12 marzo, 2007
GUATEMALA: Finca Santa Teresa: una favola a lieto fine
da "il manifesto" del 09 Marzo 2007
/terra terra/
*Una favola a lieto fine*
Luca Martinelli
Sono passati quasi 100 anni dalla rivoluzione messicana ma il grido di battaglia lanciato da Emiliano Zapata e dal suo Ejercito libertador del Sur rimane valido per i contadini e gli indigeni di tutta l'America latina. La lotta per la riforma agraria è al centro dell'agenda politica di Via campesina, il più grande movimento sociale a livello mondiale.
Ed è stata festa grande il 9 febbraio scorso nella finca Santa Teresa, a San Miguel di Tucurú, nel dipartimento di Alta Verapaz, in Guatemala. Carlos Girón, direttore generale di Fontierra, un programma governativo creato nel 1996, all'indomani degli Accordi di pace, per finanziare l'acquisto di terre da parte di comunità contadine sin tierra, ha consegnato a 205 capifamiglia della finca Santa Teresa altrettanti titoli di proprietà. I contadini diventano proprietari di un latifondo di 652 ettari, già in mano a coloni tedeschi che dalla fine dell'ottocento hanno utilizzato queste terre per coltivare ed esportare caffé, sfruttando la manodopera indigena. Il credito governativo, che dovrà essere restituito in dodici anni a tassi d'interesse agevolati, è di 4 milioni e 400 mila quetzales (poco più di 430 mila euro).
Oggi - si legge sul sito dell'associazione di promozione sociale italiana EOSmundi, che promuove progetti di solidarietà con gli abitanti di Santa Teresa - «sono 250 circa le famiglie che abitano la finca, divise in tre comunità Las Palmas, San Juan Las Flores e San Jorge El Zapote». «Prima di ipotecare la fattoria - spiegano - il vecchio proprietario aveva ceduto un poco di terra agli indigeni, per dare loro la possibilità di costruire delle capanne e coltivare del mais». Nel 2000, però, la finca era passata di mano: l'aveva acquistata una società finanziaria panamense, per una storia di ipoteche in seguito a un prestito non restituito. Ed è con questa finanziaria che i contadini hanno negoziato l'acquisto di Santa Teresa, il prezzo per riscattare la terra dove sono nati e cresciuti, «e che - come spesso accade alle latitudini centroamericane - era appartenuta ai loro avi, mentre oggi loro sono trattati come schiavi, costretti a lavorare per un salario miserabile».
Nel 2002 i contadini decisero di occupare la propria terra: era impossibile arrivare ad un accordo economico con i nuovi proprietari.
La risposta del governo - come accade spesso, in Guatemala - fu la repressione: il 4 settembre del 2002 «le forze di sicurezza dello stato (l'esercito e la polizia nazionale) tentarono di allontanare con la forza oltre 500 famiglie dalla finca Santa Teresa, ma furono respinte da oltre duemila contadini armati di pietra, pali e machetes». Secondo una nota diffusa - allora - dal Coordinamento nazionale indigeno e contadino (Conic) e pubblicata dal quotidiano La Hora «di fronte alla resistenza della comunità organizzata, (esercito e polizia) utilizzarono centinaia di bombe lacrimogene, spari nell'aria, e circondarono otto dirigenti della comunità, che furono colpiti e torturati».
«Ciò provocò una reazione violenta da parte dei contadini - continua il Conic - che risposero alle forze di sicurezza, liberando gli otto fermati e mettendo in fuga tutte le unità, che scapparono in modo disordinato per la grande paura, lasciando dietro di sé le armi». Una volta privata della proprietà, però, la finanziaria accettò di negoziare il prezzo di vendita. Solo quest'anno è stato firmato l'atto di vendita della finca: sarà Fontierra - programma finanziato anche dalla Banca mondiale - a pagare la finanziaria, tramite una banca. A tutte le famiglie verrà garantito anche un sussidio: il ministero dell'Agricoltura ha deciso di finanziare lo sviluppo della coltivazioni di caffè biologico, la riforestazione e attività di floricoltura. In un'area di così forti tensioni sociali - concludono i volontari di EOSmundi - il successo dei contadini di Santa Teresa è una piccola speranza di cambiamento».
/terra terra/
*Una favola a lieto fine*
Luca Martinelli
Sono passati quasi 100 anni dalla rivoluzione messicana ma il grido di battaglia lanciato da Emiliano Zapata e dal suo Ejercito libertador del Sur rimane valido per i contadini e gli indigeni di tutta l'America latina. La lotta per la riforma agraria è al centro dell'agenda politica di Via campesina, il più grande movimento sociale a livello mondiale.
Ed è stata festa grande il 9 febbraio scorso nella finca Santa Teresa, a San Miguel di Tucurú, nel dipartimento di Alta Verapaz, in Guatemala. Carlos Girón, direttore generale di Fontierra, un programma governativo creato nel 1996, all'indomani degli Accordi di pace, per finanziare l'acquisto di terre da parte di comunità contadine sin tierra, ha consegnato a 205 capifamiglia della finca Santa Teresa altrettanti titoli di proprietà. I contadini diventano proprietari di un latifondo di 652 ettari, già in mano a coloni tedeschi che dalla fine dell'ottocento hanno utilizzato queste terre per coltivare ed esportare caffé, sfruttando la manodopera indigena. Il credito governativo, che dovrà essere restituito in dodici anni a tassi d'interesse agevolati, è di 4 milioni e 400 mila quetzales (poco più di 430 mila euro).
Oggi - si legge sul sito dell'associazione di promozione sociale italiana EOSmundi, che promuove progetti di solidarietà con gli abitanti di Santa Teresa - «sono 250 circa le famiglie che abitano la finca, divise in tre comunità Las Palmas, San Juan Las Flores e San Jorge El Zapote». «Prima di ipotecare la fattoria - spiegano - il vecchio proprietario aveva ceduto un poco di terra agli indigeni, per dare loro la possibilità di costruire delle capanne e coltivare del mais». Nel 2000, però, la finca era passata di mano: l'aveva acquistata una società finanziaria panamense, per una storia di ipoteche in seguito a un prestito non restituito. Ed è con questa finanziaria che i contadini hanno negoziato l'acquisto di Santa Teresa, il prezzo per riscattare la terra dove sono nati e cresciuti, «e che - come spesso accade alle latitudini centroamericane - era appartenuta ai loro avi, mentre oggi loro sono trattati come schiavi, costretti a lavorare per un salario miserabile».
Nel 2002 i contadini decisero di occupare la propria terra: era impossibile arrivare ad un accordo economico con i nuovi proprietari.
La risposta del governo - come accade spesso, in Guatemala - fu la repressione: il 4 settembre del 2002 «le forze di sicurezza dello stato (l'esercito e la polizia nazionale) tentarono di allontanare con la forza oltre 500 famiglie dalla finca Santa Teresa, ma furono respinte da oltre duemila contadini armati di pietra, pali e machetes». Secondo una nota diffusa - allora - dal Coordinamento nazionale indigeno e contadino (Conic) e pubblicata dal quotidiano La Hora «di fronte alla resistenza della comunità organizzata, (esercito e polizia) utilizzarono centinaia di bombe lacrimogene, spari nell'aria, e circondarono otto dirigenti della comunità, che furono colpiti e torturati».
«Ciò provocò una reazione violenta da parte dei contadini - continua il Conic - che risposero alle forze di sicurezza, liberando gli otto fermati e mettendo in fuga tutte le unità, che scapparono in modo disordinato per la grande paura, lasciando dietro di sé le armi». Una volta privata della proprietà, però, la finanziaria accettò di negoziare il prezzo di vendita. Solo quest'anno è stato firmato l'atto di vendita della finca: sarà Fontierra - programma finanziato anche dalla Banca mondiale - a pagare la finanziaria, tramite una banca. A tutte le famiglie verrà garantito anche un sussidio: il ministero dell'Agricoltura ha deciso di finanziare lo sviluppo della coltivazioni di caffè biologico, la riforestazione e attività di floricoltura. In un'area di così forti tensioni sociali - concludono i volontari di EOSmundi - il successo dei contadini di Santa Teresa è una piccola speranza di cambiamento».
Etichette: Centro America y Caribe
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.