. Invitiamo tutte e tutti a partecipare attivamente e a supportare le lotte dei movimenti sociali honduregni.
Promuovono:
Ass. Italia-Nicaragua, Collettivo Italia-Centro America, CS Cantiere, Selvas.org
Per informazioni, adesioni o proposte:
resistehonduras@gmail.com
http://resistehondurasita.blogspot.com/
349-80.12.538 (Mauro)
349-86.86.815 (Luca)
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18 settembre, 2009
Sindacati inglesi si impegnano per un boicottaggio di massa dei prodotti israeliani. E quelli italiani ?
http://www.forumpalestina.org/
17 settembre – Con una decisione storica, i sindacati britannici hanno votato l’impegno a costruire un movimento di massa per il boicottaggio, il disinvestimento e sanzioni verso Israele e per una soluzione negoziata basata sulla giustizia per i Palestinesi.
La mozione è passata al Congresso Annuale 2009 del TUC (Trade Unions Council) a Liverpool oggi 17 settembre, che riunisce i sindacati rappresentanti di 6 milioni e mezzo di lavoratori del Regno Unito.
Hugh Lanning, presidente della Palestine Solidarity Campaign, ha detto: ‘Questa mozione è il culmine di un’ondata di mozioni passate nelle conferenze sindacali quest’anno, a seguito dell’indignazione per la brutale guerra di Israele contro Gaza, e riflette la massiccia crescita del sostegno ai diritti palestinesi. Lavoreremo con i sindacati per sviluppare una campagna di massa per il boicottaggio dei prodotti israeliani, specialmente i prodotti agricoli provenienti dalle colonie illegali israeliane nella West Bank palestinese’.
La mozione invita inoltre il TUC General Council a premere sul governo inglese per la fine di ogni commercio di armi con Israele e per sostenere le iniziative per la sospensione dell’accordo commerciale fra Israele e l’Unione Europea. I sindacati sono anche incoraggiati a disinvestire dalle aziende che traggono profitto dalla quarantennale occupazione illegale israeliana di Gaza e della West Bank.
La mozione è stata presentata dal sindacato dei Vigili del Fuoco. I più grandi sindacati di categoria inglesi, compresi Unite(pubblico impiego) e UNISON (sanità), hanno votato a favore della mozione.
La mozione approvata condanna anche le dichiarazioni del sindacato israeliano Histadrut a sostegno della guerra di Israele contro Gaza, che ha ucciso 1.450 Palestinesi in tre settimane, e invita a riconsiderare le relazioni del TUC con l’Histadrut.
I sindacati inglesi hanno raggiunto quelli del Sud Africa e dell’Irlanda nell’impegno per una campagna di boicottaggio di massa per costringere Israele a rispettare il diritto internazionale e per fare pressione sullo Stato ebraico affinchè adempia alle Risoluzioni dell’ONU sul diritto alla giustizia ed all’uguaglianza per il popolo palestinese.
info: www.boicottaisraele.it
17 settembre – Con una decisione storica, i sindacati britannici hanno votato l’impegno a costruire un movimento di massa per il boicottaggio, il disinvestimento e sanzioni verso Israele e per una soluzione negoziata basata sulla giustizia per i Palestinesi.
La mozione è passata al Congresso Annuale 2009 del TUC (Trade Unions Council) a Liverpool oggi 17 settembre, che riunisce i sindacati rappresentanti di 6 milioni e mezzo di lavoratori del Regno Unito.
Hugh Lanning, presidente della Palestine Solidarity Campaign, ha detto: ‘Questa mozione è il culmine di un’ondata di mozioni passate nelle conferenze sindacali quest’anno, a seguito dell’indignazione per la brutale guerra di Israele contro Gaza, e riflette la massiccia crescita del sostegno ai diritti palestinesi. Lavoreremo con i sindacati per sviluppare una campagna di massa per il boicottaggio dei prodotti israeliani, specialmente i prodotti agricoli provenienti dalle colonie illegali israeliane nella West Bank palestinese’.
La mozione invita inoltre il TUC General Council a premere sul governo inglese per la fine di ogni commercio di armi con Israele e per sostenere le iniziative per la sospensione dell’accordo commerciale fra Israele e l’Unione Europea. I sindacati sono anche incoraggiati a disinvestire dalle aziende che traggono profitto dalla quarantennale occupazione illegale israeliana di Gaza e della West Bank.
La mozione è stata presentata dal sindacato dei Vigili del Fuoco. I più grandi sindacati di categoria inglesi, compresi Unite(pubblico impiego) e UNISON (sanità), hanno votato a favore della mozione.
La mozione approvata condanna anche le dichiarazioni del sindacato israeliano Histadrut a sostegno della guerra di Israele contro Gaza, che ha ucciso 1.450 Palestinesi in tre settimane, e invita a riconsiderare le relazioni del TUC con l’Histadrut.
I sindacati inglesi hanno raggiunto quelli del Sud Africa e dell’Irlanda nell’impegno per una campagna di boicottaggio di massa per costringere Israele a rispettare il diritto internazionale e per fare pressione sullo Stato ebraico affinchè adempia alle Risoluzioni dell’ONU sul diritto alla giustizia ed all’uguaglianza per il popolo palestinese.
info: www.boicottaisraele.it
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17 settembre, 2009
80 giorni di lotta e resistenza in tutto il paese
Nel Giorno dell'Indipendenza centroamericana la popolazione riempie le strade
Il 15 settembre è stata una giornata storica per l’Honduras.
Centinaia di migliaia di honduregni sono scesi in strada in tutto il paese per commemorare l’anniversario dell’indipendenza del Centroamerica, riaffermare lo spirito unionista dell’eroe centroamericano Francisco Morazán e per celebrare l’ottantesimo giorno di resistenza contro il colpo di Stato perpetrato dalle forze reazionarie nazionali ed internazionali.
Alla fine della gigantesca marcia che ha attraversato la capitale Tegucigalpa, membri della direzione congiunta del Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato hanno letto un proclama nel quale affermano che l’Honduras “sta vivendo un’insurrezione non violenta contro il regime usurpatore che lo scorso 28 giugno ha assaltato le istituzioni dello Stato con le armi. Per questo motivo nessuna commemorazione indipendentista può essere presa in considerazione se celebrata sotto questa dittatura infame e golpista.
Oggi stiamo vivendo la stessa oppressione che 300 anni fa, con la croce e con la spada, aveva imposto l'impero spagnolo alle eroiche popolazioni che sono sopravvissute alle barbarie.
Il popolo dell’Honduras – segnala il proclama – continua la sua lotta. Oggi celebriamo ottanta giorni di instancabile resistenza in tutto il paese per la restaurazione della democrazia, il ritorno del presidente costituzionale Manuel Zelaya Rosales e la convocazione di una Assemblea Costituente”.
Facendo appello all’articolo 3 della Costituzione, il Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato ha anche rivendicato il diritto del popolo honduregno all'esercizio della disubbidienza civile contro un regime dispotico nato grazie alla forza delle armi.
Ha proclamato l’urgenza di una nuova Costituzione "per creare le basi della nostra vera indipendenza economica e sociale, garantendo in questo modo che l'oligarchia, insieme alla cupola politico-militare, non possano mai più rompere l'ordine costituzionale senza ricevere un giusto castigo", ha nuovamente attaccato e respinto l’ipotesi di un processo elettorale militarizzato "con il quale pretendono legittimare le barbarie commesse a partire dallo scorso 28 giugno", ed ha ringraziato profondamente tutti i popoli del mondo che hanno dimostrato “ la loro solidarietà con la nostra causa.
Mentre la nostra lotta diventa sempre più grande, gli usurpatori stanno crollando, accerchiati ed isolatidall’intera umanità", conclude il proclama.
Una marcia impressionante
Secondo Porfirio Ponce, vicepresidente dello storico Sindacato dei Lavoratori dell'Industria delle Bevande e Simili ( STIBYS ), affiliato alla UITA , e membro del Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato, “abbiamo commemorato l'indipendenza dell’Honduras e del Centroamerica mentre viviamo sotto un regime de facto golpista, che se da una parte ha tolto la pace al nostro paese, dall’altra ha provocato l'unità ed il rafforzamento del movimento popolare honduregno.
In questo ottantesimo giorno di resistenza abbiamo assistito ad una mobilitazione mai vista prima nel paese. La gente è uscita per le strade in tutto l’Honduras – ha continuato Ponce - ed a Tegucigalpa la partecipazione è stata impressionante, con molta più gente di quella dello scorso 5 luglio quando circa 300 mila persone si erano radunate all’aeroporto internazionale di Toncontín per aspettare il ritorno del presidente Manuel Zelaya. Centinaia di migliaia di persone si sono ora riunite nel Boulevard Morazán ed hanno marciato verso il centro della città, fino ad arrivare al Parco Centrale, formando una colonna di vari chilometri”.
Il vicepresidente dello STIBYS ha inoltre spiegato alla Lista Informativa “Nicaragua y más” che l'attività si è sviluppata senza problemi e che l’esercito e la polizia non hanno avuto il coraggio di reprimere la manifestazione per l'enorme quantità di gente presente in tutto il paese.
"Questo è un popolo che si è svegliato e oggi più che mai, siamo sicuri che nessuno potrà fernare il processo che ci porterà alla creazione di un’Assemblea Costituente. Questo popolo è sicuro di potere recuperare ciò che gli appartiene, attraverso la creazione di una nuova Costituzione che si basi sui bisogni ed i diritti della gente comune e non, come ora, sugli interessi dell’oligarchia locale”, ha concluso.
Zelaya e Ortega celebrano l'Indipendenza
In occasione della settimana di commemorazione dell'Indipendenza Centroamericana, i presidenti del Nicaragua e dell’Honduras, Daniel Ortega Saavedra e Manuel Zelaya Rosales, hanno ricevuto la “Fiaccola della Libertà” dalle mani degli studenti nicaraguensi all’interno della storica hacienda San Jacinto, luogo in cui nel 1856 l 'esercito del Nicaragua sconfisse i filibustieri dell'avventuriero statunitense William Walker.
"In questo luogo si è svolta una delle battaglie che sono il simbolo della lotta in difesa della nostra libertà – ha detto Manuel Zelaya -.
Continuiamo a lavorare e lottare per la Patria, perché i nostri avversari e nemici continuano ad essere gli stessi. Oggi come ieri dobbiamo quindi duplicare i nostri sforzi per sconfiggerli e per difendere la democrazia.
In Honduras è stata soppressa la libertà e i gruppi oligarchici continuano a volere mantenere il paese in schiavitù – ha continuato il presidente honduregno -. Il popolo nicaraguense si è unito a quello hondureño in difesa della democrazia in Centroamerica e per questo lo ringraziamo infinitamente.
Non avremo pace e non daremo tregua al regime golpista che usurpa il potere fino a che nel nostro paese non ritorni la democrazia", ha concluso.
Sotto una pioggia battente e dopo un lungo discorso in cui ha ricordato il colpo di Stato in Cile, orchestrato dai militari di questo paese e dal governo nordamericano, il presidente Daniel Ortega ha spiegato alle migliaia di studenti e studentesse giunte fino a qui per accompagnare il lungo percorso della “Fiaccola della Libertà Centroamericana”, che non si può continuare a parlare di democrazia in America Latina mentre in Honduras il governo golpista continua a mantenersi nel potere, reprimendo ed assassinando la popolazione.
"La comunità internazionale ha l'obbligo morale ed etico di accompagnare il popolo honduregno in questa battaglia, obbligando i golpisti ad abbandonare il potere", ha concluso.
Nei prossimi giorni il presidente Manuel Zelaya parlerà davanti al plenario dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
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10 settembre, 2009
Il "tartarughismo" diplomatico ed i suoi interessi nascosti
di Giorgio Trucchi
Lo scorso 3 settembre il Dipartimento di Stato nordamericano ha reso noto un comunicato¹ nel quale annuncia "la fine di un'ampia gamma di aiuti economici al governo dell’Honduras come risultato del colpo di Stato avvenuto il 28 giugno", ed ha segnalato che la segretaria di Stato, Hillary Clinton, ha preso questa decisione "riconoscendo la necessità di imporre misure più forti a causa della persistente resistenza da parte del regime de facto ad accettare l'Accordo di San José, per restaurare l'ordine democratico e costituzionale in Honduras".
Il portavoce di questa istituzione, Ian Kelly, ha inoltre informato che il governo statunitense revocherà il visto di entrata al paese a membri e promotori del regime de facto honduregno, e che in questo momento non "si potrebbe riconoscere il risultato delle elezioni di novembre".
Benché questa decisione dell'amministrazione Obama debba essere vista come un segnale positivo che contribuisce ad isolare ulteriormente il governo de facto di Roberto Micheletti, non si può fare finta di niente sul fatto che arriva dopo circa 70 giorni, durante i quali il regime golpista ha potuto creare le condizioni necessarie affinché difficilmente si possa ristabilire la situazione politico-istituzionale, economica e sociale vigente prima del colpo di Stato.
Inoltre, il fatto di non avere mai chiarito l'importo totale degli aiuti sospesi o eliminati dal 28 giugno, di aver dichiarato di dovere ancora studiare il caso Honduras per determinare se effettivamente si è trattato di un colpo di Stato – in questo caso gli Stati Uniti sarebbero obbligati per legge a sospendere qualsiasi tipo di aiuto finanziario al paese - e di continuare a identificare come unica via d’uscita al conflitto la ratificazione dell'Accordo di San José, ignorando in questo modo la posizione del Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato che chiede la fine della militarizzazione del paese e l'inizio di un processo di riforma alla Costituzione, getta seri dubbi sull'atteggiamento ostentato fino ad ora dall'amministrazione Obama.
Agenzie in agguato
Se da una parte il governo degli Stati Uniti ha sospeso parte degli aiuti al governo de facto dell’Honduras, dall’altra varie agenzie statunitensi che usano fondi dei contribuenti continuano a finanziarlo. Secondo Bill Conroy, del The Narco News Bulletin, "Dopo il colpo di Stato, la Corporazione Sfida del Millennio² ha continuato a muovere milioni di dollari in Honduras e non è la sola.
L'Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale ³ (USAID per la sua sigla in inglese) ha in progetto di iniettare circa 47 milioni di dollari all’Honduras durante l'anno fiscale 2009 che terminerà il 30 settembre. Quasi tutto questo denaro, 43 milioni, è pronto ad essere consegnato come era in progetto prima del colpo di Stato", segnala Conroy.
Altre agenzie molto conosciute per il loro appoggio finanziario e logistico ai settori che si oppongono ai processi di cambiamento in atto in differenti paesi dell'America Latina, continuano a sviluppare normalmente i loro programmi.
Secondo uno studio effettuato dalla USAID nel giugno 2009,4 si segnala per esempio che questo stesso organismo ha concesso al Consorzio per i Processi Elettorali e Politici (CEPPS, per la sua sigla in inglese), joint venture che include l'International Republican Institute (IRI), il National Democratic Institute (NDI) ed un'agenzia non governativa chiamata International Foundation for Elettorale Systems (IFES), un accordo cooperativo di 1,8 milioni di dollari col proposito di offrire assistenza tecnica al discusso Tribunale Supremo Elettorale (TSE) ed a varie organizzazioni della società civile per le elezioni di novembre.
Per ciò che riguarda l'Unione Europea si deve segnalare che fino a questo momento si è limitata a congelare 65,5 milioni di dollari di aiuti integrativi al Bilancio della Repubblica, senza fare caso alle molteplici richieste da parte della società honduregna e quella europea di sospensione di ogni tipo di cooperazione e di programmi di sostegno alle istituzioni dello Stato, l'esclusione dell’Honduras dalle negoziazioni dell'Accordo di Associazione con l'America Centrale, AdA, e la sospensione dell’Honduras dal Sistema Generale di Preferenze, SGP plus.
Queste misure sarebbero un segnale tangibile del rifiuto concreto del colpo di Stato e e della volontà di creare un precedente storico, affinché nel continente non si ripeta mai più quanto accaduto in Honduras.
Democrazia: per che motivo?
Di fronte ad un fatto trascendentale come questo colpo di Stato, che per il continente rappresenta un enorme passo indietro sulla strada della stabilità, della democrazia e di un possibile processo di unità, c’è oggi bisogno di passi e prese di posizione molto più serie, che vadano oltre le semplici dichiarazioni di rifiuto che fino al momento hanno caratterizzato il comportamento di queste due potenze economiche.
L'Accordo di San José, fortemente voluto da Hillary Clinton e magnificato da gran parte della comunità internazionale, ha l'obiettivo di restaurare la democrazia nel paese, ma senza chiarire i meccanismi che dovrebbero permettere di eliminare le misure distorte adottate dal governo de facto in questi 70 giorni, con le quali ha iniziato a demolire i progressi fatti negli ultimi anni in campo economico, sociale e sindacale.
Pretende il ritorno di un Presidente – Manuel Zelaya - "legato mani e piedi", come ha dichiarato testualmente sua moglie Xiomara Castro, di creare un governo di Unità Nazionale in cui parteciperanno i partiti golpisti, di lasciare la garanzia per un corretto sviluppo delle elezioni nelle mani di un Esercito che ha represso, torturato ed assassinato.
L'Accordo di San José vuole negare al popolo in resistenza il diritto ad una Consultazione popolare per installare una Assemblea Costituente, e pretende di offrire un'amnistia per i delitti politici commessi durante il golpe.
Insomma, un accordo che alla fine sembra proprio spianare la strada al raggiungimento di quell’obiettivo, ormai poco nascosto, che si sono prefissati gli architetti di questo colpo di Stato: frenare il processo di unione centroamericana, dare un segnale molto chiaro ai governi progressisti dell'America del Sud, presentare l' Alba ed i suoi progetti come il "male" del nuovo secolo e, soprattutto, creare un precedente, un possibile modello secondo il quale il colpo di Stato viene sì denunciato, ma riesce in ogni caso a frenare le conquiste popolari che puntano a una democrazia con contenuto sociale.
Di fronte a questa minaccia ed al “tartarughismo” diplomatico, le organizzazioni popolari continuano a sostenere la loro agenda, che non è quella della comunità internazionale e nemmeno quella del presidente Manuel Zelaya, bensì quella della gente che continua a sudare per le strade dell’Honduras.
La gente che resiste e che vuole una nuova democrazia. Una democrazia che si rivolga ai diseredati, che cambi il modello sfruttatore e che faccia di questa esperienza di resistenza la base per fondare l’Honduras del futuro.
Note:
1 http://www.state.gov/r/pa/prs/ ps/2009/sept/128608.htm
2 http://narcosphere.narconews. com/notebook/bill-conroy/2009/ 08/millennium-challenge-corp- poured-millions-honduras- months-leading-putsc
3 http://www.aporrea.org/ internacionales/n141529.html
4 http://narcosphere.narconews. com/userfiles/70/OIG.Dem. HondurasAudit.pdf
Lo scorso 3 settembre il Dipartimento di Stato nordamericano ha reso noto un comunicato¹ nel quale annuncia "la fine di un'ampia gamma di aiuti economici al governo dell’Honduras come risultato del colpo di Stato avvenuto il 28 giugno", ed ha segnalato che la segretaria di Stato, Hillary Clinton, ha preso questa decisione "riconoscendo la necessità di imporre misure più forti a causa della persistente resistenza da parte del regime de facto ad accettare l'Accordo di San José, per restaurare l'ordine democratico e costituzionale in Honduras".
Il portavoce di questa istituzione, Ian Kelly, ha inoltre informato che il governo statunitense revocherà il visto di entrata al paese a membri e promotori del regime de facto honduregno, e che in questo momento non "si potrebbe riconoscere il risultato delle elezioni di novembre".
Benché questa decisione dell'amministrazione Obama debba essere vista come un segnale positivo che contribuisce ad isolare ulteriormente il governo de facto di Roberto Micheletti, non si può fare finta di niente sul fatto che arriva dopo circa 70 giorni, durante i quali il regime golpista ha potuto creare le condizioni necessarie affinché difficilmente si possa ristabilire la situazione politico-istituzionale, economica e sociale vigente prima del colpo di Stato.
Inoltre, il fatto di non avere mai chiarito l'importo totale degli aiuti sospesi o eliminati dal 28 giugno, di aver dichiarato di dovere ancora studiare il caso Honduras per determinare se effettivamente si è trattato di un colpo di Stato – in questo caso gli Stati Uniti sarebbero obbligati per legge a sospendere qualsiasi tipo di aiuto finanziario al paese - e di continuare a identificare come unica via d’uscita al conflitto la ratificazione dell'Accordo di San José, ignorando in questo modo la posizione del Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato che chiede la fine della militarizzazione del paese e l'inizio di un processo di riforma alla Costituzione, getta seri dubbi sull'atteggiamento ostentato fino ad ora dall'amministrazione Obama.
Agenzie in agguato
Se da una parte il governo degli Stati Uniti ha sospeso parte degli aiuti al governo de facto dell’Honduras, dall’altra varie agenzie statunitensi che usano fondi dei contribuenti continuano a finanziarlo. Secondo Bill Conroy, del The Narco News Bulletin, "Dopo il colpo di Stato, la Corporazione Sfida del Millennio² ha continuato a muovere milioni di dollari in Honduras e non è la sola.
L'Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale ³ (USAID per la sua sigla in inglese) ha in progetto di iniettare circa 47 milioni di dollari all’Honduras durante l'anno fiscale 2009 che terminerà il 30 settembre. Quasi tutto questo denaro, 43 milioni, è pronto ad essere consegnato come era in progetto prima del colpo di Stato", segnala Conroy.
Altre agenzie molto conosciute per il loro appoggio finanziario e logistico ai settori che si oppongono ai processi di cambiamento in atto in differenti paesi dell'America Latina, continuano a sviluppare normalmente i loro programmi.
Secondo uno studio effettuato dalla USAID nel giugno 2009,4 si segnala per esempio che questo stesso organismo ha concesso al Consorzio per i Processi Elettorali e Politici (CEPPS, per la sua sigla in inglese), joint venture che include l'International Republican Institute (IRI), il National Democratic Institute (NDI) ed un'agenzia non governativa chiamata International Foundation for Elettorale Systems (IFES), un accordo cooperativo di 1,8 milioni di dollari col proposito di offrire assistenza tecnica al discusso Tribunale Supremo Elettorale (TSE) ed a varie organizzazioni della società civile per le elezioni di novembre.
Per ciò che riguarda l'Unione Europea si deve segnalare che fino a questo momento si è limitata a congelare 65,5 milioni di dollari di aiuti integrativi al Bilancio della Repubblica, senza fare caso alle molteplici richieste da parte della società honduregna e quella europea di sospensione di ogni tipo di cooperazione e di programmi di sostegno alle istituzioni dello Stato, l'esclusione dell’Honduras dalle negoziazioni dell'Accordo di Associazione con l'America Centrale, AdA, e la sospensione dell’Honduras dal Sistema Generale di Preferenze, SGP plus.
Queste misure sarebbero un segnale tangibile del rifiuto concreto del colpo di Stato e e della volontà di creare un precedente storico, affinché nel continente non si ripeta mai più quanto accaduto in Honduras.
Democrazia: per che motivo?
Di fronte ad un fatto trascendentale come questo colpo di Stato, che per il continente rappresenta un enorme passo indietro sulla strada della stabilità, della democrazia e di un possibile processo di unità, c’è oggi bisogno di passi e prese di posizione molto più serie, che vadano oltre le semplici dichiarazioni di rifiuto che fino al momento hanno caratterizzato il comportamento di queste due potenze economiche.
L'Accordo di San José, fortemente voluto da Hillary Clinton e magnificato da gran parte della comunità internazionale, ha l'obiettivo di restaurare la democrazia nel paese, ma senza chiarire i meccanismi che dovrebbero permettere di eliminare le misure distorte adottate dal governo de facto in questi 70 giorni, con le quali ha iniziato a demolire i progressi fatti negli ultimi anni in campo economico, sociale e sindacale.
Pretende il ritorno di un Presidente – Manuel Zelaya - "legato mani e piedi", come ha dichiarato testualmente sua moglie Xiomara Castro, di creare un governo di Unità Nazionale in cui parteciperanno i partiti golpisti, di lasciare la garanzia per un corretto sviluppo delle elezioni nelle mani di un Esercito che ha represso, torturato ed assassinato.
L'Accordo di San José vuole negare al popolo in resistenza il diritto ad una Consultazione popolare per installare una Assemblea Costituente, e pretende di offrire un'amnistia per i delitti politici commessi durante il golpe.
Insomma, un accordo che alla fine sembra proprio spianare la strada al raggiungimento di quell’obiettivo, ormai poco nascosto, che si sono prefissati gli architetti di questo colpo di Stato: frenare il processo di unione centroamericana, dare un segnale molto chiaro ai governi progressisti dell'America del Sud, presentare l' Alba ed i suoi progetti come il "male" del nuovo secolo e, soprattutto, creare un precedente, un possibile modello secondo il quale il colpo di Stato viene sì denunciato, ma riesce in ogni caso a frenare le conquiste popolari che puntano a una democrazia con contenuto sociale.
Di fronte a questa minaccia ed al “tartarughismo” diplomatico, le organizzazioni popolari continuano a sostenere la loro agenda, che non è quella della comunità internazionale e nemmeno quella del presidente Manuel Zelaya, bensì quella della gente che continua a sudare per le strade dell’Honduras.
La gente che resiste e che vuole una nuova democrazia. Una democrazia che si rivolga ai diseredati, che cambi il modello sfruttatore e che faccia di questa esperienza di resistenza la base per fondare l’Honduras del futuro.
Note:
1 http://www.state.gov/r/pa/prs/ ps/2009/sept/128608.htm
2 http://narcosphere.narconews. com/notebook/bill-conroy/2009/ 08/millennium-challenge-corp- poured-millions-honduras- months-leading-putsc
3 http://www.aporrea.org/ internacionales/n141529.html
4 http://narcosphere.narconews. com/userfiles/70/OIG.Dem. HondurasAudit.pdf
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09 settembre, 2009
Honduras, sviluppo turistico e l'Isola dei famosi: Piratas al Resort, il documentario in anteprima al Milano Film Festival
Lunedì 14 settembre, alle ore 17.30, nell'Area Colpe di Stato del Milano Film Festival (presso il Parco Sempione), prima nazionale del documentario “Piratas al Resort” di Maribel Arial Perez (Spagna, 2008, 23').
Il documentario racconta il progetto “eco-etno-turistico” Los Micos Beach Resort: 4 hotel a 5 stelle, 256 ville di lusso, un club ippico e un campo da golf all'interno delle terre di proprietà collettiva della popolazione garifuna e del Parco Nazionale Jeanette Kawas.
Il risultato: disastro ambientale, minacce e omicidi per il controllo della zona.
Secondo alcuni, finalmente l'Honduras si incammina verso lo "sviluppo" turistico... ma a vantaggio di chi?
A seguire, incontro con Federica Rogantin, Luca Martinelli e Thomas Viehweider del Collettivo Italia Centro America.
Info: http://www.milanofilmfestival.it/2009/programmapersezioni/colpe.php#spazio
www.puchica.org
lisolaeilmattone.blogspot.com
Per info: 349 8686815 (Luca Martinelli)
Il documentario racconta il progetto “eco-etno-turistico” Los Micos Beach Resort: 4 hotel a 5 stelle, 256 ville di lusso, un club ippico e un campo da golf all'interno delle terre di proprietà collettiva della popolazione garifuna e del Parco Nazionale Jeanette Kawas.
Il risultato: disastro ambientale, minacce e omicidi per il controllo della zona.
Secondo alcuni, finalmente l'Honduras si incammina verso lo "sviluppo" turistico... ma a vantaggio di chi?
A seguire, incontro con Federica Rogantin, Luca Martinelli e Thomas Viehweider del Collettivo Italia Centro America.
Info: http://www.milanofilmfestival.it/2009/programmapersezioni/colpe.php#spazio
www.puchica.org
lisolaeilmattone.blogspot.com
Per info: 349 8686815 (Luca Martinelli)
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07 settembre, 2009
Fermate la complicità israeliana nella repressione contro il popolo honduregno e latinoamericano
Venerdì 04 Settembre 2009 21:13 Stop the Wall
Dichiarazione in occasione della giornata d’azione globale contro il colpo di stato in Honduras, 28 agosto 2009
Dalla “Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid” eleviamo la nostra voce e ci uniamo a tutti coloro che oggi protestano contro il colpo di stato in Honduras, la dittatura e la repressione imposte dal regime di Micheletti. Come palestinesi sappiamo d’essere parte della stessa lotta che si sta svolgendo in Honduras.
Siamo tutti consapevoli che questo crimine non avrebbe potuto attuarsi senza l'appoggio attivo di governi stranieri.
Varie fonti indicano che non sono intervenuti soltanto i servizi segreti nordamericani, ma anche l'esercito ed i servizi segreti israeliani. Israele ha già una lunga storia di supporto alla repressione dei movimenti popolari in Sud America. Dalla Contra nicaraguense alle dittature in Paraguay, Argentina e Cile: hanno sempre ricevuto armi, servizi d’intelligence e formazione militare da parte israeliana. Oggi la Colombia è probabilmente il principale acquirente di armi israeliane. Il leader paramilitare colombiano e trafficante di droga Carlos Castao ha dichiarato: "Ho imparato un’infinità di cose in Israele e devo a quel paese parte ciò che sono e di tutti i miei successi militari e politici" (1).
Sapendo questo, non ci sorprende ricevere notizie sulla complicità israeliana nel golpe militare e nel rovesciamento della democrazia honduregna, ma ne siamo profondamente preoccupati.
Mentre il continente americano ha isolato il regime honduregno, il capo del golpe ha palesato l'appoggio d’Israele al suo governo. Vari analisti hanno segnalato che, nei mesi precedenti il colpo di stato, l'ambasciata israeliana è stata testimone d’intensi movimenti diplomatici con rappresentanti dell'opposizione, incluso Micheletti (2).
CODEH (*) ha denunciato che il regime di Micheletti ha assunto ufficiali israeliani per addestrare l’esercito honduregno all'uso della violenza contro i manifestanti, compreso l’assassinio selettivo, per instaurare il terrore e smantellare la resistenza. Informa inoltre che compagnie di sicurezza private sono direttamente coinvolte nella repressione (3).
Suddetti resoconti riproducono gli stessi modelli d’attacco che subiscono i palestinesi quando manifestano contro il Muro e l'occupazione israeliana. Israele porta avanti una guerra di bassa intensità contro le comunità che resistono contro il Muro, reprimendo interi villaggi e non soltanto singoli abitanti. Ovvero: repressione violenta delle manifestazioni, omicidi selettivi degli attivisti (quasi sempre i responsabili delle manifestazioni), punizioni collettive e terrore psicologico (4).
L'esperienza che può apportare l'esercito israeliano al regime honduregno deriva dall'assassinio, dalla repressione e dalla pulizia etnica contro i palestinesi. Inoltre i proventi economici che Israele trae dal traffico d’armi col Sud America permettono alla sua industria bellica di rafforzarsi e mantenere l'occupazione e colonizzazione delle nostre terre.
Il coinvolgimento israeliano nel colpo di stato in Honduras non è altro che l'estensione logica delle sue politiche. Per Israele, stato coloniale costruito grazie all’espulsione e repressione della popolazione propria originaria, lo sviluppo di forze anti-colonialiste ed emancipatrici in qualsiasi parte del mondo rappresenta una minaccia al modello in base al quale è stato creato. Nell’ottica della collaborazione israeliana alle politiche più conservatrici degli Stati Uniti, la partecipazione al colpo di stato è pertanto una necessità politica.
L'intervento d’Israele nel golpe va ben oltre l’Honduras: la sua presenza militare e diplomatica diventa una minaccia per tutti i governi democratici del continente. Il golpe, infatti, non è soltanto un'aggressione brutale contro il popolo honduregno, ma serve anche da modello per rinnovare le aggressioni contro l'insieme del paesi sudamericani.
Per questo invitiamo tutti gli stati democratici del Sud America a prendere una ferma posizione di principio contro i crimini d’Israele e le violazioni dei diritti umani in cui è implicato, contro la sua complicità storica e attuale coi regimi oppressivi. Chiediamo loro di:
- rompere le relazioni con Israele
- espellere i consiglieri militari israeliani e le loro compagnie di sicurezza
- annullare l’acquisto di armamenti israeliani
Le forze democratiche e progressiste, così come le loro alleanze regionali (ALBA, MERCOSUR), devono assumersi un fermo impegno in difesa dei diritti umani e della democrazia in quella regione ed in tutto il pianeta. Israele imprigiona, tortura ed ammazza non soltanto i palestinesi. Già troppi latinoamericani hanno sofferto per mano dei paramilitari addestrati in Israele e sono morti a causa delle sue armi.
Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid
La “Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid” è il principale strumento di base per il coordinamento della lotta contro il Muro. Siamo una coalizione di 10 comitati popolari che rappresentano 100 comunità, associazioni di giovani ed ONG palestinesi. Siamo portavoce delle comunità locali e operiamo come loro strumento di coordinamento e mobilitazione a livello nazionale. Siamo parte della lotta globale contro il colonialismo ed il razzismo. Mobilitiamo e coordiniamo la convocazione al Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni verso Israele a livello locale, nazionale ed internazionale.
(1) http://www.thirdworldtraveler.com/Israel/Israel_LAmer_TrailTerror.html,
(2) http://www.radioguaimaro.co.cu
(3) http://www.scoop.co.nz/stories/HL0908/S00051.htm,
(4) http://stopthewall.org/activistresources/2019.shtml
(*) ndt: (Comitato per i Diritti Umani dell’Honduras)
Testo inglese in http://stopthewall.org/analysisandfeatures/2057.shtml
Traduzione dall'inglese allo spagnolo a cura di Rebelión
Tradotto dallo spagnolo: Adelina Bottero
Dichiarazione in occasione della giornata d’azione globale contro il colpo di stato in Honduras, 28 agosto 2009
Dalla “Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid” eleviamo la nostra voce e ci uniamo a tutti coloro che oggi protestano contro il colpo di stato in Honduras, la dittatura e la repressione imposte dal regime di Micheletti. Come palestinesi sappiamo d’essere parte della stessa lotta che si sta svolgendo in Honduras.
Siamo tutti consapevoli che questo crimine non avrebbe potuto attuarsi senza l'appoggio attivo di governi stranieri.
Varie fonti indicano che non sono intervenuti soltanto i servizi segreti nordamericani, ma anche l'esercito ed i servizi segreti israeliani. Israele ha già una lunga storia di supporto alla repressione dei movimenti popolari in Sud America. Dalla Contra nicaraguense alle dittature in Paraguay, Argentina e Cile: hanno sempre ricevuto armi, servizi d’intelligence e formazione militare da parte israeliana. Oggi la Colombia è probabilmente il principale acquirente di armi israeliane. Il leader paramilitare colombiano e trafficante di droga Carlos Castao ha dichiarato: "Ho imparato un’infinità di cose in Israele e devo a quel paese parte ciò che sono e di tutti i miei successi militari e politici" (1).
Sapendo questo, non ci sorprende ricevere notizie sulla complicità israeliana nel golpe militare e nel rovesciamento della democrazia honduregna, ma ne siamo profondamente preoccupati.
Mentre il continente americano ha isolato il regime honduregno, il capo del golpe ha palesato l'appoggio d’Israele al suo governo. Vari analisti hanno segnalato che, nei mesi precedenti il colpo di stato, l'ambasciata israeliana è stata testimone d’intensi movimenti diplomatici con rappresentanti dell'opposizione, incluso Micheletti (2).
CODEH (*) ha denunciato che il regime di Micheletti ha assunto ufficiali israeliani per addestrare l’esercito honduregno all'uso della violenza contro i manifestanti, compreso l’assassinio selettivo, per instaurare il terrore e smantellare la resistenza. Informa inoltre che compagnie di sicurezza private sono direttamente coinvolte nella repressione (3).
Suddetti resoconti riproducono gli stessi modelli d’attacco che subiscono i palestinesi quando manifestano contro il Muro e l'occupazione israeliana. Israele porta avanti una guerra di bassa intensità contro le comunità che resistono contro il Muro, reprimendo interi villaggi e non soltanto singoli abitanti. Ovvero: repressione violenta delle manifestazioni, omicidi selettivi degli attivisti (quasi sempre i responsabili delle manifestazioni), punizioni collettive e terrore psicologico (4).
L'esperienza che può apportare l'esercito israeliano al regime honduregno deriva dall'assassinio, dalla repressione e dalla pulizia etnica contro i palestinesi. Inoltre i proventi economici che Israele trae dal traffico d’armi col Sud America permettono alla sua industria bellica di rafforzarsi e mantenere l'occupazione e colonizzazione delle nostre terre.
Il coinvolgimento israeliano nel colpo di stato in Honduras non è altro che l'estensione logica delle sue politiche. Per Israele, stato coloniale costruito grazie all’espulsione e repressione della popolazione propria originaria, lo sviluppo di forze anti-colonialiste ed emancipatrici in qualsiasi parte del mondo rappresenta una minaccia al modello in base al quale è stato creato. Nell’ottica della collaborazione israeliana alle politiche più conservatrici degli Stati Uniti, la partecipazione al colpo di stato è pertanto una necessità politica.
L'intervento d’Israele nel golpe va ben oltre l’Honduras: la sua presenza militare e diplomatica diventa una minaccia per tutti i governi democratici del continente. Il golpe, infatti, non è soltanto un'aggressione brutale contro il popolo honduregno, ma serve anche da modello per rinnovare le aggressioni contro l'insieme del paesi sudamericani.
Per questo invitiamo tutti gli stati democratici del Sud America a prendere una ferma posizione di principio contro i crimini d’Israele e le violazioni dei diritti umani in cui è implicato, contro la sua complicità storica e attuale coi regimi oppressivi. Chiediamo loro di:
- rompere le relazioni con Israele
- espellere i consiglieri militari israeliani e le loro compagnie di sicurezza
- annullare l’acquisto di armamenti israeliani
Le forze democratiche e progressiste, così come le loro alleanze regionali (ALBA, MERCOSUR), devono assumersi un fermo impegno in difesa dei diritti umani e della democrazia in quella regione ed in tutto il pianeta. Israele imprigiona, tortura ed ammazza non soltanto i palestinesi. Già troppi latinoamericani hanno sofferto per mano dei paramilitari addestrati in Israele e sono morti a causa delle sue armi.
Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid
La “Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid” è il principale strumento di base per il coordinamento della lotta contro il Muro. Siamo una coalizione di 10 comitati popolari che rappresentano 100 comunità, associazioni di giovani ed ONG palestinesi. Siamo portavoce delle comunità locali e operiamo come loro strumento di coordinamento e mobilitazione a livello nazionale. Siamo parte della lotta globale contro il colonialismo ed il razzismo. Mobilitiamo e coordiniamo la convocazione al Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni verso Israele a livello locale, nazionale ed internazionale.
(1) http://www.thirdworldtraveler.com/Israel/Israel_LAmer_TrailTerror.html,
(2) http://www.radioguaimaro.co.cu
(3) http://www.scoop.co.nz/stories/HL0908/S00051.htm,
(4) http://stopthewall.org/activistresources/2019.shtml
(*) ndt: (Comitato per i Diritti Umani dell’Honduras)
Testo inglese in http://stopthewall.org/analysisandfeatures/2057.shtml
Traduzione dall'inglese allo spagnolo a cura di Rebelión
Tradotto dallo spagnolo: Adelina Bottero
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