28 novembre, 2009
Honduras vive una dittatura peggiore di quella degli anni 80
Bertha Oliva, coordinatrice del Comitato dei familiari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, mi riceve nel suo ufficio. Le pareti sono tappezzate di diplomi e attestati che le sono stati consegnati per l’instancabile lavoro svolto in quasi trent’anni di lotta in difesa dei diritti umani in Honduras.
Bertha ha vissuto sulla propria pella la violenza della repressione militare degli anni 80. Durante la notte dell’11 giugno 1981 gli squadroni della morte hanno fatto irruzione nella casa dove stava dormendo con suo marito, il membro fondatore dell'Unione rivoluzionaria del Popolo, Urp, Tomás Nativí Gálvez, e l’hanno sequestrato.
Nonostante le denunce e le proteste, Bertha, che in quel momento era sposata da soli quattro mesi ed era al terzo mese di gravidanza, non l’ha mai più rivisto. Scomparso come centinaia di honduregni
Sono trascorsi 28 anni da quella notte. Bertha Oliva ed il Cofadeh non hanno smesso un solo istante di lottare per fare luce sugli obbrobri di quegli anni e su tutto ciò che è venuto dopo, fino all'ultimo oltraggio iniziato lo scorso 28 giugno. Un nuovo capitolo di una storia che sembra senza fine e che vuole cancellare la memoria con la farsa elettorale di domenica prossima, 29 novembre.
“Al secondo piano della sede del Cofadeh abbiamo creato la sala delle vittime scomparse del secolo XX ed ora dobbiamo crearne una nuova per le vittime del secolo XXI - racconta la coordinatrice di questa organizzazione -.
Sono già 30 le persone che sono stati assassinate a causa del colpo di Stato, 9 delle quali nell'ultimo mese, ed a questo bisogna aggiungere i più di 4 mila casi di violazione ai diritti umani. Ora vogliono cancellare tutto ciò che è successo con questa farsa che noi ci rifiutiamo di chiamare elezioni, perché è un semplice evento pubblico convocato dalle forze che hanno perpetrato il colpo di Stato e che hanno imposto nel paese una vera dittatura. È un atto dei golpisti per i golpisti”, ha affermato.
È per questo motivo che il Cofadeh, insieme ad altre organizzazioni dei diritti umani, hanno presentato una petizione al Tribunale supremo elettorale, Tse, sollecitando “l'immediata sospensione dei comizi elettorali a causa della sistematica e grave violazione dei diritti umani e la vigenza di decreti e risoluzioni dell'amministrazione pubblica di fatto che restringono diritti e libertà della popolazione honduregna per motivi evidentemente politici, all’interno del contesto del colpo di Stato", cita il documento presentato ai magistrati di questo potere.
Per Bertha Oliva ci sono numerosi segnali che indicano che nelle prossime ore si potrebbe scatenare una forte repressione ed un stato permanente di terrore per la popolazione honduregna.
“Le forze armate e la polizia hanno chiesto alle autorità locali di consegnare loro i dati personali dei dirigenti locali della Resistenza e parallelamente si è implementato un Piano di Contingenza, affinché questa domenica gli ospedali abbiano sufficienti letti liberi e medicine per dare una risposta a qualsiasi emergenza.
Inoltre – ha continuato Oliva - i dirigenti del Fronte nazionale contro il colpo di Stato non stanno conducendo una vita normale, perché non possono ritornare a casa loro e devono cercare un'altra sistemazione mantenendo strette misure di sicurezza. In realtà sono entrati in un regime di semiclandestinità perché la loro vita è in pericolo”.
L’attivista per i diritti umani ha anche fatto il punto sui grandi investimenti che la polizia e l'esercito hanno fatto in queste ultime settimane per acquisire nuovo armamento, come per esempio un camion lancia-acqua dotato si sofisticati sistemi tecnologici che è costato 12 milioni di lempiras (631 mila dollari).
“Siamo molto preoccupati perché stiamo vivendo una vera e propria guerra di bassa intensità. Continuano le detenzioni arbitrarie e la persecuzione contro i dirigenti delle organizzazioni dei maestri, e le persone della Resistenza nelle comunità, quartieri e colonie. Hanno messo posti di blocco in tutto il paese ed è aumentata la strategia della tensione mettendo artefatti esplosivi in vari punti della capitale, per generare tensione e giustificare la repressione.
Inoltre – ha continuato Oliva - continuano ad apparire corpi di persone assassinate in vari punti del paese e stanno ostacolando il lavoro dei difensori dei diritti umani. Quando per le strade appaiono corpi di persone con chiari segnali di esecuzioni sommarie, sappiamo che si tratta di un metodo imposto e poi lasciato in eredità dagli squadroni della morte che agiscono in complicità con i militari e la polizia.
In questo senso, credo che stiamo vivendo in una dittatura senza precedenti, peggiore di quella degli anni 80, perché in quel momento vivevamo una dittatura militare, c’erano morti e scomparsi, ma era molto complicato riuscire a provare la relazione diretta tra questi delitti ed i militari stessi, perché la strategia era quella di utilizzare squadroni della morte e paramilitari.
Ora – ha spiegato la coordinatrice del Cofadeh - lo fanno alla luce del giorno sfidando tutte le strutture nazionali ed internazionali dei diritti umani ed i governi del mondo. Sono convinta che si tratti di un progetto che vogliono riprodurre in America Latina. Se vinceranno in Honduras tenteranno di farlo anche in altri paesi della regione che sicuramente hanno già individuato”, ha detto seriamente preoccupata.
Il Cofadeh ha anche denunciato che al governo di fatto e alle forze repressive non interessa minimamente l’intervento della Commissione interamericana dei Diritti, Cidh, che ha posto sotto la sua protezione molte persone minacciate in questi mesi.
“Un caso emblematico è quello di Carlos H. Reyes, una persona riconosciuta, amata e rispettata a livello nazionale ed internazionale, e che è stato candidato presidenziale indipendente, godendo così di tutta una serie di protezioni legali. Nonostante ciò, la polizia l’ha aggredito selvaggiamente e in pratica gli hanno impedito di partecipare al processo in atto per quasi quattro mesi a causa delle fratture riportate al braccio.
La comunità internazionale è testimone di quanto è accaduto e sono convinta che nel futuro potremo portare i responsabili di queste violazioni davanti alla giustizia internazionale”.
Concludendo l'intervista, Bertha Oliva ha rivelato che il Cofadeh ha già aiutato 15 persone ad uscire dal paese con le loro famiglie per proteggere la propria incolumità di fronte alla repressione che si è scatenata contro di loro.
"Non so dire verso dove stiamo andando, ma sono sicura che il lavoro sui diritti umani continuerà per molto tempo ancora. La dittatura ha preso forza e lo continua a fare ogni giorno che passa e sembra che non possa vivere senza l'odore del sangue ed il martirio della popolazione.
Ogni giorno, quando arrivo qui, salgo al primo piano e mi trattengo davanti ai visi dei nostri scomparsi e scomparse degli anni 80 e sorrido loro e parlo con loro. Gli prometto che non permetterò mai che il nostro tempio, che la loro sala del secolo scorso venga violentata. Ora guardo con preoccupazione al fatto che stiamo creando un'altra sala per le vittime del secolo XXI.
Dobbiamo davvero continuare a collezionare visi puliti, belli e diafani? E dovremo camminare sempre con loro? Questi visi e le loro famiglie, il popolo honduregno, hanno bisogno di risposte concrete, non per vendicarli, bensì per conoscere la verità”, ha concluso Bertha Oliva visibilmente emozionata da tanti ricordi e lotte intraprese.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
Bertha ha vissuto sulla propria pella la violenza della repressione militare degli anni 80. Durante la notte dell’11 giugno 1981 gli squadroni della morte hanno fatto irruzione nella casa dove stava dormendo con suo marito, il membro fondatore dell'Unione rivoluzionaria del Popolo, Urp, Tomás Nativí Gálvez, e l’hanno sequestrato.
Nonostante le denunce e le proteste, Bertha, che in quel momento era sposata da soli quattro mesi ed era al terzo mese di gravidanza, non l’ha mai più rivisto. Scomparso come centinaia di honduregni
Sono trascorsi 28 anni da quella notte. Bertha Oliva ed il Cofadeh non hanno smesso un solo istante di lottare per fare luce sugli obbrobri di quegli anni e su tutto ciò che è venuto dopo, fino all'ultimo oltraggio iniziato lo scorso 28 giugno. Un nuovo capitolo di una storia che sembra senza fine e che vuole cancellare la memoria con la farsa elettorale di domenica prossima, 29 novembre.
“Al secondo piano della sede del Cofadeh abbiamo creato la sala delle vittime scomparse del secolo XX ed ora dobbiamo crearne una nuova per le vittime del secolo XXI - racconta la coordinatrice di questa organizzazione -.
Sono già 30 le persone che sono stati assassinate a causa del colpo di Stato, 9 delle quali nell'ultimo mese, ed a questo bisogna aggiungere i più di 4 mila casi di violazione ai diritti umani. Ora vogliono cancellare tutto ciò che è successo con questa farsa che noi ci rifiutiamo di chiamare elezioni, perché è un semplice evento pubblico convocato dalle forze che hanno perpetrato il colpo di Stato e che hanno imposto nel paese una vera dittatura. È un atto dei golpisti per i golpisti”, ha affermato.
È per questo motivo che il Cofadeh, insieme ad altre organizzazioni dei diritti umani, hanno presentato una petizione al Tribunale supremo elettorale, Tse, sollecitando “l'immediata sospensione dei comizi elettorali a causa della sistematica e grave violazione dei diritti umani e la vigenza di decreti e risoluzioni dell'amministrazione pubblica di fatto che restringono diritti e libertà della popolazione honduregna per motivi evidentemente politici, all’interno del contesto del colpo di Stato", cita il documento presentato ai magistrati di questo potere.
Per Bertha Oliva ci sono numerosi segnali che indicano che nelle prossime ore si potrebbe scatenare una forte repressione ed un stato permanente di terrore per la popolazione honduregna.
“Le forze armate e la polizia hanno chiesto alle autorità locali di consegnare loro i dati personali dei dirigenti locali della Resistenza e parallelamente si è implementato un Piano di Contingenza, affinché questa domenica gli ospedali abbiano sufficienti letti liberi e medicine per dare una risposta a qualsiasi emergenza.
Inoltre – ha continuato Oliva - i dirigenti del Fronte nazionale contro il colpo di Stato non stanno conducendo una vita normale, perché non possono ritornare a casa loro e devono cercare un'altra sistemazione mantenendo strette misure di sicurezza. In realtà sono entrati in un regime di semiclandestinità perché la loro vita è in pericolo”.
L’attivista per i diritti umani ha anche fatto il punto sui grandi investimenti che la polizia e l'esercito hanno fatto in queste ultime settimane per acquisire nuovo armamento, come per esempio un camion lancia-acqua dotato si sofisticati sistemi tecnologici che è costato 12 milioni di lempiras (631 mila dollari).
“Siamo molto preoccupati perché stiamo vivendo una vera e propria guerra di bassa intensità. Continuano le detenzioni arbitrarie e la persecuzione contro i dirigenti delle organizzazioni dei maestri, e le persone della Resistenza nelle comunità, quartieri e colonie. Hanno messo posti di blocco in tutto il paese ed è aumentata la strategia della tensione mettendo artefatti esplosivi in vari punti della capitale, per generare tensione e giustificare la repressione.
Inoltre – ha continuato Oliva - continuano ad apparire corpi di persone assassinate in vari punti del paese e stanno ostacolando il lavoro dei difensori dei diritti umani. Quando per le strade appaiono corpi di persone con chiari segnali di esecuzioni sommarie, sappiamo che si tratta di un metodo imposto e poi lasciato in eredità dagli squadroni della morte che agiscono in complicità con i militari e la polizia.
In questo senso, credo che stiamo vivendo in una dittatura senza precedenti, peggiore di quella degli anni 80, perché in quel momento vivevamo una dittatura militare, c’erano morti e scomparsi, ma era molto complicato riuscire a provare la relazione diretta tra questi delitti ed i militari stessi, perché la strategia era quella di utilizzare squadroni della morte e paramilitari.
Ora – ha spiegato la coordinatrice del Cofadeh - lo fanno alla luce del giorno sfidando tutte le strutture nazionali ed internazionali dei diritti umani ed i governi del mondo. Sono convinta che si tratti di un progetto che vogliono riprodurre in America Latina. Se vinceranno in Honduras tenteranno di farlo anche in altri paesi della regione che sicuramente hanno già individuato”, ha detto seriamente preoccupata.
Il Cofadeh ha anche denunciato che al governo di fatto e alle forze repressive non interessa minimamente l’intervento della Commissione interamericana dei Diritti, Cidh, che ha posto sotto la sua protezione molte persone minacciate in questi mesi.
“Un caso emblematico è quello di Carlos H. Reyes, una persona riconosciuta, amata e rispettata a livello nazionale ed internazionale, e che è stato candidato presidenziale indipendente, godendo così di tutta una serie di protezioni legali. Nonostante ciò, la polizia l’ha aggredito selvaggiamente e in pratica gli hanno impedito di partecipare al processo in atto per quasi quattro mesi a causa delle fratture riportate al braccio.
La comunità internazionale è testimone di quanto è accaduto e sono convinta che nel futuro potremo portare i responsabili di queste violazioni davanti alla giustizia internazionale”.
Concludendo l'intervista, Bertha Oliva ha rivelato che il Cofadeh ha già aiutato 15 persone ad uscire dal paese con le loro famiglie per proteggere la propria incolumità di fronte alla repressione che si è scatenata contro di loro.
"Non so dire verso dove stiamo andando, ma sono sicura che il lavoro sui diritti umani continuerà per molto tempo ancora. La dittatura ha preso forza e lo continua a fare ogni giorno che passa e sembra che non possa vivere senza l'odore del sangue ed il martirio della popolazione.
Ogni giorno, quando arrivo qui, salgo al primo piano e mi trattengo davanti ai visi dei nostri scomparsi e scomparse degli anni 80 e sorrido loro e parlo con loro. Gli prometto che non permetterò mai che il nostro tempio, che la loro sala del secolo scorso venga violentata. Ora guardo con preoccupazione al fatto che stiamo creando un'altra sala per le vittime del secolo XXI.
Dobbiamo davvero continuare a collezionare visi puliti, belli e diafani? E dovremo camminare sempre con loro? Questi visi e le loro famiglie, il popolo honduregno, hanno bisogno di risposte concrete, non per vendicarli, bensì per conoscere la verità”, ha concluso Bertha Oliva visibilmente emozionata da tanti ricordi e lotte intraprese.
© (Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
Etichette: Honduras
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.