31 agosto, 2007

BOLIVIA: Il presidente coraggioso

Gli Stati Uniti finanziano gruppi di oppositori per destabilizzare il governo di Evo Morales. Parola del vicepresidente della repubblica boliviana, Alvaro Garcia Linera. Si tratterebbe, a suo dire, di fondi introdotti nel paese come “aiuti produttivi”, che in realtà nasconderebbero “una ragione politica”. Un'accusa, questa, che fa seguito all'uscita dell'ambasciatore Usa a La Paz, Philip Goldberg, che non solo denuncia il fallimento della lotta alla droga in Bolivia e l'aumento delle piantagioni di coca, ma sventola anche i 140 milioni di “aiuti” che il paese andino continuerebbe a prendere da Washington. Dichiarazioni che hanno scatenato l'ira sia dell'ambasciatore boliviano negli Usa, Gustavo Guzmán, sia del presidente Evo Morales.
Il vice. “Magari i 140 milioni di aiuti Usa al nostro paese fossero aiuti produttivi” ha tuonato Linera, spiegando come invece parte dei fondi stiano finanziando gruppi d'opposizione “che elaborano critiche e resistenza ideologica e politica” al governo democraticamente eletto di Evo Morales. In particolare, gli Usa starebbero organizzando centri di influenza con ex ministri e ideologi conservatori. “Tutto questo suona quanto meno sospetto e richiama a riflettere – ha sottolineato Linera - Che tipo di aiuto è il loro? Stanno potenziando centri intellettuali conservatori con denaro che arriva appositamente nel paese”. E, a coloro che tacciano di antiamericanismo la Bolvia di Morales, il suo vice ha precisato, che il governo boliviano protesterebbe allo stesso modo con qualsiasi altro paese che osasse comportarsi così, pagando presunti centri di difesa della democrazia che altro non sono se non “luoghi per arruolare ex funzionari” dei passati governi, nostalgici del potere che fu. “I soldi Usa li accetteremmo a occhi chiusi se fossero veramente aiuti produttivi”, ha concluso, ma dato che si tratta di “aiuti politici” sarebbe bene fossero eliminati, in quanto interferiscono negli affari interni di uno stato sovrano.
Botte e risposte. “Il nostro lavoro a Washington è servito per chiarire che in Bolivia, sottomissione e soggezione, caratteristiche in altri momenti della diplomazia del paese, oggi sono state sradicate”. Non ha usato mezzi termini nemmeno l'ambasciatore boliviano in Usa, Gustavo Guzmán, reduce da una riunione dell'intero corpo diplomatico lunedì a La Paz. Per il giornalista, diplomatico negli Stati Uniti dall'agosto 2006, fra la Bolivia e la Casa Bianca le relazioni persistono profonde ed estese, e la comunicazione politica resta chiara, ma, condita, comunque, da “frizioni naturali”. Dichiarazione rincarate dal presidente della Repubblica Evo Morales, che ha annunciato “decisioni radicali” contro determinati ambasciatori stranieri, che si intromettono nella politica interna, compiendo vere e proprie “aggressioni”. Senza esplicitamente citare gli Stati Uniti, Morales ha spiegato che non capisce come “alcuni ambasciatori si dedichino a far politica e non diplomazia”. Ha quindi precisato: “Non so fino a quando li sopporteremo..., prenderemo decisioni radicali contro questi ambasciatori che provocano apertamente. Non abbiamo nessuna paura”. Ha, poi, fatto riferimento a una cospirazione interna ed esterna che tramerebbe per farlo cadere: “Questa non si chiama cooperazione, ma cospirazione”, ha denunciato, scatenando la reazione di Washington, che ha assicurato come il suo intervento nel paese andino sia “apolitico” e “trasparente”.
Scioperi su scioperi. Intanto, la Bolivia vive una delle situazioni più delicate da quando Morales è stato eletto. L'opposizione sta riversando per le strade una marea di persone in varie aree del paese: scioperi “in difesa dello Stato di diritto” si sono svolti da ieri a Santa Cruz, a Tarija, Beni, Pando, Chuquisaca e Cochabamba e in molti casi si sono verificati violenti scontri con la polizia e atti di vandalismo. Marce tranquille soltanto nelle città di Sucre e Cobija. Manifestazioni a cui i sostenitori del presidente cocalero risponderanno scendendo in piazza a migliaia. Si calcolano circa centomila dimostranti, fra contadini e indigeni, intenzionati a difendere il loro rappresentante, secondo il quale l'opposizione non ha altro pensiero che spazzar via “questo indio”.
A complicare il quadro, lo sciopero proclamato per domani e venerdì dal potere giudiziario contro la decisione del governo di far processare cinque magistrati del Tribunale Costituzionale accusati di prevaricazione. Ma il presidente indigeno liquida anche questa vicenda, mettendola nel calderone delle cospirazioni: entrambi gli scioperi sono stati convocati “per frenare il processo di cambiamento” ormai avviato.
di Stella Spinelli http://www.peacereporter.net/

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