30 novembre, 2009
Labirinto Honduras
da peacereporter.net
I golpisti sono riusciti a far vincere al pupillo Lobo le elezioni considerate illegittime da gran parte degli honduregni e degli stati americani. Ma secondo il Fronte contro il golpe, l'astensione ha raggiunto il 65 percento"Con piena soddisfazione annunciamo che la farsa elettorale montata dalla dittatura è stata pesantemente sconfitta dalla esigua affluenza alle urne, tanto scarsa da spingere il Tribunale Elettorale a prorogare di un'ora la chiusura dei seggi, spostandola alle 17. Il monitoraggio che la nostra organizzazione ha fatto a livello nazionale evidenzia una percentuale di astenuti fra il 65 e il 70 percento, il più alto della storia nazionale. Così gli honduregni hanno punito i candidati golpisti e la dittatura, che adesso cercano in tutti i modi di mostrare un volume di voti che non esiste. Denunciamo che per fare questo il regime è arrivato a portare nel municipio di Magdalena Intibucà militanti salvadoregni del partito Arena, affinché potessero votare come honduregni. Dobbiamo aspettarci come minimo una manipolazione del conteggio elettronico. La disperazione del regime di fatto è tale che ha represso brutalmente la manifestazione pacifica che si stava svolgendo nella città di San Pedro Sula. In quella marcia risultarono feriti, picchiati e quindi arrestati diversi compagni. Si riporta un desaparecido. Tra i feriti, un fotografo della Reuters e fra gli arrestati, due religiosi del Consejo Latinoamericano de Iglesias che stavano svolgendo attività di osservazione dei diritti umani. Considerando i risultati della farsa elettorale come una grande vittoria per il popolo honduregno, il Frente nacional de Resistencia invita tutto il popolo in resistenza a festeggiare la sconfitta della dittatura. Convochiamo una Grande Assemblea domani, (Oggi ndr) junedì 30 novembre, a partire dalle 12 nella sede del Stybis a Tegucigalpa e alla gran Carovana della Vittoria contro la farsa elettorale che partirà alle 15 da Planeta Cipango".
Questo il lungo comunicato che esprime la posizione del Fronte contro il colpo di Stato nel paese centroamericano nei confronti di una tornata elettorale messa in dubbio non solo, appunto, dalla gente comune che si è riunita ormai dal 28 giugno (giorno del colpo di stato) in movimenti di protesta e resistenza, ma anche da molti stati americani, Oea in testa. E anche l'Onu, per non legittimare la farsa orchestrata dai golpisti, non ha inviato gli osservatori. Fuori dal coro gli Stati Uniti, che hanno sostenuto le elezioni con Colombia, Perù, Costarica, Panama e Israele.
Ma per comprendere il caos in cui versa quel paese, questa la versione mainstream di quanto accaduto ieri.
"Alle elezioni del dopo golpe in Honduras sembra fatta per Porfirio Lobo. Pur mancando i risultati ufficiali, il candidato del Partido Nacional (destra) ha ottenuto un netto vantaggio sul suo rivale diretto, Elvin Santos, risultato la cui legittimità è però contestata sia dal presidente deposto dal colpo di Stato del 28 giugno, Manuel Zelaya, sia dal Brasile e da altri paesi latinoamericani. Lobo, 61 anni, ricco imprenditore agricolo, aveva già partecipato alle elezioni presidenziali nel 2005, quando venne battuto di misura (con uno scarto del 3,7%) proprio da Zelaya. In quell'occasione, basò la sua campagna elettorale sulla sicurezza, senza escludere la pena di morte contro i delinquenti. Negli ultimi giorni, Lobo ha detto di puntare soprattutto allo sviluppo e alla creazione di posti di lavoro. Le elezioni di ieri si sono svolte cinque mesi dopo il golpe, in un clima di tensione, con circa 30 mila uomini, tra soldati e polizia, a presidiare Tegucigalpa e le altre città del paese centroamericano, uno dei più poveri dell'America Latina. Il voto ha spaccato in due il continente americano: Washington e altri paesi (tra i quali Perù e Costa Rica) sostengono che le elezioni sono state il primo passo per poter chiudere la crisi politica-istituzionale del paese. Ma altri stati del continente, in primo luogo il Brasile di Lula, ma anche l'Argentina e il Venezuela, contestano tale interpretazione, e sostengono che accettare quanto accaduto con il golpe, e con la nascita del governo de facto di Roberto Micheletti, vorrebbe dire indebolire la democrazie e dare via libera alla legittimazione di altri colpi di Stato in America Latina. Non a caso, Lobo ha già fatto sapere che 'la prima porta' alla quale intende bussare affinché la comunità torni a dialogare con l'Honduras del post-golpe è proprio quella di Brasilia. I primi riflessi internazionali del voto di Tegucigalpa sono giunti nelle ultime ore al vertice iberoamericano ad Estoril, in Portogallo, dove il ministro degli esteri del governo deposto di Zelaya, Patricia Rodas, ha chiesto al mondo di non riconoscere le elezioni del suo paese".
Ricostruzioni distanti, che riportano notizie diverse, ma che insieme compongono perfettamente il complesso e grave labirinto politico honduregno. Di certo c'è la repressione violenta esercitata sui manifestanti in marcia pacifica, con il risultato di almeno 83 arresti e di un morto per gli spari dei militari. E si parla di un saldo parziale. A denunciare questo è Andrés Pavón, il presidente del Comitato per la difesa dei diritti umani in Honduras (Codeh). Dei detenuti, 22 sono ancora rinchiusi nel comando della polizia nazionale aspettando le decisioni della Fiscalia. Violazione dei diritti umani come norma, dunque, secondo il presidente del Codeh, che ha precisato: "Il risultato di un processo elettorale organizzato nel marco di un colpo di Stato, protetto da coloro che hanno contribuito a colpire la democrazia e in questa aggressione sistematica ai diritti umani, non può essere riconosciuto dalla comunità internazionale".
I golpisti sono riusciti a far vincere al pupillo Lobo le elezioni considerate illegittime da gran parte degli honduregni e degli stati americani. Ma secondo il Fronte contro il golpe, l'astensione ha raggiunto il 65 percento"Con piena soddisfazione annunciamo che la farsa elettorale montata dalla dittatura è stata pesantemente sconfitta dalla esigua affluenza alle urne, tanto scarsa da spingere il Tribunale Elettorale a prorogare di un'ora la chiusura dei seggi, spostandola alle 17. Il monitoraggio che la nostra organizzazione ha fatto a livello nazionale evidenzia una percentuale di astenuti fra il 65 e il 70 percento, il più alto della storia nazionale. Così gli honduregni hanno punito i candidati golpisti e la dittatura, che adesso cercano in tutti i modi di mostrare un volume di voti che non esiste. Denunciamo che per fare questo il regime è arrivato a portare nel municipio di Magdalena Intibucà militanti salvadoregni del partito Arena, affinché potessero votare come honduregni. Dobbiamo aspettarci come minimo una manipolazione del conteggio elettronico. La disperazione del regime di fatto è tale che ha represso brutalmente la manifestazione pacifica che si stava svolgendo nella città di San Pedro Sula. In quella marcia risultarono feriti, picchiati e quindi arrestati diversi compagni. Si riporta un desaparecido. Tra i feriti, un fotografo della Reuters e fra gli arrestati, due religiosi del Consejo Latinoamericano de Iglesias che stavano svolgendo attività di osservazione dei diritti umani. Considerando i risultati della farsa elettorale come una grande vittoria per il popolo honduregno, il Frente nacional de Resistencia invita tutto il popolo in resistenza a festeggiare la sconfitta della dittatura. Convochiamo una Grande Assemblea domani, (Oggi ndr) junedì 30 novembre, a partire dalle 12 nella sede del Stybis a Tegucigalpa e alla gran Carovana della Vittoria contro la farsa elettorale che partirà alle 15 da Planeta Cipango".
Questo il lungo comunicato che esprime la posizione del Fronte contro il colpo di Stato nel paese centroamericano nei confronti di una tornata elettorale messa in dubbio non solo, appunto, dalla gente comune che si è riunita ormai dal 28 giugno (giorno del colpo di stato) in movimenti di protesta e resistenza, ma anche da molti stati americani, Oea in testa. E anche l'Onu, per non legittimare la farsa orchestrata dai golpisti, non ha inviato gli osservatori. Fuori dal coro gli Stati Uniti, che hanno sostenuto le elezioni con Colombia, Perù, Costarica, Panama e Israele.
Ma per comprendere il caos in cui versa quel paese, questa la versione mainstream di quanto accaduto ieri.
"Alle elezioni del dopo golpe in Honduras sembra fatta per Porfirio Lobo. Pur mancando i risultati ufficiali, il candidato del Partido Nacional (destra) ha ottenuto un netto vantaggio sul suo rivale diretto, Elvin Santos, risultato la cui legittimità è però contestata sia dal presidente deposto dal colpo di Stato del 28 giugno, Manuel Zelaya, sia dal Brasile e da altri paesi latinoamericani. Lobo, 61 anni, ricco imprenditore agricolo, aveva già partecipato alle elezioni presidenziali nel 2005, quando venne battuto di misura (con uno scarto del 3,7%) proprio da Zelaya. In quell'occasione, basò la sua campagna elettorale sulla sicurezza, senza escludere la pena di morte contro i delinquenti. Negli ultimi giorni, Lobo ha detto di puntare soprattutto allo sviluppo e alla creazione di posti di lavoro. Le elezioni di ieri si sono svolte cinque mesi dopo il golpe, in un clima di tensione, con circa 30 mila uomini, tra soldati e polizia, a presidiare Tegucigalpa e le altre città del paese centroamericano, uno dei più poveri dell'America Latina. Il voto ha spaccato in due il continente americano: Washington e altri paesi (tra i quali Perù e Costa Rica) sostengono che le elezioni sono state il primo passo per poter chiudere la crisi politica-istituzionale del paese. Ma altri stati del continente, in primo luogo il Brasile di Lula, ma anche l'Argentina e il Venezuela, contestano tale interpretazione, e sostengono che accettare quanto accaduto con il golpe, e con la nascita del governo de facto di Roberto Micheletti, vorrebbe dire indebolire la democrazie e dare via libera alla legittimazione di altri colpi di Stato in America Latina. Non a caso, Lobo ha già fatto sapere che 'la prima porta' alla quale intende bussare affinché la comunità torni a dialogare con l'Honduras del post-golpe è proprio quella di Brasilia. I primi riflessi internazionali del voto di Tegucigalpa sono giunti nelle ultime ore al vertice iberoamericano ad Estoril, in Portogallo, dove il ministro degli esteri del governo deposto di Zelaya, Patricia Rodas, ha chiesto al mondo di non riconoscere le elezioni del suo paese".
Ricostruzioni distanti, che riportano notizie diverse, ma che insieme compongono perfettamente il complesso e grave labirinto politico honduregno. Di certo c'è la repressione violenta esercitata sui manifestanti in marcia pacifica, con il risultato di almeno 83 arresti e di un morto per gli spari dei militari. E si parla di un saldo parziale. A denunciare questo è Andrés Pavón, il presidente del Comitato per la difesa dei diritti umani in Honduras (Codeh). Dei detenuti, 22 sono ancora rinchiusi nel comando della polizia nazionale aspettando le decisioni della Fiscalia. Violazione dei diritti umani come norma, dunque, secondo il presidente del Codeh, che ha precisato: "Il risultato di un processo elettorale organizzato nel marco di un colpo di Stato, protetto da coloro che hanno contribuito a colpire la democrazia e in questa aggressione sistematica ai diritti umani, non può essere riconosciuto dalla comunità internazionale".
Etichette: Honduras
Honduras Vince la popolazione, vince la resistenza
Nelle elezioni in Honduras in testa il candidato della destra nazionalista, in mezzo alla repressione e all’astensionismo
Secondo i primi dati preliminari forniti dal Tribunale supremo elettorale, Tse, il vincitore delle elezioni in Honduras sarebbe il candidato del Partido Nacional, Porfirio “Pepe” Lobo. Ma il risultato che davvero conta oggi è quello espresso dalla maggioranza della popolazione, che ha raccolto l’invito della Resistenza a non andare a votare per non avallare un risultato elettorale spurio, frutto del colpo di Stato del 28 giugno.
Nonostante le percentuali molto probabilmente falsate che diffonderà tra poche ore il Tse, durante l’intera giornata è stata più che evidente la poca affluenze alle urne, l’asfissiante presenza dell’esercito e della polizia in tutto il paese e i numerosi episodi di repressione e violazione ai diritti umani degli honduregni.
Inesistente anche l’osservazione internazionale, dopo che nei giorni scorsi le principali organizzazioni specializzate in questo tipo d’intervento hanno declinato l’invito fatto loro dal Tse, non riscontrando le condizioni minime per garantire un processo elettorale democratico.
Durante una conferenza stampa che si è svolta all’interno della sede del Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, il Fronte nazionale contro il colpo di Stato ha dichiarato che “abbiamo constatato il fallimento della farsa elettorale attraverso la bassa affluenza alle urne e questo nonostante le evidente minacce da parte dell’impresa privata nei confronti dei loro lavoratori che non fossero andati a votare”.
Il Cofadeh e il Fronte nazionale contro il colpo di Stato hanno inoltre denunciato che le forze repressive hanno continuato la campagna di terrore contro la popolazione in resistenza.
Secondo dati aggiornati al pomeriggio di domenica 29 novembre, sono numerosi i casi di detenzioni e perquisizioni illegali, costanti minaccie da parte dell’esercito e della polizia, violazione della legge elettorale che proibisce ai militari di avvicinarsi a meno di cento metri dai locali in cui si vota.
Durante l’osservazione svolta da numerosi giornalisti è risultata evidente la costante presenza di militari fortemente armati a pochi metri dalle urne.
Particolarmente preoccupante la situazione a Zacate Grande, nel sud del paese, dove le comunità sono state letteralmente presidiate e circondate dall’esercito ed a Santa Barbara, ovest dell’Honduras, dove circa 20 giovani hanno dovuto abbandonare il paese per timore di essere arrestati.
A San Pedro Sula la marcia della Resistenza è stata selvaggiamente repressa dall’esercito e dalla polizia e si contano a decine gli arresti ed i feriti, tra cui un giornalista dell’agenzia Reuters che è stata curato in ospedale per una profonda ferita alla testa.
“Stando così le cose e vedendo ciò che è successo oggi, possiamo annunciare che ci sono tutti gli elementi per dire che non è stato possibile svolgere questo atto pubblico, perché non le consideriamo elezioni, convocato in un clima di terrore dai golpisti per legalizzare il colpo di Stato e sè stessi. Sono tutti elementi – ha detto Bertha Oliva del Cofadeh – che ci servono per giustificare un’azione legale che inizieremo nei prossimi giorni per impugnare questo processo”.
Secondo Rafael Alegría, membro della direttiva del Fronte nazionale contro il colpo di Stato, “stanno per chiudere i centri di votazione e la partecipazione al voto è stata scarsissima. Il popolo ha risposto al nostro appello ed ha capito che non può esistere un processo elettorale democratico e trasparente in un paese che vive in uno stato permanente di repressione e di mancanza di istituzionalità.
La presenza militare è stata continua e nella capitale c’erano elicotteri della polizia sorvolando i centri di votazione. Questa non è altro che intimidazione contro la Resistenza, ma per il governo di fatto è stato un boomerang, perché hanno spaventato anche chi pensava di andare a votare”, ha concluso.
Nella guerra di sondaggi e risultati preliminari, secondo il Tse la partecipazione s’aggirerebbe intorno al 62 per cento (da confermare durante la nottata), dato inverosimile per chi ha osservato per tutta la giornata i centri di votazione. Come unico elemento esterno di verifica, il Tse ha portato un comunicato dell’organismo Hagamos Democracia, già conosciuto a livello internazionale per agire nei paesi latinoamericani che avversano la politica esterna degli Stati Uniti in America Latina, come punta di lancia per penetrare i processi elettorali con finanziamenti di agenzie governative nordamericane come la Ned, Iri e Usaid.
Nonostante ciò, Hagamos Democracia riconosce una partecipazione del 47 per cento.
Secondo gli exit-poll del Centro de Defensa de los Derechos Humanos de Honduras, Codeh, con un margine di errore del 4,5 per cento, i votanti non sarebbero superiori al 22 per cento. Per il presidente legittimo dell’Honduras, Manuel Zelaya, i votanti sarebbero circa il 35 per cento, con un astensionismo che raddoppia rispetto alle elezioni in cui vinse nel 2004.
Difficile pensare comunque che i votanti siano stati superiori al 30-35 per cento, rendendo così totalmente insignificante il ruolo di un presidente della Repubblica che conterà con il sostegno di una quantità insignificante di cittadini.
Indipendentemente da quali saranni i risultati finali, il vero vincitore di queste elezioni illegittime sarà il popolo honduregno. Quel popolo che ha castigato il mondo politico che ha avallato il colpo di Stato ed è rimasto in silenzio di fronte ai morti e feriti, alla repressione che per cinque mesi ha sconvolto il cammino democratico del paese.
Sarà ora compito della comunità internazionale prendere una decisione finale: al lato della gente che resiste e che dice ‘no’ alla dittatura o rendendosi complice di un processo involutivo che mette a rischio il futuro della regione centro e sud americana.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
Secondo i primi dati preliminari forniti dal Tribunale supremo elettorale, Tse, il vincitore delle elezioni in Honduras sarebbe il candidato del Partido Nacional, Porfirio “Pepe” Lobo. Ma il risultato che davvero conta oggi è quello espresso dalla maggioranza della popolazione, che ha raccolto l’invito della Resistenza a non andare a votare per non avallare un risultato elettorale spurio, frutto del colpo di Stato del 28 giugno.
Nonostante le percentuali molto probabilmente falsate che diffonderà tra poche ore il Tse, durante l’intera giornata è stata più che evidente la poca affluenze alle urne, l’asfissiante presenza dell’esercito e della polizia in tutto il paese e i numerosi episodi di repressione e violazione ai diritti umani degli honduregni.
Inesistente anche l’osservazione internazionale, dopo che nei giorni scorsi le principali organizzazioni specializzate in questo tipo d’intervento hanno declinato l’invito fatto loro dal Tse, non riscontrando le condizioni minime per garantire un processo elettorale democratico.
Durante una conferenza stampa che si è svolta all’interno della sede del Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, il Fronte nazionale contro il colpo di Stato ha dichiarato che “abbiamo constatato il fallimento della farsa elettorale attraverso la bassa affluenza alle urne e questo nonostante le evidente minacce da parte dell’impresa privata nei confronti dei loro lavoratori che non fossero andati a votare”.
Il Cofadeh e il Fronte nazionale contro il colpo di Stato hanno inoltre denunciato che le forze repressive hanno continuato la campagna di terrore contro la popolazione in resistenza.
Secondo dati aggiornati al pomeriggio di domenica 29 novembre, sono numerosi i casi di detenzioni e perquisizioni illegali, costanti minaccie da parte dell’esercito e della polizia, violazione della legge elettorale che proibisce ai militari di avvicinarsi a meno di cento metri dai locali in cui si vota.
Durante l’osservazione svolta da numerosi giornalisti è risultata evidente la costante presenza di militari fortemente armati a pochi metri dalle urne.
Particolarmente preoccupante la situazione a Zacate Grande, nel sud del paese, dove le comunità sono state letteralmente presidiate e circondate dall’esercito ed a Santa Barbara, ovest dell’Honduras, dove circa 20 giovani hanno dovuto abbandonare il paese per timore di essere arrestati.
A San Pedro Sula la marcia della Resistenza è stata selvaggiamente repressa dall’esercito e dalla polizia e si contano a decine gli arresti ed i feriti, tra cui un giornalista dell’agenzia Reuters che è stata curato in ospedale per una profonda ferita alla testa.
“Stando così le cose e vedendo ciò che è successo oggi, possiamo annunciare che ci sono tutti gli elementi per dire che non è stato possibile svolgere questo atto pubblico, perché non le consideriamo elezioni, convocato in un clima di terrore dai golpisti per legalizzare il colpo di Stato e sè stessi. Sono tutti elementi – ha detto Bertha Oliva del Cofadeh – che ci servono per giustificare un’azione legale che inizieremo nei prossimi giorni per impugnare questo processo”.
Secondo Rafael Alegría, membro della direttiva del Fronte nazionale contro il colpo di Stato, “stanno per chiudere i centri di votazione e la partecipazione al voto è stata scarsissima. Il popolo ha risposto al nostro appello ed ha capito che non può esistere un processo elettorale democratico e trasparente in un paese che vive in uno stato permanente di repressione e di mancanza di istituzionalità.
La presenza militare è stata continua e nella capitale c’erano elicotteri della polizia sorvolando i centri di votazione. Questa non è altro che intimidazione contro la Resistenza, ma per il governo di fatto è stato un boomerang, perché hanno spaventato anche chi pensava di andare a votare”, ha concluso.
Nella guerra di sondaggi e risultati preliminari, secondo il Tse la partecipazione s’aggirerebbe intorno al 62 per cento (da confermare durante la nottata), dato inverosimile per chi ha osservato per tutta la giornata i centri di votazione. Come unico elemento esterno di verifica, il Tse ha portato un comunicato dell’organismo Hagamos Democracia, già conosciuto a livello internazionale per agire nei paesi latinoamericani che avversano la politica esterna degli Stati Uniti in America Latina, come punta di lancia per penetrare i processi elettorali con finanziamenti di agenzie governative nordamericane come la Ned, Iri e Usaid.
Nonostante ciò, Hagamos Democracia riconosce una partecipazione del 47 per cento.
Secondo gli exit-poll del Centro de Defensa de los Derechos Humanos de Honduras, Codeh, con un margine di errore del 4,5 per cento, i votanti non sarebbero superiori al 22 per cento. Per il presidente legittimo dell’Honduras, Manuel Zelaya, i votanti sarebbero circa il 35 per cento, con un astensionismo che raddoppia rispetto alle elezioni in cui vinse nel 2004.
Difficile pensare comunque che i votanti siano stati superiori al 30-35 per cento, rendendo così totalmente insignificante il ruolo di un presidente della Repubblica che conterà con il sostegno di una quantità insignificante di cittadini.
Indipendentemente da quali saranni i risultati finali, il vero vincitore di queste elezioni illegittime sarà il popolo honduregno. Quel popolo che ha castigato il mondo politico che ha avallato il colpo di Stato ed è rimasto in silenzio di fronte ai morti e feriti, alla repressione che per cinque mesi ha sconvolto il cammino democratico del paese.
Sarà ora compito della comunità internazionale prendere una decisione finale: al lato della gente che resiste e che dice ‘no’ alla dittatura o rendendosi complice di un processo involutivo che mette a rischio il futuro della regione centro e sud americana.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
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29 novembre, 2009
Altro comunicato del fronte
Comunicato 39
Conferenza Stampa
FRENTE NACIONAL DE RESISTENCIA CONTRA EL GOLPE DE ESTADO
Il Frente Nacional de Resistencia Contra el Golpe de Estado dà a conoscenza del Popolo Honduregno e della Comunità Internazionale i seguenti fatti:
Durante la mattinata fra le 7:00 e le 11:00 abbiamo constatato la scarsa affluenza di votanti alle urne e il flop della farsa elettorale, nonostante la campagna intimidatoria. Il governo de facto ha minacciato penalmente la popolazione in generale ed appoggia le minacce di ritorsioni sul lavoro da parte di alcune aziende private, nel caso in cui i propri impiegati non dimostrino di aver votato. la realtà priva il Tribunale Supremo Elettorale dell’autorità necessaria a diffondere dei risultati, comunque gonfiati per dare credibilità alla farsa elettorale.
Tutto ciò significa che il Popolo Hoduregno ha raggiunto la maturità per riconoscere che coloro che hanno portato avanti questo processo “illegittimo-elettorale” costituiscono il primo ostacolo alla democrazia e si congratula con la popolazione per aderire volontariamente alla disposizione del Frente Nacional de Resistencia di realizzare un “coprifuoco popolare” attivo per non dare legittimità alla farsa elettorale della dittatura; per l’atteggiamento degno e coraggioso del popolo di Morazan e lo invitiamo a mantenersi saldamente su questa posizione fino alla sconfitta definitiva di questa manovra dei golpisti.
Denunciamo, davanti al Popolo Honduregno e la Comunità Internazionale, che le forze di repressione del governo usurpatore hanno continuato con la propria campagna di terrore contro tutti noi che ci siamo opposti al Colpo di Stato, eseguendo durante la notte e la mattinata irruzioni, devastazioni e perquisizioni arbitrarie nelle sedi di organizzazioni popolari, case private, azioni d’intimidazione poliziesca nei quartieri e negli insediamenti urbani che rappresentano i bastioni della resistenza, accerchiamenti e assedi militari contro le sedi di sindacati e posti di blocco intimidatori.
Ringraziamo della solidarietà i popoli centroamericani e per la loro coraggiosa posizione, che li ha portati a bloccare le strade panamericane, in segno di rifiuto delle elezioni del regime golpista. Ringraziamo allo stesso tempo la comunità internazionale presente con diverse organizzazioni di solidarietà e di garanzia e rispetto dei Diritti Umani.
RESISTIAMO E VINCEREMO!
Tegucigalpa, 29 Novembre 2009
Conferenza Stampa
FRENTE NACIONAL DE RESISTENCIA CONTRA EL GOLPE DE ESTADO
Il Frente Nacional de Resistencia Contra el Golpe de Estado dà a conoscenza del Popolo Honduregno e della Comunità Internazionale i seguenti fatti:
Durante la mattinata fra le 7:00 e le 11:00 abbiamo constatato la scarsa affluenza di votanti alle urne e il flop della farsa elettorale, nonostante la campagna intimidatoria. Il governo de facto ha minacciato penalmente la popolazione in generale ed appoggia le minacce di ritorsioni sul lavoro da parte di alcune aziende private, nel caso in cui i propri impiegati non dimostrino di aver votato. la realtà priva il Tribunale Supremo Elettorale dell’autorità necessaria a diffondere dei risultati, comunque gonfiati per dare credibilità alla farsa elettorale.
Tutto ciò significa che il Popolo Hoduregno ha raggiunto la maturità per riconoscere che coloro che hanno portato avanti questo processo “illegittimo-elettorale” costituiscono il primo ostacolo alla democrazia e si congratula con la popolazione per aderire volontariamente alla disposizione del Frente Nacional de Resistencia di realizzare un “coprifuoco popolare” attivo per non dare legittimità alla farsa elettorale della dittatura; per l’atteggiamento degno e coraggioso del popolo di Morazan e lo invitiamo a mantenersi saldamente su questa posizione fino alla sconfitta definitiva di questa manovra dei golpisti.
Denunciamo, davanti al Popolo Honduregno e la Comunità Internazionale, che le forze di repressione del governo usurpatore hanno continuato con la propria campagna di terrore contro tutti noi che ci siamo opposti al Colpo di Stato, eseguendo durante la notte e la mattinata irruzioni, devastazioni e perquisizioni arbitrarie nelle sedi di organizzazioni popolari, case private, azioni d’intimidazione poliziesca nei quartieri e negli insediamenti urbani che rappresentano i bastioni della resistenza, accerchiamenti e assedi militari contro le sedi di sindacati e posti di blocco intimidatori.
Ringraziamo della solidarietà i popoli centroamericani e per la loro coraggiosa posizione, che li ha portati a bloccare le strade panamericane, in segno di rifiuto delle elezioni del regime golpista. Ringraziamo allo stesso tempo la comunità internazionale presente con diverse organizzazioni di solidarietà e di garanzia e rispetto dei Diritti Umani.
RESISTIAMO E VINCEREMO!
Tegucigalpa, 29 Novembre 2009
Etichette: Honduras
COMUNICATO del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato
Comunicato N. 38
1. Denunciamo che poche ore prima della farsa elettorale, le forze di repressione della dittatura militare hanno cominciato una feroce persecuzione contro le organizzazioni popolari che si sono opposte al Colpo di Stato. Ne sono di esempio: l’irruzione e la devastazione della sede della Red Comal (Red de Comercio Alternativo) a Siguatepeque; l’accerchiamento militare e gli spari d’intimidazione contro la sede del STYBIS(Sindicato de Trabajadores de la Industria de la Bebida y Similares); l’assedio militare contro la comunità Guadalupe Carney a Silìn e contro la Colonia La Paz a La Lima; la militarizzazione del Centro INESCO del Padre Fausto Milla a Copàn. Inoltre ci preoccupa molto l’attentato che ha colpito con una bomba il Centro dei Diritti della Donna di San Pedro Sula.
Allo stesso modo, alla vigilia delle elezioni, le azioni repressive hanno colpito i compagni le compagne della Resistenza Popolare, le persecuzione si è concentrata contro dirigenti della Resistenza nella Colonia Kennedy e nella Colonia El Reparto a Tegucigalpa; a Gualala,, Santa Barbara; San Pedo Sula, Cortés; la cattura della dirigente femminista Merlyn Eguigure a Tegucigalpa, che è poi stata liberata grazie alla pressione esercitata dalle sue compagne del Movimento Visitaciòn Padilla.
Sono avvenute irruzioni anche negli uffici del dirigente del Partido Unificaciòn Democratica, Gregorio Baca, dai quali fu portato via in stato d’arresto Humberto Castillo (disabile) e nella casa della sorella della giornalista Percy Duròn di Radio America. Da riferire anche che Salgado Hernandez della Colonia Tiloarque si trova in condizioni critiche a causa delle pallottole che i militari hanno sparato contro di lui dopo un incidente stradale avvenuto vicino all’edificio dello Stato Maggiore.
2. Questa violenza mostra quanto sia indifeso il popolo Honduregno contro le forze di repressione del governo de facto. Dimostra altresì il clima di persecuzione in cui si realizza oggi il “circo elettorale”. Per questo il Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato insiste che non ci sono le condizioni per la realizzazione di elezioni pulite e sicure e che la testardaggine di questo “dis-governo” nel realizzarle deriva solo dall’urgenza per i golpisti di trovare un sostituto con la faccia pulita.
3. Avvertiamo il Popolo Honduregno e la Comunità Internazionale della eventualità che questa escalation repressiva possa crescere nelle prossime ore, giustificata dalla ondata di attentati che vengono realizzati contro bus, scuole e edifici pubblici, e che la Polizia sta attribuendo in maniera, automática, arbitraria e irresponsabile alla Resistenza Popolare.
4. Per questi motivi il Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato ribadisce che la nostra lotta è PACIFICA e chiamiamo il Popolo Honduregno a non partecipare alla farsa elettorale montata oggi dalla oligarchia nazionale. Allo stesso tempo smentiamo qualsiasi messaggio che dica che la Resistenza incita ad andare a votare, sono solo menzogne che vogliono destabilizzare la situazione.
RESISTIAMO, VINCEREMO!
Tegucigalpa, 28 Novembre 2009
1. Denunciamo che poche ore prima della farsa elettorale, le forze di repressione della dittatura militare hanno cominciato una feroce persecuzione contro le organizzazioni popolari che si sono opposte al Colpo di Stato. Ne sono di esempio: l’irruzione e la devastazione della sede della Red Comal (Red de Comercio Alternativo) a Siguatepeque; l’accerchiamento militare e gli spari d’intimidazione contro la sede del STYBIS(Sindicato de Trabajadores de la Industria de la Bebida y Similares); l’assedio militare contro la comunità Guadalupe Carney a Silìn e contro la Colonia La Paz a La Lima; la militarizzazione del Centro INESCO del Padre Fausto Milla a Copàn. Inoltre ci preoccupa molto l’attentato che ha colpito con una bomba il Centro dei Diritti della Donna di San Pedro Sula.
Allo stesso modo, alla vigilia delle elezioni, le azioni repressive hanno colpito i compagni le compagne della Resistenza Popolare, le persecuzione si è concentrata contro dirigenti della Resistenza nella Colonia Kennedy e nella Colonia El Reparto a Tegucigalpa; a Gualala,, Santa Barbara; San Pedo Sula, Cortés; la cattura della dirigente femminista Merlyn Eguigure a Tegucigalpa, che è poi stata liberata grazie alla pressione esercitata dalle sue compagne del Movimento Visitaciòn Padilla.
Sono avvenute irruzioni anche negli uffici del dirigente del Partido Unificaciòn Democratica, Gregorio Baca, dai quali fu portato via in stato d’arresto Humberto Castillo (disabile) e nella casa della sorella della giornalista Percy Duròn di Radio America. Da riferire anche che Salgado Hernandez della Colonia Tiloarque si trova in condizioni critiche a causa delle pallottole che i militari hanno sparato contro di lui dopo un incidente stradale avvenuto vicino all’edificio dello Stato Maggiore.
2. Questa violenza mostra quanto sia indifeso il popolo Honduregno contro le forze di repressione del governo de facto. Dimostra altresì il clima di persecuzione in cui si realizza oggi il “circo elettorale”. Per questo il Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato insiste che non ci sono le condizioni per la realizzazione di elezioni pulite e sicure e che la testardaggine di questo “dis-governo” nel realizzarle deriva solo dall’urgenza per i golpisti di trovare un sostituto con la faccia pulita.
3. Avvertiamo il Popolo Honduregno e la Comunità Internazionale della eventualità che questa escalation repressiva possa crescere nelle prossime ore, giustificata dalla ondata di attentati che vengono realizzati contro bus, scuole e edifici pubblici, e che la Polizia sta attribuendo in maniera, automática, arbitraria e irresponsabile alla Resistenza Popolare.
4. Per questi motivi il Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato ribadisce che la nostra lotta è PACIFICA e chiamiamo il Popolo Honduregno a non partecipare alla farsa elettorale montata oggi dalla oligarchia nazionale. Allo stesso tempo smentiamo qualsiasi messaggio che dica che la Resistenza incita ad andare a votare, sono solo menzogne che vogliono destabilizzare la situazione.
RESISTIAMO, VINCEREMO!
Tegucigalpa, 28 Novembre 2009
Etichette: Honduras
Con i resistenti in Honduras
Assalti ai media partecipativi e alle associazioni sospettate di favorire il boicottaggio proclamato dalla Resistenza delle elezioni farsa benedette dal Dipartimento di Stato. Mentre in Uruguay, contemporaneamente, le elezioni sono davvero una festa della democrazia in un altro punto della “Patria grande latinoamericana”, l’Honduras, le elezioni sono la fine della democrazia.
di Gennaro Carotenuto
Tegucigalpa si sveglia oggi in un’alba tragica nella quale ancora una volta, nella piena logica alla George Bush di esportazione della democrazia, ed esattamente come è avvenuto in Afghanistan, si svolgono “elezioni pur che siano”. Con brogli, senza opposizione, senza osservatori internazionali, mentre si violano i diritti umani. Non importa.
Se qualcuno va a votare, vedremo quanti saranno, allora il simulacro di democrazia è mantenuto anche se ad imporlo sono gli squadroni della morte. Era la filosofia di Donald Rumsfeld e lo rimane per Hillary Clinton.
Le elezioni di oggi, tra golpisti e per i golpisti, che ricordano quelle in Argentina negli anni ‘60 dove al partito che avrebbe vinto non era permesso partecipare, vanno ripudiate per due motivi.
In primo luogo perché sono la forma trovata da chi manovra il dittatore di Bergamo Alta Roberto Micheletti per essere un colpo di spugna sulle almeno 4.000 documentate violazioni dei diritti umani (dai 30 ai 100 morti) negli ultimi cinque mesi e per rilegittimare il colpo di stato stesso come strumento per la risoluzione di conflitti in America.
In secondo luogo perché sono la forma trovata dalle oligarchie, dai narcotrafficanti, dagli interessi delle grandi compagnie bananiere e dal Dipartimento statunitense di far tramontare anche quella pallidissima speranza di cambiamento rappresentata da Mel Zelaya, impedire il referendum per l’assemblea costituente e assicurare che in Honduras, il secondo paese più disgraziato, dopo Haiti, nel Continente, tutto resti uguale.
Zelaya non è Jacobo Arbenz. Se il golpe in Guatemala nel 1954, quando la sola promessa di una riforma agraria bastò a rovesciare tutti i cannoni della guerra fredda sul presidente, è di gran lunga ancora l’esempio principale per capire i fatti honduregni, sicuramente non vale la pena di “morire per Mel”. Ma solo quella “quarta urna” per chiedere un’Assemblea costituente, all’origine della quale vi fu il golpe, avrebbe potuto mettere in marcia progressiva il cambiamento dell’Honduras. Quella “quarta urna” era l’inizio del cambio che il golpe e adesso queste elezioni farsa hanno fatto deragliare.
Adesso, comunque vada oggi, la speranza violata non torna nelle catacombe in Honduras. Esiste un movimento popolare forgiato da cinque mesi (e cinquecento anni) di lotta contro il golpe. Ma soprattutto la speranza si chiama ancora una volta integrazione latinoamericana. L’attitudine dignitosa del governo brasiliano, che al contrario di quello statunitense, non riconoscerà la farsa di oggi, dà tutta la misura di quello che sta succedendo: o si sta con i paesi integrazionisti o si sta con la reazione dei Micheletti, degli Álvaro Uribe e dei Felipe Calderón.
Giornalismo partecipativo
di Gennaro Carotenuto
Tegucigalpa si sveglia oggi in un’alba tragica nella quale ancora una volta, nella piena logica alla George Bush di esportazione della democrazia, ed esattamente come è avvenuto in Afghanistan, si svolgono “elezioni pur che siano”. Con brogli, senza opposizione, senza osservatori internazionali, mentre si violano i diritti umani. Non importa.
Se qualcuno va a votare, vedremo quanti saranno, allora il simulacro di democrazia è mantenuto anche se ad imporlo sono gli squadroni della morte. Era la filosofia di Donald Rumsfeld e lo rimane per Hillary Clinton.
Le elezioni di oggi, tra golpisti e per i golpisti, che ricordano quelle in Argentina negli anni ‘60 dove al partito che avrebbe vinto non era permesso partecipare, vanno ripudiate per due motivi.
In primo luogo perché sono la forma trovata da chi manovra il dittatore di Bergamo Alta Roberto Micheletti per essere un colpo di spugna sulle almeno 4.000 documentate violazioni dei diritti umani (dai 30 ai 100 morti) negli ultimi cinque mesi e per rilegittimare il colpo di stato stesso come strumento per la risoluzione di conflitti in America.
In secondo luogo perché sono la forma trovata dalle oligarchie, dai narcotrafficanti, dagli interessi delle grandi compagnie bananiere e dal Dipartimento statunitense di far tramontare anche quella pallidissima speranza di cambiamento rappresentata da Mel Zelaya, impedire il referendum per l’assemblea costituente e assicurare che in Honduras, il secondo paese più disgraziato, dopo Haiti, nel Continente, tutto resti uguale.
Zelaya non è Jacobo Arbenz. Se il golpe in Guatemala nel 1954, quando la sola promessa di una riforma agraria bastò a rovesciare tutti i cannoni della guerra fredda sul presidente, è di gran lunga ancora l’esempio principale per capire i fatti honduregni, sicuramente non vale la pena di “morire per Mel”. Ma solo quella “quarta urna” per chiedere un’Assemblea costituente, all’origine della quale vi fu il golpe, avrebbe potuto mettere in marcia progressiva il cambiamento dell’Honduras. Quella “quarta urna” era l’inizio del cambio che il golpe e adesso queste elezioni farsa hanno fatto deragliare.
Adesso, comunque vada oggi, la speranza violata non torna nelle catacombe in Honduras. Esiste un movimento popolare forgiato da cinque mesi (e cinquecento anni) di lotta contro il golpe. Ma soprattutto la speranza si chiama ancora una volta integrazione latinoamericana. L’attitudine dignitosa del governo brasiliano, che al contrario di quello statunitense, non riconoscerà la farsa di oggi, dà tutta la misura di quello che sta succedendo: o si sta con i paesi integrazionisti o si sta con la reazione dei Micheletti, degli Álvaro Uribe e dei Felipe Calderón.
Giornalismo partecipativo
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HONDURAS: CONTRO LA FARSA ELETTORALE GOLPISTA !
Il governo golpista guidato dell'italo-honduregno Micheleletti cerca di rifarsi il "look" attraverso elezioni farsa convocate per il 29 di novembre.
In tutto il mondo solo i governi degli Stati Uniti, della Colombia, del Perù e del Panama hanno annunciato di riconoscere la farsa elettorale rendendosi apertamente sono complici dei golpisti!
Nonostante tutti i tentativi di dialogo, il governo del gorilla Micheletti ha disatteso gli accordi di Tegucigalpa-San Josè e le risoluzioni della ONU, della OEA e della stessa Unione Europea, continuando a vulnerare lo stato di diritto e a violentare le istituzioni democratiche costituzionalmente elette attraverso l’espressione della volontà del popolo honduregno.
Anche se le elezioni del 29 novembre sono state convocate sotto la legittima presidenza di Manuel Zelaya prima del vergognoso colpo di stato del passato 28 giugno, il processo elettorale si è svolto sotto la gestione del governo de facto, mentre le garanzie costituzionali sono state soppresse, i mezzi di informazione sono stati ridotti al silenzio e la repressione contro l’opposizione è stata brutale e quotidiana: queste elezioni sono una farsa democratica, sono illegittime e illegali!
Come si può pensare che l’esercito possa essere garante del processo costituzionale quando è stato parte attiva nel colpo di stato?
Il governo italiano, la Unione Europea e tutta la comunità internazionale non devono riconoscere i risultati di questa farsa elettorale.
Il PRC/SE rinnova l’appoggio e la solidarietà al popolo honduregno e al Frente Nacional di resistenza contro il colpo di stato che ha continuato a resistere pacificamente nonostante la repressione sempre più brutale.
Viva la resistenza del popolo honduregno !!!
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA
Roma 28-11-2009
In tutto il mondo solo i governi degli Stati Uniti, della Colombia, del Perù e del Panama hanno annunciato di riconoscere la farsa elettorale rendendosi apertamente sono complici dei golpisti!
Nonostante tutti i tentativi di dialogo, il governo del gorilla Micheletti ha disatteso gli accordi di Tegucigalpa-San Josè e le risoluzioni della ONU, della OEA e della stessa Unione Europea, continuando a vulnerare lo stato di diritto e a violentare le istituzioni democratiche costituzionalmente elette attraverso l’espressione della volontà del popolo honduregno.
Anche se le elezioni del 29 novembre sono state convocate sotto la legittima presidenza di Manuel Zelaya prima del vergognoso colpo di stato del passato 28 giugno, il processo elettorale si è svolto sotto la gestione del governo de facto, mentre le garanzie costituzionali sono state soppresse, i mezzi di informazione sono stati ridotti al silenzio e la repressione contro l’opposizione è stata brutale e quotidiana: queste elezioni sono una farsa democratica, sono illegittime e illegali!
Come si può pensare che l’esercito possa essere garante del processo costituzionale quando è stato parte attiva nel colpo di stato?
Il governo italiano, la Unione Europea e tutta la comunità internazionale non devono riconoscere i risultati di questa farsa elettorale.
Il PRC/SE rinnova l’appoggio e la solidarietà al popolo honduregno e al Frente Nacional di resistenza contro il colpo di stato che ha continuato a resistere pacificamente nonostante la repressione sempre più brutale.
Viva la resistenza del popolo honduregno !!!
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA
Roma 28-11-2009
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Aggiornamenti a poche ore dalle elezioni in Honduras
28 novembre, 2009
Honduras vive una dittatura peggiore di quella degli anni 80
Bertha Oliva, coordinatrice del Comitato dei familiari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, mi riceve nel suo ufficio. Le pareti sono tappezzate di diplomi e attestati che le sono stati consegnati per l’instancabile lavoro svolto in quasi trent’anni di lotta in difesa dei diritti umani in Honduras.
Bertha ha vissuto sulla propria pella la violenza della repressione militare degli anni 80. Durante la notte dell’11 giugno 1981 gli squadroni della morte hanno fatto irruzione nella casa dove stava dormendo con suo marito, il membro fondatore dell'Unione rivoluzionaria del Popolo, Urp, Tomás Nativí Gálvez, e l’hanno sequestrato.
Nonostante le denunce e le proteste, Bertha, che in quel momento era sposata da soli quattro mesi ed era al terzo mese di gravidanza, non l’ha mai più rivisto. Scomparso come centinaia di honduregni
Sono trascorsi 28 anni da quella notte. Bertha Oliva ed il Cofadeh non hanno smesso un solo istante di lottare per fare luce sugli obbrobri di quegli anni e su tutto ciò che è venuto dopo, fino all'ultimo oltraggio iniziato lo scorso 28 giugno. Un nuovo capitolo di una storia che sembra senza fine e che vuole cancellare la memoria con la farsa elettorale di domenica prossima, 29 novembre.
“Al secondo piano della sede del Cofadeh abbiamo creato la sala delle vittime scomparse del secolo XX ed ora dobbiamo crearne una nuova per le vittime del secolo XXI - racconta la coordinatrice di questa organizzazione -.
Sono già 30 le persone che sono stati assassinate a causa del colpo di Stato, 9 delle quali nell'ultimo mese, ed a questo bisogna aggiungere i più di 4 mila casi di violazione ai diritti umani. Ora vogliono cancellare tutto ciò che è successo con questa farsa che noi ci rifiutiamo di chiamare elezioni, perché è un semplice evento pubblico convocato dalle forze che hanno perpetrato il colpo di Stato e che hanno imposto nel paese una vera dittatura. È un atto dei golpisti per i golpisti”, ha affermato.
È per questo motivo che il Cofadeh, insieme ad altre organizzazioni dei diritti umani, hanno presentato una petizione al Tribunale supremo elettorale, Tse, sollecitando “l'immediata sospensione dei comizi elettorali a causa della sistematica e grave violazione dei diritti umani e la vigenza di decreti e risoluzioni dell'amministrazione pubblica di fatto che restringono diritti e libertà della popolazione honduregna per motivi evidentemente politici, all’interno del contesto del colpo di Stato", cita il documento presentato ai magistrati di questo potere.
Per Bertha Oliva ci sono numerosi segnali che indicano che nelle prossime ore si potrebbe scatenare una forte repressione ed un stato permanente di terrore per la popolazione honduregna.
“Le forze armate e la polizia hanno chiesto alle autorità locali di consegnare loro i dati personali dei dirigenti locali della Resistenza e parallelamente si è implementato un Piano di Contingenza, affinché questa domenica gli ospedali abbiano sufficienti letti liberi e medicine per dare una risposta a qualsiasi emergenza.
Inoltre – ha continuato Oliva - i dirigenti del Fronte nazionale contro il colpo di Stato non stanno conducendo una vita normale, perché non possono ritornare a casa loro e devono cercare un'altra sistemazione mantenendo strette misure di sicurezza. In realtà sono entrati in un regime di semiclandestinità perché la loro vita è in pericolo”.
L’attivista per i diritti umani ha anche fatto il punto sui grandi investimenti che la polizia e l'esercito hanno fatto in queste ultime settimane per acquisire nuovo armamento, come per esempio un camion lancia-acqua dotato si sofisticati sistemi tecnologici che è costato 12 milioni di lempiras (631 mila dollari).
“Siamo molto preoccupati perché stiamo vivendo una vera e propria guerra di bassa intensità. Continuano le detenzioni arbitrarie e la persecuzione contro i dirigenti delle organizzazioni dei maestri, e le persone della Resistenza nelle comunità, quartieri e colonie. Hanno messo posti di blocco in tutto il paese ed è aumentata la strategia della tensione mettendo artefatti esplosivi in vari punti della capitale, per generare tensione e giustificare la repressione.
Inoltre – ha continuato Oliva - continuano ad apparire corpi di persone assassinate in vari punti del paese e stanno ostacolando il lavoro dei difensori dei diritti umani. Quando per le strade appaiono corpi di persone con chiari segnali di esecuzioni sommarie, sappiamo che si tratta di un metodo imposto e poi lasciato in eredità dagli squadroni della morte che agiscono in complicità con i militari e la polizia.
In questo senso, credo che stiamo vivendo in una dittatura senza precedenti, peggiore di quella degli anni 80, perché in quel momento vivevamo una dittatura militare, c’erano morti e scomparsi, ma era molto complicato riuscire a provare la relazione diretta tra questi delitti ed i militari stessi, perché la strategia era quella di utilizzare squadroni della morte e paramilitari.
Ora – ha spiegato la coordinatrice del Cofadeh - lo fanno alla luce del giorno sfidando tutte le strutture nazionali ed internazionali dei diritti umani ed i governi del mondo. Sono convinta che si tratti di un progetto che vogliono riprodurre in America Latina. Se vinceranno in Honduras tenteranno di farlo anche in altri paesi della regione che sicuramente hanno già individuato”, ha detto seriamente preoccupata.
Il Cofadeh ha anche denunciato che al governo di fatto e alle forze repressive non interessa minimamente l’intervento della Commissione interamericana dei Diritti, Cidh, che ha posto sotto la sua protezione molte persone minacciate in questi mesi.
“Un caso emblematico è quello di Carlos H. Reyes, una persona riconosciuta, amata e rispettata a livello nazionale ed internazionale, e che è stato candidato presidenziale indipendente, godendo così di tutta una serie di protezioni legali. Nonostante ciò, la polizia l’ha aggredito selvaggiamente e in pratica gli hanno impedito di partecipare al processo in atto per quasi quattro mesi a causa delle fratture riportate al braccio.
La comunità internazionale è testimone di quanto è accaduto e sono convinta che nel futuro potremo portare i responsabili di queste violazioni davanti alla giustizia internazionale”.
Concludendo l'intervista, Bertha Oliva ha rivelato che il Cofadeh ha già aiutato 15 persone ad uscire dal paese con le loro famiglie per proteggere la propria incolumità di fronte alla repressione che si è scatenata contro di loro.
"Non so dire verso dove stiamo andando, ma sono sicura che il lavoro sui diritti umani continuerà per molto tempo ancora. La dittatura ha preso forza e lo continua a fare ogni giorno che passa e sembra che non possa vivere senza l'odore del sangue ed il martirio della popolazione.
Ogni giorno, quando arrivo qui, salgo al primo piano e mi trattengo davanti ai visi dei nostri scomparsi e scomparse degli anni 80 e sorrido loro e parlo con loro. Gli prometto che non permetterò mai che il nostro tempio, che la loro sala del secolo scorso venga violentata. Ora guardo con preoccupazione al fatto che stiamo creando un'altra sala per le vittime del secolo XXI.
Dobbiamo davvero continuare a collezionare visi puliti, belli e diafani? E dovremo camminare sempre con loro? Questi visi e le loro famiglie, il popolo honduregno, hanno bisogno di risposte concrete, non per vendicarli, bensì per conoscere la verità”, ha concluso Bertha Oliva visibilmente emozionata da tanti ricordi e lotte intraprese.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
Bertha ha vissuto sulla propria pella la violenza della repressione militare degli anni 80. Durante la notte dell’11 giugno 1981 gli squadroni della morte hanno fatto irruzione nella casa dove stava dormendo con suo marito, il membro fondatore dell'Unione rivoluzionaria del Popolo, Urp, Tomás Nativí Gálvez, e l’hanno sequestrato.
Nonostante le denunce e le proteste, Bertha, che in quel momento era sposata da soli quattro mesi ed era al terzo mese di gravidanza, non l’ha mai più rivisto. Scomparso come centinaia di honduregni
Sono trascorsi 28 anni da quella notte. Bertha Oliva ed il Cofadeh non hanno smesso un solo istante di lottare per fare luce sugli obbrobri di quegli anni e su tutto ciò che è venuto dopo, fino all'ultimo oltraggio iniziato lo scorso 28 giugno. Un nuovo capitolo di una storia che sembra senza fine e che vuole cancellare la memoria con la farsa elettorale di domenica prossima, 29 novembre.
“Al secondo piano della sede del Cofadeh abbiamo creato la sala delle vittime scomparse del secolo XX ed ora dobbiamo crearne una nuova per le vittime del secolo XXI - racconta la coordinatrice di questa organizzazione -.
Sono già 30 le persone che sono stati assassinate a causa del colpo di Stato, 9 delle quali nell'ultimo mese, ed a questo bisogna aggiungere i più di 4 mila casi di violazione ai diritti umani. Ora vogliono cancellare tutto ciò che è successo con questa farsa che noi ci rifiutiamo di chiamare elezioni, perché è un semplice evento pubblico convocato dalle forze che hanno perpetrato il colpo di Stato e che hanno imposto nel paese una vera dittatura. È un atto dei golpisti per i golpisti”, ha affermato.
È per questo motivo che il Cofadeh, insieme ad altre organizzazioni dei diritti umani, hanno presentato una petizione al Tribunale supremo elettorale, Tse, sollecitando “l'immediata sospensione dei comizi elettorali a causa della sistematica e grave violazione dei diritti umani e la vigenza di decreti e risoluzioni dell'amministrazione pubblica di fatto che restringono diritti e libertà della popolazione honduregna per motivi evidentemente politici, all’interno del contesto del colpo di Stato", cita il documento presentato ai magistrati di questo potere.
Per Bertha Oliva ci sono numerosi segnali che indicano che nelle prossime ore si potrebbe scatenare una forte repressione ed un stato permanente di terrore per la popolazione honduregna.
“Le forze armate e la polizia hanno chiesto alle autorità locali di consegnare loro i dati personali dei dirigenti locali della Resistenza e parallelamente si è implementato un Piano di Contingenza, affinché questa domenica gli ospedali abbiano sufficienti letti liberi e medicine per dare una risposta a qualsiasi emergenza.
Inoltre – ha continuato Oliva - i dirigenti del Fronte nazionale contro il colpo di Stato non stanno conducendo una vita normale, perché non possono ritornare a casa loro e devono cercare un'altra sistemazione mantenendo strette misure di sicurezza. In realtà sono entrati in un regime di semiclandestinità perché la loro vita è in pericolo”.
L’attivista per i diritti umani ha anche fatto il punto sui grandi investimenti che la polizia e l'esercito hanno fatto in queste ultime settimane per acquisire nuovo armamento, come per esempio un camion lancia-acqua dotato si sofisticati sistemi tecnologici che è costato 12 milioni di lempiras (631 mila dollari).
“Siamo molto preoccupati perché stiamo vivendo una vera e propria guerra di bassa intensità. Continuano le detenzioni arbitrarie e la persecuzione contro i dirigenti delle organizzazioni dei maestri, e le persone della Resistenza nelle comunità, quartieri e colonie. Hanno messo posti di blocco in tutto il paese ed è aumentata la strategia della tensione mettendo artefatti esplosivi in vari punti della capitale, per generare tensione e giustificare la repressione.
Inoltre – ha continuato Oliva - continuano ad apparire corpi di persone assassinate in vari punti del paese e stanno ostacolando il lavoro dei difensori dei diritti umani. Quando per le strade appaiono corpi di persone con chiari segnali di esecuzioni sommarie, sappiamo che si tratta di un metodo imposto e poi lasciato in eredità dagli squadroni della morte che agiscono in complicità con i militari e la polizia.
In questo senso, credo che stiamo vivendo in una dittatura senza precedenti, peggiore di quella degli anni 80, perché in quel momento vivevamo una dittatura militare, c’erano morti e scomparsi, ma era molto complicato riuscire a provare la relazione diretta tra questi delitti ed i militari stessi, perché la strategia era quella di utilizzare squadroni della morte e paramilitari.
Ora – ha spiegato la coordinatrice del Cofadeh - lo fanno alla luce del giorno sfidando tutte le strutture nazionali ed internazionali dei diritti umani ed i governi del mondo. Sono convinta che si tratti di un progetto che vogliono riprodurre in America Latina. Se vinceranno in Honduras tenteranno di farlo anche in altri paesi della regione che sicuramente hanno già individuato”, ha detto seriamente preoccupata.
Il Cofadeh ha anche denunciato che al governo di fatto e alle forze repressive non interessa minimamente l’intervento della Commissione interamericana dei Diritti, Cidh, che ha posto sotto la sua protezione molte persone minacciate in questi mesi.
“Un caso emblematico è quello di Carlos H. Reyes, una persona riconosciuta, amata e rispettata a livello nazionale ed internazionale, e che è stato candidato presidenziale indipendente, godendo così di tutta una serie di protezioni legali. Nonostante ciò, la polizia l’ha aggredito selvaggiamente e in pratica gli hanno impedito di partecipare al processo in atto per quasi quattro mesi a causa delle fratture riportate al braccio.
La comunità internazionale è testimone di quanto è accaduto e sono convinta che nel futuro potremo portare i responsabili di queste violazioni davanti alla giustizia internazionale”.
Concludendo l'intervista, Bertha Oliva ha rivelato che il Cofadeh ha già aiutato 15 persone ad uscire dal paese con le loro famiglie per proteggere la propria incolumità di fronte alla repressione che si è scatenata contro di loro.
"Non so dire verso dove stiamo andando, ma sono sicura che il lavoro sui diritti umani continuerà per molto tempo ancora. La dittatura ha preso forza e lo continua a fare ogni giorno che passa e sembra che non possa vivere senza l'odore del sangue ed il martirio della popolazione.
Ogni giorno, quando arrivo qui, salgo al primo piano e mi trattengo davanti ai visi dei nostri scomparsi e scomparse degli anni 80 e sorrido loro e parlo con loro. Gli prometto che non permetterò mai che il nostro tempio, che la loro sala del secolo scorso venga violentata. Ora guardo con preoccupazione al fatto che stiamo creando un'altra sala per le vittime del secolo XXI.
Dobbiamo davvero continuare a collezionare visi puliti, belli e diafani? E dovremo camminare sempre con loro? Questi visi e le loro famiglie, il popolo honduregno, hanno bisogno di risposte concrete, non per vendicarli, bensì per conoscere la verità”, ha concluso Bertha Oliva visibilmente emozionata da tanti ricordi e lotte intraprese.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
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Honduras: e adesso?
Guillermo Almeyra - La Jornada - Domenica 22 novembre 2009
Com’era prevedibile, il coinvolgimento del Dipartimento di Stato e del Pentagono nella preparazione del colpo di stato che ha destituito il presidente honduregno Manuel Zelaya ha portato, logicamente, a guadagnare tempo per arrivare ad una farsa elettorale, organizzata e presieduta dai golpisti allo scopo di perpetuarsi al potere.
Barack Obama ha riconosciuto come unico presidente Zelaya, allo stesso modo l'ONU e l'OEA, ma l'establishment statunitense, i repubblicani e la destra dei democratici, Hillary Clinton ed il suo clan, ed il Pentagono, hanno protetto e salvaguardato i golpisti di Tegucigalpa ed ora riconoscono delle elezioni che sono la continuità ed il culmine del golpe e sperano di legittimarlo.
Se gli Stati Uniti avessero congelato l'invio delle rimesse degli honduregni e tutti i beni dei golpisti, se avessero ritirato tutto il loro sostegno all’Honduras, oltre ad applicargli un embargo come quello che attuano contro Cuba, Micheletti e la sua banda non sarebbero durati nemmeno una settimana. Ma le richieste di Zelaya a Washington, affinché intervenisse in favore della legalità calpestata, giungevano all'orecchio dei promotori di sempre degli assassini di presidenti latinoamericani e degli organizzatori di colpi di stato e dittature.
In effetti la famosa era Obama è un'invenzione dei mezzi d’informazione, giacché il presidente, considerato avventizio dai poteri di fatto, non può modificare la politica imperialista degli Stati Uniti con la quale ha, oltretutto, solo alcune differenze tattiche. Inoltre: il golpe in Honduras e l'appoggio alle pseudoelezioni organizzate dai golpisti s’inseriscono in una politica che ha portato a creare quattro basi militari a Panama e sette in Colombia, dalle quali poter aggredire qualunque paese del Sudamerica, ed a schierare la Quarta Flotta in acque latinoamericane, oltre a rinforzare il Plan Merida ed il Plan Colombia e a preparare l'hondurizzazione di Nicaragua e Paraguay, così come la persecuzione militare contro il Venezuela.
Quand’anche i golpisti riempissero ora le loro urne con voti inesistenti per tentare d’occultare il boicottaggio e il vasto astensionismo, che il 29 novembre si coalizzeranno per rendere nulle le elezioni, non potranno evitare che il presidente fantoccio ed i parlamentari fasulli così eletti, siano illegali ed illegittimi, non solo per gli honduregni, ma anche per l'ONU, l'OEA e buona parte dell'opinione pubblica internazionale (quella di destra considererà normale il processo elettorale, mentre migliaia di milioni di persone, tra cui i cinesi, né sanno, né sapranno neppure ciò che avviene in Honduras o dove si trovi questo paese).
Chiusa così la via della mediazione internazionale e dei rimedi istituzionali, rimane solo quella dell’espansione e radicamento della resistenza popolare, cioè, la stessa via seguita in precedenza dai boliviani ed ecuadoriani per abbattere il governo dell'oligarchia e preparare la strada ad un'assemblea costituente, in grado di riorganizzare il paese e garantire i diritti degli indigeni, dei contadini e dei lavoratori in generale. Essendo i partiti tradizionali compromessi col golpismo (o con le sue elezioni fraudolente), resta soltanto, come in Bolivia, in Ecuador o in Venezuela, l'unificazione dei gruppi della resistenza popolare e dei sindacati contadini ed operai classisti in un movimento-partito, ampio e multiforme, a dirigere la lotta.
La legalità, la restituzione di Zelaya come presidente, sarà senza dubbio bandiera principale del primo momento di lotta, ma la dinamica delle mobilitazioni tenderà a superare i calcoli e le vacillazioni di Zelaya, che guarda con un occhio alle mobilitazioni (mirando a controllarle), e con l'altro ad un settore del Partito Liberale ed al Dipartimento di Stato. Ciò che deciderà il futuro dell’Honduras non sarà Zelaya, bensì quel particolare zelayismo, sempre più audace ed indipendente, di chi s’oppone al “golpe gorilla”.
Costoro, membri del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato, che godono del sostegno degli indigeni e contadini e pianificano già la convocazione di un'assemblea nazionale costituente democratica e popolare, possiedono un grande bagaglio politico. Patirono e resistettero al colpo di stato del 1972 e furono massacrati nel 1980, tra gli altri dal padre di Zelaya. Nel 2000 formarono il Blocco Popolare ed organizzarono la resistenza contadina contro il Trattato di Libero Commercio; tra essi hanno un grande peso Via Campesina, con un percorso internazionalista e radicale, il Movimento Indigeno e Contadino Mesoamericano (Moicam), il Coordinamento Latinoamericano delle Organizzazioni Agricole (Cloc). Inoltre, a causa del golpe e della siccità, i contadini non hanno potuto seminare ed a causa della crisi non possono emigrare negli Stati Uniti; cosicché per loro l'alternativa è la fame nera o la lotta.
L'appoggio internazionale, soprattutto latinoamericano, a questa battaglia eroica degli honduregni, non servirà pertanto solo a prevenire altri colpi di stato annunciati in altri paesi, ma anche ad abbreviare i tempi per il rafforzamento della resistenza e per aprire una spirale boliviana (mobilitazioni che espellono una dittatura, elezioni libere, costituente, nuove mobilitazioni ed elezioni per riorganizzare il paese).
Da: http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2637:honduras-iy-ora-que&catid=2:opinion
Tradotto da Adelina Bottero
Com’era prevedibile, il coinvolgimento del Dipartimento di Stato e del Pentagono nella preparazione del colpo di stato che ha destituito il presidente honduregno Manuel Zelaya ha portato, logicamente, a guadagnare tempo per arrivare ad una farsa elettorale, organizzata e presieduta dai golpisti allo scopo di perpetuarsi al potere.
Barack Obama ha riconosciuto come unico presidente Zelaya, allo stesso modo l'ONU e l'OEA, ma l'establishment statunitense, i repubblicani e la destra dei democratici, Hillary Clinton ed il suo clan, ed il Pentagono, hanno protetto e salvaguardato i golpisti di Tegucigalpa ed ora riconoscono delle elezioni che sono la continuità ed il culmine del golpe e sperano di legittimarlo.
Se gli Stati Uniti avessero congelato l'invio delle rimesse degli honduregni e tutti i beni dei golpisti, se avessero ritirato tutto il loro sostegno all’Honduras, oltre ad applicargli un embargo come quello che attuano contro Cuba, Micheletti e la sua banda non sarebbero durati nemmeno una settimana. Ma le richieste di Zelaya a Washington, affinché intervenisse in favore della legalità calpestata, giungevano all'orecchio dei promotori di sempre degli assassini di presidenti latinoamericani e degli organizzatori di colpi di stato e dittature.
In effetti la famosa era Obama è un'invenzione dei mezzi d’informazione, giacché il presidente, considerato avventizio dai poteri di fatto, non può modificare la politica imperialista degli Stati Uniti con la quale ha, oltretutto, solo alcune differenze tattiche. Inoltre: il golpe in Honduras e l'appoggio alle pseudoelezioni organizzate dai golpisti s’inseriscono in una politica che ha portato a creare quattro basi militari a Panama e sette in Colombia, dalle quali poter aggredire qualunque paese del Sudamerica, ed a schierare la Quarta Flotta in acque latinoamericane, oltre a rinforzare il Plan Merida ed il Plan Colombia e a preparare l'hondurizzazione di Nicaragua e Paraguay, così come la persecuzione militare contro il Venezuela.
Quand’anche i golpisti riempissero ora le loro urne con voti inesistenti per tentare d’occultare il boicottaggio e il vasto astensionismo, che il 29 novembre si coalizzeranno per rendere nulle le elezioni, non potranno evitare che il presidente fantoccio ed i parlamentari fasulli così eletti, siano illegali ed illegittimi, non solo per gli honduregni, ma anche per l'ONU, l'OEA e buona parte dell'opinione pubblica internazionale (quella di destra considererà normale il processo elettorale, mentre migliaia di milioni di persone, tra cui i cinesi, né sanno, né sapranno neppure ciò che avviene in Honduras o dove si trovi questo paese).
Chiusa così la via della mediazione internazionale e dei rimedi istituzionali, rimane solo quella dell’espansione e radicamento della resistenza popolare, cioè, la stessa via seguita in precedenza dai boliviani ed ecuadoriani per abbattere il governo dell'oligarchia e preparare la strada ad un'assemblea costituente, in grado di riorganizzare il paese e garantire i diritti degli indigeni, dei contadini e dei lavoratori in generale. Essendo i partiti tradizionali compromessi col golpismo (o con le sue elezioni fraudolente), resta soltanto, come in Bolivia, in Ecuador o in Venezuela, l'unificazione dei gruppi della resistenza popolare e dei sindacati contadini ed operai classisti in un movimento-partito, ampio e multiforme, a dirigere la lotta.
La legalità, la restituzione di Zelaya come presidente, sarà senza dubbio bandiera principale del primo momento di lotta, ma la dinamica delle mobilitazioni tenderà a superare i calcoli e le vacillazioni di Zelaya, che guarda con un occhio alle mobilitazioni (mirando a controllarle), e con l'altro ad un settore del Partito Liberale ed al Dipartimento di Stato. Ciò che deciderà il futuro dell’Honduras non sarà Zelaya, bensì quel particolare zelayismo, sempre più audace ed indipendente, di chi s’oppone al “golpe gorilla”.
Costoro, membri del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato, che godono del sostegno degli indigeni e contadini e pianificano già la convocazione di un'assemblea nazionale costituente democratica e popolare, possiedono un grande bagaglio politico. Patirono e resistettero al colpo di stato del 1972 e furono massacrati nel 1980, tra gli altri dal padre di Zelaya. Nel 2000 formarono il Blocco Popolare ed organizzarono la resistenza contadina contro il Trattato di Libero Commercio; tra essi hanno un grande peso Via Campesina, con un percorso internazionalista e radicale, il Movimento Indigeno e Contadino Mesoamericano (Moicam), il Coordinamento Latinoamericano delle Organizzazioni Agricole (Cloc). Inoltre, a causa del golpe e della siccità, i contadini non hanno potuto seminare ed a causa della crisi non possono emigrare negli Stati Uniti; cosicché per loro l'alternativa è la fame nera o la lotta.
L'appoggio internazionale, soprattutto latinoamericano, a questa battaglia eroica degli honduregni, non servirà pertanto solo a prevenire altri colpi di stato annunciati in altri paesi, ma anche ad abbreviare i tempi per il rafforzamento della resistenza e per aprire una spirale boliviana (mobilitazioni che espellono una dittatura, elezioni libere, costituente, nuove mobilitazioni ed elezioni per riorganizzare il paese).
Da: http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2637:honduras-iy-ora-que&catid=2:opinion
Tradotto da Adelina Bottero
Etichette: Honduras
ELEZIONI IN HONDURAS
Honduras, l'appello: il golpe continua. Fermate la farsa elettorale
ELEZIONI IN HONDURAS E IN URUGUAY; LA NOSTRA AMERICA E LA LORO
Analisi a poche ore dal voto in Honduras Su Radio Onda d'Urto
ELEZIONI IN HONDURAS E IN URUGUAY; LA NOSTRA AMERICA E LA LORO
Analisi a poche ore dal voto in Honduras Su Radio Onda d'Urto
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22 novembre, 2009
Comunicato n° 35
FRONTE NAZIONALE DI RESISTENZA CONTRO IL COLPO DI STATO
Il Fronte Nazionale di Resistenza Contro il Colpo di Stato comunica:
1. Allertiamo la comunità internazionale e le organizzazioni che difendono i diritti umani sulla crescente repressione e persecuzione contro il popolo organizzato. In questo senso, il Comitato per la Difesa dei Diritti umani dell’Honduras (CODEH) ha emesso un rapporto in cui avverte circa i preparativi, da parte delle forze repressive dello Stato, ad eseguire azioni terroristiche, facendosi passare per militanti della Resistenza, e giustificare in questo modo l'assassinio di massa di persone vincolate al Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato.
2. Denunciamo la mobilitazione di forze militari su tutto il territorio nazionale, con armi ed equipaggiamento da combattimento, che va oltre qualsiasi precedente preparativo messo in atto per un processo elettorale. I preparativi delle Forze Armate includono l’assunzione di mercenari, tra i quali un forte contingente di riservisti, e l'adeguamento di ospedali e cliniche per la cura dei militari e poliziotti coinvolti negli atti di violenza contro la popolazione.
3. Palesiamo che l’annunciata “assenza” del dittatore Micheletti dal potere tra i giorni 25 novembre e 2 dicembre, è solamente una manovra per occultare il ruolo totalitario del regime di fatto e delle Forze Armate, che hanno montato un processo elettorale illegittimo, illegale e fraudolento.
4. Condanniamo le minacce e le persecuzioni contro vari mezzi d’informazione, che comunicano la verità sulla situazione che vive il nostro paese, a cui oggi si è aggiunto un nuovo episodio con l'interruzione del segnale di Canal 36.
5. Ribadiamo che sotto questo regime golpista, repressivo ed antidemocratico è impossibile realizzare elezioni libere.
6. Facciamo appello a tutti i Fronti di Resistenza a livello nazionale e alle organizzazioni all’estero, partecipi e solidali, affinché incrementino le misure di sicurezza e si preparino ad effettuare le denunce di fronte a qualunque tipo di violazione dei diritti umani da parte della dittatura.
"PER L'ASSEMBLEA NAZIONALE COSTITUENTE, RESISTIAMO E VINCEREMO"
Tegucigalpa, 20 novembre 2009
Da: http://voselsoberano.com/v1/
Tradotto da Adelina Bottero
Il Fronte Nazionale di Resistenza Contro il Colpo di Stato comunica:
1. Allertiamo la comunità internazionale e le organizzazioni che difendono i diritti umani sulla crescente repressione e persecuzione contro il popolo organizzato. In questo senso, il Comitato per la Difesa dei Diritti umani dell’Honduras (CODEH) ha emesso un rapporto in cui avverte circa i preparativi, da parte delle forze repressive dello Stato, ad eseguire azioni terroristiche, facendosi passare per militanti della Resistenza, e giustificare in questo modo l'assassinio di massa di persone vincolate al Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato.
2. Denunciamo la mobilitazione di forze militari su tutto il territorio nazionale, con armi ed equipaggiamento da combattimento, che va oltre qualsiasi precedente preparativo messo in atto per un processo elettorale. I preparativi delle Forze Armate includono l’assunzione di mercenari, tra i quali un forte contingente di riservisti, e l'adeguamento di ospedali e cliniche per la cura dei militari e poliziotti coinvolti negli atti di violenza contro la popolazione.
3. Palesiamo che l’annunciata “assenza” del dittatore Micheletti dal potere tra i giorni 25 novembre e 2 dicembre, è solamente una manovra per occultare il ruolo totalitario del regime di fatto e delle Forze Armate, che hanno montato un processo elettorale illegittimo, illegale e fraudolento.
4. Condanniamo le minacce e le persecuzioni contro vari mezzi d’informazione, che comunicano la verità sulla situazione che vive il nostro paese, a cui oggi si è aggiunto un nuovo episodio con l'interruzione del segnale di Canal 36.
5. Ribadiamo che sotto questo regime golpista, repressivo ed antidemocratico è impossibile realizzare elezioni libere.
6. Facciamo appello a tutti i Fronti di Resistenza a livello nazionale e alle organizzazioni all’estero, partecipi e solidali, affinché incrementino le misure di sicurezza e si preparino ad effettuare le denunce di fronte a qualunque tipo di violazione dei diritti umani da parte della dittatura.
"PER L'ASSEMBLEA NAZIONALE COSTITUENTE, RESISTIAMO E VINCEREMO"
Tegucigalpa, 20 novembre 2009
Da: http://voselsoberano.com/v1/
Tradotto da Adelina Bottero
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COMUNICATO del PRESIDENTE COSTITUZIONALE MANUEL ZELAYA ROSALES
Giovedì, 19 novembre 2009
IN HONDURAS NON C’È LIBERTÀ A CAUSA DEL COLPO DI STATO
MIGLIAIA DI CITTADINI SONO SOTTO REPRESSIONE
LE ELEZIONI COSTITUISCONO UNA BEFFA PER IL POPOLO
Il 28 giugno 2009 i militari assaltarono, sequestrarono, e deportarono verso il Costa Rica il presidente dell’Honduras, eletto dal popolo.
Nel frattempo il Parlamento della Repubblica, commettendo un abuso di potere, senza avere facoltà legali per farlo e senza il dovuto processo, emise un decreto in cui “svincolava dall’incarico di Presidente Costituzionale dell’Honduras il cittadino José Manuel Zelaya”, cosa che è stata condannata da tutti i Paesi del mondo e qualificata come rottura dell'ordine democratico, colpo di stato militare.
L'Accordo Tegucigalpa - San José, auspicato dall'Organizzazione degli Stati Americani (OEA) e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America per restaurare la democrazia, è stato violato apertamente dal regime di fatto, dal momento che il Sig. Micheletti pretende di guidare il governo di riconciliazione, si rifiuta di convocare il Parlamento Nazionale, è inadempiente nei tempi e nella forma; di conseguenza, l'accordo è stato dichiarato senza valore, né effetto.
Pertanto, il processo elettorale del 29 novembre senza accordo politico è illegale e viola i diritti degli elettori, perché occulta il colpo di stato militare ed il regime di fatto in cui vive l’Honduras. È una manovra elettorale antidemocratica ripudiata da ampi settori del popolo, poiché nasconde gli autori materiali ed intellettuali del colpo di stato.
Sarà una vergogna storica per l’Honduras ed un'infamia per i paesi democratici dell'America, che il presidente eletto dal popolo stia circondato dai militari nella sede diplomatica del Brasile, mentre il tiranno, imposto dai militari, stia coi potenti nel palazzo del governo.
Le prossime elezioni non hanno alcuna legalità, non godono dell’appoggio internazionale, in modo particolare dell'OEA e dell'ONU. Ufficialmente tutti i paesi si sono pronunciati disconoscendo questo processo elettorale ad eccezione degli Stati Uniti d'America, che si sono manifestati con ambiguità.
Come Presidente dell’Honduras, affermo che, a queste condizioni, non sosterrò il processo elettorale e procederò ad impugnarlo legalmente, a nome degli uomini e donne del mio Paese e di centinaia di dirigenti e leader che subiscono repressione e concorrenza sleale, senza libertà né dignità.
Faccio un appello al popolo honduregno, affinché non si presti a legittimare questo colpo di stato, giacché è l'intervento abusivo delle caste militari nella vita civica della nostra nazione, è una nuova guerra contro i processi di riforme sociali e democratiche, tanto necessarie in Honduras.
Senza ritornare alla situazione precedente il colpo di stato, il presidente che emergerà sarà debole, sottomesso alle oligarchie che potranno abbatterlo quando le disturbi, e con ciò i poveri dell’Honduras saranno condannati al fatto che mai si adotteranno delle risoluzioni a loro beneficio.
Compatrioti, faccio un appello a mantenervi saldi, lottare contro il colpo di stato, lottare per la nostra democrazia senza occultare la verità e lottare pacificamente per le nostre idee.
Incito il popolo onduregno, affinchè questo 29 novembre rifletta ed in maniera cosciente impugni e denunci la frode elettorale.
Se un popolo è deciso non vi sono armi, non c'è esercito, né manovra capace di fermarlo.
19 Novembre 2009
Le nostre armi sono le idee, la nostra lotta è pacifica.
GOVERNO DEL PRESIDENTE COSTITUZIONALE DELL’HONDURAS
JOSÉ MANUEL ZELAYA ROSALES
Da: http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2516:comunicado-presidente-constitucional-manuel-zelaya-rosales-19-nov&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero
IN HONDURAS NON C’È LIBERTÀ A CAUSA DEL COLPO DI STATO
MIGLIAIA DI CITTADINI SONO SOTTO REPRESSIONE
LE ELEZIONI COSTITUISCONO UNA BEFFA PER IL POPOLO
Il 28 giugno 2009 i militari assaltarono, sequestrarono, e deportarono verso il Costa Rica il presidente dell’Honduras, eletto dal popolo.
Nel frattempo il Parlamento della Repubblica, commettendo un abuso di potere, senza avere facoltà legali per farlo e senza il dovuto processo, emise un decreto in cui “svincolava dall’incarico di Presidente Costituzionale dell’Honduras il cittadino José Manuel Zelaya”, cosa che è stata condannata da tutti i Paesi del mondo e qualificata come rottura dell'ordine democratico, colpo di stato militare.
L'Accordo Tegucigalpa - San José, auspicato dall'Organizzazione degli Stati Americani (OEA) e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America per restaurare la democrazia, è stato violato apertamente dal regime di fatto, dal momento che il Sig. Micheletti pretende di guidare il governo di riconciliazione, si rifiuta di convocare il Parlamento Nazionale, è inadempiente nei tempi e nella forma; di conseguenza, l'accordo è stato dichiarato senza valore, né effetto.
Pertanto, il processo elettorale del 29 novembre senza accordo politico è illegale e viola i diritti degli elettori, perché occulta il colpo di stato militare ed il regime di fatto in cui vive l’Honduras. È una manovra elettorale antidemocratica ripudiata da ampi settori del popolo, poiché nasconde gli autori materiali ed intellettuali del colpo di stato.
Sarà una vergogna storica per l’Honduras ed un'infamia per i paesi democratici dell'America, che il presidente eletto dal popolo stia circondato dai militari nella sede diplomatica del Brasile, mentre il tiranno, imposto dai militari, stia coi potenti nel palazzo del governo.
Le prossime elezioni non hanno alcuna legalità, non godono dell’appoggio internazionale, in modo particolare dell'OEA e dell'ONU. Ufficialmente tutti i paesi si sono pronunciati disconoscendo questo processo elettorale ad eccezione degli Stati Uniti d'America, che si sono manifestati con ambiguità.
Come Presidente dell’Honduras, affermo che, a queste condizioni, non sosterrò il processo elettorale e procederò ad impugnarlo legalmente, a nome degli uomini e donne del mio Paese e di centinaia di dirigenti e leader che subiscono repressione e concorrenza sleale, senza libertà né dignità.
Faccio un appello al popolo honduregno, affinché non si presti a legittimare questo colpo di stato, giacché è l'intervento abusivo delle caste militari nella vita civica della nostra nazione, è una nuova guerra contro i processi di riforme sociali e democratiche, tanto necessarie in Honduras.
Senza ritornare alla situazione precedente il colpo di stato, il presidente che emergerà sarà debole, sottomesso alle oligarchie che potranno abbatterlo quando le disturbi, e con ciò i poveri dell’Honduras saranno condannati al fatto che mai si adotteranno delle risoluzioni a loro beneficio.
Compatrioti, faccio un appello a mantenervi saldi, lottare contro il colpo di stato, lottare per la nostra democrazia senza occultare la verità e lottare pacificamente per le nostre idee.
Incito il popolo onduregno, affinchè questo 29 novembre rifletta ed in maniera cosciente impugni e denunci la frode elettorale.
Se un popolo è deciso non vi sono armi, non c'è esercito, né manovra capace di fermarlo.
19 Novembre 2009
Le nostre armi sono le idee, la nostra lotta è pacifica.
GOVERNO DEL PRESIDENTE COSTITUZIONALE DELL’HONDURAS
JOSÉ MANUEL ZELAYA ROSALES
Da: http://voselsoberano.com/v1/index.php?option=com_content&view=article&id=2516:comunicado-presidente-constitucional-manuel-zelaya-rosales-19-nov&catid=1:noticias-generales
Tradotto da Adelina Bottero
Etichette: Honduras
Rappresentante del Frente de Resistencia contra el golpe en Honduras: Betty Matamoros a Torino - 1a parte
Incontro con Betty Matamoros,
rappresentante del Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato in Honduras
Università di Torino - Palazzo Nuovo - 13 ottobre 2009
Grazie e buongiorno per essere qui presenti. Per noi è un piacere che vogliate ascoltare e capire quanto è successo in Honduras. Sappiamo che le informazioni che ricevete non sono tutte attendibili rispetto a ciò che realmente sta capitando.
Mi chiamo Betty Matamoros. Appartengo al Bloque Popular, una coalizione d’organizzazioni di diverso tipo: dai contadini, operai, agli studenti, giovani, una serie di organizzazioni nate nel 2000 in seguito ai trattati commerciali con gli Stati Uniti.
A partire dal 28 giugno, data del colpo di stato in Honduras, avviene la formazione del Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato, anch’esso una coalizione di organizzazioni tanto popolari, quanto di artisti ed intellettuali che si erano fino ad allora mantenuti un po’ ai margini di ciò che accadeva nel paese. Vi sono gli indigeni, i neri, ed anche alcuni settori che fino a quel momento avevano partecipato pochissimo (senza volerne sottovalutare il lavoro), come i partiti politici: ad esempio vi è una parte del Partito Liberale che è contro il colpo di stato, il Partito Socialdemocratico, il Partito di Unificazione Democratica, che è l’unico partito di sinistra. Inoltre una candidatura indipendente del Movimento Popolare.
Vi racconto un po’ di storia dell’Honduras. Siamo al centro del Centro America. Storicamente denominati il “cortile di casa” degli Stati Uniti, poiché il nostro territorio è stato utilizzato per invadere paesi come El Salvador e Nicaragua, quando vi si stavano realizzando processi di liberazione, cosa che non abbiamo vissuto noi in Honduras, influendo però in qualche modo sulla storia dei movimenti del Centro America.
Tutto questo ci ha portati ad una società con fortissime disparità. Siamo un paese ricco di risorse naturali, ma l’80% della popolazione vive in povertà, anzi, un 35% in estrema povertà con meno di un dollaro al giorno. Una società totalmente polarizzata, con condizioni di accesso alla sanità ed all’educazione assai difficili. In particolar modo gli indigeni rappresentano i settori più trascurati: vivono sulle terre più ricche, ma non ne dispongono, giacché il 90% della popolazione dipende economicamente dalle imprese tanto transnazionali che nazionali.
Siamo stati una società completamente sottomessa a fattori esterni, non nostri. Abbiamo una gioventù estremamente vulnerabile, con problemi di narcotraffico molto seri all’interno del paese e, a parte questo, è all’ordine del giorno l’idea che il giovane vada criminalizzato. E’ una questione molto grave: i giovani vivono situazioni di precariato, non possono accedere a livelli di studi universitari, diventano quindi emigranti, quasi obbligati all’esilio forzato fuori dall’Honduras. Su una popolazione totale di 8 milioni, 1.5 milioni vivono in esilio economico forzato, la metà di questi sono giovani che non hanno avuto accesso né all’educazione, né al lavoro. Abbiamo 1.5 milioni di persone occupate dal punto di vista lavorativo, ma solo il 7% di queste è organizzato, perché chi è in qualche modo attivo, legato al popolo, viene criminalizzato.
Tutte queste condizioni hanno forgiato la popolazione, portandoci a ciò che siamo oggi: un popolo insorto, un popolo che non tollera più nulla, che sta dimostrando al mondo che vuole continuare a resistere.
Il 28 giugno in Honduras viene compiuto un colpo di stato non solo contro un presidente, ma anche contro una democrazia, contro un popolo, ma soprattutto contro i presidenti di tutta l’America Latina, dato che vi sarà un’escalation in tal senso.
Il golpe in Honduras è perpetrato dall’oligarchia economica e politica, una parte della gerarchia della Chiesa Cattolica e della Chiesa Evangelica e, sappiamo, con molti aiuti esterni. Il golpe avviene perché l’oligarchia non accetta più alcuni cambiamenti sociali che si stavano compiendo nel paese da tre anni e mezzo a questa parte.
Abbiamo eletto Manuel Zelaya Rosales, che proviene da una famiglia appartenente all’oligarchia economica, da un partito di destra, e chiunque avrebbe detto che vi sarebbe stata continuità di condotta. Il caso ha voluto, invece, che egli si sia girato a guardare verso il suo popolo e noi, come movimenti popolari, abbiamo approfittato di tale opportunità per modificare delle situazioni che ci danneggiavano ormai da tantissimi anni.
Era tale la pressione sociale, che egli ha cominciato a operare dei cambiamenti.
Ad esempio abbassa il prezzo del combustibile in misura significativa. Blocca le privatizzazioni ed inizia a riacquisire delle strutture, ad esempio dei servizi pubblici, che erano stati interamente privatizzati. Noi, dal canto nostro, abbiamo continuato a fare pressioni, perché convinti fosse il momento giusto per puntare ad altre condizioni di vita.
Per ottenere che il governo della Repubblica aderisse all’ALBA, Alternativa Bolivariana per le Americhe, passammo molto tempo a manifestare per le strade. Allo stesso modo ottenemmo che si firmasse il Petrocaribe, che sebbene sia soltanto un accordo commerciale, dà al popolo maggiori garanzie di partecipazione e possibilità di acquistare il combustibile a prezzi inferiori. Siamo riusciti ad evitare che si continuasse a disboscare le nostre foreste, senza averne in cambio alcun beneficio. Abbiamo anche bloccato lo sfruttamento minerario, che ci lasciava solo povertà ed alti costi sociali per l’elevato numero di persone che contraevano malattie (estrazione mineraria selvaggia senza controlli, né tutele sanitarie), costi che ricadevano poi sugli ospedali pubblici, giacché la gente non poteva permettersi altro tipo di servizio.
Il 90% dei mezzi d’informazione è nelle mani private dell’oligarchia economica. E questi hanno reagito. Uno scontro tremendo: da un lato avevamo i menzionati benefici, dall’altro dovevamo lottare contro i media, che avevano scatenato una campagna terribile non solo contro il presidente, ma una persecuzione molto aperta anche contro i movimenti sociali. Così è cominciata all’interno del paese una spaventosa guerra mediatica, e chi ha contrattaccato convinto della necessità dei cambiamenti strutturali, l’ha sostenuta fino ad ora.
La decisione più recente del presidente è stata di aumentare il salario minimo del 60%, dando così l’opportunità alla gente di avere un accesso dignitoso all’alimentazione. 14 imprese private honduregne hanno reagito contro di lui, recapitandogli altrettanti ricorsi: non erano disposte a condividere con la gente i loro guadagni.
Il presidente ha ricevuto anche una petizione da parte del popolo di organizzare un referendum, poiché credevamo fosse giunto il momento di redigere una nuova Costituzione della Repubblica. Egli si assume la responsabilità di tale referendum, basandosi su una legge secondaria del paese, quella sulla partecipazione dei cittadini (prevista dall’articolo 5 della Costituzione), che autorizza la richiesta di un parere su certe questioni al popolo honduregno.
Come movimento popolare l’avevamo in programma fin dal 2005, dato che la nostra Costituzione era rimasta subordinata alle disposizioni di un trattato commerciale con gli Stati Uniti, che ci ha soltanto lasciato maggiore povertà e miseria, senza possibilità di accesso alla terra ed alle nostre risorse naturali.
I media hanno allora scatenato una campagna, sia all’interno sia fuori dall’Honduras, sul fatto che il presidente voleva permanere al potere, non voleva più essere destituito, e la gente ci credeva, mentre in verità non c’era proprio alcun modo per lui di restare.
Il referendum era fissato per il 28 giugno e chiedeva semplicemente e precisamente questo: “Sei d’accordo che s’installi una quarta urna? Sì o No?”
Cosa significa installare una quarta urna? Il 29 novembre, quando si dovranno svolgere le elezioni, vi saranno le solite tre urne: una per il presidente, una per i deputati ed una per le municipalità; la quarta urna è quella per la consultazione popolare sul tema “Sei d’accordo che si nomini un’Assemblea Nazionale Costituente? Sì o No?”
Nessuna delle due consulte è comunque vincolante. Ciò significa dover ricorrere in ogni caso al Parlamento per farne legge. Il Parlamento avrebbe potuto non accogliere il parere del popolo, non volendo in alcun modo fornirgli l’opportunità di operare dei cambiamenti radicali nel paese, o avrebbe potuto essere il popolo stesso a dire di no.
Inoltre, trattandosi di un cambio di governo per via elettorale, l’eventuale Assemblea Nazionale Costituente si sarebbe installata con il nuovo governo, non con quello attuale, pertanto in nessun modo il presidente della Repubblica si sarebbe potuto ricandidare. Dire che il presidente voleva restare al potere era quindi soltanto propaganda politica.
Quando fecero il colpo di stato lo giustificarono infatti con queste argomentazioni: avevano operato contro un abuso di potere, né vollero mai chiamarlo colpo di stato, ma “successione costituzionale”. La Costituzione stessa non prevede nulla del genere, non garantisce alcun tipo di successione, non siamo una monarchia dove il potere si trasmette da uno all’altro per eredità, al contrario, per poter eleggere un nuovo presidente dobbiamo passare attraverso un processo elettorale.
In Honduras, storicamente, ogni volta che si è verificato un colpo di stato, automaticamente si è installata un’Assemblea Nazionale Costituente, per cui dovevano argomentare in qualche modo la non ammissibilità di essa, anzi bisognava cancellarne l’idea dalla testa della gente. Tutto questo ha provocato un bel po’ di spaccature, più di quelle che già avevamo; adesso noi vediamo le forze armate come un potere che ci è servito solamente per questo: per fare colpi di stato.
Conseguenza di tutto ciò è l’attuale situazione: un popolo che protesta per le strade, che resiste al golpe, che grida: “Ora basta!”. Non vogliamo che la storia si ripeta, credevamo di aver costruito una democrazia, buona o cattiva che fosse l’avevamo da 30 anni, era la nostra democrazia anche se non ci piaceva molto, ma la stavamo man mano costruendo…
Il giorno in cui il presidente venne portato con la forza in Costa Rica, in Honduras dicevano che egli aveva rinunciato, e una serie di menzogne, con gravi conseguenze per il paese e con violazione dei diritti umani.
I golpisti si proclamavano difensori della Costituzione, e queste stesse parole le ha fatte proprie il popolo. L’articolo 3 della Costituzione della Repubblica dell’Honduras autorizza la resistenza, afferma che non dobbiamo obbedienza ad alcun governo usurpatore, soprattutto se usurpatore con la forza, al contrario dobbiamo insorgere. Essi dicono di difendere la Costituzione, noi concordemente a quanto stabilisce e forti di essa, vogliamo farla valere.
La situazione evolve in una violazione sistematica dei diritti umani. Abbiamo un presidente sequestrato nell’ambasciata del Brasile, sebbene abbia lo status d’invitato, di fatto è sequestrato, non si può muovere da lì, né lui, né la sua famiglia, né le 62 persone che raggiunsero quel giorno l’ambasciata e là dentro rimasero.
Hanno sospeso le garanzie individuali in tutto il paese, viviamo in assoluta instabilità, non abbiamo alcuna sicurezza, né per strada, né in casa. Possiamo essere oggetto di aggressioni e violenze in qualsiasi momento.
Lo dimostrano i 18 morti, i 300 feriti con armi di ogni tipo (dalle catene di metallo ai proiettili), le 3000 persone detenute illegalmente. Di quei 18 morti, la maggior parte sono giovani: non avendo a disposizione altri modi per comunicare, usano i muri, dove passano scrivono, e la polizia facilmente li individua, per arrivare poi alle esecuzioni extragiudiziarie. Sono ragazzi appartenenti alle organizzazioni studentesche, delle scuole superiori e dell’università, ragazzi che avrebbero potuto dare molto al loro paese, a cui hanno troncato ogni aspirazione.
Tale situazione ha sollevato una condanna diplomatica internazionale, il rifiuto di un governo golpista, ma si è trattato di una “posizione a metà”: da allora sono ormai trascorsi tre mesi e pare proprio non vi sia alcun interesse a far rientrare il colpo di stato tornando alla situazione precedente.
E adesso ci vogliono imporre, come uscita politica, un dialogo in cui non crediamo. Un dialogo del tutto impari: come possono godere di tanti privilegi dei golpisti, piuttosto che noi, che abbiamo resistito e ci abbiamo messo i morti? Un dialogo tramite il quale vogliono annullare il castigo, dopo aver violentato tutti i nostri diritti; vogliono l’amnistia, giustificandola con l’amnistia che sono disposti a concedere a Josè Manuel Zelaya Rosales per i suoi presunti reati, eludendo il fatto che loro hanno commesso certamente molti più crimini.
Il primo punto del negoziato è la restituzione del presidente Zelaya, che essi rifiutano. Dicono. “Arriviamo al processo elettorale, come soluzione a questo dialogo politico”.
E’ un dialogo che va contro i nostri obiettivi. Noi vogliamo il ripristino del sistema democratico ed istituzionale, non solo costituzionale, ma istituzionale. Come uscita politica vogliamo un’Assemblea Nazionale Costituente ed abbiamo fatto pressioni perché in Honduras non sia concessa l’amnistia, che provocherebbe un generale squilibrio in tutta la regione. Se noi permettiamo l’amnistia, rinsaldiamo le forze armate, da cui un’escalation di colpi di stato che non potremo più fermare!
La soluzione alla crisi da loro pianificata è il processo elettorale, che però a noi non dà garanzie di partecipazione, e anche eleggendo un presidente oggi, probabilmente già domani non lo avremmo più, cacciato dal paese con un golpe. In ogni caso non si potrebbero svolgere delle elezioni senza prima essere ritornati all’ordine costituzionale, senza garanzie di libera e reale partecipazione, col timore di brogli, sapendo che vigilano sul loro “buono svolgimento” proprio le forze armate, di cui non possiamo fidarci, perché sono golpiste.
Non è facile per il popolo honduregno mantenere le sue posizioni, ma credo che fin’ora abbia dato la migliore dimostrazione di quanto davvero voglia un cambiamento. Ciò che abbiamo domandato e per cui ci siamo battuti è la richiesta di una società più equa, in cui tutti siano inclusi, dove il paese sia realmente di tutti, non soltanto di qualcuno. Sono questi i fattori che ci hanno portato alla situazione attuale, ma noi rifiutiamo in qualsiasi modo di tornare ad una condizione di vita diversa da quella che avevamo intrapreso.
Moltissime grazie.
(continua)
rappresentante del Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato in Honduras
Università di Torino - Palazzo Nuovo - 13 ottobre 2009
Grazie e buongiorno per essere qui presenti. Per noi è un piacere che vogliate ascoltare e capire quanto è successo in Honduras. Sappiamo che le informazioni che ricevete non sono tutte attendibili rispetto a ciò che realmente sta capitando.
Mi chiamo Betty Matamoros. Appartengo al Bloque Popular, una coalizione d’organizzazioni di diverso tipo: dai contadini, operai, agli studenti, giovani, una serie di organizzazioni nate nel 2000 in seguito ai trattati commerciali con gli Stati Uniti.
A partire dal 28 giugno, data del colpo di stato in Honduras, avviene la formazione del Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato, anch’esso una coalizione di organizzazioni tanto popolari, quanto di artisti ed intellettuali che si erano fino ad allora mantenuti un po’ ai margini di ciò che accadeva nel paese. Vi sono gli indigeni, i neri, ed anche alcuni settori che fino a quel momento avevano partecipato pochissimo (senza volerne sottovalutare il lavoro), come i partiti politici: ad esempio vi è una parte del Partito Liberale che è contro il colpo di stato, il Partito Socialdemocratico, il Partito di Unificazione Democratica, che è l’unico partito di sinistra. Inoltre una candidatura indipendente del Movimento Popolare.
Vi racconto un po’ di storia dell’Honduras. Siamo al centro del Centro America. Storicamente denominati il “cortile di casa” degli Stati Uniti, poiché il nostro territorio è stato utilizzato per invadere paesi come El Salvador e Nicaragua, quando vi si stavano realizzando processi di liberazione, cosa che non abbiamo vissuto noi in Honduras, influendo però in qualche modo sulla storia dei movimenti del Centro America.
Tutto questo ci ha portati ad una società con fortissime disparità. Siamo un paese ricco di risorse naturali, ma l’80% della popolazione vive in povertà, anzi, un 35% in estrema povertà con meno di un dollaro al giorno. Una società totalmente polarizzata, con condizioni di accesso alla sanità ed all’educazione assai difficili. In particolar modo gli indigeni rappresentano i settori più trascurati: vivono sulle terre più ricche, ma non ne dispongono, giacché il 90% della popolazione dipende economicamente dalle imprese tanto transnazionali che nazionali.
Siamo stati una società completamente sottomessa a fattori esterni, non nostri. Abbiamo una gioventù estremamente vulnerabile, con problemi di narcotraffico molto seri all’interno del paese e, a parte questo, è all’ordine del giorno l’idea che il giovane vada criminalizzato. E’ una questione molto grave: i giovani vivono situazioni di precariato, non possono accedere a livelli di studi universitari, diventano quindi emigranti, quasi obbligati all’esilio forzato fuori dall’Honduras. Su una popolazione totale di 8 milioni, 1.5 milioni vivono in esilio economico forzato, la metà di questi sono giovani che non hanno avuto accesso né all’educazione, né al lavoro. Abbiamo 1.5 milioni di persone occupate dal punto di vista lavorativo, ma solo il 7% di queste è organizzato, perché chi è in qualche modo attivo, legato al popolo, viene criminalizzato.
Tutte queste condizioni hanno forgiato la popolazione, portandoci a ciò che siamo oggi: un popolo insorto, un popolo che non tollera più nulla, che sta dimostrando al mondo che vuole continuare a resistere.
Il 28 giugno in Honduras viene compiuto un colpo di stato non solo contro un presidente, ma anche contro una democrazia, contro un popolo, ma soprattutto contro i presidenti di tutta l’America Latina, dato che vi sarà un’escalation in tal senso.
Il golpe in Honduras è perpetrato dall’oligarchia economica e politica, una parte della gerarchia della Chiesa Cattolica e della Chiesa Evangelica e, sappiamo, con molti aiuti esterni. Il golpe avviene perché l’oligarchia non accetta più alcuni cambiamenti sociali che si stavano compiendo nel paese da tre anni e mezzo a questa parte.
Abbiamo eletto Manuel Zelaya Rosales, che proviene da una famiglia appartenente all’oligarchia economica, da un partito di destra, e chiunque avrebbe detto che vi sarebbe stata continuità di condotta. Il caso ha voluto, invece, che egli si sia girato a guardare verso il suo popolo e noi, come movimenti popolari, abbiamo approfittato di tale opportunità per modificare delle situazioni che ci danneggiavano ormai da tantissimi anni.
Era tale la pressione sociale, che egli ha cominciato a operare dei cambiamenti.
Ad esempio abbassa il prezzo del combustibile in misura significativa. Blocca le privatizzazioni ed inizia a riacquisire delle strutture, ad esempio dei servizi pubblici, che erano stati interamente privatizzati. Noi, dal canto nostro, abbiamo continuato a fare pressioni, perché convinti fosse il momento giusto per puntare ad altre condizioni di vita.
Per ottenere che il governo della Repubblica aderisse all’ALBA, Alternativa Bolivariana per le Americhe, passammo molto tempo a manifestare per le strade. Allo stesso modo ottenemmo che si firmasse il Petrocaribe, che sebbene sia soltanto un accordo commerciale, dà al popolo maggiori garanzie di partecipazione e possibilità di acquistare il combustibile a prezzi inferiori. Siamo riusciti ad evitare che si continuasse a disboscare le nostre foreste, senza averne in cambio alcun beneficio. Abbiamo anche bloccato lo sfruttamento minerario, che ci lasciava solo povertà ed alti costi sociali per l’elevato numero di persone che contraevano malattie (estrazione mineraria selvaggia senza controlli, né tutele sanitarie), costi che ricadevano poi sugli ospedali pubblici, giacché la gente non poteva permettersi altro tipo di servizio.
Il 90% dei mezzi d’informazione è nelle mani private dell’oligarchia economica. E questi hanno reagito. Uno scontro tremendo: da un lato avevamo i menzionati benefici, dall’altro dovevamo lottare contro i media, che avevano scatenato una campagna terribile non solo contro il presidente, ma una persecuzione molto aperta anche contro i movimenti sociali. Così è cominciata all’interno del paese una spaventosa guerra mediatica, e chi ha contrattaccato convinto della necessità dei cambiamenti strutturali, l’ha sostenuta fino ad ora.
La decisione più recente del presidente è stata di aumentare il salario minimo del 60%, dando così l’opportunità alla gente di avere un accesso dignitoso all’alimentazione. 14 imprese private honduregne hanno reagito contro di lui, recapitandogli altrettanti ricorsi: non erano disposte a condividere con la gente i loro guadagni.
Il presidente ha ricevuto anche una petizione da parte del popolo di organizzare un referendum, poiché credevamo fosse giunto il momento di redigere una nuova Costituzione della Repubblica. Egli si assume la responsabilità di tale referendum, basandosi su una legge secondaria del paese, quella sulla partecipazione dei cittadini (prevista dall’articolo 5 della Costituzione), che autorizza la richiesta di un parere su certe questioni al popolo honduregno.
Come movimento popolare l’avevamo in programma fin dal 2005, dato che la nostra Costituzione era rimasta subordinata alle disposizioni di un trattato commerciale con gli Stati Uniti, che ci ha soltanto lasciato maggiore povertà e miseria, senza possibilità di accesso alla terra ed alle nostre risorse naturali.
I media hanno allora scatenato una campagna, sia all’interno sia fuori dall’Honduras, sul fatto che il presidente voleva permanere al potere, non voleva più essere destituito, e la gente ci credeva, mentre in verità non c’era proprio alcun modo per lui di restare.
Il referendum era fissato per il 28 giugno e chiedeva semplicemente e precisamente questo: “Sei d’accordo che s’installi una quarta urna? Sì o No?”
Cosa significa installare una quarta urna? Il 29 novembre, quando si dovranno svolgere le elezioni, vi saranno le solite tre urne: una per il presidente, una per i deputati ed una per le municipalità; la quarta urna è quella per la consultazione popolare sul tema “Sei d’accordo che si nomini un’Assemblea Nazionale Costituente? Sì o No?”
Nessuna delle due consulte è comunque vincolante. Ciò significa dover ricorrere in ogni caso al Parlamento per farne legge. Il Parlamento avrebbe potuto non accogliere il parere del popolo, non volendo in alcun modo fornirgli l’opportunità di operare dei cambiamenti radicali nel paese, o avrebbe potuto essere il popolo stesso a dire di no.
Inoltre, trattandosi di un cambio di governo per via elettorale, l’eventuale Assemblea Nazionale Costituente si sarebbe installata con il nuovo governo, non con quello attuale, pertanto in nessun modo il presidente della Repubblica si sarebbe potuto ricandidare. Dire che il presidente voleva restare al potere era quindi soltanto propaganda politica.
Quando fecero il colpo di stato lo giustificarono infatti con queste argomentazioni: avevano operato contro un abuso di potere, né vollero mai chiamarlo colpo di stato, ma “successione costituzionale”. La Costituzione stessa non prevede nulla del genere, non garantisce alcun tipo di successione, non siamo una monarchia dove il potere si trasmette da uno all’altro per eredità, al contrario, per poter eleggere un nuovo presidente dobbiamo passare attraverso un processo elettorale.
In Honduras, storicamente, ogni volta che si è verificato un colpo di stato, automaticamente si è installata un’Assemblea Nazionale Costituente, per cui dovevano argomentare in qualche modo la non ammissibilità di essa, anzi bisognava cancellarne l’idea dalla testa della gente. Tutto questo ha provocato un bel po’ di spaccature, più di quelle che già avevamo; adesso noi vediamo le forze armate come un potere che ci è servito solamente per questo: per fare colpi di stato.
Conseguenza di tutto ciò è l’attuale situazione: un popolo che protesta per le strade, che resiste al golpe, che grida: “Ora basta!”. Non vogliamo che la storia si ripeta, credevamo di aver costruito una democrazia, buona o cattiva che fosse l’avevamo da 30 anni, era la nostra democrazia anche se non ci piaceva molto, ma la stavamo man mano costruendo…
Il giorno in cui il presidente venne portato con la forza in Costa Rica, in Honduras dicevano che egli aveva rinunciato, e una serie di menzogne, con gravi conseguenze per il paese e con violazione dei diritti umani.
I golpisti si proclamavano difensori della Costituzione, e queste stesse parole le ha fatte proprie il popolo. L’articolo 3 della Costituzione della Repubblica dell’Honduras autorizza la resistenza, afferma che non dobbiamo obbedienza ad alcun governo usurpatore, soprattutto se usurpatore con la forza, al contrario dobbiamo insorgere. Essi dicono di difendere la Costituzione, noi concordemente a quanto stabilisce e forti di essa, vogliamo farla valere.
La situazione evolve in una violazione sistematica dei diritti umani. Abbiamo un presidente sequestrato nell’ambasciata del Brasile, sebbene abbia lo status d’invitato, di fatto è sequestrato, non si può muovere da lì, né lui, né la sua famiglia, né le 62 persone che raggiunsero quel giorno l’ambasciata e là dentro rimasero.
Hanno sospeso le garanzie individuali in tutto il paese, viviamo in assoluta instabilità, non abbiamo alcuna sicurezza, né per strada, né in casa. Possiamo essere oggetto di aggressioni e violenze in qualsiasi momento.
Lo dimostrano i 18 morti, i 300 feriti con armi di ogni tipo (dalle catene di metallo ai proiettili), le 3000 persone detenute illegalmente. Di quei 18 morti, la maggior parte sono giovani: non avendo a disposizione altri modi per comunicare, usano i muri, dove passano scrivono, e la polizia facilmente li individua, per arrivare poi alle esecuzioni extragiudiziarie. Sono ragazzi appartenenti alle organizzazioni studentesche, delle scuole superiori e dell’università, ragazzi che avrebbero potuto dare molto al loro paese, a cui hanno troncato ogni aspirazione.
Tale situazione ha sollevato una condanna diplomatica internazionale, il rifiuto di un governo golpista, ma si è trattato di una “posizione a metà”: da allora sono ormai trascorsi tre mesi e pare proprio non vi sia alcun interesse a far rientrare il colpo di stato tornando alla situazione precedente.
E adesso ci vogliono imporre, come uscita politica, un dialogo in cui non crediamo. Un dialogo del tutto impari: come possono godere di tanti privilegi dei golpisti, piuttosto che noi, che abbiamo resistito e ci abbiamo messo i morti? Un dialogo tramite il quale vogliono annullare il castigo, dopo aver violentato tutti i nostri diritti; vogliono l’amnistia, giustificandola con l’amnistia che sono disposti a concedere a Josè Manuel Zelaya Rosales per i suoi presunti reati, eludendo il fatto che loro hanno commesso certamente molti più crimini.
Il primo punto del negoziato è la restituzione del presidente Zelaya, che essi rifiutano. Dicono. “Arriviamo al processo elettorale, come soluzione a questo dialogo politico”.
E’ un dialogo che va contro i nostri obiettivi. Noi vogliamo il ripristino del sistema democratico ed istituzionale, non solo costituzionale, ma istituzionale. Come uscita politica vogliamo un’Assemblea Nazionale Costituente ed abbiamo fatto pressioni perché in Honduras non sia concessa l’amnistia, che provocherebbe un generale squilibrio in tutta la regione. Se noi permettiamo l’amnistia, rinsaldiamo le forze armate, da cui un’escalation di colpi di stato che non potremo più fermare!
La soluzione alla crisi da loro pianificata è il processo elettorale, che però a noi non dà garanzie di partecipazione, e anche eleggendo un presidente oggi, probabilmente già domani non lo avremmo più, cacciato dal paese con un golpe. In ogni caso non si potrebbero svolgere delle elezioni senza prima essere ritornati all’ordine costituzionale, senza garanzie di libera e reale partecipazione, col timore di brogli, sapendo che vigilano sul loro “buono svolgimento” proprio le forze armate, di cui non possiamo fidarci, perché sono golpiste.
Non è facile per il popolo honduregno mantenere le sue posizioni, ma credo che fin’ora abbia dato la migliore dimostrazione di quanto davvero voglia un cambiamento. Ciò che abbiamo domandato e per cui ci siamo battuti è la richiesta di una società più equa, in cui tutti siano inclusi, dove il paese sia realmente di tutti, non soltanto di qualcuno. Sono questi i fattori che ci hanno portato alla situazione attuale, ma noi rifiutiamo in qualsiasi modo di tornare ad una condizione di vita diversa da quella che avevamo intrapreso.
Moltissime grazie.
(continua)
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Rappresentante del Frente de Resistencia contra el golpe en Honduras: Betty Matamoros a Torino - 2a parte
Domande del pubblico
1) Come portavano avanti le loro richieste i movimenti popolari prima del golpe?
Noi abbiamo avviato da 30 anni un processo di costruzione dei movimenti popolari. Credo che gli accordi di pace che ci furono imposti, ci abbiano rafforzato moltissimo, non solo in Honduras, ma in tutta la regione. Abbiamo iniziato ad unire le nostre attività in tutto il Mesoamerica, dal Messico a Panama, su cui abbiamo influito parecchio: Panama oggi è il risultato di tutto questo lungo processo, proprio come noi.
2) Con quali mezzi sta resistendo oggi il popolo?
La resistenza continua in modo molto creativo. Non abbiamo soldi per viaggiare, non abbiamo soldi per finanziare alcunché, come invece è stato detto pubblicamente e mondialmente, che siamo finanziati da Chavez. Siamo riusciti a creare forme di lotta diverse.
Una di esse è stare permanentemente per le strade, un’altra è, quando possibile, spostarsi nei quartieri e nelle periferie, dove abbiamo dei collegamenti. Non sono in grado di controllare un intero popolo, non sono presenti in tutti i quartieri e tutti i sobborghi, vanno in quelli più grandi, ma lasciano i minori sguarniti. Allora lì confluisce una varietà di persone, poi ci si sposta da un luogo all’altro, si organizza la cosiddetta “bullaranga”, che consiste nel produrre rumori assordanti e baccano a più non posso, con ciò che si ha, contro poliziotti e soldati fino al loro sfinimento. Sanno che non possono avere il controllo sulla popolazione, si sono resi conto che più reprimono ed aumentano il livello di violenza, tanto più si accresce la forza e l’unità del popolo. Sanno che più colpiscono, più bastonano, più la gente solidarizza e alla manifestazione successiva ci sarà ancora più gente, facendo ancor più rumore.
3) Sono state possibili forme di dialogo non violento con qualche minoranza dell’esercito e della polizia?
In nessun modo, da parte di nessuno, appartenente all’esercito o alla polizia, è stata espressa volontà di sedizione: ufficialmente non abbiamo avuto un colpo di stato! Da tre mesi siamo in lotta costante e non vi è stato alcun indizio, da parte loro, di voler assumere una posizione diversa.
A volte abbiamo parlato coi comandanti che stavano dirigendo la repressione, affinché si ritirassero e lasciassero tornare a casa la gente: è l’unica cosa che, a volte, riusciamo ad ottenere. O quando perdono il controllo sugli agenti che mandano per reprimerci, sono poi gli ufficiali stessi che tentano di bloccarli. E’ stata l’unica forma di dialogo fin’ora instaurabile. Abbiamo cercato di parlare, dicendo loro che reprimevano il medesimo popolo che stava pagando loro lo stipendio, ma non hanno dato alcun segno di comunicazione. Si sentono forti, hanno una condotta violenta non soltanto contro i manifestanti, ma contro la popolazione in generale. Gli unici che si salvano sono i ricchi ed i loro sostenitori, quelli che (spesso pagati o ricattati) vanno alle manifestazioni delle “camicie bianche”.
4) Ingerenza USA nel golpe
Il golpe ha ricevuto molti aiuti dall’estero, e questi sono venuti dagli Stati Uniti. Sappiamo che l’oligarchia economica e l’estrema destra statunitensi lo hanno finanziato. Noi non abbiamo la possibilità di sostenere un esercito i cui battaglioni si mantengono in assetto esecutivo per le strade generando violenza, come stanno facendo da ben tre mesi a questa parte. In passato abbiamo avuto difficoltà anche solo a mantenerlo all’interno delle caserme. Non avremmo proprio modo di farvi fronte finanziariamente.
A parte questo, sappiamo che già da tempo stavano foraggiando il golpe, allorquando abbiamo ricevuto una visita inaspettata da parte di chi, già negli anni ’80, ci aveva provocato gravi danni. Sono tornati, nessuno sapeva perché, ma ora sì, lo sappiamo: a vedere in quale modo perpetrare il golpe e consolidarlo, e ci sono riusciti.
A loro non conviene perdere l’Honduras, perché geograficamente rappresenta la loro garanzia su tutto il Centro America, in parallelo col Venezuela, al cui largo hanno schierato la Quarta Flotta.
5) Come si stanno comportando le varie imprese italiane, anche a partecipazione pubblica, presenti con grossi interessi in Honduras?
In Honduras le imprese hanno un organismo di controllo cui sottostanno ed una loro organizzazione ben strutturata. E’ venuto pubblicamente alla luce che sono stati richiesti dai 1000 ai 3000 dollari, in accordo alle possibilità economiche della singola impresa, per sostenere il governo golpista o, come lo chiamano loro, governo di transizione. E sono ancora tutte lì, in quanto nessuna ha rifiutato: “Io non ci sto”. L’unico caso di cui sappiamo è quello della nordamericana Chiquita, che ha dichiarato pubblicamente di non aver partecipato. Ma c’è un comitato internazionalista negli Stati Uniti, che ha lanciato un boicottaggio contro la Chiquita, esibendo in risposta il documento attestante che anch’essa ha pagato la sua quota in sostegno al golpe. Ovvero: sono tutte complici, e tutte sono state richiamate al silenzio.
6) Che fare noi da qui
Io sto sostenendo, a nome del Fronte e del popolo honduregno, che vogliamo continuare a vivere.
In questo momento, in qualche modo voi rappresentate la nostra garanzia di sopravvivenza. Sappiamo che se siete i nostri occhi e le nostre orecchie, se il mondo intero pone attenzione a ciò che sta avvenendo in Honduras, questo ci permetterà di continuare ad operare apertamente contro il colpo di stato. Questa è la nostra posizione, sostenuta in tutti gli incontri avuti in Europa coi differenti gruppi: chiediamo di non dimenticarvi dell’Honduras, di continuare a parlare del golpe, a denunciare in tutte le occasioni ciò che ci sta capitando. Credo che non siate un’eccezione, a subire un assedio mediatico tale, da non ricevere un’informazione adeguata. Sappiamo che non sono i popoli a non cercare l’informazione corretta, spesso sono i governi a privarcene. L’impegno adesso è: permetterci di proseguire una lotta che fin’ora è stata del tutto pacifica; vorremmo poter mantenere questa posizione.
Soltanto mantenendo alto il livello di denuncia, rompendo il silenzio fortissimo che c’è nei confronti del nostro paese, voi da qui potete essere la garanzia che in Honduras la situazione migliori.
C’è anche un’iniziativa della Federazione delle Università dell’America Latina: sta promuovendo la partecipazione ad un incontro internazionale, in cui tutte le università possano contribuire apportando il proprio punto di vista e conoscendo di persona, stando sul posto, la situazione in cui vivono gli honduregni. Sarà in novembre e se voi poteste partecipare, credo garantireste agli studenti universitari la sicurezza di non continuare a subire violenze, come accaduto fino ad oggi.
E per finire vorrei lasciarvi un messaggio. I giovani dell’Honduras sono giovani che, come voi, hanno sogni ed aspirazioni ma, diversamente da voi, non li possono realizzare. Le limitazioni cui li sottopone l’oligarchia fanno sì che non abbiano opportunità, debbano emigrare per lavorare.
E’ importante riflettere un po’ sulla situazione che viviamo in America Latina; i processi di costruzione che si stanno portando avanti per poter vivere in una situazione diversa, sono i nostri processi, non quelli dei governanti.
Traduzione a cura di Adelina Bottero
1) Come portavano avanti le loro richieste i movimenti popolari prima del golpe?
Noi abbiamo avviato da 30 anni un processo di costruzione dei movimenti popolari. Credo che gli accordi di pace che ci furono imposti, ci abbiano rafforzato moltissimo, non solo in Honduras, ma in tutta la regione. Abbiamo iniziato ad unire le nostre attività in tutto il Mesoamerica, dal Messico a Panama, su cui abbiamo influito parecchio: Panama oggi è il risultato di tutto questo lungo processo, proprio come noi.
2) Con quali mezzi sta resistendo oggi il popolo?
La resistenza continua in modo molto creativo. Non abbiamo soldi per viaggiare, non abbiamo soldi per finanziare alcunché, come invece è stato detto pubblicamente e mondialmente, che siamo finanziati da Chavez. Siamo riusciti a creare forme di lotta diverse.
Una di esse è stare permanentemente per le strade, un’altra è, quando possibile, spostarsi nei quartieri e nelle periferie, dove abbiamo dei collegamenti. Non sono in grado di controllare un intero popolo, non sono presenti in tutti i quartieri e tutti i sobborghi, vanno in quelli più grandi, ma lasciano i minori sguarniti. Allora lì confluisce una varietà di persone, poi ci si sposta da un luogo all’altro, si organizza la cosiddetta “bullaranga”, che consiste nel produrre rumori assordanti e baccano a più non posso, con ciò che si ha, contro poliziotti e soldati fino al loro sfinimento. Sanno che non possono avere il controllo sulla popolazione, si sono resi conto che più reprimono ed aumentano il livello di violenza, tanto più si accresce la forza e l’unità del popolo. Sanno che più colpiscono, più bastonano, più la gente solidarizza e alla manifestazione successiva ci sarà ancora più gente, facendo ancor più rumore.
3) Sono state possibili forme di dialogo non violento con qualche minoranza dell’esercito e della polizia?
In nessun modo, da parte di nessuno, appartenente all’esercito o alla polizia, è stata espressa volontà di sedizione: ufficialmente non abbiamo avuto un colpo di stato! Da tre mesi siamo in lotta costante e non vi è stato alcun indizio, da parte loro, di voler assumere una posizione diversa.
A volte abbiamo parlato coi comandanti che stavano dirigendo la repressione, affinché si ritirassero e lasciassero tornare a casa la gente: è l’unica cosa che, a volte, riusciamo ad ottenere. O quando perdono il controllo sugli agenti che mandano per reprimerci, sono poi gli ufficiali stessi che tentano di bloccarli. E’ stata l’unica forma di dialogo fin’ora instaurabile. Abbiamo cercato di parlare, dicendo loro che reprimevano il medesimo popolo che stava pagando loro lo stipendio, ma non hanno dato alcun segno di comunicazione. Si sentono forti, hanno una condotta violenta non soltanto contro i manifestanti, ma contro la popolazione in generale. Gli unici che si salvano sono i ricchi ed i loro sostenitori, quelli che (spesso pagati o ricattati) vanno alle manifestazioni delle “camicie bianche”.
4) Ingerenza USA nel golpe
Il golpe ha ricevuto molti aiuti dall’estero, e questi sono venuti dagli Stati Uniti. Sappiamo che l’oligarchia economica e l’estrema destra statunitensi lo hanno finanziato. Noi non abbiamo la possibilità di sostenere un esercito i cui battaglioni si mantengono in assetto esecutivo per le strade generando violenza, come stanno facendo da ben tre mesi a questa parte. In passato abbiamo avuto difficoltà anche solo a mantenerlo all’interno delle caserme. Non avremmo proprio modo di farvi fronte finanziariamente.
A parte questo, sappiamo che già da tempo stavano foraggiando il golpe, allorquando abbiamo ricevuto una visita inaspettata da parte di chi, già negli anni ’80, ci aveva provocato gravi danni. Sono tornati, nessuno sapeva perché, ma ora sì, lo sappiamo: a vedere in quale modo perpetrare il golpe e consolidarlo, e ci sono riusciti.
A loro non conviene perdere l’Honduras, perché geograficamente rappresenta la loro garanzia su tutto il Centro America, in parallelo col Venezuela, al cui largo hanno schierato la Quarta Flotta.
5) Come si stanno comportando le varie imprese italiane, anche a partecipazione pubblica, presenti con grossi interessi in Honduras?
In Honduras le imprese hanno un organismo di controllo cui sottostanno ed una loro organizzazione ben strutturata. E’ venuto pubblicamente alla luce che sono stati richiesti dai 1000 ai 3000 dollari, in accordo alle possibilità economiche della singola impresa, per sostenere il governo golpista o, come lo chiamano loro, governo di transizione. E sono ancora tutte lì, in quanto nessuna ha rifiutato: “Io non ci sto”. L’unico caso di cui sappiamo è quello della nordamericana Chiquita, che ha dichiarato pubblicamente di non aver partecipato. Ma c’è un comitato internazionalista negli Stati Uniti, che ha lanciato un boicottaggio contro la Chiquita, esibendo in risposta il documento attestante che anch’essa ha pagato la sua quota in sostegno al golpe. Ovvero: sono tutte complici, e tutte sono state richiamate al silenzio.
6) Che fare noi da qui
Io sto sostenendo, a nome del Fronte e del popolo honduregno, che vogliamo continuare a vivere.
In questo momento, in qualche modo voi rappresentate la nostra garanzia di sopravvivenza. Sappiamo che se siete i nostri occhi e le nostre orecchie, se il mondo intero pone attenzione a ciò che sta avvenendo in Honduras, questo ci permetterà di continuare ad operare apertamente contro il colpo di stato. Questa è la nostra posizione, sostenuta in tutti gli incontri avuti in Europa coi differenti gruppi: chiediamo di non dimenticarvi dell’Honduras, di continuare a parlare del golpe, a denunciare in tutte le occasioni ciò che ci sta capitando. Credo che non siate un’eccezione, a subire un assedio mediatico tale, da non ricevere un’informazione adeguata. Sappiamo che non sono i popoli a non cercare l’informazione corretta, spesso sono i governi a privarcene. L’impegno adesso è: permetterci di proseguire una lotta che fin’ora è stata del tutto pacifica; vorremmo poter mantenere questa posizione.
Soltanto mantenendo alto il livello di denuncia, rompendo il silenzio fortissimo che c’è nei confronti del nostro paese, voi da qui potete essere la garanzia che in Honduras la situazione migliori.
C’è anche un’iniziativa della Federazione delle Università dell’America Latina: sta promuovendo la partecipazione ad un incontro internazionale, in cui tutte le università possano contribuire apportando il proprio punto di vista e conoscendo di persona, stando sul posto, la situazione in cui vivono gli honduregni. Sarà in novembre e se voi poteste partecipare, credo garantireste agli studenti universitari la sicurezza di non continuare a subire violenze, come accaduto fino ad oggi.
E per finire vorrei lasciarvi un messaggio. I giovani dell’Honduras sono giovani che, come voi, hanno sogni ed aspirazioni ma, diversamente da voi, non li possono realizzare. Le limitazioni cui li sottopone l’oligarchia fanno sì che non abbiano opportunità, debbano emigrare per lavorare.
E’ importante riflettere un po’ sulla situazione che viviamo in America Latina; i processi di costruzione che si stanno portando avanti per poter vivere in una situazione diversa, sono i nostri processi, non quelli dei governanti.
Traduzione a cura di Adelina Bottero
Etichette: Honduras
Appello internazionale per denunciare e disconoscere la farsa elettorale in Honduras
Le organizzazioni sociali, politiche e solidali e le persone che
firmano a titolo personale dichiarano:
1. Il colpo di Stato in Honduras, con la partecipazione complice degli Stati
Uniti d'America, materializzato da Micheletti e dal suo regime di fatto, ha
portato l'assassinio di 21 persone, 4.234 denuncie per violazioni delle libertà
fondamentali, 7 attentati, 95 minacce di morte, 133 casi di tortura, 394 persone
con lesioni e 211 ferite a causa della repressione, 1.987 arresti illegali, 2 tentativi di sequestro e 114 prigionieri politici accusati di sedizione. E ogni giorno questi numeri continuano ad aumentare.
2. I golpisti si mantengono al potere dimostrando con questo gesto il loro
profondo disprezzo per la democrazia e di non riconoscere il diritto sovrano dei
popoli di esprimere la propria volontà attraverso del voto.
Il tempo ha dimostrato che le manovre del governo statunitense e quelle
dell’Organizzazione degli Stati americani, sottomessa agli interessi del primo,
non pretendevano di difendere la democrazia, bensì semplicemente dilatare,
ostruire ed infine appoggiare coloro che pretendono di portare a termine una
farsa elettorale.
3. Dopo il 30 ottobre, gli Stati Uniti d'America hanno manovrato e reso possibile
l’accordo tra il governo presidiato da Manuel Zelaya Rosales e i golpisti, il
cosiddetto Accordo Tegucigalpa/San José, che legittimerebbe le elezioni del 29
novembre evitando che il movimento popolare arrivi a partecipare a queste con i
propri candidati.
I golpisti non hanno rispettato l’accordo. Il presidente costituzionale è ancora
rinchiuso nell’ambasciata di Brasile, la repressione continua. In un gesto di
cinismo senza limiti, gli Stati Uniti si sono affrettati a dichiarare il loro
riconoscimento delle elezioni. Il presidente Manuel Zelaya Rosales ha
denunciato il clima di totale impunità all'interno del quale si realizzeranno le
elezioni del 29 novembre. Allo stesso tempo il Fronte nazionale di resistenza
assieme ad altre forze democratiche ha annunciato che non andrà alle urne e
che boicotterà la farsa elettorale.
4. La maggioranza dei mezzi di comunicazione, al servizio dell’oligarchia,
degli imperialismi e delle imprese trans-nazionali, hanno già dato per terminata
la crisi e vogliono legittimare le elezioni del 29 de novembre del 2009.
Nonostante questo sforzo coordinato e mediatico di annunciare la fine della
crisi, la lotta del popolo honduregno continua e reitera le sue petizioni:
1) Il ritorno incondizionato del presidente Manuel Zelaya Rosales alla
presidenza della Repubblica dell’Honduras, ripristinando la situazione esistente
prima del 28 giugno 2009.
2) Disconoscimento del processo elettorale del 29 novembre 2009
3) La convocazione di un'Assemblea costituente, ancora di più dopo la rottura
del ordine costituzionale da parte della casta politica oligarca.
4) La condanna e punizione per i golpisti ed i loro complici.
Inoltre, sommandoci a queste petizioni legittime del popolo honduregno, chiediamo ai governi e alle istituzioni internazionali di non riconoscere le elezioni del 29 novembre, di non inviare nessun tipo di commissione o missione di osservatori internazionale e di mantenere la pressione politica, economica e finanziaria contro la dittatura civica-militare imposta dall’oligarchia e dall'imperialismo, di disconoscere le autorità false che pretendono di presentarsi come rappresentanti del popolo honduregno.
Libertà per il popolo honduregno
Barcellona, novembre del 2009
Firmanti:
Assemblea de Solidaritat amb el Poble Hondureny de Catalunya
Collettivo Italia-Centro America
Associazione Italia Nicaragua
Per aderire: asp.hondureny@gmail.com
firmano a titolo personale dichiarano:
1. Il colpo di Stato in Honduras, con la partecipazione complice degli Stati
Uniti d'America, materializzato da Micheletti e dal suo regime di fatto, ha
portato l'assassinio di 21 persone, 4.234 denuncie per violazioni delle libertà
fondamentali, 7 attentati, 95 minacce di morte, 133 casi di tortura, 394 persone
con lesioni e 211 ferite a causa della repressione, 1.987 arresti illegali, 2 tentativi di sequestro e 114 prigionieri politici accusati di sedizione. E ogni giorno questi numeri continuano ad aumentare.
2. I golpisti si mantengono al potere dimostrando con questo gesto il loro
profondo disprezzo per la democrazia e di non riconoscere il diritto sovrano dei
popoli di esprimere la propria volontà attraverso del voto.
Il tempo ha dimostrato che le manovre del governo statunitense e quelle
dell’Organizzazione degli Stati americani, sottomessa agli interessi del primo,
non pretendevano di difendere la democrazia, bensì semplicemente dilatare,
ostruire ed infine appoggiare coloro che pretendono di portare a termine una
farsa elettorale.
3. Dopo il 30 ottobre, gli Stati Uniti d'America hanno manovrato e reso possibile
l’accordo tra il governo presidiato da Manuel Zelaya Rosales e i golpisti, il
cosiddetto Accordo Tegucigalpa/San José, che legittimerebbe le elezioni del 29
novembre evitando che il movimento popolare arrivi a partecipare a queste con i
propri candidati.
I golpisti non hanno rispettato l’accordo. Il presidente costituzionale è ancora
rinchiuso nell’ambasciata di Brasile, la repressione continua. In un gesto di
cinismo senza limiti, gli Stati Uniti si sono affrettati a dichiarare il loro
riconoscimento delle elezioni. Il presidente Manuel Zelaya Rosales ha
denunciato il clima di totale impunità all'interno del quale si realizzeranno le
elezioni del 29 novembre. Allo stesso tempo il Fronte nazionale di resistenza
assieme ad altre forze democratiche ha annunciato che non andrà alle urne e
che boicotterà la farsa elettorale.
4. La maggioranza dei mezzi di comunicazione, al servizio dell’oligarchia,
degli imperialismi e delle imprese trans-nazionali, hanno già dato per terminata
la crisi e vogliono legittimare le elezioni del 29 de novembre del 2009.
Nonostante questo sforzo coordinato e mediatico di annunciare la fine della
crisi, la lotta del popolo honduregno continua e reitera le sue petizioni:
1) Il ritorno incondizionato del presidente Manuel Zelaya Rosales alla
presidenza della Repubblica dell’Honduras, ripristinando la situazione esistente
prima del 28 giugno 2009.
2) Disconoscimento del processo elettorale del 29 novembre 2009
3) La convocazione di un'Assemblea costituente, ancora di più dopo la rottura
del ordine costituzionale da parte della casta politica oligarca.
4) La condanna e punizione per i golpisti ed i loro complici.
Inoltre, sommandoci a queste petizioni legittime del popolo honduregno, chiediamo ai governi e alle istituzioni internazionali di non riconoscere le elezioni del 29 novembre, di non inviare nessun tipo di commissione o missione di osservatori internazionale e di mantenere la pressione politica, economica e finanziaria contro la dittatura civica-militare imposta dall’oligarchia e dall'imperialismo, di disconoscere le autorità false che pretendono di presentarsi come rappresentanti del popolo honduregno.
Libertà per il popolo honduregno
Barcellona, novembre del 2009
Firmanti:
Assemblea de Solidaritat amb el Poble Hondureny de Catalunya
Collettivo Italia-Centro America
Associazione Italia Nicaragua
Per aderire: asp.hondureny@gmail.com
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BASI USA IN ITALIA
Camp Darby si allarga con l’aiuto del sindaco Pd
Manlio Dinucci
La Regione Toscana e i comuni di Pisa e Livorno hanno dato il via, con un accordo di programma e 108 milioni di euro, al riassetto delle vie navigabili interne per «ottimizzare gli interscambi tra i siti logistici della Toscana». Davvero ottima iniziativa. Solo che tra i siti logistici maggiormente interessati c’è la base Usa di Camp Darby, che chiede l’ampliamento del Canale dei Navicelli che la collega al
porto di Livorno. Il sindaco di Pisa Marco Filippeschi (Pd) ha chiesto al comando Usa una compartecipazione ai lavori «anche in vista di importanti prospettive dello stesso Camp Darby». Il comando ha «interesse ad allargare la darsena della base militare» così da manovrare due chiatte in contemporanea.
Soddisfatto, il sindaco conferma che «gli americani ritengono questo insediamento molto importante e vogliono continuare a investirci» e che, per tale progetto, c’è «disponibilità sia da parte del Parco che della Regione». Dimentica però lo «smemorato» sindaco del Pd che lo stesso Consiglio comunale di Pisa ha approvato, il 18 gennaio 2007, una mozione per «la dismissione e la riconversione a usi
esclusivamente civili di Camp Darby».
La base, che rifornisce le forze terrestri e aeree nell’area mediterranea, africana e mediorientale, sta assumendo crescente importanza nel quadro del potenziamento delle basi Usa in Italia. Ha quindi necessità di velocizzare i collegamenti con il porto di Livorno e accrescere la capienza. Ciò può essere fatto creando, attraverso
l’interporto livornese di Guasticce, un indotto che serva al transito e allo stoccaggio di materiali logistici, come gli «aiuti umanitari» della Usaid di cui la base costituisce il maggiore centro in Europa. In tal modo si può liberare, nella base, spazio per il deposito di altri armamenti.
Camp Darby intende quindi irradiarsi nel territorio e, a tal fine, è validamente aiutata dal sindaco Filippeschi che, mentre gioisce per le «importanti prospettive» della base Usa da cui partono le armi per le guerre, promuove un mese di iniziative sul tema «Pisa città per la pace e i diritti umani».
Manlio Dinucci
La Regione Toscana e i comuni di Pisa e Livorno hanno dato il via, con un accordo di programma e 108 milioni di euro, al riassetto delle vie navigabili interne per «ottimizzare gli interscambi tra i siti logistici della Toscana». Davvero ottima iniziativa. Solo che tra i siti logistici maggiormente interessati c’è la base Usa di Camp Darby, che chiede l’ampliamento del Canale dei Navicelli che la collega al
porto di Livorno. Il sindaco di Pisa Marco Filippeschi (Pd) ha chiesto al comando Usa una compartecipazione ai lavori «anche in vista di importanti prospettive dello stesso Camp Darby». Il comando ha «interesse ad allargare la darsena della base militare» così da manovrare due chiatte in contemporanea.
Soddisfatto, il sindaco conferma che «gli americani ritengono questo insediamento molto importante e vogliono continuare a investirci» e che, per tale progetto, c’è «disponibilità sia da parte del Parco che della Regione». Dimentica però lo «smemorato» sindaco del Pd che lo stesso Consiglio comunale di Pisa ha approvato, il 18 gennaio 2007, una mozione per «la dismissione e la riconversione a usi
esclusivamente civili di Camp Darby».
La base, che rifornisce le forze terrestri e aeree nell’area mediterranea, africana e mediorientale, sta assumendo crescente importanza nel quadro del potenziamento delle basi Usa in Italia. Ha quindi necessità di velocizzare i collegamenti con il porto di Livorno e accrescere la capienza. Ciò può essere fatto creando, attraverso
l’interporto livornese di Guasticce, un indotto che serva al transito e allo stoccaggio di materiali logistici, come gli «aiuti umanitari» della Usaid di cui la base costituisce il maggiore centro in Europa. In tal modo si può liberare, nella base, spazio per il deposito di altri armamenti.
Camp Darby intende quindi irradiarsi nel territorio e, a tal fine, è validamente aiutata dal sindaco Filippeschi che, mentre gioisce per le «importanti prospettive» della base Usa da cui partono le armi per le guerre, promuove un mese di iniziative sul tema «Pisa città per la pace e i diritti umani».
Etichette: Italia
Comunicato stampa
Approvato l'Art. 15: acqua privata per tutti!
La battaglia non si ferma: andremo avanti nei territori e a livello nazionale
Oggi con il voto di fiducia alla Camera dei Deputati si è concluso l'esame del decreto 135/09 il cui Art. 15 sancisce la definitiva e totale privatizzazione dell'acqua potabile in Italia.
Il Governo impone per decreto che i cittadini e gli Enti Locali vengano espropriati di un diritto e di un bene comune com'è l'acqua per consegnarlo nelle mani dei privati e dei capitali finanziari. Ciò avviene sotto il falso pretesto di uniformare la gestione dei servizi pubblici locali alle richieste della Commissione Europa mentre non esiste nessun obbligo e le modifiche introdotte per sopprimere la gestione "in house" contrastano con i principi della giurisprudenza europea. Nonostante sia oramai sotto gli occhi di tutti che le gestioni del servizio idrico affidate in questi ultimi anni a soggetti privati, sperimentate in alcune Provincie Italiane o a livello europeo abbiano prodotto esclusivamente innalzamento delle
tariffe, diminuzione degli investimenti e un aumento costante dei consumi, si continua a sostenere che mercato e privati siano sinonimi di efficienza e riduzioni dei costi.
Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua è sceso da subito in campo per contrastare questo provvedimento con la campagna nazionale "Salva l'Acqua" verso la quale si è registrata un'elevatissima adesione. d oggi abbiamo consegnato al Presidente della Camera 45.000 firme a sostegno dell'appello che chiedeva il ritiro delle norme che privatizzano l'acqua.
Inoltre, migliaia di persone hanno manifestato il proprio dissenso e contrarietà all'Art.15 in un presidio svoltosi lo scorso 12 Novembre a Piazza Montecitorio e in varie mobilitazioni territoriali, migliaia di persone hanno inviato mail ai parlamentari per chiedere di non convertire in legge il decreto 135/09, molte personalità hanno espresso da una parte la loro indignazione e dall'altra il loro sostegno alla campagna.
In questi giorni è cresciuta nella società la consapevolezza che consegnare l'acqua al mercato significa mettere a rischio la democrazia. Nonostante questa mobilitazione della società civile e degli stessi Enti locali, il Governo ha imposto il voto di fiducia e non accoglie le richieste e le preoccupazioni espresse anche molti Sindaci di amministrazioni governate da maggioranze di differenti colori politici.
Come Forum dei Movimenti per l'Acqua siamo indignati per la superficialità con cui il Governo, senza che esistessero i presupposti di urgenza, ha voluto accelerare la privatizzazione dell´acqua.
A questo punto siamo convinti che la contestazione dovrà essere ricondotta nei territori, per chiedere agli Enti Locali che si riapproprino della podestà sulla gestione dell'acqua tramite il riconoscimento dell'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e nel contempo di sollecitare le Regioni ad attivare ricorsi di legittimità nei confronti del provvedimento.
Queste percorsi di mobilitazione sono percorribile così come dimostrano le delibere approvate dalla Giunta regionale pugliese, dalle tante delibere approvate dai consigli comunali siciliani e nel resto d'Italia, da ultimo quello di Venezia.
Il popolo dell'acqua continuerà la battaglia per la ripubblicizzazione del servizio idrico assumendo iniziative territoriali e nazionali volte a superare l'Art. 15 del decreto legge.
Come Forum dei Movimenti, chiediamo a tutta la società civile di continuare la mobilitazione e far sentire il proprio dissenso anche dopo l´approvazione dell´art. 15 attraverso mobilitazioni sui territori ed invio di messaggi a tutti i partiti, ai consiglieri comunali provinciali e regionali, ai parlamentari locali A Sindaci ed agli eletti chiediamo di dar vita nelle rispettive istituzioni a prese di posizioni chiare che respingano la legge e di dar vita a iniziative di protesta nelle istituzioni stesse.
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
La battaglia non si ferma: andremo avanti nei territori e a livello nazionale
Oggi con il voto di fiducia alla Camera dei Deputati si è concluso l'esame del decreto 135/09 il cui Art. 15 sancisce la definitiva e totale privatizzazione dell'acqua potabile in Italia.
Il Governo impone per decreto che i cittadini e gli Enti Locali vengano espropriati di un diritto e di un bene comune com'è l'acqua per consegnarlo nelle mani dei privati e dei capitali finanziari. Ciò avviene sotto il falso pretesto di uniformare la gestione dei servizi pubblici locali alle richieste della Commissione Europa mentre non esiste nessun obbligo e le modifiche introdotte per sopprimere la gestione "in house" contrastano con i principi della giurisprudenza europea. Nonostante sia oramai sotto gli occhi di tutti che le gestioni del servizio idrico affidate in questi ultimi anni a soggetti privati, sperimentate in alcune Provincie Italiane o a livello europeo abbiano prodotto esclusivamente innalzamento delle
tariffe, diminuzione degli investimenti e un aumento costante dei consumi, si continua a sostenere che mercato e privati siano sinonimi di efficienza e riduzioni dei costi.
Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua è sceso da subito in campo per contrastare questo provvedimento con la campagna nazionale "Salva l'Acqua" verso la quale si è registrata un'elevatissima adesione. d oggi abbiamo consegnato al Presidente della Camera 45.000 firme a sostegno dell'appello che chiedeva il ritiro delle norme che privatizzano l'acqua.
Inoltre, migliaia di persone hanno manifestato il proprio dissenso e contrarietà all'Art.15 in un presidio svoltosi lo scorso 12 Novembre a Piazza Montecitorio e in varie mobilitazioni territoriali, migliaia di persone hanno inviato mail ai parlamentari per chiedere di non convertire in legge il decreto 135/09, molte personalità hanno espresso da una parte la loro indignazione e dall'altra il loro sostegno alla campagna.
In questi giorni è cresciuta nella società la consapevolezza che consegnare l'acqua al mercato significa mettere a rischio la democrazia. Nonostante questa mobilitazione della società civile e degli stessi Enti locali, il Governo ha imposto il voto di fiducia e non accoglie le richieste e le preoccupazioni espresse anche molti Sindaci di amministrazioni governate da maggioranze di differenti colori politici.
Come Forum dei Movimenti per l'Acqua siamo indignati per la superficialità con cui il Governo, senza che esistessero i presupposti di urgenza, ha voluto accelerare la privatizzazione dell´acqua.
A questo punto siamo convinti che la contestazione dovrà essere ricondotta nei territori, per chiedere agli Enti Locali che si riapproprino della podestà sulla gestione dell'acqua tramite il riconoscimento dell'acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e nel contempo di sollecitare le Regioni ad attivare ricorsi di legittimità nei confronti del provvedimento.
Queste percorsi di mobilitazione sono percorribile così come dimostrano le delibere approvate dalla Giunta regionale pugliese, dalle tante delibere approvate dai consigli comunali siciliani e nel resto d'Italia, da ultimo quello di Venezia.
Il popolo dell'acqua continuerà la battaglia per la ripubblicizzazione del servizio idrico assumendo iniziative territoriali e nazionali volte a superare l'Art. 15 del decreto legge.
Come Forum dei Movimenti, chiediamo a tutta la società civile di continuare la mobilitazione e far sentire il proprio dissenso anche dopo l´approvazione dell´art. 15 attraverso mobilitazioni sui territori ed invio di messaggi a tutti i partiti, ai consiglieri comunali provinciali e regionali, ai parlamentari locali A Sindaci ed agli eletti chiediamo di dar vita nelle rispettive istituzioni a prese di posizioni chiare che respingano la legge e di dar vita a iniziative di protesta nelle istituzioni stesse.
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
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15 novembre, 2009
Honduras Tra involuzion e della società e risveglio popolare
A poco meno di due settimane dal discusso voto in Honduras, il continente latinoamericano, ad eccezione del governo della Colombia che in questi ultimi giorni pare si stia allineando con la posizione ambigua degli Stati Uniti, pare indirizzarsi verso un non riconoscimento della farsa elettorale con la quale il governo di fatto pretende di legittimarsi al potere ed istituzionalizzare il colpo di Stato. Intanto il popolo in resistenza aspetta un disconoscimento di questo circo elettorale da parte del Partido de Unificación Democrática (UD) e del Partido de Innovación y Unidad (PINU), come aveva già fatto in precedenza la Candidatura Independiente Popular.
Per approfondire l'analisi di questa crisi che colpisce tutto il continente latinoamericano, Sirel e la Lista Informativa "Nicaragua y más" hanno intervistato Bertha Cáceres, del direttivo del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) ed ex designata della Candidatura Independiente Popular.
- Mancano poco meno di due settimane alle elezioni e prosegue la tattica dilatoria dei poteri dello Stato per non far tornare il presidente Zelaya. Come si sta vivendo questa situazione tra le fila della Resistenza?
- Continuiamo con le azioni, mobilitazioni ed attività in tutto il paese, non solo a Tegucigalpa, e questo è qualcosa di cui deve essere tenuto in conto dalla dirigenza collettiva del Frente di Resistencia che è radicato nella capitale. C'è una grande incertezza tra la popolazione sul tema del reintegro del Presidente e questo ha generato un gran dibattito nelle comunità, contribuendo alla crescita politica delle persone.
- La Candidatura Indipendente ha deciso di sciogliere ogni dubbio e si è ritirata dal processo elettorale per essere coerente con la posizione antigolpista mantenuta in questi quattro mesi. Che succederà adesso?
- Abbiamo fatto una consultazione in tutto il paese, parlando con la gente e chiedendo la loro opinione in vista della partecipazione al processo elettorale. La stragrande maggioranza ci ha detto che non può esserci partecipazione senza il previo ritorno all'ordine costituzionale, che passa per il reintegro di Zelaya.
Abbiamo anche fatto un'analisi della situazione in cui si sviluppano le elezioni.
Abbiamo una società militarizzata, un consenso mediatico a favore dei candidati golpisti, la partecipazione dei settori religiosi fondamentalisti nell'osservazione delle elezioni, l'impunità per quanti hanno violato i diritti umani, il coinvolgimento del Tribunal Supremo Electoral nel golpe e la sua partecipazione ad una frode elettorale che già stiamo denunciando.
Inoltre, ci siamo consultati con la gente riguardo alla disponibilità a partecipare alla costruzione collettiva di un progetto storico di liberazione come l'Assemblea Costituente e la risposta è stata totalmente affermativa.
Così la nostra decisione di non partecipare sfocia in un progetto che è più a medio e lungo periodo, e che comincerà il prossimo anno, accomunando attorno alla figura di Carlos H. Reyes tutte queste forze che sono state alla radice della Candidatura Indipendente Popolare.
- C'è coscienza tra la gente dei Dipartimenti nell'interno del paese di ciò che sta accadendo in questi giorni nella capitale?
- Le comunità stanno cercando tutte le forme possibili per mantenersi informate ed in questo senso le radio comunitarie stanno giocando un ruolo molto importante. Esiste un richiamo deciso al non riconoscimento delle elezioni e c'è anche coscienza del fatto che il popolo ha diritto all'autodifesa e che non può continuare a sopportare la repressione. Ad ora sono molti gli episodi di attacchi con elicotteri a volo radente e con incursioni di truppe militari. In alcuni luoghi la gente ha reagito ed è riuscita ad allontanare la polizia ed i militari e la rappresaglia ha provocato arresti illegali e torture. Purtroppo nessuno sta parlando di ciò che accade nelle comunità.
- In che maniera la firma dell'Accordo Tegucigalpa - San José colpisce l'agenda della Resistenza?
- Nonostante si tratti di due agende differenti è evidente che la firma dell'accordo ci ha danneggiati, perchè esiste un'interazione tra il presidente Zelaya e la Resistenza.
Il dialogo e l'accordo sono stati una strategia degli Stati Uniti dopo aver in qualche modo supportato il golpe. Ed ora vogliono presentarsi come i grandi strateghi, collaborando con i golpisti per debilitare la Resistenza e la possibilità di esprimersi direttamente ed indirettamente attraverso una nuova Assemblea Costituente.
Già si sentono soddisfatti e ora vogliono obbligare il resto della comunità internazionale ad accettare e riconoscere la farsa elettorale e togliere le sanzioni. In questo senso speriamo che il resto dei paesi continuino con fermezza, anche se ci sono già segnali che ci indicano che non stanno dando il giusto protagonismo all'elemento più attivo di questa congiuntura, che è la Resistenza.
Nessuno starebbe parlando dell'Honduras se il popolo in resistenza non avesse lottato e sacrificato la propria vita per quasi 140 giorni. Il grande protagonista di tutta questa storia è il popolo honduregno e ciò che deve prevalere è il suo volere.
- D'ora in avanti nella storia dell'Honduras ci sarà un prima ed un dopo 28 giugno 2009. Cos'è cambiato nella società honduregna?
- Dal punto di vista di ciò che ha significato il Colpo di Stato sicuramente c'è stata una grande involuzione e per il momento non abbiamo ancora la percezione del suo impatto e del suo costo per la società.
Sono stati sospesi progetti, deviando fondi per i progetti sociali e per la risoluzione dei conflitti agrari, hanno saccheggiato i fondi dell'ALBA e stanno dando un grande spazio ai settori religiosi fondamentalisti come l'Opus Dei. Inoltre stanno rinforzando i corpi repressivi ed investendo una gran quantità di denaro per creare lobby con i politici degli Stati Uniti affinché supportino il governo di fatto.
Senza dubbio nulla sarà più lo stesso, nonostante ciò il popolo si è risvegliato. Ha aumentato la sua coscienza politica, ha cominciato a chiamare con nome e cognome gli oligarchi, i golpisti ed ha imparato a dare un significato diverso alle parole.
D'ora in avanti nessun politico demagogo potrà essere credibile di fronte al popolo al momento di usare parole come "democrazia", "libertà", "giustizia", "costituzione".
Da questo punto di vista l'involuzione che ha portato il golpe è stata controbilanciata dal risveglio del popolo e ora il compito è dare maggiore incisività a questo avanzamento, che è intensamente umano e a cui tuttavia non possiamo dare dimensione o misurare.
In questo senso, le elezioni del 29 novembre si scontreranno con un gran rifiuto popolare, perchè malgrado il bombardamento mediatico il popolo sa comprendere e decidere. Questo popolo darà delle sorprese, c'è da esserne sicuri, intensificando il lavoro affinché non si riconosca questa farsa.
(traduzione a cura di www.cantiere.org)
© (Testo e foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
Per approfondire l'analisi di questa crisi che colpisce tutto il continente latinoamericano, Sirel e la Lista Informativa "Nicaragua y más" hanno intervistato Bertha Cáceres, del direttivo del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) ed ex designata della Candidatura Independiente Popular.
- Mancano poco meno di due settimane alle elezioni e prosegue la tattica dilatoria dei poteri dello Stato per non far tornare il presidente Zelaya. Come si sta vivendo questa situazione tra le fila della Resistenza?
- Continuiamo con le azioni, mobilitazioni ed attività in tutto il paese, non solo a Tegucigalpa, e questo è qualcosa di cui deve essere tenuto in conto dalla dirigenza collettiva del Frente di Resistencia che è radicato nella capitale. C'è una grande incertezza tra la popolazione sul tema del reintegro del Presidente e questo ha generato un gran dibattito nelle comunità, contribuendo alla crescita politica delle persone.
- La Candidatura Indipendente ha deciso di sciogliere ogni dubbio e si è ritirata dal processo elettorale per essere coerente con la posizione antigolpista mantenuta in questi quattro mesi. Che succederà adesso?
- Abbiamo fatto una consultazione in tutto il paese, parlando con la gente e chiedendo la loro opinione in vista della partecipazione al processo elettorale. La stragrande maggioranza ci ha detto che non può esserci partecipazione senza il previo ritorno all'ordine costituzionale, che passa per il reintegro di Zelaya.
Abbiamo anche fatto un'analisi della situazione in cui si sviluppano le elezioni.
Abbiamo una società militarizzata, un consenso mediatico a favore dei candidati golpisti, la partecipazione dei settori religiosi fondamentalisti nell'osservazione delle elezioni, l'impunità per quanti hanno violato i diritti umani, il coinvolgimento del Tribunal Supremo Electoral nel golpe e la sua partecipazione ad una frode elettorale che già stiamo denunciando.
Inoltre, ci siamo consultati con la gente riguardo alla disponibilità a partecipare alla costruzione collettiva di un progetto storico di liberazione come l'Assemblea Costituente e la risposta è stata totalmente affermativa.
Così la nostra decisione di non partecipare sfocia in un progetto che è più a medio e lungo periodo, e che comincerà il prossimo anno, accomunando attorno alla figura di Carlos H. Reyes tutte queste forze che sono state alla radice della Candidatura Indipendente Popolare.
- C'è coscienza tra la gente dei Dipartimenti nell'interno del paese di ciò che sta accadendo in questi giorni nella capitale?
- Le comunità stanno cercando tutte le forme possibili per mantenersi informate ed in questo senso le radio comunitarie stanno giocando un ruolo molto importante. Esiste un richiamo deciso al non riconoscimento delle elezioni e c'è anche coscienza del fatto che il popolo ha diritto all'autodifesa e che non può continuare a sopportare la repressione. Ad ora sono molti gli episodi di attacchi con elicotteri a volo radente e con incursioni di truppe militari. In alcuni luoghi la gente ha reagito ed è riuscita ad allontanare la polizia ed i militari e la rappresaglia ha provocato arresti illegali e torture. Purtroppo nessuno sta parlando di ciò che accade nelle comunità.
- In che maniera la firma dell'Accordo Tegucigalpa - San José colpisce l'agenda della Resistenza?
- Nonostante si tratti di due agende differenti è evidente che la firma dell'accordo ci ha danneggiati, perchè esiste un'interazione tra il presidente Zelaya e la Resistenza.
Il dialogo e l'accordo sono stati una strategia degli Stati Uniti dopo aver in qualche modo supportato il golpe. Ed ora vogliono presentarsi come i grandi strateghi, collaborando con i golpisti per debilitare la Resistenza e la possibilità di esprimersi direttamente ed indirettamente attraverso una nuova Assemblea Costituente.
Già si sentono soddisfatti e ora vogliono obbligare il resto della comunità internazionale ad accettare e riconoscere la farsa elettorale e togliere le sanzioni. In questo senso speriamo che il resto dei paesi continuino con fermezza, anche se ci sono già segnali che ci indicano che non stanno dando il giusto protagonismo all'elemento più attivo di questa congiuntura, che è la Resistenza.
Nessuno starebbe parlando dell'Honduras se il popolo in resistenza non avesse lottato e sacrificato la propria vita per quasi 140 giorni. Il grande protagonista di tutta questa storia è il popolo honduregno e ciò che deve prevalere è il suo volere.
- D'ora in avanti nella storia dell'Honduras ci sarà un prima ed un dopo 28 giugno 2009. Cos'è cambiato nella società honduregna?
- Dal punto di vista di ciò che ha significato il Colpo di Stato sicuramente c'è stata una grande involuzione e per il momento non abbiamo ancora la percezione del suo impatto e del suo costo per la società.
Sono stati sospesi progetti, deviando fondi per i progetti sociali e per la risoluzione dei conflitti agrari, hanno saccheggiato i fondi dell'ALBA e stanno dando un grande spazio ai settori religiosi fondamentalisti come l'Opus Dei. Inoltre stanno rinforzando i corpi repressivi ed investendo una gran quantità di denaro per creare lobby con i politici degli Stati Uniti affinché supportino il governo di fatto.
Senza dubbio nulla sarà più lo stesso, nonostante ciò il popolo si è risvegliato. Ha aumentato la sua coscienza politica, ha cominciato a chiamare con nome e cognome gli oligarchi, i golpisti ed ha imparato a dare un significato diverso alle parole.
D'ora in avanti nessun politico demagogo potrà essere credibile di fronte al popolo al momento di usare parole come "democrazia", "libertà", "giustizia", "costituzione".
Da questo punto di vista l'involuzione che ha portato il golpe è stata controbilanciata dal risveglio del popolo e ora il compito è dare maggiore incisività a questo avanzamento, che è intensamente umano e a cui tuttavia non possiamo dare dimensione o misurare.
In questo senso, le elezioni del 29 novembre si scontreranno con un gran rifiuto popolare, perchè malgrado il bombardamento mediatico il popolo sa comprendere e decidere. Questo popolo darà delle sorprese, c'è da esserne sicuri, intensificando il lavoro affinché non si riconosca questa farsa.
(traduzione a cura di www.cantiere.org)
© (Testo e foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
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10 novembre, 2009
honduras: La Candidatura Indipendente Popolare si ritira dalle elezioni
Honduras
"Queste elezioni non sono del popolo,
sono del padrone"
La Candidatura Indipendente Popolare si ritira del processo elettorale
Di fronte a centinaia di persone riunite nella sede dello storico Sindacato dei lavoratori dell'industria delle bevande e simili, Stibys, la Candidatura Indipendente Popolare ha deciso di ritirarsi dall’appuntamento elettorale del prossimo 29 novembre, considerandolo illegittimo, spurio e con un forte rischio di brogli da parte del regime di fatto, che continua a non volere repristinare l’ordine costituzionale in Honduras.
Il candidato presidenziale per la Candidatura Indipendente Popolare, nonché presidente dello Stibys e membro del Comitato Esecutivo Mondiale della Uita, Carlos Humberto Reyes, e suoi tre candidati alla vicepresidenza, Bertha Cáceres, Carlos Amaya e Maribel Hernández, hanno annunciato questa importante e definitiva decisione alla fine di una lunga serie di assemblee popolari che si sono svolte in tutto il paese, durante le quali sono state raccolte più di 11 mila schede compilate dai partecipanti in cui si chiedeva di esprimersi con un voto sulla decisione di partecipare o no alle elezioni.
La risposta è stata quasi unanime: più del 95 per cento delle persone che sostenevano la candidatura di Carlos H. Reyes hanno espresso la volontà di ritirarsi ed il candidato ha rispettato la volontà popolare.
“Stiamo vivendo un momento storico ed oggi, 8 novembre, prenderemo una decisione che è il risultato delle varie assemblee realizzate in tutto il paese – ha detto Carlos Amaya di fronte a centinaia di persone che hanno riempito il salone dello Stibys -.
Storicamente l’Honduras è stato utilizzato dall'imperialismo nordamericano per frenare i processi rivoluzionari in America Centrale e per favorire gli interessi delle sue multinazionali e delle elite politiche ed economiche locali.
Ci hanno venduto la falsa idea di una democrazia che non è mai esistita – ha continuato Amaya – e che questa democrazia ci avrebbe protetti in questo periodo di crisi economica. Il risultato è che più di un milione e mezzo di honduregni hanno dovuto abbandonare il paese per problemi economici.
Abbiamo visto come tutte le istituzioni dello Stato e l'imperialismo nordamericano si sono tolte finalmente la maschera ed hanno sostenuto il colpo di Stato contro un popolo che però si è svegliato. Ed è proprio questo ciò che temono i golpisti.
A meno di venti giorni dalle elezioni – ha continuato il candidato alla vicepresidenza –continua vigente la dittatura che ha represso ed assassinato la popolazione e queste elezioni servono solamente per legittimare e dare continuità al colpo di Stato. Recuperiamo la nostra memoria storica e continuiamo la lotta. Oramai il tempo si è esaurito”.
Dopo una profonda e dettagliata esposizione di Bertha Cáceres, membro della Direzione del Consiglio civico delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras, Copinh, su vari temi come la militarizzazione della regione, il processo di saccheggio e privatizzazione delle risorse naturali a favore delle multinazionali nordamericane ed europee, e la necessità di sviluppare un profondo lavoro di coscientizzazione e formazione della popolazione per combattere le politiche che puntano a frenare il processo emancipativo del popolo honduregno, ha preso la parola Carlos Humberto Reyes.
“Oramai sono cadute molte maschere, tra cui quella degli Stati Uniti. Ci hanno voluto ingannare dicendo che il dialogo avrebbe risolto il problema della costituzionalità nel paese. Hanno parlato di un giorno, poi di due, di tre e non è successo nulla.
Non possiamo continuare con questa farsa, il tempo è ormai finito. E più del 95 per cento delle persone consultate nelle assemblee ha detto che non dobbiamo partecipare al processo elettorale. Cosicché abbiamo deciso di ritirarci”, ha informato Reyes.
Parafrasando il conosciuto cantautore honduregno Mario di Mezapa, il candidato presidenziale ha aggiunto che “queste elezioni non sono nostre, non sono del popolo, bensì del padrone, e quindi ci ritiriamo dal processo elettorale, ma non dalla politica e nemmeno dalla resistenza e dalla lotta.
Con questa decisione non abbiamo perso niente – ha continuato – piuttosto sono loro quelli che perdono qualcosa e per continuare a governare hanno dovuto usare la baionetta. L'esperienza della Candidatura Indipendente è molto preziosa e ci insegna che la gente dei quartieri poveri, i maestri, gli operai, i contadini, le donne ed i giovani possono finalmente scegliere e lanciare i propri candidati, la propria gente.
Da queste elezioni uscirà un governo spurio e senza l'avallo popolare. Non potrà governare e dobbiamo sfruttare questa debolezza per farlo cadere e iniziare il percorso verso un'Assemblea Costituente”.
Carlos H. Reyes ha inoltre ricordato che per la popolazione è giunto il momento di iniziare a fare politica, di approfondire la propria organizzazione e di prendere veramente coscienza della storia e del futuro del paese, per continuare la resistenza contro il colpo di Stato ordito dall'impero contro i cambiamenti che stanno avvenendo in America Latina.
In una breve dichiarazione a Sirel ed alla Lista Informativa “Nicaragua y más”, il candidato presidenziale e leader operaio ha dichiarato che è necessario approfittare dell’attuale congiuntura e della lotta di resistenza che si è sviluppata in questi mesi “per iniziare a costruire una nuova forza politica, che sappia affrontare le sfide future a partire dalla presa di coscienza della gente su queste elezioni ed agendo di conseguenza.
Il ritiro della Candidatura Indipendente non è la fine di qualcosa, bensì l'inizio di una nuova tappa, di un nuovo modo di fare politica, dove i candidati sono designati direttamente dalla popolazione e non dai soliti giochi politici dei partiti tradizionali che generano corruzione. Uno strumento politico elettorale per le organizzazioni popolari.
Approfitto dell'occasione – ha concluso Reyes – per sottolineare l’importanza del lavoro svolto dalla Uita e dai mezzi di comunicazione indipendenti internazionali in Honduras. Se non fosse stato per le denunce che abbiamo potuto far circolare a livello mondiale per mezzo della stampa internazionale, questi golpisti ci avrebbero già annientati.
Ringraziamo per il coraggio dimostrato da tutte queste persone, ringraziamo la Uita ed i vari compagni e compagne dei movimenti sindacali e popolari che ci hanno dato il loro sostegno in tutto il mondo.
Il governo di fatto – ha spiegato – vuole ora introdurre un decreto per stabilire e legalizzare il lavoro precario e terzerizzato. Con questa misura vogliono violare i principali contenuti del Codice del Lavoro, cioè vogliono trasformare l’Honduras in un paradiso fiscale e lavorativo per i padroni.
Anche per questo continuiamo a lottare ed a resistere. Chiediamo quindi a tutte le organizzazioni ed alle persone che fino ad oggi ci hanno appoggiato di continuare a farlo per vincere questa battaglia”, ha concluso.
© (Testo e foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
VIDEO:
http://nicaraguaymasespanol.blogspot.com/2009/11/la-candidatura-independiente-popular-se.html
Audio:
http://www.radiondadurto.org/agenzia/2009-11-07-15-52_red_trucchi-honduras.mp3
"Queste elezioni non sono del popolo,
sono del padrone"
La Candidatura Indipendente Popolare si ritira del processo elettorale
Di fronte a centinaia di persone riunite nella sede dello storico Sindacato dei lavoratori dell'industria delle bevande e simili, Stibys, la Candidatura Indipendente Popolare ha deciso di ritirarsi dall’appuntamento elettorale del prossimo 29 novembre, considerandolo illegittimo, spurio e con un forte rischio di brogli da parte del regime di fatto, che continua a non volere repristinare l’ordine costituzionale in Honduras.
Il candidato presidenziale per la Candidatura Indipendente Popolare, nonché presidente dello Stibys e membro del Comitato Esecutivo Mondiale della Uita, Carlos Humberto Reyes, e suoi tre candidati alla vicepresidenza, Bertha Cáceres, Carlos Amaya e Maribel Hernández, hanno annunciato questa importante e definitiva decisione alla fine di una lunga serie di assemblee popolari che si sono svolte in tutto il paese, durante le quali sono state raccolte più di 11 mila schede compilate dai partecipanti in cui si chiedeva di esprimersi con un voto sulla decisione di partecipare o no alle elezioni.
La risposta è stata quasi unanime: più del 95 per cento delle persone che sostenevano la candidatura di Carlos H. Reyes hanno espresso la volontà di ritirarsi ed il candidato ha rispettato la volontà popolare.
“Stiamo vivendo un momento storico ed oggi, 8 novembre, prenderemo una decisione che è il risultato delle varie assemblee realizzate in tutto il paese – ha detto Carlos Amaya di fronte a centinaia di persone che hanno riempito il salone dello Stibys -.
Storicamente l’Honduras è stato utilizzato dall'imperialismo nordamericano per frenare i processi rivoluzionari in America Centrale e per favorire gli interessi delle sue multinazionali e delle elite politiche ed economiche locali.
Ci hanno venduto la falsa idea di una democrazia che non è mai esistita – ha continuato Amaya – e che questa democrazia ci avrebbe protetti in questo periodo di crisi economica. Il risultato è che più di un milione e mezzo di honduregni hanno dovuto abbandonare il paese per problemi economici.
Abbiamo visto come tutte le istituzioni dello Stato e l'imperialismo nordamericano si sono tolte finalmente la maschera ed hanno sostenuto il colpo di Stato contro un popolo che però si è svegliato. Ed è proprio questo ciò che temono i golpisti.
A meno di venti giorni dalle elezioni – ha continuato il candidato alla vicepresidenza –continua vigente la dittatura che ha represso ed assassinato la popolazione e queste elezioni servono solamente per legittimare e dare continuità al colpo di Stato. Recuperiamo la nostra memoria storica e continuiamo la lotta. Oramai il tempo si è esaurito”.
Dopo una profonda e dettagliata esposizione di Bertha Cáceres, membro della Direzione del Consiglio civico delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras, Copinh, su vari temi come la militarizzazione della regione, il processo di saccheggio e privatizzazione delle risorse naturali a favore delle multinazionali nordamericane ed europee, e la necessità di sviluppare un profondo lavoro di coscientizzazione e formazione della popolazione per combattere le politiche che puntano a frenare il processo emancipativo del popolo honduregno, ha preso la parola Carlos Humberto Reyes.
“Oramai sono cadute molte maschere, tra cui quella degli Stati Uniti. Ci hanno voluto ingannare dicendo che il dialogo avrebbe risolto il problema della costituzionalità nel paese. Hanno parlato di un giorno, poi di due, di tre e non è successo nulla.
Non possiamo continuare con questa farsa, il tempo è ormai finito. E più del 95 per cento delle persone consultate nelle assemblee ha detto che non dobbiamo partecipare al processo elettorale. Cosicché abbiamo deciso di ritirarci”, ha informato Reyes.
Parafrasando il conosciuto cantautore honduregno Mario di Mezapa, il candidato presidenziale ha aggiunto che “queste elezioni non sono nostre, non sono del popolo, bensì del padrone, e quindi ci ritiriamo dal processo elettorale, ma non dalla politica e nemmeno dalla resistenza e dalla lotta.
Con questa decisione non abbiamo perso niente – ha continuato – piuttosto sono loro quelli che perdono qualcosa e per continuare a governare hanno dovuto usare la baionetta. L'esperienza della Candidatura Indipendente è molto preziosa e ci insegna che la gente dei quartieri poveri, i maestri, gli operai, i contadini, le donne ed i giovani possono finalmente scegliere e lanciare i propri candidati, la propria gente.
Da queste elezioni uscirà un governo spurio e senza l'avallo popolare. Non potrà governare e dobbiamo sfruttare questa debolezza per farlo cadere e iniziare il percorso verso un'Assemblea Costituente”.
Carlos H. Reyes ha inoltre ricordato che per la popolazione è giunto il momento di iniziare a fare politica, di approfondire la propria organizzazione e di prendere veramente coscienza della storia e del futuro del paese, per continuare la resistenza contro il colpo di Stato ordito dall'impero contro i cambiamenti che stanno avvenendo in America Latina.
In una breve dichiarazione a Sirel ed alla Lista Informativa “Nicaragua y más”, il candidato presidenziale e leader operaio ha dichiarato che è necessario approfittare dell’attuale congiuntura e della lotta di resistenza che si è sviluppata in questi mesi “per iniziare a costruire una nuova forza politica, che sappia affrontare le sfide future a partire dalla presa di coscienza della gente su queste elezioni ed agendo di conseguenza.
Il ritiro della Candidatura Indipendente non è la fine di qualcosa, bensì l'inizio di una nuova tappa, di un nuovo modo di fare politica, dove i candidati sono designati direttamente dalla popolazione e non dai soliti giochi politici dei partiti tradizionali che generano corruzione. Uno strumento politico elettorale per le organizzazioni popolari.
Approfitto dell'occasione – ha concluso Reyes – per sottolineare l’importanza del lavoro svolto dalla Uita e dai mezzi di comunicazione indipendenti internazionali in Honduras. Se non fosse stato per le denunce che abbiamo potuto far circolare a livello mondiale per mezzo della stampa internazionale, questi golpisti ci avrebbero già annientati.
Ringraziamo per il coraggio dimostrato da tutte queste persone, ringraziamo la Uita ed i vari compagni e compagne dei movimenti sindacali e popolari che ci hanno dato il loro sostegno in tutto il mondo.
Il governo di fatto – ha spiegato – vuole ora introdurre un decreto per stabilire e legalizzare il lavoro precario e terzerizzato. Con questa misura vogliono violare i principali contenuti del Codice del Lavoro, cioè vogliono trasformare l’Honduras in un paradiso fiscale e lavorativo per i padroni.
Anche per questo continuiamo a lottare ed a resistere. Chiediamo quindi a tutte le organizzazioni ed alle persone che fino ad oggi ci hanno appoggiato di continuare a farlo per vincere questa battaglia”, ha concluso.
© (Testo e foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
VIDEO:
http://nicaraguaymasespanol.blogspot.com/2009/11/la-candidatura-independiente-popular-se.html
Audio:
http://www.radiondadurto.org/agenzia/2009-11-07-15-52_red_trucchi-honduras.mp3
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Realismo magico: Micheletti rinuncia e resta
venerdì 6 novembre 2009
Perché stai che te ne vai e vai e vai
e vai e vai e vai e non te ne sei andato...
bolero, José Alfredo Jimenez www.youtube.com/watch?v=3ZUPlE18VkM
Honduras: ufficializzazione del colpo di stato
Il Fronte di Resistenza non riconoscerà il processo elettorale ed i suoi risultati. Fa appello a tutte le organizzazioni della Resistenza a livello nazionale per compiere azioni di rifiuto della farsa elettorale.
Tito Pulsinelli
Ora è definitivo: Micheletti & soci continuano nella stessa direzione, buttano alla spazzatura l'accordo propiziato da T. Shannon, e con un'operazione di grossolana cosmesi tirano fuori dal cappello un “governo di unità nazionale”, con gli stessi compari e lacchè di sempre. Senza il ritorno di Zelaya alla presidenza.
Cancellano il punto 5 dell'accordo appena raggiunto, che stabilisce espressamente la restituzione di Zelaya all’incarico per cui fu scelto dagli elettori, e marciano con fanfare e faccia tosta verso la farsa elettorale. Col consenso del Dipartimento di Stato, la sua ipocrita diplomazia dal doppio gioco, i sordidi servizi dell'ex presidente cileno Ricardo Lagos e la benedizione del cardinale di Tegucigalpa, hanno imbandito una beffa grottesca agli abitanti dell’Honduras. Ed a tutte le istituzioni internazionali che condannarono e ruppero le relazioni coi golpisti.
Senza Zelaya alla presidenza non si avrà alcun governo credibile, tanto meno unitario, né che possa riconciliare la nazione honduregna. Senza Zelaya non ci sarà partecipazione al processo elettorale, che sarà un'espressione minoritaria dei poteri di fatto e non coinvolgerà la maggioranza sociale. Il Gruppo di Rio ha già sancito che l’“unità nazionale” si ottiene con l'applicazione integrale degli accordi raggiunti. Il punto 5 parla con chiarezza del ritorno a Palazzo di Zelaya.
Gli attori occulti del Tegucigolpe hanno sempre agito ispirati allo “scenario di Haiti” (come questo blog ha segnalato fin dal principio): uno dei comandanti della base di Palmerola fu il protagonista del sequestro e deportazione del presidente Aristide in Africa.
Quel sequestro culminò con l’inversione del processo di liberazione dell'isola antillana e la successiva disarticolazione del movimento emancipatore Lavalas. Gli Stati Uniti ci riuscirono dopo un primo colpo di stato ed esilio di Aristide. Troppe coincidenze.
La fase 2 del Tegucigolpe, mira al maquillage accelerato delle forze golpiste, perché si rendano più presentabili, e possano procedere alla “frode elettorale annunciata”. Cercano un riconoscimento internazionale un pochino più ampio di quello attuale, limitato a Stati Uniti ed Israele. Chi parteciperà attivamente ai brogli? Contano in questo modo di assicurarsi un tempo supplementare, sufficiente per ottenere ciò che non gli è riuscito fino ad oggi: disarticolare, dividere, reprimere e soggiogare il Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato.
In altre parole, una strategia sempre finalizzata al fattore tempo, con l'illusione di riuscire a rimuovere il problema che è impiantato nel centro nervoso e nel cuore dell’Honduras: il processo costituente. Questo, i golpisti ed i loro promotori del nord, non hanno potuto cancellarlo. Come anche la forza sociale che l'appoggia, cresciuta in esperienza, determinazione, coscienza della forza accumulata, articolazione interna e - per la prima volta - anche internazionale.
L’Honduras non è Haiti, Mel Zelaya non sta in Africa. La resistenza ha ottenuto una vittoria tattica, e va alla ricerca dell'affermazione strategica, con flessibilità e capacità d’innovazione.
Il mondo, e coloro che non hanno perso la decenza, devono continuare ad appoggiare le gesta dei figli di Morazan e di Lempira.
Da: http://selvasorg.blogspot.com/search/label/Honduras
Tradotto da Adelina Bottero
Perché stai che te ne vai e vai e vai
e vai e vai e vai e non te ne sei andato...
bolero, José Alfredo Jimenez www.youtube.com/watch?v=3ZUPlE18VkM
Honduras: ufficializzazione del colpo di stato
Il Fronte di Resistenza non riconoscerà il processo elettorale ed i suoi risultati. Fa appello a tutte le organizzazioni della Resistenza a livello nazionale per compiere azioni di rifiuto della farsa elettorale.
Tito Pulsinelli
Ora è definitivo: Micheletti & soci continuano nella stessa direzione, buttano alla spazzatura l'accordo propiziato da T. Shannon, e con un'operazione di grossolana cosmesi tirano fuori dal cappello un “governo di unità nazionale”, con gli stessi compari e lacchè di sempre. Senza il ritorno di Zelaya alla presidenza.
Cancellano il punto 5 dell'accordo appena raggiunto, che stabilisce espressamente la restituzione di Zelaya all’incarico per cui fu scelto dagli elettori, e marciano con fanfare e faccia tosta verso la farsa elettorale. Col consenso del Dipartimento di Stato, la sua ipocrita diplomazia dal doppio gioco, i sordidi servizi dell'ex presidente cileno Ricardo Lagos e la benedizione del cardinale di Tegucigalpa, hanno imbandito una beffa grottesca agli abitanti dell’Honduras. Ed a tutte le istituzioni internazionali che condannarono e ruppero le relazioni coi golpisti.
Senza Zelaya alla presidenza non si avrà alcun governo credibile, tanto meno unitario, né che possa riconciliare la nazione honduregna. Senza Zelaya non ci sarà partecipazione al processo elettorale, che sarà un'espressione minoritaria dei poteri di fatto e non coinvolgerà la maggioranza sociale. Il Gruppo di Rio ha già sancito che l’“unità nazionale” si ottiene con l'applicazione integrale degli accordi raggiunti. Il punto 5 parla con chiarezza del ritorno a Palazzo di Zelaya.
Gli attori occulti del Tegucigolpe hanno sempre agito ispirati allo “scenario di Haiti” (come questo blog ha segnalato fin dal principio): uno dei comandanti della base di Palmerola fu il protagonista del sequestro e deportazione del presidente Aristide in Africa.
Quel sequestro culminò con l’inversione del processo di liberazione dell'isola antillana e la successiva disarticolazione del movimento emancipatore Lavalas. Gli Stati Uniti ci riuscirono dopo un primo colpo di stato ed esilio di Aristide. Troppe coincidenze.
La fase 2 del Tegucigolpe, mira al maquillage accelerato delle forze golpiste, perché si rendano più presentabili, e possano procedere alla “frode elettorale annunciata”. Cercano un riconoscimento internazionale un pochino più ampio di quello attuale, limitato a Stati Uniti ed Israele. Chi parteciperà attivamente ai brogli? Contano in questo modo di assicurarsi un tempo supplementare, sufficiente per ottenere ciò che non gli è riuscito fino ad oggi: disarticolare, dividere, reprimere e soggiogare il Fronte Nazionale contro il Colpo di Stato.
In altre parole, una strategia sempre finalizzata al fattore tempo, con l'illusione di riuscire a rimuovere il problema che è impiantato nel centro nervoso e nel cuore dell’Honduras: il processo costituente. Questo, i golpisti ed i loro promotori del nord, non hanno potuto cancellarlo. Come anche la forza sociale che l'appoggia, cresciuta in esperienza, determinazione, coscienza della forza accumulata, articolazione interna e - per la prima volta - anche internazionale.
L’Honduras non è Haiti, Mel Zelaya non sta in Africa. La resistenza ha ottenuto una vittoria tattica, e va alla ricerca dell'affermazione strategica, con flessibilità e capacità d’innovazione.
Il mondo, e coloro che non hanno perso la decenza, devono continuare ad appoggiare le gesta dei figli di Morazan e di Lempira.
Da: http://selvasorg.blogspot.com/search/label/Honduras
Tradotto da Adelina Bottero
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09 novembre, 2009
GIRO IN ITALIA DI UN DIRIGENTE DELLA RESISTENZA IN HONDURAS
Cari compagni e amici, come sapete in Honduras c’è stato un colpo di Stato effettuato dai militari in combutta con settori dell’oligarchia e sotto copertura e complicità Usa. Sapete anche, non tutti ahimè, che dal 28 giugno, giorno del golpe, il popolo honduregno oppone ai fascisti una valorosa resistenza, costata decine di morti, centinaia di feriti, migliaia di carcerati e un numero imprecisato di desaparecidos. Si tratta di una ripetizione dell’Operazione Condor che portò al golpe di Pinochet. Ancora oggi, dopo il fallimento di un presunto “dialogo” tra golpisti e il legittimo presidente Manuel Zelaya, la dittatura sostenuta dagli Usa si mantiene al potere e conta di legittimarsi agli occhi della “comunità internazionale” attraverso elezioni da essa controllate (e ovviamente manipolate) e che la vasta maggioranza della popolazione respinge.
Tutto questo è vergognosamente ignorato dalla classe politica tutta e dai media, fatta eccezione per “il manifesto”. Un silenzio indice di complicità con coloro che tornano ad attuare una strategia di aggressione colonialista nei confronti dell’America Latina liberatasi in massima parte del dominio Usa, delle sue multinazionali e del suo controllo militare. E’ dunque importantissimo e urgente che all’opinione pubblica italiana, esclusa strumentalmente dalla conoscenza di questi sviluppi, possa essere fornita un’informazione corretta e veritiera su un conflitto che minaccia di estendersi al continente intero e che avrebbe conseguenze nefaste su tutti i popoli e le classi in lotta per sovranità e giustizia sociale.
Il Circolo della Tuscia dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba si fa promotore della proposta di una visita in Italia di un alto esponente del Fronte della Resistenza al Colpo di Stato in Honduras. Chiediamo dunque agli altri circoli dell’ ANAIC, ma anche a tutte le strutture impegnate su temi internazionali, di partiti, associazioni, comitati, centri sociali, di considerare l’opportunità a partecipare all’organizzazione di un giro del dirigente honduregno in Italia, assumendosi i costi degli spostamenti locali e di vitto e alloggio.
Se vi fosse inoltre la possibilità di sostenere le spese del biglietto aereo, questo faciliterebbe l’impresa, giacchè anche i compagni honduregni non è che nuotino nell’oro e i loro fondi sono destinati a incombenze più immediate e urgenti.
Attendiamo dunque a stretto giro di email risposte da coloro che ritengano di partecipare con iniziative locali a questo giro del membro del direttivo del Frente. La visita potrebbe effettuarsi nella prima quindicina di dicembre o, se la maggioranza dei partecipanti lo ritenesse opportuno, dal 10 gennaio in poi. In questo secondo caso l’incontro con il dirigente della Resistenza honduregna potrebbe arricchirsi della presentazione del primo, esaustivo docufilm sul colpo di Stato, sul la Resistenza popolare e sul quadro complessivo latinoamericano.
Sandra Paganini, segretaria Circolo della Tuscia
Tutto questo è vergognosamente ignorato dalla classe politica tutta e dai media, fatta eccezione per “il manifesto”. Un silenzio indice di complicità con coloro che tornano ad attuare una strategia di aggressione colonialista nei confronti dell’America Latina liberatasi in massima parte del dominio Usa, delle sue multinazionali e del suo controllo militare. E’ dunque importantissimo e urgente che all’opinione pubblica italiana, esclusa strumentalmente dalla conoscenza di questi sviluppi, possa essere fornita un’informazione corretta e veritiera su un conflitto che minaccia di estendersi al continente intero e che avrebbe conseguenze nefaste su tutti i popoli e le classi in lotta per sovranità e giustizia sociale.
Il Circolo della Tuscia dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba si fa promotore della proposta di una visita in Italia di un alto esponente del Fronte della Resistenza al Colpo di Stato in Honduras. Chiediamo dunque agli altri circoli dell’ ANAIC, ma anche a tutte le strutture impegnate su temi internazionali, di partiti, associazioni, comitati, centri sociali, di considerare l’opportunità a partecipare all’organizzazione di un giro del dirigente honduregno in Italia, assumendosi i costi degli spostamenti locali e di vitto e alloggio.
Se vi fosse inoltre la possibilità di sostenere le spese del biglietto aereo, questo faciliterebbe l’impresa, giacchè anche i compagni honduregni non è che nuotino nell’oro e i loro fondi sono destinati a incombenze più immediate e urgenti.
Attendiamo dunque a stretto giro di email risposte da coloro che ritengano di partecipare con iniziative locali a questo giro del membro del direttivo del Frente. La visita potrebbe effettuarsi nella prima quindicina di dicembre o, se la maggioranza dei partecipanti lo ritenesse opportuno, dal 10 gennaio in poi. In questo secondo caso l’incontro con il dirigente della Resistenza honduregna potrebbe arricchirsi della presentazione del primo, esaustivo docufilm sul colpo di Stato, sul la Resistenza popolare e sul quadro complessivo latinoamericano.
Sandra Paganini, segretaria Circolo della Tuscia
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HONDURAS: la candidatura indipendente si ritira dalla farsa elettorale
Oggi, 8 novembre, dopo una serie di consultazioni popolari in diverse città del paese con organizzazioni sociali, la candidatura indipendente que dirige Carlos H. Reyes ha deciso ritirarsi dal processo elettorale e di ritirare la propria candidatura dal Tribunale Supremo Elettorale. Questo come conseguenza del fatto che non è stato restituito il presidente legittimo Mel Zelaya e perchè non ci sono garanzie per partecipare in un processo elettorale libero y trasparente.
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Honduras: si è dimesso (ma non lascia) il governo golpista di Roberto Micheletti
di G. Carotenuto
Nella notte tra giovedì e venerdì 6 il governo golpista hondureño, al potere dal colpo di stato dello scorso 28 giugno, si è dimesso. Non lo ha fatto però per restituire il potere al presidente legittimo Mel Zelaya, come previsto dagli accordi, ma per arrivare a un governo di unità nazionale sul quale vorrebbe ancora mettere la sua ipoteca il dittatore di Bergamo Alta. Nelle dimissioni vi sono almeno due trappole che contengono l’intenzione di Micheletti di continuare a gestire il processo elettorale. Il parlamento non ha votato, come stabilito negli accordi, la restituzione di Zelaya e, secondo il portavoce e Sottosegretario alla presidenza del governo di fatto, Rafael Pineda Ponce, la cosa più logica sarebbe “che don Roberto Micheletti, essendo il presidente costituzionale della nazione, fosse anche il capo del gabinetto di Unità nazionale” che dovrebbe decidere se e quando il presidente legittimo Manuel Zelaya debba riprendere il proprio posto fissando la data del voto parlamentare.
Pineda Ponce conferma che Micheletti ha richiesto e almeno in parte ricevuto dai candidati alle elezioni presidenziali, tuttora in programma tra 22 giorni, una lista di nomi di candidati a posti di ministro per un governo che dovrebbe durare poche ore. Mel Zelaya non ha invece inviato alcuna lista di nomi.
Se la formazione del governo è pleonastica non viola gli accordi della scorsa settimana. Dove la divergenza è totale è per quanto concerne il rientro in carica di Zelaya che per quest’ultimo doveva essere al massimo entro giovedì prossimo “altrimenti ogni accordo sarebbe da considerare decaduto” e che per il governo golpista uscente non avrebbe una data precisa e quindi il governo di Unità nazionale potrebbe proseguire almeno fino a ridosso delle elezioni presidenziali.
Paradossalmente è Micheletti ad avere ancora più carte nelle sue mani. Dopo aver tardato mesi per accettare che fosse il parlamento a votare il ritorno di Zelaya adesso, anche dimettendosi, sta ritardando questo voto il più possibile. Alla chiusura di questo articolo non è possibile fare un quadro su chi, in queste condizioni, effettivamente possa appoggiare il governo di Unità nazionale sotto l’ipoteca di Micheletti e ritardando ulteriormente il ritorno di Zelaya e se non siamo, al contrario, al riprecipitare della crisi honduregna.
Nella notte tra giovedì e venerdì 6 il governo golpista hondureño, al potere dal colpo di stato dello scorso 28 giugno, si è dimesso. Non lo ha fatto però per restituire il potere al presidente legittimo Mel Zelaya, come previsto dagli accordi, ma per arrivare a un governo di unità nazionale sul quale vorrebbe ancora mettere la sua ipoteca il dittatore di Bergamo Alta. Nelle dimissioni vi sono almeno due trappole che contengono l’intenzione di Micheletti di continuare a gestire il processo elettorale. Il parlamento non ha votato, come stabilito negli accordi, la restituzione di Zelaya e, secondo il portavoce e Sottosegretario alla presidenza del governo di fatto, Rafael Pineda Ponce, la cosa più logica sarebbe “che don Roberto Micheletti, essendo il presidente costituzionale della nazione, fosse anche il capo del gabinetto di Unità nazionale” che dovrebbe decidere se e quando il presidente legittimo Manuel Zelaya debba riprendere il proprio posto fissando la data del voto parlamentare.
Pineda Ponce conferma che Micheletti ha richiesto e almeno in parte ricevuto dai candidati alle elezioni presidenziali, tuttora in programma tra 22 giorni, una lista di nomi di candidati a posti di ministro per un governo che dovrebbe durare poche ore. Mel Zelaya non ha invece inviato alcuna lista di nomi.
Se la formazione del governo è pleonastica non viola gli accordi della scorsa settimana. Dove la divergenza è totale è per quanto concerne il rientro in carica di Zelaya che per quest’ultimo doveva essere al massimo entro giovedì prossimo “altrimenti ogni accordo sarebbe da considerare decaduto” e che per il governo golpista uscente non avrebbe una data precisa e quindi il governo di Unità nazionale potrebbe proseguire almeno fino a ridosso delle elezioni presidenziali.
Paradossalmente è Micheletti ad avere ancora più carte nelle sue mani. Dopo aver tardato mesi per accettare che fosse il parlamento a votare il ritorno di Zelaya adesso, anche dimettendosi, sta ritardando questo voto il più possibile. Alla chiusura di questo articolo non è possibile fare un quadro su chi, in queste condizioni, effettivamente possa appoggiare il governo di Unità nazionale sotto l’ipoteca di Micheletti e ritardando ulteriormente il ritorno di Zelaya e se non siamo, al contrario, al riprecipitare della crisi honduregna.
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