07 marzo, 2010

Intervista a Juan Barahona, coordinatore del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare in Honduras

Miriela Fernández Lozano - Caminos - Speciale febbraio 2010

Salendo sull'autobus, riconosco i volti di una lotta permanente, ammirabile ed eroica. Penso allora che il viaggio non avrebbe potuto avere miglior destinazione. Juan Barahona, coordinatore del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare in Honduras, insieme ad altri leader dell'organizzazione, Carlos H. Reyes, Berta Cáceres - dirigente anche del Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari ed Indigene - e Wilfredo Paz, rappresentante del Movimento Contadino dell’Aguan, tra qualche ora saranno di fronte al Che. Visiteranno, a Villa Clara, il complesso scultorico dedicato al Guerrigliero Eroico.

Durante il percorso converso con Juan Barahona. Mi racconta dei suoi tempi da studente quando apparteneva al Partito Comunista. Convincente, e con un sorriso giovane, dice: “Non ho smesso di essere marxista-leninista”. Quindi ricorda i giorni antecedenti il colpo di stato, nei quali il Bloque Popular accentuava la lotta contro il neoliberismo. “Immediatamente, c’immergemmo nel processo politico che vive oggi la nazione centroamericana e nell'organizzazione del Fronte di Resistenza, principale forza per uscire dal marasma e rifondare l’Honduras”.

“Ad otto mesi dal golpe in Honduras, il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare svolge un enorme lavoro di organizzazione di tutto il popolo, con copertura nazionale. Nella Resistenza stanno le organizzazioni e movimenti popolari del paese, indipendentemente dai pensieri politici e dalle ideologie.

La Resistenza è l'organizzazione più forte che abbiamo, perché è un movimento sociale ampio, nel quale si sono incorporati tutti quei settori che non hanno avuto tradizionalmente una struttura agglutinante. Pertanto adesso quartieri, cittadine, villaggi, gruppetti di case sono attivi e partecipano in modo organizzato alle mobilitazioni.

Tra il 12 e 13 febbraio abbiamo tenuto la prima Assemblea Nazionale della Resistenza, in cui si è definito il carattere antimperialista, antioligarchico ed antineoliberista del Fronte. Abbiamo inoltre stabilito chiaramente che la conduzione del nostro processo è orizzontale ed includente, e delineato tre linee principali d’azione: organizzare, formare e mobilitare. Realizziamo mobilitazioni costantemente. Lo scorso 27 gennaio facemmo una marcia gigantesca e questo 25 febbraio ne avremo una simile.

Nel documento approvato durante l’Assemblea, affermiamo che siamo indipendenti dai partiti politici. E benché esista grande diversità all’interno del Fronte, riconosciamo che è unito da obiettivi comuni: un’Assemblea Nazionale Costituente e la trasformazione della società honduregna. Una tale organizzazione non l'abbiamo avuta in passato ed è segno di forza e speranza”.

D : In questo momento il governo di Porfirio Lobo prepara una Commissione della Verità. Qual’è la lettura del Fronte rispetto a questa manovra?

“Gli Accordi di San José, firmati giorni dopo il colpo di stato, includevano tra i requisiti per la restituzione del presidente Zelaya, la realizzazione di una Commissione della Verità che facesse chiarezza sugli avvenimenti del 28 giugno. Tuttavia, il piano nordamericano e dei golpisti era di non realizzarla. La avviano adesso, con quest’erede del golpe, quando il Parlamento della Repubblica ha già approvato l'amnistia, affinché i golpisti restino innocenti ed impuniti.

Per noi non ha senso, perché è fuori tempo. Questa Commissione della Verità doveva funzionare dopo che Zelaya si fosse reinsediato alla presidenza. E questo non avvenne. In questo momento non ci sarà punizione per i responsabili delle violazioni che ha vissuto l’Honduras. Nondimeno, con questa manovra i golpisti si propongono un importante obiettivo verso l’estero.

Pretendono dare un'immagine di governo democratico, rispettoso e di ottenere il riconoscimento internazionale. Ciò favorirebbe gli investimenti economici, attraverso aiuti, donazioni e prestiti, che sono stati congelati.

Noi ci siamo pronunciati contro di essi, perché, oltretutto, i designati a tali questioni appartengono al partito al potere. Per il popolo honduregno non ci aspettiamo nulla”.

D : Qual’è la via, affinché denunce e relazioni sulle violazioni dei diritti umani in Honduras siano efficaci, se hanno incontrato il silenzio delle istituzioni di giustizia nel paese?

“Il castigo per i violatori dei diritti umani non giungerà. In Honduras il governo attuale continua a dirigere con le stesse strutture autrici del golpe. La Corte Suprema di Giustizia, il Pubblico Ministero, la cupola delle Forze Armate e della Polizia permangono intatte. Nel Parlamento Nazionale la maggioranza delle deputate ed i deputati golpisti sono stati rieletti.

Nel paese c’è stato soltanto un cambiamento di facce all’Esecutivo; la politica è la stessa e, inoltre, l'amnistia lascia impuniti i golpisti”.

D : Dal 28 giugno, un'ondata di violenza ha invaso l’Honduras. La nomina di Óscar Álvarez come ministro della Sicurezza, che ha già firmato col governo colombiano un accordo in quest'ambito, può considerarsi una garanzia che la repressione non cesserà?

“Il ministro della Sicurezza Óscar Álvarez esercitò quest’incarico nel governo di Ricardo Maduro Joest, dal 2002 al 2006, periodo durante il quale portò a termine arresti, persecuzioni contro dirigenti popolari ed altre azioni repressive.

Ora ritorna al ministero con molta più esperienza ed in un contesto in cui, a prosecuzione del golpe, continuano ad assassinare giovani, insegnanti, contadini, sindacalisti. Negli ultimi giorni abbiamo perso tre compagni. Mercoledì scorso partecipammo al funerale di un sindacalista della previdenza sociale. Non abbiamo speranza che la repressione finisca, perché per i golpisti è un metodo che consolida questo governo e difende gli interessi dell'oligarchia.

Ma abbiamo una resistenza, molto forte, organizzata e mobilitata. E’ questa che potrebbe porre freno o bloccare la repressione che si è scatenata”.

D : Non soltanto la repressione ha approfondito la crisi sociale che vive il paese. Come hanno avuto influenza su questa situazione altre misure, ad esempio, la paralisi dei progetti legati all'ALBA?

“Col colpo di stato il maggior perdente è stato il popolo. Abbiamo smesso di ricevere benefici dall'ALBA, come l'“Operazione Miracolo”, borse di studio per studenti in Venezuela e Cuba sono state cancellate, il programma d’alfabetizzazione si è fermato. Nell’ottobre del 2009 volevamo dichiarare l’Honduras libero dall’analfabetismo e non ci siamo riusciti.

Come Fronte cercheremo di risolvere questa situazione, attraverso gli aiuti dei governi dell'ALBA. Ci stiamo organizzando per farci carico di quei progetti ed avviarli attraverso la Resistenza”.

Come in altre occasioni, Barahona ha ribadito l’impegno del Fronte per un nuovo destino dell’Honduras e la decisione di non stabilire dialoghi coi golpisti. La Resistenza si sta preparando anche come forza elettorale verso le elezioni del 2013, per conquistare la realizzazione di un’Assemblea Costituente.

“Ciò con cui giustificarono il colpo di stato fu la quarta urna. Ma più che della consultazione, ebbero paura della Costituente, perché avremmo affidato il potere al popolo. Adesso realizzare quel sogno è una delle nostre sfide principali. Per questo continuiamo a lottare. Sappiamo che questa è l'unica via per i cambiamenti politici e sociali di cui l’Honduras ha bisogno”.

http://www.ecaminos.org


Tradotto da Adelina Bottero

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